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La mente può davvero conoscere se stessa?

di Luciano Peccarisi - Novembre 2008

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L’esperienza della coscienza

Tutto questo sembra chiaro, meno chiaro è spiegare le sensazioni di piacere, bellezza, armonia, gusto; vi è, in effetti, un’ostinata “resistenza dei fenomeni soggettivi a lasciarsi spiegare in termini fisico-biologici” (13); spiegare il fenomeno ad esempio dei colori, degli odori, degli amori, la consapevolezza di esserci, la vivida presenza di noi stessi che non possiamo comunicare a parole, tanto è particolare. Come facciamo a spiegare con le parole com’è per noi avere un’immagine mentale o il com’è un’emozione? Benché ci si sarà sotto una base fisica, ancora nessuno ha trovato i siti esatti (ammesso che di siti si possa parlare) né abbiamo una spiegazione adeguata del perché e del come sorga. “Perché mai l’elaborazione fisica dovrebbe far nascere una vita interiore così ricca?” (14). Ma proprio il tema della coscienza e della sua possibilità di conoscersi potrebbe annettere sia i fenomeni soggettivi e che quelli oggettivi, non distinguendo ‘esterno ed ‘interno’. In questo caso si pensa che non vi sia “separazione tra l’esperienza e la realtà e che il soggetto e l’ambiente sono due modi diversi di descrivere lo stesso processo” (15). E’ stata la peculiare storia dell’essere vivente umano a creare questi equivoci. Quando la sua evoluzione non sviluppò un elemento fisico e anziché il collo, la proboscide, le ali, il becco, le pinne, la forza o la velocità s’indirizzò verso una comunicazione sempre più raffinata, fino ad una trasmissione sonora dei pensieri, ebbene quella si rivelò la carta vincente. Il linguaggio più di tutti gli altri costituì una fonte inesauribile di conoscenza e, di conseguenza, di potere. In grado di rendere l’organismo capace di continuare meglio la propria stirpe. Fino a divenire paradossalmente troppo numerosi. L’animale non parla; usa le immagini del mondo per orientarsi nella realtà, quelle del ricordo per evitare errori passati e a tenere a mente esperienze pericolose. Schemi mentali semplici per decisioni rapide, un pensiero intuitivo, automatico.Tuttavia se rievocate senza motivo concreto, come accade nell’uomo moderno, le immagini interconnesse dal linguaggio, danno origine ad una nuova modalità di pensiero, più analitico e ragionato, legato alla cultura. Grazie a questa seconda modalità “abbiamo consapevolmente costruito la scienza, la tecnologia e il complesso dei saperi che hanno creato il mondo contemporaneo" (16). Un marziano che ci osservasse vedrebbe individui che parlano in continuazione e si muovono pochissimo. Si chiederà: che razza di specie non è mai questa?

 

La strana coscienza umana

L’uomo è ora un organismo strano ma all’inizio era come tutti gli altri. Era fornito della conoscenza giusta per sopravvivere, in competizione con gli altri. Le sue credenze erano innate come lo sono quelle degli scimpanzé e con quelle s’arrangiava. Gli animali nascono con le loro credenze tutte belle e pronte. Lorenz fa l’esempio del rondone, “cresce in una cavità ristretta, in cui gli è impossibile distendere le ali (né a maggior ragione sbatterle), in cui non riceve immagini retiniche nitide (perché il punto più lontano della cavità è molto più vicino a lui di quanto non lo sia la distanza focale minima dei suoi occhi) …riesce a risolvere, durante il volo, tutti i problemi relativi alla resistenza aerodinamica, alle correnti, alla turbolenza, ai vuoti d’aria e riconoscere ed afferrare la preda, e infine, a compiere atterraggi perfetti nei luoghi adatti (17). Una gazzella vede un leone ed invariabilmente scappa, non gli corre mai incontro felice. Il contrario avviene quando un piccolo vede la madre.  
Il serpente sembra adatto per strisciare, il pesce per nuotare e l’uccello per volare. Gli organismi estendono il loro adattamento in tutti gli spazi occupabili. Dopo milioni d’anni d’evoluzione i nuovi nati vengono al mondo come trottole già cariche e pronte a girare. Motorino acceso e il dinamismo innestato, vivono la loro avventura vitale fino a spegnersi e fermarsi. Il piccolo di gnu, gazzella o zebra, si vede benissimo nei documentari, appena nato si alza nel più breve tempo possibile e sa tutto quello che deve fare. Mettersi su, cercare la madre, trovare le mammelle e allattarsi e, se rimane solo, stare fermo acquattato e immobile nell’erba. Nessuno gliel’ ha insegnato prima, ha tutto pronto nella testa. L’esperienza delle precedenti generazioni lo ha scolpito nel suo cervello. Poi l’esperienza apporta qualche variante. Ogni piccolo di scimpanzé può imparare da sua madre come estrarre termini infilando un rametto in una fessura. Solo quelli però che lo fanno da piccoli lo eseguiranno da adulti ma non lo trasferiranno ad altri, ed ogni volta bisognerà impararlo daccapo. Anche l’uomo nasce con una conoscenza già pronta nella testa. Per esempio il neonato messo su un lastrone di vetro con sotto un burrone tenderà a non attraversalo, pur non avendo avuto nessun’esperienza di cadute precedenti. Questa conoscenza è poco utile nel nuovo mondo che lo aspetta fatto di case, auto, semafori, ascensori, televisione, vestiti, carte, libri e soprattutto parole. Un ambiente in cui i vecchi schemi per la sopravvivenza e la riproduzione non servono più ed i nuovi devono essere appresi in fretta. Può comunicare i suoi pensieri ai suoi simili, rendersi partecipe del gruppo ed aumentare la conoscenza acquisita. Non sa annusare meglio degli altri animali, nemmeno azzannare, avvistare, correre, volare, andare sott’acqua; niente di tutto questo.

 

La coscienza parlante

Comunicare meglio però è più efficace di tutte queste cose. Ed è una cosa che sa fare benissimo, meglio di tutti gli altri. Anche le altre specie lo fanno, come le formiche, le api, ed anche animali superiori, usando sostanze chimiche, versi, gesti stereotipati, escrezioni, riti comportamentali; ma nessuno è bravo quanto l’uomo. Lui, con il dono della parola articolata, riesce a fare discorsi lunghi ed argomentati e a pensare alle cose più complicate utilizzando termini sempre più carichi di significati.
Parlare e scambiare idee consente la socialità e la formazione di gruppi numerosi capaci di avere la meglio su qualunque altro animale. Accresce l’inventiva ed ecco infatti le prime fondamentali scoperte: il fuoco, l’arco, i recipienti, le capanne, gli utensili, i monili, le gerarchie per la per la caccia, la distribuzione, la scelta del partner, la protezione, le feste. Servono sempre nuovi termini per designare oggetti, fatti, eventi, regole, occasioni, avvenimenti e ogni giorno sono create parole e concetti diversi. Gli uomini culturali hanno a che fare con l'esperienza filtrata attraverso un sistema di credenze innaturali, acquisite non geneticamente ma culturalmente. Credenze diverse, da quelle degli indigeni africani a quelle dei giocatori di borsa, dai pastori analfabeti ai raffinati intellettuali, dai delinquenti incalliti ai musicisti estasiati, dai fanatici religiosi agli intransigenti atei, dai mendicanti ai banchieri.
Ogni sistema di credenze colora l'esperienza in modo differente, da una visione del mondo; di destra o di sinistra, tutta la vita per la Juventus o per il Milan, per l’Islam e il confucianesimo; quelli che appartengono ad un gruppo di questi rappresenta un altro caso di trasporto e trasmissione di quel sistema di credenze.
Possiamo vedere come al fondo delle credenze vi sia un nucleo emotivo e che proprio questo rende a volte ciechi e stupidi verso la rete di credenze di un altro. Ma non ci accorgiamo che le nostre credenze potrebberero fare lo stesso con noi. Essere educati ed istruiti significa essere invitati ad entrare in un sistema di credenze; che nascerà in Arabia Saudita assai difficilmente diventerà un cattolico praticante. E' straordinariamente facile indurre un addomesticamento perché i neonati sono totalmente dipendenti dai genitori. Ed è straordinariamente difficile uscire dal sistema di credenza dove ci si è formati.

 

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NOTE
13) Lavazza A. (2008) L’uomo a due dimensioni. Il dualismo mente-corpo oggi, B. Mondadori, Milano, p. XI

14) Chalmers D. (1995) Come affrontare il problema della coscienza, trad. it. 2004, in A. De Palma, G. Pareti (a cura di), Mente e corpo. Dai dilemmi della filosofia alle ipotesi della neuroscienza,  Boringhieri, Torino, p. 238

15) Manzotti R. Tagliasco (2008) L’esperienza. Perché i neuroni non spiegano tutto, Codice, Torino, p. X

16) Paternoster A. (2007) Il Filosofo e i Sensi. Introduzione alla filosofia della percezione, Carocci, Roma, p. 11

17) Lorenz K. (1965), Evoluzione e modificazione del comportamento,Torino, Boringhieri, 1982, p. 45-46


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