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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 22-11-2014, 00.08.05   #11
Duc in altum!
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Data registrazione: 14-11-2012
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Riferimento: Il pubblico invisibile

@maral

Se c'è una speranza perché privarmi del sogno.


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** Finché porterai un sogno nel cuore (vecchio attore o povera comparsa), non perderai mai il senso della vita, -- M. Gandhi --
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Vecchio 22-11-2014, 00.29.54   #12
CVC
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Riferimento: Il pubblico invisibile

Citazione:
Originalmente inviato da maral
Eh già, il problema è soprattutto gestire il rientro dietro la scena, dove attore e spettatore sono lo stesso personaggio.
La morte è l'incontro dell'attore con la sua estrema solitudine da cui il gioco dei ruoli, gli applausi e pure i fischi del pubblico lo avevano preservato. Occorre abituarsi all'idea e morire un poco ogni giorno.
Soltanto quando si pensa in profondità ci si rende conto della solitudine in cui siamo immersi. Ma mentre alcuni avvertono il bisogno di questa profondità e si rendono coscienti di fronte alla solitudine, altri per paura di essa rinunciano anche a pensare. Almeno, ho questa impressione
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Vecchio 22-11-2014, 00.49.37   #13
CVC
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Riferimento: Il pubblico invisibile

Citazione:
Originalmente inviato da Duc in altum!
** scritto da CVC:



E no, se sei attore di giorno, maggiormente lo sarai durante la notte. Non c'è sospensione di apparenza.
Se il metro di valutazione diurno è invisibile, perché di notte dovrebbe essere diverso?


** scritto da Garbino:



Ma se non ci fosse il demone maligno che interesse avrebbe, a chi importerebbe, se ti prendi o no cura di te stesso?
Tanto il/la fine è lo stesso!

Inoltre è obbligatorio, e la nostra volontà lo dimostra, stabilire se credere o meno al demonio maligno.



** scritto da maral:



Certo, far morire ogni giorno quel che sono, per far nascere quel che vorrei essere e quel che sarò per sempre.



Alleluia.
Il pubblico invisibile ha un duplice significato, è invisibile il pubblico nei cui confronti recitiamo i nostri ruoli sociali, parti che siamo costretti a recitare per appartenere al gruppo di riferimento. Dobbiamo dare agli altri l'idea di avere una personalità ben definita, e questa è essenzialmente una menzogna, in quanto siamo ontologicamente schizofrenici, più personalità albergano in noi, ma noi dobbiamo selezionare quella che ci permetterà di inserirci nel contesto in cui ci troviamo. Questo pubblico è immaginario, in quanto abbiamo l'impressione che qualcuno ci segua ovunque per vedere se recitiamo bene la nostra parte, e ciò è impossibile. Ed è un pubblico invisibile anche la nostra coscienza, invisibile perchè è dentro di noi, ma nei suoi confronti non si può mentire
Che esista o no un demone maligno, non deve diventare il capro espiatorio di tutti i nostri errori. Altrimenti i nostri errori sono opera del Demonio, le nostre buone azioni opera di Dio, e l'uomo dov'è?
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Vecchio 22-11-2014, 11.34.47   #14
paul11
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Riferimento: Il pubblico invisibile

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Il pubblico invisibile ha un duplice significato, è invisibile il pubblico nei cui confronti recitiamo i nostri ruoli sociali, parti che siamo costretti a recitare per appartenere al gruppo di riferimento. Dobbiamo dare agli altri l'idea di avere una personalità ben definita, e questa è essenzialmente una menzogna, in quanto siamo ontologicamente schizofrenici, più personalità albergano in noi, ma noi dobbiamo selezionare quella che ci permetterà di inserirci nel contesto in cui ci troviamo. Questo pubblico è immaginario, in quanto abbiamo l'impressione che qualcuno ci segua ovunque per vedere se recitiamo bene la nostra parte, e ciò è impossibile. Ed è un pubblico invisibile anche la nostra coscienza, invisibile perchè è dentro di noi, ma nei suoi confronti non si può mentire
Che esista o no un demone maligno, non deve diventare il capro espiatorio di tutti i nostri errori. Altrimenti i nostri errori sono opera del Demonio, le nostre buone azioni opera di Dio, e l'uomo dov'è?

...forse è nell'origine della cultura greca, o comunque nel sesto secolo avanti Cristo, quando vi erano gli orfici e poi la scuola pitagorica, prima di Socrate(n. 470 a.C.) quando gli attori erano nella tragedia attica, così cara a Nietzsche e il pubblico provava compassione.
In quel periodo l'uomo non era ancora fortmente diviso in corpo e spirito, Omero decanta ombre diafane nel regno dei morti. Nella cultura orfica vi sono forti influssi che vengono dall'India sincretici allo gnosticismo del demiurgo, del demone dio Dioniso. La cultura di Apolllo si affaccia con la dialettica dell'Elenchos che inizia da Socrate (per questo preso di mira da Nietzsche) e approderà alla logica che Nietzsche contrasterà con la genealogia.

Ma è il giudizio del mondo, così come di quel mondo quando visse Socrate che è decisivo. La morale si accompagna con la divisione di corpo e spirito, di male e bene, dell'intelletto e dell'anima che risederanno nel raziocinio.

Allora se questo mondo è raziocinante, l'attore di quella tragedia attica subisce da Socrate in poi la ridicolarizzazione del pubblico e non più la compassione, in quanto sbaglia, erra nel mondo della ragione.
E' più solo che mai fuori dalle convenzioni della ragione dove Sophia ed Episteme hanno messo il cuore logico del giudizio, perdendo di vista la tragedia umana del suo destino che può trovare gioia solo nella compassione.
paul11 is offline  
Vecchio 25-11-2014, 10.36.41   #15
Duc in altum!
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Riferimento: Il pubblico invisibile

** scritto da CVC:

Citazione:
Che esista o no un demone maligno, non deve diventare il capro espiatorio di tutti i nostri errori. Altrimenti i nostri errori sono opera del Demonio, le nostre buone azioni opera di Dio, e l'uomo dov'è?

E no, il problema sorge proprio dalla decisione che uno prende nei confronti del parassita (userò questo termine al posto di demone maligno).
E' proprio da quella scelta che poi si determina il discernimento e la consapevolezza del pubblico invisibile (perché non è immaginario per la fede).
Il parassita (ossia, elemento che succhia la vita), per chi crede nella sua azione, certamente ha bisogno (come tu ben dici), così come per il consiglio angelicale, del nostro consenso per gridare vittoria, ma la sua vittoria è schiacciante, automatica, a tavolino, nel momento stesso in cui si pensa che non esiste, poiché la recitazione, che tu delucidi, nei confronti degli altri, scaturirà dalla menzogna che gli cela (le tenebre) di conoscere il vero senso dell'esistenza e l'originale missione a cui uno è chiamato a compiere sin dalla nascita (la luce), sviluppando così un personaggio (l'ipocrita per i greci) che sarà sempre più soddisfatto della sua attuazione, perché (come dimostra la realtà storica e attuale) gli altri, ipocriti anch'essi, penseranno che quello è il modello da seguire: l'attore che non rinnega mai la sceneggiatura della sua vita adattata sulla bugia e sui suoi derivati.

Cosa ben differente, anche se non meno complicata, il riconoscere la presenza del parassita, ma questo è più argomento di spiritualità che di logica, che di filosofia.


Pace&Bene.
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Vecchio 25-11-2014, 22.48.04   #16
CVC
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Riferimento: Il pubblico invisibile

Citazione:
Originalmente inviato da Duc in altum!
** scritto da CVC:



E no, il problema sorge proprio dalla decisione che uno prende nei confronti del parassita (userò questo termine al posto di demone maligno).
E' proprio da quella scelta che poi si determina il discernimento e la consapevolezza del pubblico invisibile (perché non è immaginario per la fede).
Il parassita (ossia, elemento che succhia la vita), per chi crede nella sua azione, certamente ha bisogno (come tu ben dici), così come per il consiglio angelicale, del nostro consenso per gridare vittoria, ma la sua vittoria è schiacciante, automatica, a tavolino, nel momento stesso in cui si pensa che non esiste, poiché la recitazione, che tu delucidi, nei confronti degli altri, scaturirà dalla menzogna che gli cela (le tenebre) di conoscere il vero senso dell'esistenza e l'originale missione a cui uno è chiamato a compiere sin dalla nascita (la luce), sviluppando così un personaggio (l'ipocrita per i greci) che sarà sempre più soddisfatto della sua attuazione, perché (come dimostra la realtà storica e attuale) gli altri, ipocriti anch'essi, penseranno che quello è il modello da seguire: l'attore che non rinnega mai la sceneggiatura della sua vita adattata sulla bugia e sui suoi derivati.

Cosa ben differente, anche se non meno complicata, il riconoscere la presenza del parassita, ma questo è più argomento di spiritualità che di logica, che di filosofia.


Pace&Bene.
L'unico modo per migliorarsi è imputare a se stessi i propri errori. Altrimenti, se i nostri errori non dipendono da noi, come possiamo sperare di correggerli? Sulla natura e il comportamento degli spiriti, non penso si tratti di un campo che lasci molte possibilità d'indagine.
Cominciamoa cercare di correggere e ad eliminare da noi le nostre malignità, per quanto riusciamo. Facciamo il nostro lavoro e che gli spiriti facciano il loro.
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Vecchio 26-11-2014, 10.04.27   #17
Duc in altum!
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** scritto da CVC:

Citazione:
L'unico modo per migliorarsi è imputare a se stessi i propri errori. Altrimenti, se i nostri errori non dipendono da noi, come possiamo sperare di correggerli? Sulla natura e il comportamento degli spiriti, non penso si tratti di un campo che lasci molte possibilità d'indagine.
Cominciamoa cercare di correggere e ad eliminare da noi le nostre malignità, per quanto riusciamo. Facciamo il nostro lavoro e che gli spiriti facciano il loro.

Quindi sei d'accordo che il primo passo è credere nell'esistenza degli spiriti?


Se la risposta è negativa, specialmente secondo il Vangelo, è impossibile poter affrontarli e sconfiggerli e riscuotere la corona d'alloro, senza l'intervento dello Spirito Santo (gli sforzi, con tutta la buona volontà che uno gli volesse applicare, produrrebbero solo l'ernia).
In questo caso l'attuazione ipocrita nel teatro della vita sarà sino alla fine (salvo, come frequentemente accade, che ad un certo punto uno non riconosca l'esistenza degli spiriti trascendenti, il pubblico invisibile).


Se la risposta è sì, certamente uno è più cosciente che la tentazione del parassita è destinata all'insuccesso e alla sua scomparsa se noi non l'alimentiamo (il tuo giusto: correggiamo i nostri errori), ma nella battaglia quotidiana non sempre è così, primo perché non si lotta ad armi pari, la consapevolezza del parassita è maggiora a quella umana, lui già conosce la Verità Assoluta, noi solo per fiducia, e secondo perché se la tentazione non portasse a nulla di buono, se servisse solo al Parassita Capo, e la persona nulla potesse contro di essa, Dio non l'avrebbe permessa.

Ossia, come ci comportiamo quando, come Giobbe, allo spirito maligno è concesso, contro ogni nostro sincero e profondo tentativo di correzione, di farci crogiolare nell'errore e nell'errore e nell'errore?


Pace&Bene


Ma senza indagare sul campo spirituale (il pubblico invisibile) come fai a determinare il metro di valutazione del tuo errore? ...che fai usi la costituzione?
Quindi come ti correggi?

Siamo a punto e accapo.

Ultima modifica di maral : 26-11-2014 alle ore 19.37.46.
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Vecchio 26-11-2014, 19.35.19   #18
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Originalmente inviato da Duc in altum!
** scritto da CVC:



Quindi sei d'accordo che il primo passo è credere nell'esistenza degli spiriti?

Se il primo passo è credere non penso che possa essere di pertinenza filosofica (e dunque nemmeno di questa sezione), poiché per la filosofia il primo passo è sempre mettere in discussione ogni credere. Può essere opportuno nei contesti di senso (individuali o collettivi) in cui tale opportunità si manifesta che sicuramente non sono quelli attualmente dominanti.
maral is offline  
Vecchio 26-11-2014, 19.41.54   #19
jolly666
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La domanda è tu chi sei?? Sei quello che tu pensi di essere?? O se quello che gli altri dicono tu sia? Sei bello?? Lo sai perché ti guardi allo specchio o perché sono gli altri a confermarlo?? Se tu allo specchio ti vedresti bello, però tutti gli altri dicono che tu sei brutto, come ti sentiresti bello o brutto??il vero specchio della vita non è lo specchio che riflette un immagine tua e vista da te,ma sono le altre persone che possono confermare o smentire ciò che tu vedi,più che un pubblico invisibile lo definirei uno specchio in cui avvolte ci piace specchiarci e avvolte no, la possibilità di poterci confrontare con altri è l'unica cosa che ci permette di essere vivi, altrimenti la vita sarebbe fine a se stessa..se si discute come pubblico inteso nel senso comune il suo unico compito è quello di giudicare una determinata cosa o persona solo nel momento in cui gli viene chiesto o sottoposto alla sua attenzione...
?
jolly666 is offline  
Vecchio 26-11-2014, 20.46.06   #20
Duc in altum!
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@maral

Infatti, è manifesto già alla fine del commento #15.

Grazie.
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