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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 28-11-2007, 00.34.19   #11
donella
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Riferimento: Tute blu e colletti bianchi. Il mito del sentirsi realizzati.

Dopo Marco.

Se questo mio intervento viene scambiato per OT ( o peggio per chat )... credo che a vita mi sentirò un'incompresa.

Ho letto tutto. Ho concluso che quando fai finta di sclerare sei decisamente irraggiungibile per Vitalità. MA... sempre un pelino Rabbiosa.
Elegantemente, Intellingentemente, Indiscutibilmente Vitale.... MA Rabbiosetto!

Marco!
Tute Blu e Colletti Bianchi... alla fine... non sono le parentesi di apertura e chiusura del possibile!

Gli Artisti, per esempio, commiserano entrambi, e forse piu i colletti bianchi!

...E se tutto il problema fosse che.... sei un Artista che ha studiato da Dirigente
donella is offline  
Vecchio 28-11-2007, 11.07.26   #12
marco gallione
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Riferimento: Tute blu e colletti bianchi. Il mito del sentirsi realizzati.

Citazione:
Originalmente inviato da donella
Dopo Marco.

Se questo mio intervento viene scambiato per OT ( o peggio per chat )... credo che a vita mi sentirò un'incompresa.

Ho letto tutto. Ho concluso che quando fai finta di sclerare sei decisamente irraggiungibile per Vitalità. MA... sempre un pelino Rabbiosa.
Elegantemente, Intellingentemente, Indiscutibilmente Vitale.... MA Rabbiosetto!

Marco!
Tute Blu e Colletti Bianchi... alla fine... non sono le parentesi di apertura e chiusura del possibile!

Gli Artisti, per esempio, commiserano entrambi, e forse piu i colletti bianchi!

...E se tutto il problema fosse che.... sei un Artista che ha studiato da Dirigente

Forse non serve, qui, essere troppo politically correct. Altrimenti, più che un forum, diventa un minuetto.
Io so ballare il minuetto, quando serve. Anche bene peraltro. Qui non credo che serva.

La provocazione, se dosata cum grano salis - e sta a voi giudicare se io la uso così - rende tutto più leggibile e magari anche intellettualmente più stimolante, secondo me.
Se donella la vuole chiamare rabbia, de gustibus. Mica gliene faccio una colpa. Mi chiedo solo se abbia capito...

Diciamo che a donella piace giudicare me, mentre io non sento il bisogno di giudicare la donella (se la conoscessi, e fosse carina, magari sentirei un altro tipo di bisogno, ma tant'è.. )

Quanto al tema in discussione, il mio pensiero è chiaro, e scevro da giudizi di valore, se son riuscito a spiegarmi.
Mi piacciono le tute blu, che sono i colletti bianchi. Per cui, per l'evidente sillogisma, mi piacciono tutti.
E tutti (me compreso) non mi piacciono quando si prendono sul serio, e quando vivono di indulgente incosapevolezza. Auto-assolutoria, pure.

Diciamo che il mio messaggio, in questa discussione è: guardiamoci in faccia.

Un caro saluto .
marco gallione is offline  
Vecchio 28-11-2007, 13.11.41   #13
iulbrinner
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Riferimento: Tute blu e colletti bianchi. Il mito del sentirsi realizzati.

"E’ possibile che l’equilibrio e il senso di autorealizzazione di migliaia di persone poggi forse solo su una credenza fragile come il guscio di un uovo?" (marco gallione)

Cerco di interpretare (dal mio punto di vista) il senso di questa discussione che, prima facie, mi sembra un interessante invito ad orientarsi nella mutevolezza continua del divenire contemporaneo.
L'oggetto del contendere a me sembra potersi identificare nell'egualitarismo astratto di cui ho parlato in altra discussione, quello originatosi nel '68, che produceva il 6 politico studentesco e libretti universitari clonati l'uno sull'altro.
L'illusione di poter elevare intere masse popolari al soglio della conoscenza e della competenza attraverso la cancellazione ideologica di qualunque seria competizione tra intelletti di diversa statura; è questa, secondo me, la coordinata con la quale ci si può orientare nell'ammucchiata di titolati odierni, i quali non hanno mai reclamato la possibilità di mettersi alla prova passando attraverso un sano confronto con i propri pari.
Oggi la chiamano meritocrazia e sembra una scoperta dei nostri tempi. In realtà era una pratica usuale ed un valore fondativo in un passato bollato (in parte a ragione) come socialmente discrimante e classista.
Residui postumi - ma ancora vitali e deleteri - di questa ideologia della parità forzosa sono contenuti persino nella vigente riforma Berlinguer del sistema scolastico; quella che ha introdotto i crediti formativi, che vengono riconosciuti come patrimonio culturale anche a chi ha fatto un biennio dal gommista e un anno sabatico come commessa.
Se questo è - come io credo - il fondo della discussione, l'ideale della realizzazione personale, quello introdotto nella nostra percezione della vita dallo stesso '68, è ormai completamente sganciato dal posizionamento sociale.
In linea con quella costellazione di valori, oggi la realizzazione personale passa assai più frequentemente attraverso la ricerca privata e personalissima di vicende interiori; vita relazionale, amicalità, socievolezza ed immagine esteriore sembrano essere, più propriamente, le nuove coordinate della persona realizzata.
iulbrinner is offline  
Vecchio 28-11-2007, 15.44.29   #14
marco gallione
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comunicazione di servizio

I post (o posti?) che sono stati raccolti, ad eccezione dei miei, sembrano pertinenti e alcuni di notevole di interesse anche.

Solo a chiarimento di alcuni termini “forti”, preciso quanto segue.

Tute e blu e colletti bianchi, sono espressioni usate qui solo per ragioni di sintesi. Non si vuole rievocare il contesto storico, certamente interessante ma ormai risalente, che ha prodotto quelle espressioni. Anche se magari c’entra.

Per come la vedo io, la immagine di una tuta blu e quella di un colletto bianco vogliono solo rappresentare una distinzione che non c’è più, quasi più: la distinzione tra professioni manuali e poco scolarizzate, e professioni intellettuali più scolarizzate.

Su di un piano sociologico, economico o magari anche politico (anzi, certamente direi anche politico), il quadro andrebbe completato con la aggiunta del tema della immigrazione extra-comunitaria. Sono sicuro che il perchè lo vedete bene da voi. Ma su questo ho poco da dire.

Il teorema è: i colletti bianchi di ieri sono le tute blu di oggi. E’ vero questo?

Ossia: in una epoca di maggiore scolarizzazione, o di scolarizzazione (giustamente) più ampia, le professioni intellettuali scolarizzate costituiscono ormai il lavoro più ricorrente; se uno poi ci aggiunge i frequentissimi, forse inevitabili, fenomeni di demansionamento e sotto-occupazione dei nostri giorni, ne deriva che – in conclusione – chi svolge una professione intellettuale che richiede una qualche scolarizzazione, mediamente sotto-occupata, fa parte del popolo delle tute blu oggi come oggi ("oggi come oggi" è una espressione che mi fa venire in mente le conversazioni da treno di qualche anno fa, quando ancora non c'erano i telefonini che portano oggi a fare i tutti board member super-impegnati anche sulla tratta Milano-Riccione, di sabato sera.. immagino... perchè non l'ho mai preso quel treno li'... scusate l'inciso).

Un quadro, un dirigente, ed ovviamente un impiegato – e aggiungerei – il docente qualunque o universitario estraneo al baronismo (accessibile solo in punto di morte), e poi ancora folle di professionisti regolati e consulenti abusivi e sedicenti, (e metteteci ancora chi volete voi), sono delle tute blu.

E fin qui sarebbe una discussione da Forum Cultura e Società. Ossia un tema che mi vedrebbe del tutto estraneo, che non susciterebbe in me nessun interesse particolare (a me interessa solo la Ibella..).

Che c’entra allora con Psicologia?
Be’ io non lo so.
Lo sento. Tipo il Mago Othelma.

Sento che tutto quanto precede ha delle implicazioni psicologiche, che rappresentano un dato micro, rispetto al macro-quadro ipotizzato – e non dimostrato – sopra.

Come sta tutta ‘sta gente qui, che accompagnata da genitori in lacrime frequentava le belle università e il giorno della laurea riceveva in dono il suo primo biglietto da visita patinato con su scritto professoredottore-finto (dove finto era scritto co l'inchiostro simpatico che funzionava al contrario.. prima non c'era , e poi compariva... ? (chi sono costoro? Siamo noi?)

Questa gente un po’ sta bene, perchè incosapevolmente si auto-assolve, promuovendosi ad una elite che non c’è. La elite delle caviglie gonfie.
Un po’ sta meno bene, quando osserva obtorto collo che fatica a tirare a campare.

Io condivido la opinione di molti che la realizzazione si misura meglio attraverso le relazioni familiari e sociali, la cultura vera (magari anche umanistica, perchè no?), la capacità di mantenere una mente ed un corpo sempre in grande forma, piuttosto che attraverso titoli, potere e posizione sociale ed economica.
Ma la condivido con riserva.

Titoli, potere e posizione sociale ed economica (quelli veri, non quelli finti del biglietto da vista patinato regalato dalla mamma il giorno della laurea) hanno sempre un peso. Sempre. Non ce n’è. Meno opportunità, meno merci, meno amici, finanche meno fighe (x i maschietti che hanno quell problema lì..).. questo è se uno è un po' troppo tuta blu 8so che non è un bel messaggio, me ne scuso..).
Questo, ad ogni modo, è il primo elemento di disagio, di natura micro. Di natura soggettiva.
Magari non chiamiamolo disagio. Chiamiamolo “fatto” (non nel senso del “drogato”, nel senso di circostanza oggettiva…).
Un fatto sfuggente, invisibile, impercettibile, ingannatore.

(per inciso: escludo da questo mio discorso stravagante gli ereditieri e le ereditiere, che aborro e che condannerei al lavoro in conceria, così.. tanto per….; questo lo dico rabbiosamente – ciao done )

Il secondo elemento che crea disagio e scadimento (non necessariamente a livello micro, ma soprattutto a livello collettivo) è che la massificazione della scolarizzazione e della professione intellettuale toglie, da un lato, ai più la sana voglia di ambire a qualcosa di più elevato, a crescere. E così cresciamo tutti un po’ meno (questo direbbe la macroeconomia da bar che conosco io..).
D’altra parte, si sa (e sai che noia..) quelle stesse circostanze portano allo smarrimento di figure-chiave per il mantenimento di una identità sociale e culturale che le professioni manuali hanno sempre aiutato a tenere viva.

Oggi, un pezzo di noi, magari anche autentico, è stato ceduto a poveri che vengono da terre lontane, che spesso si fanno un mazzo da paura (quando non fanno i delinquenti, si sa), che affrontano la risalita della china dopo avere viaggiato con uno che di professione fa lo scafista. Visto che c’entrano gli extracomunitari, e questo è il poco che avevo da dire.

E la psicologia, la nostra psicologia che c’entra?
Boh, intanto io queste cose, magari sbagliate, preferisco tenerle in considerazione, anzichè no.
Perchè magari quel giorno che mi sento depresso, e che scrivo sul Forum “Come facciamo ad essere felici?” “Perchè siamo così infelici’”, “Chi l’ha detto che dobbiamo essere felici?” “Esiste un fiume o un orso chiamato felicità?” “Chi ha problemi di digestione è felice?” “E’ più felice un uomo o il gatto?” “Si può mangiare la cipolla ed essere felici?”, “Ho un amico che si chiama Felice, ci credete?”, magari ho qualche elemento in più per rispondere.

Ma io sono un sempliciotto. Un artista sempliciotto.
Prossimamente apro una discussione “Si può essere felici nonostante Marco Gallione continua ad ammorbarci con la Ibella?”

Ciao
marco gallione is offline  
Vecchio 29-11-2007, 10.54.10   #15
hava
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Originalmente inviato da marco gallione
I post (o posti?) che sono stati raccolti, ad eccezione dei miei, sembrano pertinenti e alcuni di notevole di interesse anche.

Solo a chiarimento di alcuni termini “forti”, preciso quanto segue.

Tute e blu e colletti bianchi, sono espressioni usate qui solo per ragioni di sintesi. Non si vuole rievocare il contesto storico, certamente interessante ma ormai risalente, che ha prodotto quelle espressioni. Anche se magari c’entra.

Per come la vedo io, la immagine di una tuta blu e quella di un colletto bianco vogliono solo rappresentare una distinzione che non c’è più, quasi più: la distinzione tra professioni manuali e poco scolarizzate, e professioni intellettuali più scolarizzate.

Su di un piano sociologico, economico o magari anche politico (anzi, certamente direi anche politico), il quadro andrebbe completato con la aggiunta del tema della immigrazione extra-comunitaria. Sono sicuro che il perchè lo vedete bene da voi. Ma su questo ho poco da dire.

Il teorema è: i colletti bianchi di ieri sono le tute blu di oggi. E’ vero questo?

Ossia: in una epoca di maggiore scolarizzazione, o di scolarizzazione (giustamente) più ampia, le professioni intellettuali scolarizzate costituiscono ormai il lavoro più ricorrente; se uno poi ci aggiunge i frequentissimi, forse inevitabili, fenomeni di demansionamento e sotto-occupazione dei nostri giorni, ne deriva che – in conclusione – chi svolge una professione intellettuale che richiede una qualche scolarizzazione, mediamente sotto-occupata, fa parte del popolo delle tute blu oggi come oggi ("oggi come oggi" è una espressione che mi fa venire in mente le conversazioni da treno di qualche anno fa, quando ancora non c'erano i telefonini che portano oggi a fare i tutti board member super-impegnati anche sulla tratta Milano-Riccione, di sabato sera.. immagino... perchè non l'ho mai preso quel treno li'... scusate l'inciso).

Un quadro, un dirigente, ed ovviamente un impiegato – e aggiungerei – il docente qualunque o universitario estraneo al baronismo (accessibile solo in punto di morte), e poi ancora folle di professionisti regolati e consulenti abusivi e sedicenti, (e metteteci ancora chi volete voi), sono delle tute blu.

E fin qui sarebbe una discussione da Forum Cultura e Società. Ossia un tema che mi vedrebbe del tutto estraneo, che non susciterebbe in me nessun interesse particolare (a me interessa solo la Ibella..).

Che c’entra allora con Psicologia?
Be’ io non lo so.
Lo sento. Tipo il Mago Othelma.

Sento che tutto quanto precede ha delle implicazioni psicologiche, che rappresentano un dato micro, rispetto al macro-quadro ipotizzato – e non dimostrato – sopra.

Come sta tutta ‘sta gente qui, che accompagnata da genitori in lacrime frequentava le belle università e il giorno della laurea riceveva in dono il suo primo biglietto da visita patinato con su scritto professoredottore-finto (dove finto era scritto co l'inchiostro simpatico che funzionava al contrario.. prima non c'era , e poi compariva... ? (chi sono costoro? Siamo noi?)

Questa gente un po’ sta bene, perchè incosapevolmente si auto-assolve, promuovendosi ad una elite che non c’è. La elite delle caviglie gonfie.
Un po’ sta meno bene, quando osserva obtorto collo che fatica a tirare a campare.

Io condivido la opinione di molti che la realizzazione si misura meglio attraverso le relazioni familiari e sociali, la cultura vera (magari anche umanistica, perchè no?), la capacità di mantenere una mente ed un corpo sempre in grande forma, piuttosto che attraverso titoli, potere e posizione sociale ed economica.
Ma la condivido con riserva.

Titoli, potere e posizione sociale ed economica (quelli veri, non quelli finti del biglietto da vista patinato regalato dalla mamma il giorno della laurea) hanno sempre un peso. Sempre. Non ce n’è. Meno opportunità, meno merci, meno amici, finanche meno fighe (x i maschietti che hanno quell problema lì..).. questo è se uno è un po' troppo tuta blu 8so che non è un bel messaggio, me ne scuso..).
Questo, ad ogni modo, è il primo elemento di disagio, di natura micro. Di natura soggettiva.
Magari non chiamiamolo disagio. Chiamiamolo “fatto” (non nel senso del “drogato”, nel senso di circostanza oggettiva…).
Un fatto sfuggente, invisibile, impercettibile, ingannatore.

(per inciso: escludo da questo mio discorso stravagante gli ereditieri e le ereditiere, che aborro e che condannerei al lavoro in conceria, così.. tanto per….; questo lo dico rabbiosamente – ciao done )

Il secondo elemento che crea disagio e scadimento (non necessariamente a livello micro, ma soprattutto a livello collettivo) è che la massificazione della scolarizzazione e della professione intellettuale toglie, da un lato, ai più la sana voglia di ambire a qualcosa di più elevato, a crescere. E così cresciamo tutti un po’ meno (questo direbbe la macroeconomia da bar che conosco io..).
D’altra parte, si sa (e sai che noia..) quelle stesse circostanze portano allo smarrimento di figure-chiave per il mantenimento di una identità sociale e culturale che le professioni manuali hanno sempre aiutato a tenere viva.

Oggi, un pezzo di noi, magari anche autentico, è stato ceduto a poveri che vengono da terre lontane, che spesso si fanno un mazzo da paura (quando non fanno i delinquenti, si sa), che affrontano la risalita della china dopo avere viaggiato con uno che di professione fa lo scafista. Visto che c’entrano gli extracomunitari, e questo è il poco che avevo da dire.

E la psicologia, la nostra psicologia che c’entra?
Boh, intanto io queste cose, magari sbagliate, preferisco tenerle in considerazione, anzichè no.
Perchè magari quel giorno che mi sento depresso, e che scrivo sul Forum “Come facciamo ad essere felici?” “Perchè siamo così infelici’”, “Chi l’ha detto che dobbiamo essere felici?” “Esiste un fiume o un orso chiamato felicità?” “Chi ha problemi di digestione è felice?” “E’ più felice un uomo o il gatto?” “Si può mangiare la cipolla ed essere felici?”, “Ho un amico che si chiama Felice, ci credete?”, magari ho qualche elemento in più per rispondere.

Ma io sono un sempliciotto. Un artista sempliciotto.
Prossimamente apro una discussione “Si può essere felici nonostante Marco Gallione continua ad ammorbarci con la Ibella?”

Ciao



Non posso fare a meno di pensare alle possibili conseguenze di una confusione fra i ceti sociali, sull'identita' dei singoli ed il senso di sicurezza.
La devalutazione dei titoli di studio e dei titoli in generale colpisce quelli che non hanno saputo arricchire la propria personalita' con valori piu' consistenti e duraturi.
La psicologia [e psicologi] c'entrano si, trattandosi di un processo di adattamento ad una societa' che cambia sfrenatamente.
hava is offline  
Vecchio 29-11-2007, 18.37.36   #16
iulbrinner
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Riferimento: Tute blu e colletti bianchi. Il mito del sentirsi realizzati.

Leggere le cose scritte da Marco Gallione lo trovo sempre molto divertente, come assistere alle acrobazie di un giocoliere della parola; ma quando vado alla ricerca del significato concreto di ciò che dice, a volte mi smarrisco (parlo per me).

Provo, perciò, a tirare un attimo le fila del suo discorso per orientarmi.
"Distinzioni un tempo chiare, oggi nascondono la verità, e garantiscono la illusione.
Il moderno colletto bianco, è solo una tuta blu.
Il moderno laureato ha giusto in mano il diploma delle scuole professionali triennali degli anni settanta, o forse meno.
"
Qui sembrerebbe affrontarsi il tema della pauperizzazione delle qualificazioni professionali e delle crescenti incompetenze....forse, ma:

"Per come la vedo io, la immagine di una tuta blu e quella di un colletto bianco vogliono solo rappresentare una distinzione che non c’è più, quasi più: la distinzione tra professioni manuali e poco scolarizzate, e professioni intellettuali più scolarizzate."
Qui ne deduco che si stia parlando della riduzione delle distanze sociali, del valore dell'individuo che non si misura più sull'autorevolezza della persona ma su altri parametri...forse, ma:

"Un quadro, un dirigente, ed ovviamente un impiegato – e aggiungerei – il docente qualunque o universitario estraneo al baronismo (accessibile solo in punto di morte), e poi ancora folle di professionisti regolati e consulenti abusivi e sedicenti, (e metteteci ancora chi volete voi), sono delle tute blu."
Qui, invece, sembra delinearsi il quadro di una società che ha ampliato a dismisura il sistema delle competenze ed il sapere specialistico, tanto da ridurre un dirigente o un professore universitario a mera manovalanza rispetto...già, rispetto a chi? Non mi sembra chiaro. Certo, non direi rispetto ad un extracomunitario (che, però, in qualche modo c'entra anche lui).

Se, poi, calo il tutto nella materia di riferimento (settore psicologia) e faccio riferimento al titolo della discussione - il mito del sentirsi realizzati - comincio a sentire un leggero mal di testa.
Con molta umiltà ed altrettanta simpatia ti chiedo: potresti precisare meglio quale dovrebbe essere, nelle tue intenzioni, l'argomento in questione?
Serve solo a me, cerca di comprendere, per orientarmi nella lettura...
Ho i miei limiti, evidentemente.
iulbrinner is offline  
Vecchio 29-11-2007, 20.34.19   #17
marco gallione
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il cielo stellato sopra di me, la legge morale e la parola di hava dentro di me

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Originalmente inviato da iulbrinner
Leggere le cose scritte da Marco Gallione lo trovo sempre molto divertente, come assistere alle acrobazie di un giocoliere della parola; ma quando vado alla ricerca del significato concreto di ciò che dice, a volte mi smarrisco (parlo per me).

Provo, perciò, a tirare un attimo le fila del suo discorso per orientarmi.
"Distinzioni un tempo chiare, oggi nascondono la verità, e garantiscono la illusione.
Il moderno colletto bianco, è solo una tuta blu.
Il moderno laureato ha giusto in mano il diploma delle scuole professionali triennali degli anni settanta, o forse meno.
"
Qui sembrerebbe affrontarsi il tema della pauperizzazione delle qualificazioni professionali e delle crescenti incompetenze....forse, ma:

"Per come la vedo io, la immagine di una tuta blu e quella di un colletto bianco vogliono solo rappresentare una distinzione che non c’è più, quasi più: la distinzione tra professioni manuali e poco scolarizzate, e professioni intellettuali più scolarizzate."
Qui ne deduco che si stia parlando della riduzione delle distanze sociali, del valore dell'individuo che non si misura più sull'autorevolezza della persona ma su altri parametri...forse, ma:

"Un quadro, un dirigente, ed ovviamente un impiegato – e aggiungerei – il docente qualunque o universitario estraneo al baronismo (accessibile solo in punto di morte), e poi ancora folle di professionisti regolati e consulenti abusivi e sedicenti, (e metteteci ancora chi volete voi), sono delle tute blu."
Qui, invece, sembra delinearsi il quadro di una società che ha ampliato a dismisura il sistema delle competenze ed il sapere specialistico, tanto da ridurre un dirigente o un professore universitario a mera manovalanza rispetto...già, rispetto a chi? Non mi sembra chiaro. Certo, non direi rispetto ad un extracomunitario (che, però, in qualche modo c'entra anche lui).

Se, poi, calo il tutto nella materia di riferimento (settore psicologia) e faccio riferimento al titolo della discussione - il mito del sentirsi realizzati - comincio a sentire un leggero mal di testa.
Con molta umiltà ed altrettanta simpatia ti chiedo: potresti precisare meglio quale dovrebbe essere, nelle tue intenzioni, l'argomento in questione?
Serve solo a me, cerca di comprendere, per orientarmi nella lettura...
Ho i miei limiti, evidentemente.

Grazie iulbrinner.
Devi andare alla ricerca del significato concreto di quel che dico. Fai bene. Mi spiace che fai un po’ fatica. Ti do rapidamente i chiarimenti che punto per punto mi hai gentilmente richiesto.

1. C’è effettivamente una componente di "pauperizzazione" come dici tu, ma non è così centrale nel mio discorso. Magari – e questo aspetto del tuo post mi sembra più importante - io non userei la parola “pauperizzazione”, che suona un po’ tipo “.. ho comprato il dizionario dei sinonimi e contrarii al mercatino e adesso lo uso..”. (per il tuo bene lo dico. Che poi ti prendono in giro).

2. il tema più importante, ed anche ovvio (chete lo dico a fare iul?) è la riduzione delle distanze sociali, che, insieme alla loro falsificazione, crea un mare magnum di dottoriprofessori che non contano niente, e che manco si accorgono che non contano una mazza. Hai capito bene il mio pensiero iul, e ti ringrazio. Nulla da eccepire. (peraltro mi viene il dubbio.. sarai mica un professore anche tu iul? Guarda che non ce l’ho con te.. se ti è sembrato, mi scuso subito; o subìto ).

3. Due parole sul punto 3: qui però iul non ha capito (capìto). Competenze e sapere specialistico non c’entrano un’acca. Ha fatto confusione iul, ma non è così importante. e magari mi son spiegato male.

Insomma ti sembravano tre concetti da mettere insieme, e invece è solo uno, il numero due. Che con i numeri si capisce meglio.

Non dimentico che mi hai chiesto un ulteriore chiarimento, alla fine.
Rilevi in conclusione che hai qualche difficoltà a calare il tutto nella materia di riferimento (settore psicologia). E qui – con un certo piacere (chi mi conosce, capirà ) – sono onorato di darti il detto chiarimento attraverso le parole del forumista-illuminato respected worldwide basis, Hava, il Mito. (attendo ogni giorno, ogni ora, la possibilità di poter quotare il mio mito personale hava, che considero intelligente come un marziano.. che poi è una donna che si chiama Eva peraltro, ce l’ha scritto lei..).
Ebbene hava dice-scrive, giusto giusto prima di iul (ma iul non hai letto?):

Non posso fare a meno di pensare alle possibili conseguenze di una confusione fra i ceti sociali, sull'identita' dei singoli ed il senso di sicurezza.
La devalutazione dei titoli di studio e dei titoli in generale colpisce quelli che non hanno saputo arricchire la propria personalita' con valori piu' consistenti e duraturi.
La psicologia [e psicologi] c'entrano si, trattandosi di un processo di adattamento ad una societa' che cambia sfrenatamente.

Oh ma quanto è intelligente hava?! Vi rendete conto..?!
Iul, quando non capisci le robe che scrivo io, o non sai cosa pensare o farti una idea chiara su un tema, leggi hava e non sbagli mai.
Io faccio sempre così, e mi sembra di andare alla grande ).
per cui, se ti vengono ancora incertezze, vai a leggerti hava ok?

saluti

ps: i più attenti avranno forse notato il titolo di questo mio post. E' una frase famosa di Kant, che riconosceva l'autorevolezza del mito, al pari del mondo e della morale
marco gallione is offline  
Vecchio 02-12-2007, 13.45.22   #18
iulbrinner
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Riferimento: Tute blu e colletti bianchi. Il mito del sentirsi realizzati.

Beh… però, come vedi, senza ricorrere alla tua esegeta personale (il termine esegeta l’ho scoperto in un incarto dei cioccolatini - n.d.r.) c’ero modestamente arrivato anch’io, con le mie sole, povere forze.
E’ che ho faticato un po’ a districare il senso della discussione da tutti gli altri possibili; un po’ come quando da ragazzini si giocava a shangai (non ho il sinonimo del termine, forse stuzzicadenti aggrovigliati potrebbe dare l’idea), che si doveva buttare giù un mazzetto di bastoncini (appunto, gli shangai) e recuperare un bastoncino per volta dal caotico insieme prodotto.
Comunque, hava – mi rivolgo a te, per volontà del sommo - chiedendoti lumi interpretativi.
Cosa credi abbia a che fare la riduzione delle distanze sociali (il tema del topic, sembra) con il pezzo di carta che non si nega a nessuno?
E visto che ci sei, potresti spiegarmi – dati i miei evidenti limiti – se all’occorrenza si stia parlando della famigerata “classe media” (quella che Mr. Gauss ha racchiuso in una curva, tanto tempo fa) oppure della new age? Forse ci troviamo a parlare della “new classe media age”; potrebbe essere una buona sintesi.
Ma, forse un’idea sintetica potrebbe essere fuori luogo, nel contesto.
Insomma, vedi tu; mi affido a te.
Grazie e porgi i miei omaggi…

P.S. – Colgo anche l’occasione per segnalarti, affinché tu possa intercedere con il sommo, che, nella mia piccola visione del mondo, avrei scommesso sull’importanza delle ultraspecializzazioni del sapere e della loro frammentazione in un universale arcipelago privo di centro, nel quale l’individuo fatica sempre più ad orientarsi.
La questione è anche psicologica, nelle sue ricadute, perché crea un fenomeno di dipendenza dell’individuo medio dallo specialista di turno e mina alle basi il senso dell'autorealizzazione possibile; qualcuno c’ha anche fatto degli studi seri in proposito. Ma questa è solo una mia ideuzza, già bocciata dal sommo per manifesta infondatezza. Ipse dixit...
Peccato, magari tu avresti avuto occasione di rifletterci sopra.
Nel caso fammi sapere (di nascosto dal sommo, ovviamente).
...aahh, digli anche che non sono un professore; faccio parte della classe media di cui parla lui ed il sig. Gauss, a suo tempo. Ciao
iulbrinner is offline  
Vecchio 02-12-2007, 15.14.16   #19
marco gallione
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Citazione:
Originalmente inviato da iulbrinner
Beh… però, come vedi, senza ricorrere alla tua esegeta personale (il termine esegeta l’ho scoperto in un incarto dei cioccolatini - n.d.r.) c’ero modestamente arrivato anch’io, con le mie sole, povere forze.
E’ che ho faticato un po’ a districare il senso della discussione da tutti gli altri possibili; un po’ come quando da ragazzini si giocava a shangai (non ho il sinonimo del termine, forse stuzzicadenti aggrovigliati potrebbe dare l’idea), che si doveva buttare giù un mazzetto di bastoncini (appunto, gli shangai) e recuperare un bastoncino per volta dal caotico insieme prodotto.
Comunque, hava – mi rivolgo a te, per volontà del sommo - chiedendoti lumi interpretativi.
Cosa credi abbia a che fare la riduzione delle distanze sociali (il tema del topic, sembra) con il pezzo di carta che non si nega a nessuno?
E visto che ci sei, potresti spiegarmi – dati i miei evidenti limiti – se all’occorrenza si stia parlando della famigerata “classe media” (quella che Mr. Gauss ha racchiuso in una curva, tanto tempo fa) oppure della new age? Forse ci troviamo a parlare della “new classe media age”; potrebbe essere una buona sintesi.
Ma, forse un’idea sintetica potrebbe essere fuori luogo, nel contesto.
Insomma, vedi tu; mi affido a te.
Grazie e porgi i miei omaggi…

P.S. – Colgo anche l’occasione per segnalarti, affinché tu possa intercedere con il sommo, che, nella mia piccola visione del mondo, avrei scommesso sull’importanza delle ultraspecializzazioni del sapere e della loro frammentazione in un universale arcipelago privo di centro, nel quale l’individuo fatica sempre più ad orientarsi.
La questione è anche psicologica, nelle sue ricadute, perché crea un fenomeno di dipendenza dell’individuo medio dallo specialista di turno e mina alle basi il senso dell'autorealizzazione possibile; qualcuno c’ha anche fatto degli studi seri in proposito. Ma questa è solo una mia ideuzza, già bocciata dal sommo per manifesta infondatezza. Ipse dixit...
Peccato, magari tu avresti avuto occasione di rifletterci sopra.
Nel caso fammi sapere (di nascosto dal sommo, ovviamente).
...aahh, digli anche che non sono un professore; faccio parte della classe media di cui parla lui ed il sig. Gauss, a suo tempo. Ciao

La risposta di iulbrinner è spiritosa e denota intelligenza, che non è detto che il sommo Gallione abbia, peraltro.
Grazie iul.
marco gallione is offline  
Vecchio 02-12-2007, 21.31.55   #20
vagabondo del dharma
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Riferimento: Tute blu e colletti bianchi. Il mito del sentirsi realizzati.

Tanti sono i casi quanti sono i lavoratori in Italia, e quindi le generalizzazioni non fotografano mai pienamente la realtà. Ma essendo l'unico modo per parlarne, quello aggregato, cerco di dire la mia...

Questa discussione mi ricorda tanto le parole dell'industriale arricchito, ignorante, illetterato e semianalfabeta, che per una predisposizione agli affari (di ogni tipo) ha avuto successo e quando parla con il laureato, quello che ha studiato, gli fa pesare l'assoluta inutilità del suo titolo di studio in un mondo dove vale ben altro. Il fiuto per gli affari, il pelo sullo stomaco, leccare a destra e a manca, picchiare se necessario e alla fine ce la fai. Questa è la laurea della vita. Colletto bianco.

Poi c'è l'ammanigliato, quello che è riuscito a inserirsi bene negli ingranaggi giuridico-legali, collaterali al mondo politico e alle lobbies economiche, ignorante come una capra, ma che ha capito come funzionano le cose ("e chi è fess se sta a casa"...come dicono a Napoli) e sa sempre a chi rivolgersi per ottenere quello che vuole. Colletto bianco.


In una società che certifica la realizzazione di una persona solo in base a quanto guadagna al mese, è chiaro che quello che dice Marco ci può stare. Ma ci sta solo a livello di aggregati, di sociologia pura: una società a terziario avanzato come la nostra crea una classe di persone altamente scolarizzate ma non proporzionalmente remunerate.

Ma questo, invece di dar luogo ad un'analisi sarcastica e compiaciuta di ciò che è avvenuto, dovrebbe solo far emergere la profonda ingiustizia di una società organizzata in questo modo. A monte, Marco, cosa c'è nella tua domanda? La denuncia di un'ingiustizia o la compiaciuta osservazione che i titoli di studio, quelli che ti permettevano di scalare al successo, non valgono più niente e hanno lasciato il posto ad un pragmatismo a-valoriale esercitabile da chiunque (dal piccolo imprenditore arricchito, dall'imbroglione affarista, dal lobbista "senza mestiere" e via discorrendo). Denuncia o compiaciuta osservazione di un qualcosa che sembra non riguardarti?

Una società organizzata così ti illude con una maggiore orizzontalità e accessibilità, solo per tutelare ancora di più la casta, che non è solo politica, ma anche economica ed è, soprattutto, emanazione di una componente sociale conservatrice, prevaricatrice e privilegiata, composta da individui spesso dediti alla cosidetta criminalità dei colletti bianchi (appunto), invisibile, invadente, raramente accertata e blandamente punita.

Se non sbaglio abbiamo una percentuale di laureati ancora di molto inferiore a quella degli altri paesi europei più avanzati. Questo denota che il problema non è la laurea e la percentuale di lauree presenti nel paese, ma il sistema che c'è dietro.

I penalizzati sono i laureati "veri", costretti a diventare tute blu da una società non meritocratica, mentre quelli che cercano il pezzo di carta come "passpartout" riusciranno, con maneggi, appoggi e corruttele, a diventare colletti bianchi. Sempre parlando a livello di aggregati.


L'intellettuale tuta blu non è un problema per se stesso, dato che ha tutte le risorse morali, intellettuali (appunto) e spirituali per stare benissimo anche così, essendo orientato verso altri valori (anagramma di lavori), a prescindere.

L'intellettuale sottopagato e tuta blu è solo un'offesa ad una società meritocratica e democratica. Spesso l'intellettuale tuta blu ha anche dei valori da cui, in campo lavorativo, non riesce a prescindere e allora, "chi è fess se sta a casa"...gli rifila l'ammanigliato.

Il talento puro viene spesso premiato con lo status di colletto bianco, diventando, spesso suo malgrado, strumento in mano al colletto bianco sporco, che ha sempre l'occhio lungo...

Quindi la proposta sociologica può avere una risposta sociologica, con una leggera spruzzatina di grillismo sopra...
vagabondo del dharma is offline  

 



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