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Menzogna e calunnia

di Domenico Caruso - Maggio 2013

 

Non ci sono parole per descrivere lo scempio che offrono, nell’ VIII cerchio (nona bolgia) dell’Inferno, i seminatori di discordie. I mali che in vita procurarono quei dannati non furono rimarginati e crearono altre divisioni, adesso i loro corpi  vengono tagliati e mutilati nel continuo passare davanti al demonio.

Il gentiluomo Pier da Medicina manifesta la sua sincera angoscia nell’indicare a Dante il tribuno Curione con la lingua mozzata per aver, dopo la sua cacciata da Roma, consigliato Cesare di passare il Rubicone e dare inizio alla guerra civile.

«Chi fu pronto all’azione», gli disse, «non subì dall’attesa che danno»:

 

Allor puose la mano alla mascella
d’un suo compagno e la bocca li aperse,
gridando: “Questi è desso, e non favella.
Questi, scacciato, il dubitar sommerse
in Cesare, affermando che ‘l fornito
sempre con danno l’attender sofferse. (XXVIII, 94-99)

 

Il poeta appare inorridito nell’osservare un ultimo dannato: un busto privo di testa che, afferrata per i capelli, porta avanti a sé come una lucerna per farsi luce. Gli occhi del povero capo guidano i passi:

 

e quel mirava noi, e dicea: “Oh, me!”
Di sé facea a se stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due:
com’esser può, quei sa che sí governa. (XXVIII, 123-126)

 

Solo Dio sa come ciò sia possibile!

Nella bolgia successiva i bugiardi, i calunniatori e gli spergiuri - avendo sulla Terra sfigurato il vero - vengono torturati e tormentati da forti febbri che li fanno delirare.

«La verità, come la luce, acceca. La menzogna invece è un bel crepuscolo, che mette in risalto tutti gli oggetti», afferma il filosofo e drammaturgo Albert Camus (1913-1960). La parola menzogna (l’osservazione dello scrittore francese è singolare!), presenta al suo interno una notevole gradualità semantica.

Fra i sinonimi di detto termine (derivato da mentio, mentionis, alterazione o deformazione della verità) riporto: baia (burla, bagattella, inezia), balla (frottola, panzana), bugia (asserzione cosciente non vera; invenzione, mendacio), calunnia (accusa inventata per diffamare o screditare; maldicenza; denigrazione), ciancia (chiacchiera; voce priva di fondamento spesso maligna e ingiuriosa), denuncia (dichiarazione di reato richiesto o imposto dalla legge), falsità (mancanza di lealtà; fallacia; doppiezza), favola (proprio dei visionari o dei molto giovani; fandonia), impostura (consuetudine alla menzogna e all’inganno; frode), imputazione (attribuzione di responsabilità), incriminazione (di un reato), pettegolezzo (discorso malizioso e indiscreto; ciarla, diceria), taccia (accusa dovuta all’opinione pubblica; cattiva fama). Il campo semantico delle parole è sconfinato e, in un certo senso, ogni forma di comunicazione è menzognera. E’ quanto asserisce Nietzsche (1844-1900):

«Le verità sono illusioni, di cui si è dimenticato, che sono tali; metafore, che sono state abusate e private della forza di senso; monete, che hanno perduto la loro effige e che pertanto vengono considerate metallo e non più monete».

La fantasia può aiutarci a comprendere il problema. Si narra che la Verità abitasse nuda in fondo ad un pozzo. Il giorno che si decise ad uscire per incontrare la gente tutti fuggirono alla sua presenza. Allora umiliata si avviò per una strada di campagna dove incontrò, meravigliosamente abbigliata, la Favola. Con questa si lamentò per il mancato ricevimento e per il freddo che la tormentava. La Favola la invitò, quindi, a ripararsi sotto il suo mantello anche per la sua nudità imbarazzante e di proseguire con lei da buona sorella. Così i savi avrebbero accolto la Favola in grazia di quanto nascondeva ed i pazzi avrebbero festeggiato la Verità perché frusciante delle sete e dei gioielli della compagna.(1) Vi è anche un aneddoto significativo, riguardante la maldicenza, attribuito a  San Filippo Neri.  Ad una donna che aveva sparlato del prossimo il religioso consigliò di uccidere una gallina, spennarla lungo la strada e portargliela. Dopo aver eseguito tutto ciò, la stessa fu invitata a ritornare sui suoi passi a raccogliere tutte le piume. Ma l’operazione, aggravata dal vento, obiettò la penitente che non poteva eseguirsi. Altrettanto impossibile, ribadì il santo, era il voler riparare al pettegolezzo a danno della gente. La prudenza nel parlare è sottolineata da un’arietta di Metastasio (1698-1782):

 

Pria di lasciar la sponda,
il buon nocchiero imìta;
vedi se in calma è l’onda,
guarda se chiaro è il dì.
Voce dal sen fuggita
poi richiamar non vale;
non si trattien lo strale
quando dall’arco uscì.

 

Diverso è l’atteggiamento verso alcuni aspetti della bugia, specialmente nel periodo dell’infanzia. Allora il gioco, per il bambino, ha un alto significato educativo favorendo lo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale. Nell’attività ludica egli esprime quella fantasia che gli permette di passare dai valori simbolici delle cose all’intuizione della loro struttura e del lavoro effettivo. La bugia, considerata spesso in termini negativi, assume un ruolo importante nel contesto educativo del bambino, che racconta a se stesso e poi agli altri intrecciando realtà e fantasia. Le menzogne infantili scaturiscono da un’esigenza psicologica prima che materiale. D’altronde, nella formazione dei piccoli, sono stati i genitori a far scoprire le cose attraverso la bugia. Sia con la metafora che con la fiaba si è cercato di infondere ai figli sicurezza e consapevolezza della propria identità. Prima delle storie di Babbo Natale, della Befana o di altre creature immaginarie, nonché della cicogna che porta i bambini o di altri espedienti per nascondere realtà imbarazzanti occorrerebbe una seria riflessione. La bugia in buona fede può contribuire alla crescita nel momento evolutivo, ma ai nostri giorni caratterizzati da un rilevante sviluppo scientifico ci sono altre vie più idonee. Un proverbio africano asserisce: «Per far crescere un bambino ci vuole un intero villaggio».

Nel campo cattolico: «Le bugie […] sono in realtà un reticolo variegato di pie tradizioni, spesso gentili e degne di rispetto, fiorite nel campo della religiosità, frammiste però a mezze verità, veri e propri errori, luoghi comuni ed equivoci che, per assuefazione, pigrizia mentale, gusto del folclore e del meraviglioso, hanno assunto agli occhi della gente valore di certezze assolute».(2)
Come ben documentano gli autori del libro, ad esempio: il battesimo non lava il peccato originale; non tutti possono diventare preti; il Papa non sempre è infallibile; nell’inferno non ci sono le fiamme; il diavolo non ha né corna né zoccoli; gli angeli non hanno le ali; l’uovo di Pasqua non è un simbolo pagano; i dogmi possono essere aggiornati; nel digiuno il problema non è la carne; non è obbligatorio credere ai miracoli o alle reliquie; certe volte i veggenti sbagliano. Infine, tante vicende che riguardano i Santi sono frutto della fantasia popolare, come il drago di S. Giorgio, gli occhi di Santa Lucia, il mantello di S. Martino, il dito di S. Tommaso sul costato di Gesù. Tutti i filosofi, ad eccezione del Marchese de Sade (1740-1814) e di Nietzsche, condannano la menzogna. Per Platone (428/427-348/347 a.C.): «Il falso che si genera nei discorsi» deriva da quello che si genera nel pensiero, entrambi dal «dire o pensare ciò che non è».  Anche Aristotele (384-322 a.C.) è del parere che: «Il falso e il vero non sono nelle cose, come se il bene fosse vero e il male falso, ma nel pensiero». Per il sapiente greco, l’uomo veridico è «autentico, sincero sia nella vita che nelle parole». Scrive S. Agostino (354-430 d.C.): «Mendacium est enuntiatio cum voluntate falsum enuntiandi» (De mendacio, IV,4). (La menzogna è l’affermazione del falso con l’intenzione volontaria di ingannare). Il Dottore della Chiesa fa la differenza tra il mentiens (colui che mente) e il mendax (il bugiardo), essendo la menzogna un atto e l’ipocrisia uno stato. Agostino propone una sorta di classificazione della menzogna, in ordine decrescente alla gravità morale: 1) La menzogna religiosa (per la conversione di qualcuno); 2) la menzogna maligna attiva (per danneggiare qualcuno senza giovare ad altri); 3) la menzogna maligna passiva (per godere dell’inganno e trarne vantaggio); 4) la pura menzogna dannosa (per il bene di qualcuno a danno di altri, il semplice piacere d’ingannare); 5) la menzogna per acquistarsi favore (nella conversazione); 6) la menzogna benevola innocente (per il bene di qualcuno senza danneggiare altri); 7) la menzogna necessaria per la vita (per salvare la vita a qualcuno); 8) la menzogna necessaria per la purezza (per salvare la castità di qualcuno). (De mendacio, XXI, 42). La diffamazione o maldicenza e la calunnia sono i mali più gravi contro la carità e la giustizia. La differenza fra i due peccati sta nel fatto che mentre il primo porta a conoscenza difetti veri ma segreti, l’altro attribuisce colpe inattendibili.

Un ironico quadretto sulla calunnia è riportato magistralmente, in dialetto romanesco, dal poeta crepuscolare Trilussa (1871-1950): A mezzanotte, quando non c’è la luna, si radunano nel pantano puzzolente Li rospi contro l’aquila. Ecco il presidente che spiega lo scopo della Lega:

 

« - Cari colleghi, la diffamazione
è tutta una questione de maniera:
in certe circostanze fa più effetto
una cosa che nasce da un sospetto
che quanno nasce da una storia vera.
Dunque inventate, giù! Sotto a chi tocca!
Cor fiele in core e cor veleno in bocca!».
Dopo il Leone è la volta dell’Aquila reale.
«Un vecchio rospo scivoloso e grasso,
spaparacchiato su la panza floscia,
slarga le cianche deboli e se scoscia
per arrivà su un sasso.
- Compagni! - dice poi –
L'Aquila che se dà tutta 'sta boria
nun è che la ruffiana de la Gloria
che specula sur sangue de l'eroi!
- E' vero! - Bene! - Bravo! - Morte all'aquila
 Abbasso! - Evviva noi! ».
Diversamente dai rospi, l’aquila ha il merito delle ali!
«E la buriana seguita, s'ingrossa
e l'improperie schizzeno più forte.
Ma appena spunta in cima a la montagna
la prima luce rosa
che ridà li colori a la campagna,
ogni rospo s'azzitta e con un zompo
se schiaffa nell'acqua mollacciosa.
Ciacchete! Un tonfo e poi... nun resta a galla
che quarche bolla e un po' de schiuma gialla...».
 
Farei un torto al poeta se non rivelassi la sua opinione post - mortem sulla morale espressa ne “Lo specchio”:

 

«… Quante mijara de rimane ho scritto
che miscujo de cose che pantano!
Sarebbe stato mejo a stasse zitto
e nun confonne er “Sacro cor profano”.

 

Li lupi l’ho confusi co’ l’agnelli
li gatti co’ li sorci e co’ li cani
li rospi abbraccicati co’ l’ucelli
e li somari assieme a li Cristiani.

 

Ho fatto raggionà li polli e l’oche
er bove te l’ho messo assieme all’orco
formiche e grilli a spasso co’ le foche,
e nella società ho mannato er porco.

 

Tutto questo l’ho fatto solamente
pe’ cercà la morale in qualche posto
ma ner cercà non ho trovato gnente,
sortanto tutto fumo senza arosto

 

[…] Ma si quarcuno ancora cià pazienza
je vojo solo addì sta cosa ancora
la “morale” sta assieme a la coscenza,
è inutile a cercalla drento o fora…».(3)
Infine (dulcis in fundo), la magia dell’aria di Don Basilio nell’opera musicale di Rossini Il barbiere di Siviglia, oltre ad estasiare invita alla riflessione:

 

«La calunnia è un venticello
un'auretta assai gentile
che insensibile sottile
leggermente dolcemente
incomincia a sussurrar». Pian piano, s’introduce nelle orecchie della gente e stordisce testa e cervello. Uscendo, quindi, dalla bocca prende forza e scorrendo da un luogo all’altro
«sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta,
va fischiando, brontolando,
e ti fa d'orror gelar.
Alla fin trabocca, e scoppia,
si propaga si raddoppia
e produce un'esplosione
come un colpo di cannone». Fra il tumulto generale
«…il meschino calunniato
avvilito, calpestato
sotto il pubblico flagello
per gran sorte va a crepar».

 

Domenico Caruso

Articolo pubblicato su "La Piana" di Palmi - RC - Anno XII, n.4 - Aprile 2013

 

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NOTE

1) Rielaborazione dall’Enciclopedia della Fiaba - Vol. I - Casa Ed. G. Principato, Milano - Messina, 1959.

2) Dalla prefazione al libro di Roberto Beretta ed Elisabetta Broli Le bugie della Chiesa - Ediz. Piemme - Casale Monferrato (AL), 2003.

3) Demofilo Fidani, Il medium esce dal mistero - L. Reverdito Editore, Trento - 1986.


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