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Fisica e spiritualità?

di Massimo Mogi Vicentini

 

Commento introduttivo di Corrado S. Magro alla lettera che pubblichiamo:

 

Nel rispetto della libertà di pensiero e d’interpretazione, astenendomi da ogni confronto che inevitabilmente sbocca in polemica sterile fatta di parole, premetto una semplice riflessione e senza porre barriere, lascio spazio a opinioni che provano a dissociarsi lasciando la loro convalida alle riflessioni dei singoli lettori:

 

"Quando Democrito, quello vissuto tra il 460 e il 380 a.C. descrisse l’atomo e il mondo atomare  (l’allora infinitamente piccolo specchio dell’universo), non aveva microscopi elettronici e tanto meno acceleratori di massa, e da quanti fu ritenuto un mistificatore? Però era consapevole, non solo, quasi certamente egli fece da ponte, attinse quello che solo “recentemente” è stato dimostrato, a sorgenti con radici nei secoli o nei millenni a lui antecedenti.

Nel saggio, Warnke, che sottolineamo non predica verità ed è “volutamente provocatorio”, pone domande sulla base di decenni di esperimenti eseguiti ai quattro poli e di  ricerche scientifiche assodate. Egli riporta una frase fra l’altro di dominio comune al mondo filosofico e scientifico vecchio e nuovo, che definisce quello che nei millenni passati trova ora riscontro nella quantistica, come: risultato di ricerca interiore. Potrebbe essere vero!"

 

 Corrado S. Magro

Traduttore del libro di Ulrich Warnke: Quantenphilosophie und Spiritualität pubblicato in esclusiva assoluta per l'Italia su Riflessioni.it La chiave per accedere ai segreti e all’essenza dell’essere.

 

Fisica e spiritualità?

Di Massimo Mogi Vicentini

 

E' rarissimo che mi venga voglia di scrivere qualcosa che possa vagamente rientrare nel merito della filosofia, della ricerca e del sapere... ma l'inflazione inarrestabile di saggi, testi e opere sui rapporti tra fisica quantistica e spiritualità, hanno da tempo esaurito la mia capacità di accettarla in silenzio e rassegnazione.

Nel senso che, dopo decenni di studio, ascolto e lettura paziente, a me pare via via sempre più chiaro che qualunque ipotesi attorno a questa relazione, qualsiasi nesso tra concetti e fenomeni dell'una e dell'altra, è fondato su fraintendimenti - se non mistificazioni - assai massicci.

Con questo sono perfettamente consapevole di attirarmi gli strali di sempre più numerosi studiosi e intellettuali, indubbiamente versati nell'arte della metafora, ma a mio parere pressochè inconsapevoli di alcune premesse assolutamente ovvie e fondamentali. Accetto serenamente questo rischio.

La natura quantistica di materia, spazio e tempo, interessa esclusivamente misure men che microscopiche: a livello di sistemi complessi è totalmente inosservabile e irrilevante. Ma per motivi che a me sfuggono totalmente, pare che pochi (e sempre meno) se ne accorgano.

Una ipotetica nave carica di zucchero è un macro-sistema, ma se uno vuole, può considerarlo un sistema quantizzato: può essere carica di diecimila tonnellate di zucchero, ma perdere un granello in navigazione. Se in dogana si mettessero a contarli tutti, non vi fareste qualche domanda sulla salute mentale dei funzionari? Cosa ci impedisce mai di considerare tale massa come una grandezza squisitamente, classicamente e semplicemente continua?

Siamo d'accordo che gli elettroni saltano su orbitali a scalini, e sembrano passare contemporaneamente attraverso due diaframmi... ma noi non siamo elettroni. E anche la nostra cellula più piccola contiene più particelle, che un cargo granelli di zucchero. Qualunque fenomeno fisiologico, chimico e neuronale può essere descritto in termini continui. E' così difficile comprenderlo?

Siamo d'accordo che una singola particella sembra soggetta all'indeterminazione delle sue grandezze coniugate, ma non sapere dove sarà tra un attimo un elettrone, non significa rinunciare a prevedere dove saremo noi la settimana prossima. La fatalità che ci può sorprendere nella vita quotidiana non ha la minima parentela con i formalismi matematici della meccanica quantistica. Non comprendere questa differenza di scala e di nesso, è come aspettarsi che l'Antartide debba assumere un contorno esagonale, perchè i singoli fiocchi di neve hanno quasi tutti una simmetria cristallografica esagonale.

Vorrei fare anche una osservazione su un tema che sembra appassionare particolarmente gli esoterici del mondo quantizzato: riguarda il "tutto è connesso".

Quando mi alzerò dalla mia scrivania al termine di questo messaggio, darò una spinta al pavimento e questo trasmetterà un'onda d'urto alle fondamenta della casa e al paese intorno. Un sismografo ben collocato, schermato e tarato, sarebbe capace di sentirlo.

Ma se mi aspetto di verificare l'effetto di quest'urto sulla dislocazione dei continenti, o sull'orbita della Terra rispetto al baricentro me-Terra, il gioco è finito. Non perchè siamo in troppi ad alzarci e sederci: un fisico classico sarebbe teoricamente in grado di calcolare ogni singola perturbazione, perchè userebbe grandezze continue. Ma uno quantistico no, perchè sa già in via teorica che a un certo punto vedrebbe incepparsi le sue misure: al di sotto di un tempo di Planck e di una lunghezza di Fermi, pare non si possa andare.

Risultato? La fisica classica poteva presumere di dirci, teoricamente, come i nostri pensieri perturbano le stelle. Quella quantistica no: possiamo pensare quel che ci pare, e le stelle non ne vengono sfiorate affatto: neppure in linea di principio.

Perciò l'idea di sentirci "tutt'uno col cosmo" era fisicamente plausibile nel secolo di Newton, ma non in quello di Schrodinger.
Credo che col puro buon senso si potesse escludere da sempre che tale sentimento si dovesse giustificare col sapere scientifico, ciò che oggi sembra diventato un bisogno stranamente ossessivo.

E' infine parecchio significativo secondo me, che i filosofi new-age non abbiano comunque impegnato alcuna attenzione in quella branca della fisica che da un secolo ci ha obbligati a una revisione molto seria e tutt'altro che mistica dei nostri concetti di spazio e tempo: la relatività.

A differenza della fisica quantistica, questa interessa il mondo a grande scala: quindi il nostro mondo, non quello delle particelle. Viaggiando in automobile o salendo in ascensore il mio orologio viaggia a un ritmo diverso, perchè il tempo non è lo stesso. Siccome abbiamo orologi precisi come i sismografi, lo si può verificare misure alla mano.

Ma ora che lo sappiamo, di cosa deve preoccuparsi la nostra mente? La nostra coscienza? La nostra spiritualità? Saranno per questo più progredite di quelle di Buddha o Platone, che poveretti non ne erano al corrente? E perchè le equazioni di Einstein non vengono mai messe alla prova nella letteratura new-age?

Magari la ragione è che Einstein aveva una mentalità classica, e non ha mai creduto per tutta la sua vita che la fisica quantistica potessere rappresentare minimamente un nuovo paradigma di scienza... e io concludo che, essendo certamente molto più sprovveduto di lui, mi dichiaro ancor meno disposto a crederlo.

Grazie per l'attenzione.

Massimo Mogi Vicentini

www.mogi-vice.com


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