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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 27-04-2006, 10.55.01   #1
arsenio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
L'arte di essere felici

Schopenhauer rimonta la classifica ( Corriere della Sera, 22,4,06 ) con “L’arte di essere felici in 50 massime” . Fu un lungo bestseller al primo posto nel ’97 ed ora stranamente è ricomparso.
Con l’occasione ripropongo alcuni punti salienti, suggeriti dall’antica saggezza, ed elaborati nel suo denso manualetto.

Tutto è posseduto dal destino, la felicità è un chimerico eufemismo ed esiste solo in negativo come assenza di dolore, mentre la sofferenza è reale. Il totale e ascetico non-volere è impossibile, pure da escludere è lo stoicismo ed il machiavellico essere felici a spese altrui.

L’obiettivo da perseguire è un presente sopportabile e privo di dolore, senza distorcere la realtà del momento né quella attesa dal futuro. Evitando l’invidia, dominando la collera, riducendo le pretese eccessive, confidando in una buona salute. E’ indispensabile raggiungere con la personale esperienza del mondo il “carattere acquisito” allo scopo di conoscere bene la propria individualità con i suoi punti di forza e di debolezza, per educarla nel modo più adatto alle nostre attitudini, dedicandoci a ciò che ci è più congeniale, unica fonte per noi di felicità. Non si devono ostentare forze che non si possiedono né voler essere altro da quello che si è, adeguandosi a vivere come si può e non come si vorrebbe.

Il fatalismo fa accettare ciò che non si può mutare senza indugiarvi con fantasie da castelli in aria o di timori funesti e ingiustificati, ma facendosi guidare più dai concetti della ragione che dalle suggestioni intuitive. Manifestando una certa imperturbabilità sia verso momenti difficili, pensando che potrebbe capitare di peggio, sia con un coinvolgimento non eccessivo verso la gioia stessa. Anteponendo l’agire ingegnoso che rende bella la vita alla percezione degli stati di benessere o di malessere.
Durante la seconda metà della vita non si rincorre più tanto la felicità quanto la quiete e l’assenza di dolore, infine consapevoli che si può ottenere solo una parte minima di ciò che si desidera. Sapendo anche discernere i falsi desideri:
“Dei desideri alcuni sono naturali e necessari, altri né naturali né necessari, originati da vana opinione” ( Diogene Laerzio ).

Spesso miriamo a cose che si raggiungono con troppo ritardo e risultano inutili perché nel frattempo qualcosa è cambiato.
Il mondo che appare è diverso per ciascuno e dipende dalla soggettiva ricettività nel cogliere possibili significati e impressioni gradevoli o sgradevoli a seconda dell’indole. E’ la coscienza che può rendere la vita più o meno piacevole, per cui la felicità è un’opinione. Per l’eudemonologia conta l’ingegno discernente e la ricchezza interiore della personalità dove si può trovare la felicità impossibile a trovare altrove. Perciò anche in solitudine ci si può intrattenere con i propri pensieri senza aver bisogno di spettacoli, feste, viaggi, ecc.

Conta ciò che si è, altrimenti nessun piacere può acquistare valore, e invece si tiene più in conto di ciò che si ha e di come si appare.
Strumento contro il dolore è la serenità che tuttavia può degenerare in superficialità, e contro la noia serve l’ingegno che rischia di essere accompagnato dalla malinconia.
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Si può anche dissentire dal pessimismo di Schopenhauer, ma non sottovalutarlo per i suoi influssi su alcuni temi culturali del ‘900 e oltre. Nel nostro specifico caso riconoscendo questa sua proposta saggezza che tiene conto anche di un pensiero greco, latino e indiano che ancora ispira per alcuni concetti le psicoterapie fondate sul potere della parola.
Si riferisce a una felicità appagata soprattutto dal colloquio con se stessi, di personalità contrassegnate da ingegno e ricettività, indipendenti e libere da credenze e distorsioni cognitive, La vita va fronteggiata con un equilibrato distacco emotivo, in una permanente e critica costruzione del Sé.

E’ pure vero che la cultura amplia gli orizzonti e le aspirazioni, l’autoconoscenza e l’introspezione, ma oggi – come già Freud ammise – andrebbe esclusa la possibilità di una prevalente felicità individuale e solipsistica disgiunta dal contesto storico-sociale dove l’individuo si esprime.
La felicità è un oggetto di studio anche per le scienze sociologiche, e la stessa autoconoscenza non può prescindere dal confronto con gli altri. L’attenzione quindi va ugualmente posta anche alla gratificazione che proviene dai legami di amicizia, dall’interesse per gli altri in reciproci sostegni, senza tralasciare le soddisfazioni che possono derivare dal lavoro e dallo svago.

Siete d’accordo? Chi vuol raccontare le sue palliative strategie anti-infelicità?
arsenio is offline  
Vecchio 27-04-2006, 13.35.56   #2
hava
Ospite abituale
 
Data registrazione: 05-12-2005
Messaggi: 542
Credo di aver fatto menzione in questo forum del libro di Irvin Yalom: "la terapia di Schopenhauer".
Uno dei personaggi del libro , dopo aver seguita la teoria cognitiva di Schopenhauer, non riuscendo a liberarsi dai suoi problemi ed infelicita', si trova a partecipare ad una terapia di gruppo a base psicoanalitica.
Cio' che lo aiuta a liberarsi in parte dai suoi problemi sara' la dinamica di un gruppo molto sensibile ed accogliente, ed il confronto con se stesso e gli altri.
hava is offline  
Vecchio 27-04-2006, 19.03.26   #3
bside
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L'avatar di bside
 
Data registrazione: 09-09-2005
Messaggi: 383
Quel saggio sulla felicità l'ho letto un paio d'anni fa. All'inizio mi era parso interessante e non metto in dubbio che lo sia; a fine lettura però sono rimasto un po' nauseato dall'interminabile sequela di Io, Io, Io, Io...un manifesto dell'individualismo più acceso.
In estrema sintesi la sua ricetta per la felicità è questa: pensare a se stessi e vivere una vita lontani dalle passioni, dai piaceri, ricercare la felicità solo in se stessi, non fare grandi progetti che la vita è troppo breve per poterli realizzare...
Nulla viene detto dell'amicizia, dell'amore, della cura o interesse per l'altro, dell'impegno morale ed etico...che posto occupa tutto questo nella filosofia di Schopenhauer?? Parrebbe nessun posto. Non c'è spazio per gli altri. L'indifferenza come regola di vita. Inutile darsi tanta pena per cambiare quello che non va nel mondo, badiamo a ciò che è più conveniente al raggiungimento della nostra felicità e il resto vada pure in malora sembra voler dire estremizzando il suo pensiero. Non mi stupisce di sentire da voi che una filosofia che insegna sostanzialmente ad essere più egocentrici ed individualisti sia utilizzata in una psicoterapia
bside is offline  
Vecchio 27-04-2006, 19.42.12   #4
Lucy
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Messaggi: 212
Una strategia anti-infelicità semplice è cantare per se stesso.

Ma senza disturbare i vicini, naturalmente.
Lucy is offline  
Vecchio 27-04-2006, 20.04.56   #5
Monica 3
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Messaggi: 697
Non c'è niente come imparare a lasciare il passato nel passato (tanto non puoi cambiarlo) e il futuro nel futuro (tanto ti sorprenderà sempre) e vivere ogni momento della vita come se fosse l'ultimo.

Ci si arriva dopo un po' di bastonate però.

Monica 3 is offline  
Vecchio 27-04-2006, 20.20.56   #6
Lucy
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Messaggio originale inviato da Monica 3
Non c'è niente come imparare a lasciare il passato nel passato (tanto non puoi cambiarlo) e il futuro nel futuro (tanto ti sorprenderà sempre) e vivere ogni momento della vita come se fosse l'ultimo.

Ci si arriva dopo un po' di bastonate però.


Ma se spendo tutti i soldi oggi perché vivo come se fosse l´ultimo giorno della mia vita allora domani moriró di fame ....


Ultima modifica di Lucy : 27-04-2006 alle ore 20.22.01.
Lucy is offline  
Vecchio 27-04-2006, 21.56.01   #7
Monica 3
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Messaggio originale inviato da Lucy
Ma se spendo tutti i soldi oggi perché vivo come se fosse l´ultimo giorno della mia vita allora domani moriró di fame ....



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Perché? Ti rende veramente felice spendere i soldi? Non credo che lo farai sei hai intorno persone che ami e che ne potrebbero avere bisogno.
Monica 3 is offline  
Vecchio 27-04-2006, 22.14.35   #8
Lucy
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Citazione:
Messaggio originale inviato da Monica 3
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Perché? Ti rende veramente felice spendere i soldi? Non credo che lo farai sei hai intorno persone che ami e che ne potrebbero avere bisogno.

Allora scrivere il testamento ogni giorno?

E uno scherzo. Spero che ridi.
Lucy is offline  
Vecchio 28-04-2006, 10.25.08   #9
arsenio
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Messaggio originale inviato da bside
Quel saggio sulla felicità l'ho letto un paio d'anni fa. All'inizio mi era parso interessante e non metto in dubbio che lo sia; a fine lettura però sono rimasto un po' nauseato dall'interminabile sequela di Io, Io, Io, Io...un manifesto dell'individualismo più acceso.
In estrema sintesi la sua ricetta per la felicità è questa: pensare a se stessi e vivere una vita lontani dalle passioni, dai piaceri, ricercare la felicità solo in se stessi, non fare grandi progetti che la vita è troppo breve per poterli realizzare...
Nulla viene detto dell'amicizia, dell'amore, della cura o interesse per l'altro, dell'impegno morale ed etico...che posto occupa tutto questo nella filosofia di Schopenhauer?? Parrebbe nessun posto. Non c'è spazio per gli altri. L'indifferenza come regola di vita. Inutile darsi tanta pena per cambiare quello che non va nel mondo, badiamo a ciò che è più conveniente al raggiungimento della nostra felicità e il resto vada pure in malora sembra voler dire estremizzando il suo pensiero. Non mi stupisce di sentire da voi che una filosofia che insegna sostanzialmente ad essere più egocentrici ed individualisti sia utilizzata in una psicoterapia

Se la felicità è arte richiede visioni della vita non unilaterali. Concordo con il concetto schopenhaueriano della necessità di un “carattere acquisito”, ma che avvenga dall’esperienza di momenti di proficua solitudine meditativa proprio con lo scopo di acquistare quelle capacità richieste per una soddisfacente vita sociale. Certe abilità si possono meglio apprendere e approfondire solo sul campo. Di conseguenza sono molto favorevole anche ai gruppi di autoaiuto, di sostegno, di counselling, ecc. In qualche caso utili alternative alle stesse psicoterapie.



Grazie a hava per la segnalazione del libro. Ne avevo già letto una recensione
arsenio is offline  
Vecchio 28-04-2006, 18.44.18   #10
Adele
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Data registrazione: 31-05-2005
Messaggi: 72
Anch'io ho letto l'arte di essere felici un po' di anni fa. La cosa che mi è rimasta impressa è la considerazione sui mali. se ricordo bene (correggetemi pure) Schopenhauer distingueva due tipi di mali: quelli che possono venire e quelli ( es la morte ) che verranno di sicuro. Per quel che riguarda i primi sosteneva che dobbiamo vivere come se non fossero destinati mai a capitarci, per quel che riguarda i secondi ci ammoniva di agire come se non dovessero di certo capitare adesso.
Brillante soluzione per l'uomo che vive di sola razionalità, sicuramente è molto sensato il suo discorso, tuttavia, come qualcuno di voi ha già notato, l'uomo non vive in un'isola deserta ma in osmosi con il resto del cosmo e non sempre è possibile rimanere incontaminati da quello che ci circonda.
Comunque c'è anche da dire che Shopenhauer aveva un concetto di felicità ben preciso,essa era l'"elemosina che si dà al mendico per prolungare domani il suo dolore" e allora bisogna capire che cosa intendiamo noi con il termine felicità. per me essa non può essere staccata dal benessere degli altri e perciò è irragiungibile.
Adele is offline  

 



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