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Il piccolo libro sulla morte
- raccolta di pensieri sulla morte -
di VanLag
Questa piccola collezione di autori che hanno parlato della morte, risale a qualche hanno fa e si rifà per lo più al pensiero orientale, un pensiero che come si vedrà tende a ridurre il fenomeno ad una mera manifestazione del processo vitale. Difficile da accettare per noi occidentali ma sarebbe anche ora che mettessimo da parte la nostra supponenza e ci mettessimo ad ascoltare davvero idee e pareri diversi da nostri.
Vorreste conoscere il segreto della morte.
Ma come scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita? Il gufo dagli occhi notturni, ciechi di giorno non può svelare il mistero della luce.
Se davvero volete scorgere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita. Giacché la vita e la morte sono una cosa sola, così come il fiume e il mare.
In fondo alle vostre speranze ed ai vostri desideri stà la muta conoscenza di ciò che è oltre la vita. E come il seme che sogna sepolto nella neve, il vostro cuore sogna la primavera. Fidatevi dei sogni perché in loro si cela la porta dell'eterno.
La paura della morte non è che il fremito del suddito quando la mano del re gli si posa in fronte in segno d'onore. Nel suo brivido, il suddito non è forse felice perché si ornerà di quel segno regale? Allora non ricorda forse il suo antico tremore?
Poi che cos'è morire, se non stare nudi nel vento e disciogliersi nel sole?
E dare l'ultimo respiro, che cos'è se non liberarlo dal suo flusso inquieto, affinché possa involarsi finalmente e spaziare disancorato alla ricerca di Dio?
Solo se bevete al fiume del silenzio voi canterete veramente.
E quando avrete raggiunto la vetta del monte allora incomincerete a salire.
E quando la terra chiederà le vostre ossa, allora danzerete veramente.
Per quanto riguarda la morte di una persona cara potete accertarvi che, benché la sua forma umana non ci sia più, la sua Realtà è a portata di mano come sempre. Il nulla cosciente che entrambi siete è sempre lì; verificando che siete ciò, siete vicini allo scomparso come forse non mai. Infatti qui dove perdite e dolore non possono penetrare voi siete quella persona.
Raymond A. Moody jr. dal libro: La vita oltre la vita
Un uomo sta morendo e, nel momento in cui ha raggiunto l'acme della sofferenza fisica, sente dalle parole del dottore di essere clinicamente morto.
Avverte allora un rumore sgradevole, come un tintinnio o un ronzio, e contemporaneamente sente di muoversi con estrema rapidità lungo una galleria buia. Giunto al termine avverte improvvisamente di essere uscito dal proprio corpo ma di trovarsi ancora nell'ambiente in cui si trovava prima e vede in lontananza il suo stesso corpo come se egli fosse soltanto uno spettatore. Da quella posizione privilegiata osserva il tentativo di rianimazione e prova un senso di sconvolgimento emotivo.
Dopo breve tempo si riprende e si abitua alla sua strana condizione. Avverte di avere ancora un "corpo", ma di una natura assai diversa e dotato di poteri assai diversi da quelli del corpo fisico che ha lasciato dietro di se. Cominciano allora ad accadere altre cose. Altri individui gli si fanno incontro per aiutarlo. Scorge gli spiriti di parenti ed amici già morti e gli appare uno spirito di amore come egli non ha conosciuto mai: un essere di luce.
Questo gli rivolge, senza parole, una domanda che lo esorta a valutare la propria vita, e l'aiuta mostrandogli come in un playback, gli avvenimenti più importanti della sua esistenza.
Interrogante: La mia morte si avvicina.
Risposta: Il tuo corpo è figlio del tempo, non tu. Tempo e spazio sono nella mente non ti legano.
I: Ma viene il giorno che lo spettacolo è finito; L'uomo e l'universo devono finire.
R: Come il dormiente cade nell'oblio e si desta ad un nuovo mattino, o morendo si affaccia ad una nuova vita, così i mondi della paura e del desiderio si addensano e si dissolvono. Ma il testimone universale, il Sommo Se, non dorme e non muore. Il grande cuore batte in eterno, e ad ogni battito emerge un nuovo mondo.
I: Non vi va nemmeno di vivere allora?
R: Vivere, morire: parole vuote! quando mi vedi vivo sono morto. Quando mi pensi morto sono vivo. Bella confusione.
I: Quando un uomo muore cosa accade esattamente?
R: Niente. Qualcosa diventa niente. Niente era, niente resta.
I: Spesso si muore volentieri.
R: Solo quando l'alternativa è peggiore della morte. Ma questa disponibilità a morire promana da una fonte sane: La volontà di vivere che è più profonda della vita stessa. Essere vivi non è la condizione ultima; c'è qualche cosa al di là, molto più esaltante, che non è ne l'essere ne il non essere. È uno stato di pura consapevolezza, oltre i confini dello spazio e del tempo. Quando cessi di credere di essere il tuo corpo-mente, la morte perde la sua terribilità, diventa parte della vita.
La gente teme di morire perché non sa cos'è la morte. Il sapiente è già morto, e ha visto che non c'era d'avere paura. Non appena conosci il tuo essere non temi più. La morte da libertà e potere. Per essere nel mondo devi morire al mondo. Allora l'universo è tuo, diventa il tuo corpo, un espressione ed uno strumento.
I: Cosa muore alla morte?
R: L'idea "io sono il corpo". Il testimone non muore.
I: Ma per l'uomo comune la morte fa differenza.
R: Ciò che egli pensava di essere prima della morte, continua dopo. La sua autoimmagine sopravvive.
I: Invecchiamo. La vecchiaia non è piacevole: acciacchi, dolori, debolezza, e la fine che si approssima. Come si sente un saggio da vecchio?
R: Più invecchia più crescono in Lui la felicità e la pace. Dopo tutto sta tornando a casa, come un viaggiatore che, prossimo all'arrivo raccoglie il bagaglio. Lascia il treno senza rimpianto.
I: Non avete paura di morire?
R: Ti racconterò come è morto il mio maestro. Dopo avere annunciato che la sua fine era prossima, smise di mangiare senza modificare il ritmo della vita quotidiana. All'undicesimo giorno, nell'ora della preghiera - stava cantando e batteva vigorosamente le mani - all'improvviso morì -tra un battere e un levare -, come una candela subito spenta. Non temo la morte, perché non ho paura della vita. Vivo una vita felice e morirò una morte bella. È una disgrazia nascere, non lo è morire! Tutto dipende da come guardi.
I: Supponiamo che vi giunga la notizia che sono morto. Come reagireste?
R: Sarei molto felice che sei tornato a casa. Davvero contento dal saperti fuori da questo assurdo.
I: Si ha molta paura della morte.
R: Il realizzato non teme nulla. Ma ha compassione dell'uomo che teme. Nascere, vivere e morire, è in fin dei conti naturale. Ma avere paura, no. È giusto dare attenzione all'evento.
I: Immaginate di essere ammalato: febbre alta, dolori, tremiti. Il medico vi dice che il vostro stato è serio e che vi restano pochi giorni di vita. Quale sarebbe la vostra prima reazione?
R: Nessuna. Come il bastoncino di incenso si consuma, così il corpo muore. Davvero è una cosa di pochissima importanza. Quello che conta è che non sono il corpo ne la mente. Io sono.
I: I vostri famigliari sarebbero disperati. Che cosa direste loro?
R: Ciò che si dice in questi casi: non temete, la vita continua, Dio avrà cura di voi, saremo presto di nuovo insieme; e cose del genere. Per mè tutta la faccenda, con lo scompiglio che comporta, è priva di senso, perché non sono l'entità che si immagina viva o morta. Non sono nato e non morirò. Non ho niente da ricordare o da dimenticare.
I: Cosa ne pensate delle preghiere per i defunti.
R: Prega sempre per loro. Lo gradiscono tanto. Ne sono lusingati. Il realizzato non ha bisogno delle tue preghiere. Egli è la risposta alle tue preghiere.
I: La mia domanda all'inizio riguardava lo stato dell'uomo dopo la morte. Quando il corpo è dissolto che ne è della coscienza? I sensi restano o cessano? E se cessano cosa resta della coscienza.
R: I sensi non sono che dei modi di percezione, grossolani e sottili. Alla morte i primi scompaiono e ne emergono altri più sottili. Dopo la morte la coscienza si assottiglia e si raffina. La gamma delle percezioni indotte dai sensi svanisce insieme ad essi.
In certi casi la morte è la cura migliore. Una vita può essere peggiore della morte, che solo di rado è un'esperienza spiacevole, nonostante le apparenze. Quindi abbi pena del vivo mai del morto.
I: Quando il vostro corpo morirà, resterete?
R: Nulla muore. Si immagina che il corpo esista in realtà non è.
I: E la morte libera?
R: Chi si crede nato teme molto la morte. Per chi si conosce è un lieto evento.
.....Per me la morte non è una calamità, così come la nascita di un bambino non è una gioia. Il bambino va verso i guai, il morto ne è fuori. L'attaccamento alla vita è attaccamento al dolore. Amiamo ciò che ci fa soffrire. Tale è la nostra natura. Per me la morte sarà un momento di giubilo, non di paura. Piangevo quando nacqui, e morirò ridendo.
Dunque non hai paura della morte!
I: Non della morte ma di morire. Immagino che sia una esperienza dolorosa e brutta.
R: Che ne sai? Potrebbe anche essere bella e piacevole. Quando sai che la morte tocca al corpo e non a tè, ti limiti ad osservare come esso ti cada di dosso via via, come un abito smesso.
I: So molto bene che la mia paura della morte è legata ad una inquietudine estranea alla conoscenza.
R: Gli uomini muoiono di momento in momento, la paura e gli spasimi della morte incombono sul mondo come una spessa nuvola. Niente di strano che anche tu abbia paura. Ma quando sai che solo il corpo muore e non la continuità della memoria in cui è riflesso l"Io sono" la paura svanisce.
Citazioni di:
Gibran Kahlil Gibran
Douglas E. Harding
Raymond A. Moody jr.
Nisargadatta Maharaji
Libri pubblicati da Riflessioni.it
365 MOTIVI PER VIVERE RIFLESSIONI SUL SENSO DELLA VITA |
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