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Riflessioni a mezza voce che si spengono nel silenzio senza confini
di Isabella Di Soragna - Giugno 2015
PRIMA DELLA COSCIENZA, prima di poter sentire e dire ‘’sono vivo, esisto’’, chi o che cosa sono? Un mese prima di essere concepito, mille, milioni di anni fa, o miliardi di anni luce… chi ero, che cosa ero? Dopo la morte del corpo dov’è finita questa sensazione e definizione? E durante il sonno profondo? E mentre sono immerso in un’azione che prende tutta l’attenzione?
Per prima cosa noto che il senso di essere vivi è intermittente ed appare solo quando “lo so”. È quindi solo un PENSIERO. Il primo pensiero che poi genera come una prolifica mamma coniglio una quantità di coniglietti. E che cos’è un pensiero? Un concetto, un’idea, una convenzione, tradotta in suoni e parole. Devo esprimere sempre un altro concetto per definirlo, all’infinito. Si tratta di retrocedere …oltre il Big-Bang! Ecco perché alcuni scienziati spendono miliardi per cercare un’origine che non troveranno mai, perché l’origine è proprio “ciò che sta cercando’’, l’occhio che non può vedere se stesso. Il gatto che rincorre la sua coda. Il pensiero è un movimento di neuroni, dopo l’apparire del nudo “io-so”, nell’ologramma di imitazioni, lezioni e ricordi aggrovigliati di un’identità fabbricata e presa per reale e così via, finché retrocedo fino al vuoto di definizioni possibili. L’ASSOLUTO INSONDABILE, (dei mistici) IL VUOTO QUANTICO (dei fisici moderni). Potenzialità infinita, ma imprecisa. Col “pensiero” in tal modo limito ‘’temporaneamente un qualcosa” che altrimenti si perderebbe nel senza limiti. Nella prima infanzia, come nel ventre materno, tutto era la mia continuazione. Sognavo in me stesso. Un mondo allucinatorio-direbbero poi - ma in realtà è quello che continua a seguirci in modi diversi, ma simili. Con il risvegliarsi della coscienza (mi sento vivo) e l’insegnamento parentale, poco alla volta, la materia confusa dei sensi si differenzia, acquista “nomi” e diventa il corpo e il mondo, ma separato da “me”. Imparo, conosco, so, ma perdo l’unità iniziale. Al risveglio la mattina, il senso di essere - grazie all’apparato sensoriale - genera una forma, un corpo che appare sullo schermo vistavision dello spazio attorno a me e lo definisco come “mio”; questi, a sua volta, genera percezioni e sensazioni che danno forma al cosiddetto mondo, all’universo in 3D, grazie alla creazione dello spazio-tempo che appare nel mio sistema. Allora il mondo si distanzia, si separa e mi identifico sempre più con una forma che chiamo “io” e al quale - per non confondersi con altri pupazzi simili ma non uguali - si è dato un nome specifico. Da qui nasce la divisione e la paura. Eppure anche lo spazio e il tempo sono ancora definizioni, CONVENZIONI arbitrarie limitanti. Dove sono finiti i milioni di anni, le ore, gli attimi della cosiddetta vita cosciente? E dove arrivo in questo viaggio di retrocessione, simile a quello dei fisici al Cern? Giungo (o credo di farlo) dove non sono mai né iniziato né esistito: all’ILLIMITATO, all’INCONCEPIBILE che è la trama sempre presente di ciò che siamo. Scopro che in realtà quel senso di essere è nato all’improvviso, senza richieste di nessuno, ci ho creduto, ma poi scomparirà per qualche ora o per sempre. È apparso su quello che non si poteva né immaginare né concepire, che sembra vuoto (di definizioni), ma è pieno, senza definizioni possibili: l’Assoluto potenziale o il NON-SO-CHE-NON-SO da cui tutto o nulla scaturisce. La mia, nostra vera origine senza origine. Che cosa può sorgere da quello che non c’è? Un fantasma che però mi ha ipnotizzato. In definitiva scopro di non essere mai nato in realtà e quel che non nasce, può forse morire?
Da ciò che non è mai stato come può nascere qualcosa? Una finzione, un fantasma evanescente. Un ologramma a cui mi identifico che mi fa credere che vi siano altri ologrammi separati che diventano esseri temibili o amabili. Ecco la ronda infernale che si mette in moto: ma è fantascienza. Un gioco di riflessi di un arcobaleno che presto sparirà nella luce iniziale.
Davanti a me c’è un laghetto coperto di ghiaccio, la temperatura sale, il gelo si scioglie, come dal nulla, all’improvviso, appaiono i rospi per riprodursi, poi appaiono i milioni di girini (quelli risparmiati dagli aironi di passaggio) che diventano adulti e fuggono nel bosco.
Il fango copre il fondo dello stagno. Non c’è ombra di vegetazione…ancora. Poi il sole diventa caldo e oh! meraviglia! alcune foglie di ninfee sorgono dal fondo melmoso, poi i fiori sono dieci, venti capolavori, dalle sfumature rosee e bianche su cui appaiono all’improvviso nuvole di libellule. Tutto appare e scompare nel tempo-spazio della mente. Dov’era tutto questo qualche tempo fa? Nel senza tempo? È mai esistito veramente? O l’abbiamo sognato? E che senso ha la vita se è un sogno? Alcuni diranno: Siamo tutta la Coscienza e questo è beatitudine senza confini.
È un primo passo verso la Realtà: purtroppo è ancora un oggetto “mentale” e come tale c’è separazione, dualità ed è ancora “temporaneo’’; anche se spesso sembra durare una vita…è ancora nell’ombra del falso e dell’immaginazione.
La notte scende di nuovo sul laghetto e la luna si riflette là dove prima si specchiava il sole. Tutto sembra alternarsi, ma non è mai successo nulla.
Rime sparse di Isabella
Tutto si snoda qui nell’attimo
Tutto nasce e finisce qui nell’attimo.
Ogni parola, ogni lettera
si scompone qui, nell’attimo.
Ogni chilometro si accorcia
in un solo passo
Ogni passo smarrisce la misura.
Le galassie si accendono
nell’iride che le osserva
Il futuro si contrae,
il passato si arresta
qui adesso sempre.
La gemma è fiorita
e si avvizzisce allo scoccare
del non qui non ora.
Il suono della chitarra impazzita
svanisce in un sospiro.
L’ultima nota si fonde
col grido della cicala:
dove sono? dove sono?
E’ un continuo matrimonio,
è nascita, è morte.
Ed io dove sono?
In ognuno di questi se lo racconto.
In nessuno se taccio e non lo so.
Isabella Di Soragna
sunyata@bluemail.ch - www.isabelladisoragna.com
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