Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Aperto da iano, 08 Ottobre 2025, 02:40:50 AM

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Phil

Come ulteriore contributo, segnalo questo schema (terza pagina), tratto da un saggio di S. Haack, in cui vengono declinati le differenti "combinazioni" di relativismo. Ad esempio, i valori morali possono essere relativi a: linguaggio, schema concettuale, teoria, paradigma scientifico, versione-descrizione, cultura, comunità e individuo.
La combinazione valore morale / paradigma scientifico, a detta dall'autrice, non rappresenta una reale possibilità, la definisce un "non-starter" (inizio pagina successiva allo schema).

Koba-san

Citazione di: Phil il Oggi alle 12:29:24 PM[...] la prospettiva di Nagel, per come è stata sintetizzata (non l'ho letto), a mio avviso confonde oggettività con mondanità: accatastando strati di interpretazioni consapevoli ci si allontana dall'oggettività, la si ricopre di operazioni soggettive (attribuzione di senso, parametrizzazione, etc.). Si rischia quindi di confondere la (postulata) oggettività della realtà con l'oggettività della sua deformazione da parte del soggetto (detto altrimenti: se guardo le lenti, magari per vedere quanto sono sporche, perdo di vista l'altro oggetto che vorrei guardare, con o senza lenti; guardare sia le lenti che l'oggetto che vorrei guardare, richiede uno "strabismo" non so quanto praticabile, ma comunque complicazione rispetto al guardare l'oggetto direttamente, dando per scontato che inevitabilmente lo guarderei tramite il medium della vista: occhi, mente, etc. v. prospettivismo).

Credo che in Nagel l'idea di "oggettività" non coincida affatto con una sovrapposizione di strati interpretativi o con una semplice "mondanità" dello sguardo.
Il suo punto è quasi opposto: la riflessione non aggiunge deformazioni soggettive, ma le riduce, rendendole trasparenti.
L'oggettività, per lui, non è guardare il mondo senza lenti — cosa impossibile — ma sapere di guardare attraverso delle lenti, e includere questa consapevolezza nella visione stessa.

Ogni passo indietro, ogni presa di distanza, non allontana dal reale: amplia la prospettiva, includendo anche il soggetto che guarda come parte del mondo. In questo senso "vedere anche lo sguardo" non significa moltiplicare i filtri, ma superarne l'inganno.

Il discorso di Nagel nasce da una riflessione generale sulla costituzione stessa della conoscenza.
L'analisi del modello scientifico, con la sua capacità di astrarsi dal punto di vista individuale e di descrivere il mondo in termini oggettivi, fornisce il paradigma di un movimento più generale della ragione umana — il tentativo di vedere "da nessun luogo".
Ma quando questo stesso movimento viene applicato ai domini dell'esperienza soggettiva (la coscienza, l'etica, il senso della vita), emergono nuovi limiti e tensioni: il rischio di perdere, insieme al distacco, ciò che dà senso alla conoscenza stessa.

Per questo in Nagel non c'è una divisione rigida tra "scienze dure" e "discipline dello spirito": entrambe partecipano dello stesso impulso conoscitivo, ma ciascuna richiede un diverso equilibrio tra distanza e coinvolgimento.
L'oggettività, in questo senso, non è un assoluto né una somma di prospettive, ma un compito: il continuo tentativo di ampliare lo sguardo, mantenendo viva la coscienza di chi guarda.

iano

Citazione di: Koba-san il Oggi alle 08:33:30 AMQuesta distanza non è fisica, ma riflessiva: consiste nel comprendere anche il proprio sguardo come parte del mondo osservato.
Questa distanza c'è già, ma è temporale.
Quello che possiamo fare è osservare i nostri punti di vista passati, a cui possiamo aggiungere l'ipotesi che nella sostanza non siamo cambiati, che è comunque alternativa a quella fin qui praticata.
Togliere centralità al presente, questo lo possiamo fare.
Se tutti, o quasi, pensiamo oggi che la soluzione A sia la migliore, non è migliore perchè lo pensiamo oggi.
L'osservatore che osserva si può osservare, se non pretende di farlo contemporaneamente.
Se il lavoro minorile è stato sfruttamento, è stato anche altro, come fa notare Jacopus, e cioè fattore di crescita e responsabilizzazione con acquisizione di sicurezza.
Quindi nella misura in cui oggi possiamo svincolarlo dalla necessità economica, nella misura quindi in cui non è configurabile come sfruttamento, andrebbe incentivato.
In ogni caso la scelta dipenderà dal tempo che viviamo, e  andrebbe vista  come adattamento ottimale alle condizioni presenti.

Osservarsi dunque nella prospettiva storica, laddove quella prossima produce coscienza di se, che vale osservare un se appena passato.
L'osservatore non può osservarsi se non sdoppiandosi nel tempo.
Osservarsi come osservatore non può farsi comunque in contemporanea, se non espandendo arbitrariamente il presente, e d'altronde da dove dovrebbe nascere questa esigenza se non dalla impropria centralità che diamo al presente.
Noi non orbitiamo attorno al presente, e ciò che sembra  apparirci in modo immediato, come cosa in se, è un processo che si svolge nel tempo, e può svolgersi in tempi e modi diversi.
La cosa in se pretende di presentarsi a noi in modo immediato e all'istante, ma a ciò possiamo credere solo astraendo il tempo dall'osservazione, cioè, di fatto, non avendone  coscienza.
Usando coscienza, come la scienza fa, l'apparenza di ogni realtà si sbiadisce, in una analogia prima, e poi sparisce del tutto.
Non è piacevole, ma questo è, e comunque se diversi sono i modi in cui interagiamo con la realtà, e nessuno, A o B, è migliore, possiamo tenerci i vecchi, arrichendoli coi nuovi.


Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Adalberto

Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2025, 20:20:12 PMIn realtà non è così semplice.
1) l'ambiente socio-culturale influenza il singolo e la sua stessa architettura cerebrale e quindi il processo è circolare perché l'architettura cerebrale, a sua volta, influenzerà l'ambiente socio-culturale rinforzando la stabilità del sistema.
2) evoluzionisticamente però possono sorgere nuovi modelli culturali, che sostituiscono totalmente o parzialmente i precedenti, oppure formano un sistema a matrioska.
3) questa evoluzione è lenta e lascia sempre le tracce dei processi culturali originari. Anche in questo caso può esserci d'aiuto la biologia. Il bauplan di tutti i vertebrati è lo stesso, con la duplicazione degli organi su un asse che regge il sistema. Sei sei una balena o un pipistrello questo modello organizzativo non cambia.
4) questo è il "respiro lungo della storia" di Braudel, oppure in chiave eroica di negazione, l'eterno ritorno di N., che ritiene possibile la formazione dell'uomo nuovo solo cancellando la storia.
5) Quindi quando diciamo che "il bambino non si sfrutta", dobbiamo fare i conti con questo processo.
6) Contemporaneamente però possiamo anche accettare lo sfruttamento minorile al di fuori di un certo perimetro, adottando un sistema del reale molto diverso da quello scientifico (per questo ho detto sistema duale).
7) il respiro lungo della storia assomiglia all'inconscio. È un deposito di conoscenze immenso ma sfumato, pieno di sentieri interrotti, di messaggi contrastanti.
8 ) Al di sopra di esso agisce il controllo dell'informazione come sistema di orientamento che definisce cosa è reale, cioè giusto.
9) Ad un altro livello ancora agisce il gruppo degli "intimi", famiglia, amici, colleghi che costituiscono un insieme che condiziona fortemente le nostre scelte di cosa è reale.
10) Non va dimenticata la dimensione, che è forse la più importante, dei nostri sistemi emotivi di base, che ci dicono geneticamente che "bisogna prendersi cura della prole", che "bisogna amare", che bisogna "giocare", che bisogna "ricercare", che bisogna "arrabbiarsi", che talvolta si soffre per "l'isolamento e la perdita", che talvolta si ha "paura".
11) Infine, la realtà in cui noi crediamo ci viene trasmessa soprattutto emotivamente. I grandi maestri sono maestri emotivi e non freddi eruditi.
12) la realtà nelle scienze soffici è anche una questione di abitudine. Se siamo abituati a pensare che la razza ariana è più intelligente e lo pensiamo da cinque anni, sarà difficile ed energivoro cambiare opinione.

Se ci pensate però questa carrellata serve più a confermare che la realtà delle scienze soffici è sostanzialmente statica. Tutto sembra cercare di confermare già ciò che è, piuttosto che cambiare.

E quindi la domanda è "cosa ci permette di cambiare il nostro giudizio sulla realtà nel mondo delle relazioni umane"? Dubito comunque che qualcuno abbia letto fin qui e se lo ha fatto gli concedo una pausa e diritto di replica.



Innamorarsi.
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi...
ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi.
(Fosco Maraini)

Phil

Direi che sono molti gli eventi, non necessariamente relazionali (come l'innamoramento, giustamente citato), che possono consentirci di «cambiare il nostro giudizio sulla realtà nel mondo delle relazioni umane». Quando un fatto di cronaca riguarda prima uno sconosciuto, ma poi si ripete per una persona a noi cara, possiamo prendere atto di un cambiamento soverchiante, istintivo, inconscio, etc. del nostro metro di giudizio per quel tipo di vicenda. Così come, relazione con l'altro a parte, il modo in cui giudichiamo una malattia (e i diritti, doveri, discorsi, etc. connessi) può cambiare drasticamente nel momento in cui quella malattia riguarda noi.
L'evento singolo è l'occasione di mutamento, qualche volta persino di stravolgimento (di «salto paradigmatico», diceva qualkhuno), dei nostri parametri di giudizio; e questo mutamento può persino eludere la nostra anticipazione/previsione (sarà capitato di dire «se ciò accadesse a me, io reagirei così...», poi quell'evento capita e non reagiamo esattamente «così»).

daniele22

Ribadisco che il concetto di maggior solidità (oggettività fate voi) di una descrizione (A vs B) non possa che emergere da un confronto dialettico tra le due posizioni. Per ciò che attiene al lavoro minorile c'è in ogni caso l'intero popolo Rom a sconfessare quel cento per cento.
È poi singolare come Phil non abbia risposto al mio post 91 sul tema filosofico dedicato alla gaia scienza e abbia deciso di rientrare dalla finestra per riproporre il refrain che l'etica non possa considerarsi una scienza. Non prendo nemmeno in considerazione il distinguo tra duro e morbido, dato che una scienza è scienza e basta, e le sue determinazioni sono vincolate evidentemente al campo di studio. Forse Nagel lo ha ventilato, ma non lo conosco.
Siete tutti molto colti, non c'è che dire, ma le fondamenta della nostra (la vostra) cognizione della realtà poggiano sicuramente su di un piedistallo di argilla che il sottoscritto ha individuato. Forse il monumento non crollerà, in verità non dovrebbe neppure crollare, ma solo riassestarsi. Tutto dipenderà solo da come l'autorità che tiene in piedi questo fascismo mascherato saprà ancora nascondersi tra le pieghe delle sue astutissime menzogne confezionate soprattutto grazie a quello che chiamo "dogmatismo invisibile", ovvero l'arte di eludere o di assecondare falsamente senza in realtà concedere nulla. Certo, visto pure il trionfo di Trump (il suo discorso alla knesset sembrava quello di Gigi 'a cartelletta che dai balconi di palazzo Chigi proclamava di avere sconfitto la povertà) la cosa sembrerebbe al momento ancora abbastanza facile, ma non si sa mai

Phil

Citazione di: daniele22 il Oggi alle 16:22:40 PMÈ poi singolare come Phil non abbia risposto al mio post 91 sul tema filosofico dedicato alla gaia scienza
Non ho considerazioni particolari da fare su quel post; se c'era una domanda implicita, onestamente non l'ho colta.
Citazione di: daniele22 il Oggi alle 16:22:40 PMriproporre il refrain che l'etica non possa considerarsi una scienza. Non prendo nemmeno in considerazione il distinguo tra duro e morbido, dato che una scienza è scienza e basta, e le sue determinazioni sono vincolate evidentemente al campo di studio
Il refrain (repetita iuvant?) serve a ricordare che ci sono scienze in cui l'analisi è questione di confronto dialettico (come suggerisci), altre in cui è questione anzitutto di confronto con i feedback della realtà. O se preferisci: è la differenza fra cosa è giusto fare e cosa si può fare, fra approntare un'etica che orienti il conflitto fra forze sociali e approntare un'equazione che descriva un rapporto fra forze applicate ad un corpo in uno spazio, etc. Se viene meno questa discriminazione, si rischia di pensare appunto che l'etica possa anche essere epistemologicamente confusa con altre discipline delle scienze dure e ritrovarsi così a fronteggiare la domanda «come fondiamo epistemologicamente un'etica?», senza aver prima risposto alla domanda "fenomenologica" «è possibile fondare un'etica in modo epistemologico?» (domanda la cui risposta si trova, corroborata da studi di settore, nelle scienze umane citate, come l'antropologia, la sociologia, etc.).

Koba-san

Citazione di: daniele22 il Oggi alle 16:22:40 PM
Ribadisco che il concetto di maggior solidità (oggettività fate voi) di una descrizione (A vs B) non possa che emergere da un confronto dialettico tra le due posizioni. Per ciò che attiene al lavoro minorile c'è in ogni caso l'intero popolo Rom a sconfessare quel cento per cento.
È poi singolare come Phil non abbia risposto al mio post 91 sul tema filosofico dedicato alla gaia scienza e abbia deciso di rientrare dalla finestra per riproporre il refrain che l'etica non possa considerarsi una scienza. Non prendo nemmeno in considerazione il distinguo tra duro e morbido, dato che una scienza è scienza e basta, e le sue determinazioni sono vincolate evidentemente al campo di studio. Forse Nagel lo ha ventilato, ma non lo conosco.
Siete tutti molto colti, non c'è che dire, ma le fondamenta della nostra (la vostra) cognizione della realtà poggiano sicuramente su di un piedistallo di argilla che il sottoscritto ha individuato. Forse il monumento non crollerà, in verità non dovrebbe neppure crollare, ma solo riassestarsi. Tutto dipenderà solo da come l'autorità che tiene in piedi questo fascismo mascherato saprà ancora nascondersi tra le pieghe delle sue astutissime menzogne confezionate soprattutto grazie a quello che chiamo "dogmatismo invisibile", ovvero l'arte di eludere o di assecondare falsamente senza in realtà concedere nulla. Certo, visto pure il trionfo di Trump (il suo discorso alla knesset sembrava quello di Gigi 'a cartelletta che dai balconi di palazzo Chigi proclamava di avere sconfitto la povertà) la cosa sembrerebbe al momento ancora abbastanza facile, ma non si sa mai
Non sei l'unico ad aver capito che siamo tutti su delle fondamenta di argilla.
Anche la tua soluzione non fa eccezione: la maggiore oggettività viene dal confronto dialettico. Bene, ma che cosa significa in pratica? Un dialogo in cui alla fine i due contendenti devono mettere da parte le loro sofisticate astuzie retoriche e una buona volta rivelare i fondamenti su cui si basano le loro posizioni.
Ora, questi fondamenti possono essere di tipo metafisico-religioso, oppure radicarsi in una concezione ingenua della scienza (nell'esempio del lavoro minorile, la convinzione di conoscere la natura autentica dell'oggetto, cioè lo sviluppo normale e naturale del bambino – ma sappiamo che questo tipo di sapere presunto se analizzato attentamente può sempre essere smontato), oppure, e questa è la situazione specifica e coerente con il nostro tempo, cercare una forma di oggettività anche in assenza di fondamenti.
Dialettica o inter-soggettività non sono la risposta. Nel senso che sì, certo, il risultato viene fuori da un confronto, da un dialogo, da interazioni sociali e culturali ecc., ma il punto è: che cosa, all'interno di questa contesa, determina il risultato, cioè la posizione vincente?

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