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Del ladro gentiluomo

E sono certo che Eva Mikula, la compagna di uno dei fratelli della “banda della Uno bianca”, non fosse per il gran polverone sùbito sollevato dall’opinione pubblica e dalla Associazione dei familiari delle vittime, l’avremmo pure vista in un certo reality show di Mediaset. Checché dicano adesso, per correre ai ripari, se lei era così certa di farlo, quel reality (come ha detto in una certa non meno “inutile” intervista), dev’essere pure entrata in un qualche contatto. Per carità, lei vorrà pure devolvere soldi così guadagnati a quella associazione, vorrà riscattarsi agli occhi del mondo eccetera… Ma se proprio vuol fare qualcosa di simile, le opportunità non mancano. Magari, invece di farne premio di popolarità e denaro in programmi decadenti e vuoti eppure sì tristemente esemplari, numerosi sono i cantieri di solidarietà in Africa… Ma io divago molto e facilmente. E’ mia natura, abbiate pazienza.

Arsenio Lupin… dunque… Ho cominciato a riflettere. Arsene Lupin, la creatura di Maurice Leblanc, un mito della mia infanzia, il Robin Hood della Belle èpoque, impeccabile, raffinato, "une âme intrépide dans un corps inattaquable", ma soprattutto ladro gentiluomo per antonomasia, che rubava ai ricchi… sì, ma per essere ricco. Allora, che c’entra l’appellattivo di Robin Hood della Belle èpoque? La fama di gentiluomo, al caro Lupin, gli derivava soltanto dal fatto che portava a termine i suoi colpi magistrali con finissima destrezza e senza commettere mai crimini efferati. Efferati no, ma pur sempre crimini. Certo, rubare ai ricchi, pare una sorta di giustizia sociale… Io che ricco non sono, posso capire e provarvi anche una certa soddisfazione; ma poi, rubare è sempre rubare. Meglio forse quel Passator cortese cantato anche dal Pascoli:

 

Romagna solatia, dolce paese
qui regnarono Guidi e Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta”…?

 

Stefano Pelloni, detto il Passatore, è un mito di Romagna sanguigna e generosa ancora vivo nella memoria dei romagnoli a centocinquant’anni dalla sua morte. Questo brigante pare che di cortese avesse però ben poco: crudele e scapestrato bandito risorgimentale, questo eroe leggendario alla Robin Hood, in verità, non aveva niente dell’eroe buono e senza macchia che rubava ai ricchi per dare ai poveri: rubava per il piacere di arricchirsi, proprio come Arsene Lupin, e per la sua volontà di emergere. Certo, i colpi della sua banda erano perfettamente organizzati, veloci, lasciavano ammirati, un segno. Era uno intelligente, questo Stuvané, come lo chiamavano in famiglia. Ogni tanto regalava un po’ del bottino ai poveri, agli amici, ma per calcolo, per quando vi fosse stato il bisogno di essere aiutato a nascondersi e rifocillarsi. Questo bastò a meritarsi la fama di brigante gentiluomo.
Già… Un tempo diversi briganti furono definiti dei Robin Hood. Anche quel Paciana, leggendario ladro bergamasco nonché benefattore dei poveri. Ma anche lui, derubava poi davvero i ricchi per dare ai poveri? Paciana non dava ai poveri più di quanto non servisse per essere protetto e nascosto dalle povere genti al bisogno, continuando a rubare per arricchire solo se stesso, proprio come faceva il Passator cortese e tutti gli altri banditi fino al più lontano ch’io ricordi, giù nel Medioevo, quel Ghino di Tacco, che in Val d’Orcia (anche di lui si disse che rubava ai ricchi per dare ai poveri) v'imperversava con le sue scorrerie dall'alto della rocca di Radicofani. Ciò nonostante tutti questi ladri oggi e ieri sembrano essersi meritati il titolo di Robin Hood, l’immagine perfetta di generosità, giustizia e bellezza d’animo. Che poi, la gran parte di loro, ammazzavano anche…
Se proprio rubare dev’essere “meno” disvalore, innalziamo piuttosto quei poveracci che sono costretti a farlo per poter soddisfare i propri bisogni primari… Poi, con mano sul cuore e sulla coscienza, interroghiamoci come civiltà che di questi ladri per disperazione ancora ne abbia, e troppi… Agli altri, che lo fanno per arricchirsi e non farsi mancare un solo lusso, togliamo per carità almeno il titolo nobilitante.
Che poi, anche Robin Hood... e l’eterno inguaribile sogno delle politiche à la Robin Hood, il sogno dei poveri di maggiore egualitarismo e redistribuzione delle risorse… Robin Hood, figura del tutto folkloristica e leggendaria, non è nemmeno mai esistito al di là delle consolatorie ballate popolari inglesi fino alla consacrazione consegnataci da Walter Scott in Ivanhoe e dal cinema… L’infallibile arciere della foresta di Sherwood e strenuo difensore dei poveri contro i soprusi dei potenti e degli invasori normanni è solo una creatura costruita, di generazione in generazione, per incontrare i bisogni e i desideri del popolo. Al limite, volendo trovare un riferimento realmente esistito, ci si dovrebbe rifare a una storia cinese finora a noi occidentali sconosciuta, ripresa nel film del cinese Zhang Yimou (House of flying daggers). Qui si narra di una setta segreta, “La Casa dei Pugnali Volanti”, un esercito di ribelli contro il declino della dinastia Tang (859 d.C.). Questa setta, di nuovo, rubava ai ricchi per dare ai poveri, ma solo per preparare il rovescio del governatore e della sua corte corrotta, guadagnando rapidamente il sostegno e l’ammirazione del popolo. Altruismo? La vicenda cinematografica si snoda poi in una storia d’amore e manca di raccontarci se, una volta rovesciata la dinastia decadente, i nuovi potenti restassero o meno i ladri gentiluomini di un tempo, e se come tali, come potenti, continuassero o meno le loro largizioni ai poveri… Ma non mi pare, per quel che so della storia degli imperi e delle dinastie cinesi via via succedutisi: i poveri rimasero sempre poveri e sfruttati, i ricchi, ricchi.
Per concludere…? Nulla, il mio era soltanto un invito a riflettere sull’uso delle parole rivolto ai giornalisti. Ricordate “Palombella Rossa”?
Ladro gentiluomo…? Sberla di Nanni Moretti al (la) giornalista. Ma come parla?! Come parla?! Come parla?! Le parole sono importanti! Come parla?!

Davide Riccio, agosto 2005

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