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Mondo e Linguaggio - Sul Possibile E Sul Dicibile
Sul Termine "Dio"
Molta gente intende dio come il senso del mondo. Noi abbiamo visto che il senso del mondo deve stare fuori dal mondo. Ma se come mondo si prende la totalità di oggetti e di fatti? Allora non v’è più fuori, non v’è più questo dio.
Discutere di dio senza averlo prima definito è pura insensatezza. Quindi se alcune religioni sostenessero che dio è impensabile ed indicibile la faccenda sarebbe assurda. Da qui ne deriva che credere, non credere o dubitare dell’esistenza di (questo) dio è privo di senso.
Come già detto una qualunque frase non ha significato se almeno una parola non ha significato, quindi nessuno potrebbe sostenere che la proposizione “Oggi sono arrivato a casa alle 12:00 e ho trovato sulla mia scrivania lo xwyjk di mio padre” abbia un senso, se la parola ‘xwyjk’ non è stata definita, cioè se non ha significato.
Questo è un problema importantissimo che la teologia, a mio avviso, non ha mai veramente considerato. In teologia si suppone che la parola ‘Dio’ abbia già un significato e che se uno parla di Dio può sbagliarsi, cioè può dare un significato sbagliato a tale termine. Il fatto è che ogni definizione è legittima e non c’è pericolo alcuno di sbagliare (tuttalpiù si potrebbe sbagliare solamente definendo Dio in modo contraddittorio). E’ il caso che uno precisi ben bene cosa intende lui per ‘Dio’, altrimenti tale discussione diverrebbe assurda. Quindi è consigliabile parlare di ‘Dio-epicurus’ per indicare il mio uso del termine ‘Dio’, ed in generale, ‘Dio-x’ per indicare l’uso del termine ‘Dio’ dell’individuo x.
Fatto questo penso che metà dei nostri problemi si siano risolti, per il motivo che così facendo ci autocostringiamo a definirci ‘Dio’ in modo chiaro, evitando confusioni linguistiche a noi stessi: se si ha un termine molto vago si può parlare di lui solo in modo vago (e a volte insensato), cioè non si parla di nulla.
Se qualcuno obbietterà che il termine ‘Dio’ non può esser definito, allora significa che per lui non ha alcun un senso il termine ‘Dio’ (non lo ha definito, almeno per il momento), quindi non può parlare di questo!
Ovviamente le definizioni devono essere chiare e non coinvolgere altre parole per le quali sarebbe necessario un procedimento analogo alla parola ‘Dio’ (tipo: ‘Assoluto’, ‘Uno’, ‘Essere’ etc…).
Si potrebbe parlare di dio se lo si presentasse come oggetto con delle proprietà e delle relazioni.
Sei credente? Se sì allora definisci dio, il tuo dio, e ora io ti dico: ‘tu credi in quella cosa’.
Sei ateo? Se sì allora definisci dio, il tuo dio, e ora io ti dico: ‘tu non credi in quella cosa’.
Sei agnostico? Se sì allora definisci dio, il tuo dio, e ora io ti dico: ‘tu dubiti dell’esistenza di quella cosa’.
Decidendo di parlare di dio come un oggetto con ben precise relazioni bisognerà verificare la coerenza interna, se alcune proprietà cozzano con altre, e quella esterna, se alcune proprietà cozzano con M, ossia l’immagine del mondo che ci siamo fatti. Se questi criteri sono rispettati si parlerà di dio soddisfacibile entro il mondo M, e si scriverà dioM.
Se dio fosse necessario bisognerebbe riconoscere che esiste qualcosa di superiore a dio che asserisca la sua necessità. Dato che non esiste un fuori-mondo (e in particolare, dunque, non esiste un fuori da un mondo che comprende dio stesso) non è possibile che Dio sia necessario. Un fuori-Dio verrebbe rifiutato persino dagli stessi credenti.
Se per dio si intende un oggetto (che tra le altre cose) è fuori dal tempo, allora dio è totalmente escluso da ogni luogo temporale. Se agisse in esso perderebbe la propria atemporalità. Inoltre, se l’anima collega luoghi atemporali con luoghi temporali si avrà lo stesso effetto: la temporalizzazione dei luoghi atemporali.
Alcuni identificano dio al Mistico, ciò è legittimo perché ogni definizione lo è, ma certo è che il Mistico rappresenta solamente il nostro limite logico-conoscitivo, e dunque nulla di personificato o metafisico.
Il filosofo dovrebbe essere agnostico verso il dio definito da relazioni, senza ovviamente dubitare dell’esistenza del Mistico, che, ripeto, non è nulla di metafisico.
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