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Prima della coscienza

di Isabella Di Soragna - Luglio 2016

 

PRIMA della COSCIENZA c’è un mondo reale

e “Il mondo nebuloso degli atomi si materializza solo se c’è un osservatore”. In mancanza di quello, nulla si manifesta. (Niels Bohr)

 

L’osservatore è ancora un’illazione, da dove viene, che cos’è? Anch’esso scompare se investigato e allora?
Quando NON vi era coscienza (sensazione di esserci) non vi era sensazione di mancanza. Né vuoto né pieno. Anche uno stato di perfetta beatitudine e unità implica una separazione: vi è l’osservatore e quello che si osserva e si rimane nell’inganno della dualità, dell’attaccamento, del desiderio e quindi si nutre la sofferenza.
Torniamo indietro, almeno prima del concepimento. Un ovulo e uno spermatozoo infinitamente minuscoli s’incontrano: da dove vengono? Dal cibo di due individui maschio e femmina, yin e yang, positivo e negativo (i nomi sono infiniti, ma la sostanza è la stessa). Questi “individui” provengono anch’essi da simili origini microscopiche e così via si può risalire all’infinito: a Adamo ed Eva, al Big Bang? Prima ancora? Noi siamo impantanati in un processo lineare, causale, legato allo spazio-tempo, diamo nomi e etichette stabili, ma bloccanti a un processo che si svolge solo qui e ora. Il passato è memoria …attuale poiché si sperimenta solo adesso. Cosa “nasce” veramente? Una forma che cambia costantemente: la etichettiamo come embrione, feto e così via, vogliamo fissarla in questo o quello, ma che in definitiva ci sfugge. Se si riflette bene, nasce un qualcosa o si ripete un dato in infiniti modi e forme diverse? Questo qualcosa poi proietta su uno schermo immaginario un mondo (paesaggi, famiglia, eventi a cui si dà un’importanza enorme poiché si caricano di memorie) che – ormai è risaputo - è solo un gioco di neuroni  che si agita nel retro del nostro cervello. In definitiva, indagando senza proiezioni mentali, possiamo invece affermare che nasce… solo il tempo e lo spazio in cui avviene? Lo spazio e il tempo sono costrutti mentali e quindi sono… inventati o al massimo imparati. Sono convenzioni, abitudini pratiche, ma immaginarie. Allora com’è possibile definire che “è nato” il tale o il tal altro e costringerlo in una forma che può sparire in un attimo? Sono solo convenzioni, utili per comunicare, ma costruite dal pensiero, apparenti e non reali.
In sostanza si tratta di voler CREDERE, il che SIGNIFICA IDENTIFICARSI A “QUALCOSA”: DIVENTI ALLORA ‘’QUESTO O QUELLO’’ MA TI FRAMMENTI, ti separi, quindi soffri e vivi la mancanza dell’altro. Ma è una veduta falsa, la dualità è un concetto, non esiste che nel credere: se sei intero, completo, non ti può mancare nulla.
TOGLI IL “CREDO’’ E QUELLO CHE RIMANE è l’Inconcepibile, inseparabile Sorgente che sei/siamo.
Su questa Base Inconcepibile (se tentiamo di afferrarla per farla diventare oggetto, si divide e crea il senso di mancanza, desiderio, sofferenza) appare un vago senso di presenza: è il primo pensiero, l’etichetta iniziale che crea un oggetto diverso. Questo cartellino lo aggiungi alle sensazioni della primissima infanzia che impari a considerare come forma specifica, a cui si dà un nome e che costantemente è memorizzato da processi nervosi. La fabbrica del tempo è in moto. Anche se poi alcuni ritengono che dire “non esisto, non sono un corpo” sia sufficiente a cancellare le impronte mnemoniche, è necessario invece una caparbietà incessante e paziente per destrutturare la figurina inventata - ma ahimè così presa per reale – del corpo fisico alimentato costantemente da inveterati e cementati concetti.
Che cos’è dunque questo corpo che man mano si è sviluppato sotto la stessa insegna di “io-il-tal-dei-tali”, dopo l’inconsapevole gestazione dell’ovulo + spermatozoo? Una serie di sensazioni ben schedate, memorizzate in un insieme unico che cerca di mantenersi, di sopravvivere con qualunque stratagemma: benessere fisico, affetti, poteri e controllo.  Il comune denominatore: la paura che prende tutte le forme, dall’ansia di arrivare, all’angoscia di perdere ecc. l’identificazione dovuta al credersi un’entità separata ormai è totale. Il cervello rettiliano, di pura sopravvivenza in caso di pericolo vero, si diffonde e diluisce in ogni attività e si accaparra di persone o cose, desidera costantemente qualcosa, credendo di proteggersi da un pericolo costante.
La giostra che gira, sembra fare molta strada per il bambino in groppa al cavalluccio, ma gira solo su se stessa all’infinito. E l’infinito NON ha inizio e quindi non ha fine: è sempre qui, ora. Allora si potrà dire che “crediamo” di essere stati concepiti, nutriti dal cordone ombelicale e poi strappati dal seno materno e partoriti: in realtà “crediamo” di respirare da soli, ma siamo ancora legati al cordone ombelicale dell’aria, dell’ossigeno - che ci lega al genere umano e animale - senza i quali  si sparisce per sempre. Certo, si può inventare l’aldilà come l’al di qua, le memorie di altre vite, per confortarci di dover perdere un’abitudine, una curiosità o una speranza di ripetere qualcosa di piacevole ecc., ma sono solo altre convenzioni, immaginazioni della trottola che gira su se stessa finché, esaurita l’energia, si affloscia e si ferma. Se l’inizio si rivela inesistente anche la fine non ha più senso. Tutto questo accade perché ci incolliamo l’etichetta “nato’’, “sono il tale”, o “morirò”, ma se l’etichetta del prodotto rivela che è già scaduto, tutto questo si dimostra evanescente come un sogno.
Quanti “parlano” di illusione del mondo, della maya, ma ne sono veramente convinti o è solo un modo di …distinguersi ancora meglio?
Si tratta solo di verificare che abbiamo stabilito arbitrariamente un inizio, ossia una misura, per funzionare in questo vistavision, ma non possiamo prenderlo per oro colato, per verità assoluta. Gli scienziati moderni stanno cercando di risolverlo a modo loro, ma s’intravede una grande paura e un abbarbicarsi a complicati studi matematici per qualcosa che è in realtà… prima di qualunque valutazione o cifra - che come già detto - viene dall’arabo zifr, ossia zero. (In realtà anche il “prima’’ è un concetto astratto.)
In un terreno senza ombra di vita appare a un tratto una fogliolina, poi uno stelo, un fiore, un frutto e un albero. - Proviene da un seme - dicono tutti... e il seme da dove è apparso?  Se l’osservatore – come affermano i saggi e i mistici e ora anche gli scienziati più seri  -  è un’invenzione o un miraggio, anche l’osservato, ossia il corpo, il mondo sono solo un’allucinazione collettiva, molto ben ancorata, ma se si fa davvero attenzione, da qualche crepa s’intravede la realtà.
Ecco che tutto si rivela il solito continuo girotondo senza scopo, un gioco di risonanze senza nome, come quello di un sogno notturno che appare all’improvviso, ma non ha mai avuto inizio né fine.

 

Meglio lo spiegano alcune frasi di  Shri Nisargadatta Maharaj (dalla raccolta di Jean Dunne)
Visitatore: Puoi vedere il mondo senza la presenza dell’ego?
Maharaj: Quando c’è un ego? C’è quando ci sono certe reazioni, accetti tutto quello che è osservato spontaneamente, ti aggrappi, lo registri, allora soltanto c’è un “ego”. C’è del materiale da costruzione sparso per strada: tu credi di essere un falegname ed inizi ad immaginare come usare quel materiale. Così inizia il processo del pensiero, ecco l’ “ego “ che comincia. Se non sei “nessuno”, non ti curi affatto del materiale da costruzione, lo osservi soltanto e continui la tua strada. Quando è fuori dalla tua visione, lo dimentichi, ma se accetti la consegna, ci rimugini su, e l’”ego” è cominciato.
V: Durante la veglia, come posso perdere del tutto la sensazione del mondo ed essere solo il Sé?
M: Dovrai consultare il sole. Chiedigli: -Come puoi liberarti della tua luce?- La luce è la manifestazione del sole. Puoi separare la luce del sole o il sole dalla luce? A causa del sole c’è la luce, poiché tu sei, c’è anche il tuo mondo. Poiché accade lo stato di testimone, allora ci sei; poiché ci sei, il testimone è sentito fortemente, poiché c’è il sole c’è la luce. Se non c’è testimonianza, dov’è il testimone? Rimani lì.
V: L’essere è il testimone?
M: Ci sono due tappe della testimonianza: l’essere è testimone di tutta la manifestazione, ma la testimonianza del senso di essere o coscienza, succede al principio eterno, l’Assoluto. 
Il senso di essere poi è trasceso, ma è a disposizione (se necessario). Come un cervo accaldato che trova la frescura sotto un albero: l’ombra non è né nera né chiara, si può dire che è una via di mezzo di un’immagine del blu scuro, da cui però tutto deriva, ma che non chiede nulla e non è implicato in nulla. L’essere tuttavia è disponibile quando richiesto. Lo stato naturale è il più alto: stabilisciti lì. Sii paziente!

 

Isabella Di Soragna


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