Inflazione sull'intelligenza

Aperto da fabriba, 10 Settembre 2025, 14:50:47 PM

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fabriba

Nella Grecia antica, l'atleta incarnava l'ideale dell'uomo.

Si può spiegare col fatto che nella Grecia antica, la forza fisica aveva un valore (economico) e quindi era un valore, che si concretizzava nell'ideale di un uomo muscoloso, la cui fisicità era un chiaro tratto distintivo, di cui l'aspetto psicologico era quasi una emanazione (la disciplina, il coraggio...).

Nel corso dei secoli, le macchine hanno ridotto e quasi annullato il valore della forza fisica umana, e oggi i muscoli non comandano più rispetto, non sono più un valore.

Nel mondo contemporaneo l'intelligenza ha preso il posto della fisicità. Similmente, si può spiegare col fatto che l'intelligenza ha un valore e quindi è un valore.
Nel corso dei decenni (mettiamo anche secoli, ma dubito), i computer -le AI- ridurranno e quasi annulleranno il valore dell'intelligenza umana, e un domani, il cervello non comanderà più rispetto, non sarà più un valore.

Mi vengono in mente le foto d'epoca di Arnold Schwarzenegger che mostra i muscoli, immagino tra X anni di guardare le foto degli intellettuali con lo stesso sguardo incuriosito, impressionato, e tutto sommato divertito con cui oggi guardo Arnold.

Posto qui perché mi sembra che le implicazioni sociali di questa inflazione sono già in corso: la prima categoria colpita è stata forse quella degli informatici (non si è mai visto un quinquennio di licenziamenti così massicci nel settore, l'inflazione del loro* valore nel mercato del lavoro è già realtà), ma è difficile immaginare che rimarrà l'unica categoria coinvolta.

* nostro, dovrei dire, visto che ci lavoro, ma non vorrei farne una questione di campanilismo.

Kob

Non sono d'accordo.
Usare la AI in modo "intelligente" vuol dire avere tra le mani un'incredibile strumento di potenziamento delle capacità cognitive.
Di solito parlando di AI ci si concentra solo su due aspetti: la sostituibilità dell'uomo (in certe attività, come la scrittura di codice di programmazione), e la simulazione (in generale la creazione di falsi: false teorie, falsi eventi, falsi immagini ecc).
Ma la singola persona se vuole veramente capirci qualcosa la deve testare su ciò che ha sempre rappresentato per sé un limite, un ostacolo invalicabile. Che so, per un dilettante appassionato di matematica può essere uno specifico argomento su cui si è sempre arenato nonostante la consultazione di vari testi.
Se riesce (e io sono convinto di sì) a superare quel limite grazie all'assistenza della AI (una specie di precettore personale digitale, molto competente e infinitamente paziente) vuol dire che non è affatto finita l'era dell'intelligenza umana, ma che anzi il bello arriva adesso.

Morpheus

Concordo in pieno con Kob, ci si concentra di frequente (giustamente considerando la frequenza dell'utilizzo sbagliato che ne viene fatto) sulle caratteristiche e le prestazioni dell'AI elencate da Kob. Aggiungo anche la facilità con cui si può prendere 10 a qualsiasi compito in classe (qui è anche un po' colpa dei professori). Alla fine torniamo sempre lì. Non è colpa dello strumento bensì dell'utilizzo che ne viene fatto. Purtroppo la sostituibilità dell'uomo in determinati ambiti è, ahimé, un problema abbastanza serio. La soluzione sarebbe evitare l'utilizzo di AI in certi settori? Chissà, però sarebbe limitante. Temo (in realtà se si farà con coscienza non lo temo) che la strada che si imboccherà sarà quella da sempre seguita. Si risparmia? Sì. Lo fa meglio e/o più rapidamente? Sì. Allora le AI sostituiranno, dove potranno, gli esseri umani.
Possiamo vedere infiniti motivi nel fatto che il cielo è azzurro, ma alla fine solo una cosa quantomeno ci fa avvicinare alla verità:
La Scienza.

fabriba

#3
Le discussioni cui ho assistito sulla intelligenza artificiale negli ultimi 3 anni sono generalmente andate così: qualcuno dice che l'intelligenza artificiale sta per diventare capace di battere un campione di scacchi/scrivere testi/comporre canzoni/generare video/vincere le opimpiadi di matematica/fare X, e l'interlocutore risponde che non sarebbe mai stata in grado di farlo nel modo in cui lo fanno gli umani.

Le innovazioni sono state però così repentine che non c'è mai stato tempo di cambiare opinione e rifrasare: in tutti i campi fin qui, è diventato realtà quello che si considerava impossibile solo una settimana prima.

Nel frattempo l'accettazione della AI è diventata luogo comune, e c'è un grafico noto come "gartner hype curve" che suggerirebbe che ora siamo al picco dell'entusiasmo, pronti a sprofondare nella disillusione.

Nonostante gartner, guardando gli ultimi 3 anni, non scommetterei che la AI che conosciamo è tutto quello che la AI ha da darci, scommetterei piuttosto che tra qualche mese succederà di nuovo che ciò che consideravamo impossibile, diventerà realtà nel giro di una settimana, e poi ancora.

Magari avete ragione voi, ma preferisco affrontare la possibilità: sarebbe un brutto modo di uscire di scena per l'intelligenza umana, se l'ultimo movimento culturale fosse il negazionismo della propria imminente dipartita. [edit: l'ho messa giù un po' dura... magari va smussata un po', ma sosterrò l'idea in caso di dibattito!]

Phil

Per dirlo molto in generale: la minor necessità di prestanza fisica, ha solitamente comportato una maggior necessità di prestanza cognitiva; nel senso che per spostare un masso da un punto A ad un punto B usando il fisico servono buoni muscoli, ma per spostarlo usando uno scavatore serve saper usare lo scavatore, saper costruire lo scavatore, saper progettare lo scavatore e così via a ritroso della catena causale produttiva e "sapienziale". Ora che l'AI inizia a "saper" emulare anche le attività cognitive e produttive umane (@kob: non necessariamente producendo "falsi", perché le immagini, i suoni e i video generati con l'AI possono essere anche creazioni originali e utili in molti contesti lavorativi) é richiesto, secondo me, un ulteriore passaggio cognitivo che non è un potenziamento (come avvenuto con il passaggio dal muscolo allo scavatore, o dalla spada al drone da guerra), ma un adattamento funzionale.
Ci sono già AI più o meno specializzate nel sostegno all'apprendimento, nell'aiuto a persone con disabilità fisiche o cognitive, nella progettazione facilitata di applicazioni personalizzate, etc. e che quindi sostengono e aiutano a sviluppare l'intelligenza umana (qualunque cosa essa sia), ma il loro utilizzo richiede a sua volta una certa capacità nel saper usare tali strumenti (per quanto facili e user-friendly).
Le generazioni meno recenti hanno già vissuto il passaggio dalla lettera cartacea all'e-mail, dal telefono fisso allo smartphone, dalla TV ad Internet, etc. tutte piccole rivoluzioni che ora sembrano quasi banali, ma che hanno sempre comportato l'acquisizione di nuove abilità cognitive e, come è dalla notte dei tempi, l'impegno a saper e voler imparare.
Una delle potenziali criticità potrebbe essere quella della manutenzione: finché ci saranno persone in grado di "programmare e aggiustare" (per così dire, semplifichiamo) le AI, queste possono essere un fattore, ma se verrà delegata esclusivamente ad altre AI la "manutenzione" delle AI "in prima linea", se queste "AI manutentrici" dovessero incappare in problemi non risolvibili, ci potremmo ritrovare come quando i nipotini aprono un cassetto del nonno defunto, trovano un oggetto, e nessuno sa più cos'è, a che serve, né, soprattutto, come farlo funzionare. Si tratta comunque di uno scenario che ritengo piuttosto improbabile.

fabriba

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2025, 16:53:24 PMPer dirlo molto in generale: la minor necessità di prestanza fisica, ha solitamente comportato una maggior necessità di prestanza cognitiva;
(..........)
 ci potremmo ritrovare come quando i nipotini aprono un cassetto del nonno defunto, trovano un oggetto, e nessuno sa più cos'è, a che serve, né, soprattutto, come farlo funzionare. Si tratta comunque di uno scenario che ritengo piuttosto improbabile.
Ciao Phil, 
mi pare inutile sottolineare che sono sostanzialmente d'accordo con te su tutta la linea, però la discussione avanza focalizzandosi sulle differenze, e quindi mi concentro su quella piccola parte.

Mi sembra che il tuo commento punti l'attenzione sull'aspetto tecnico, forse posso addirittura azzardare che nello scrivere avevi in mente principalmente la robotica.

Nulla da arguire, l'intelligenza ingegneristica è intelligenza. 

Penso che il "problema" sia quasi omnicomprensivo però, se AI vince le olimpiadi di matematica, produce canzoni, e scrive libri di filosofia, è "sotto attacco" tutta l'intelligenza umana.
(I virgolettati sono d'obbligo, non so se ci sia realmente un problema e soprattutto non penso che nessuno ci stia attaccando)

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Prima di chiudere vorrei annotare una cosa per chiarire il mio pensiero: ho parlato di "inflazione sull'intelligenza", non di annichilimento, distruzione, sostituzione, altraparolanefastaadiscrezione. 
La forza umana si è inflazionata pesantemente negli ultimi 2000 anni, però non è stata annichilita, distrutta, sostituita (del tutto): c'è ancora un uso e un valore economico nell'avere la forza fisica necessaria a montare una porta, vangare piccoli appezzamenti di terreno, manovrare una motosega, un trapano, ecc. 

Però non sentiamo più che sviluppare la forza fisica dei nostri figli li aiuterà a farsi strada nella vita (valore).
Immagino un possibile futuro in cui non sentiremo che l'intelligenza sarà utile ai nostri figli a farsi strada nella vita.

L'intelligenza è talmente centrale nella nostra società di oggi, che forse questo scenario ci lascia sgomenti: fatichiamo a trovare una destinazione d'uso per l'umanità, una volta che ci si tolga il primato sull'intelligenza.

Kob

Ho letto "adattamento funzionale": ma la AI usa il linguaggio naturale, dunque l'utente non deve acquisire particolari competenze, oltre a saper leggere e scrivere. Con la AI, forse per la prima volta nella storia della tecnologia, è lo strumento ad adattarsi all'utente, non il contrario (è lei che si sforza di capire e interpretare le mie richieste magari sgrammaticate).
Il punto è l'uso non banale di essa.
Uso banale: farla partecipare ad una competizione pensata per gli umani (olimpiadi di matematica); chiederle di scrivere un brano al posto mio ecc.
Uso non banale: riprendendo l'esempio del brano, ipotizzando che sia un brano di filosofia, sfruttarla per approfondire il tema trattato, per sviscerare gli aspetti controversi, magari non ancora del tutto chiari nella testa dell'autore, esaminare insieme la fluidità del testo chiedendole di elaborare alternative a qualche frase troppo contorta (se Hegel lo avesse fatto con la Fenomenologia dello spirito quanti lettori avrebbero evitato disperazione ed emicranie...).

"L'intelligenza umana è sotto attacco": mi viene da dire, ma quale intelligenza!
L'intelligenza umana nella vita quotidiana fa apparizioni sporadiche e di solito è soffocata – nel mondo del lavoro – da interessi personali e meschinità varie.

Phil

Citazione di: fabriba il 11 Settembre 2025, 09:21:04 AMPenso che il "problema" sia quasi omnicomprensivo però, se AI vince le olimpiadi di matematica, produce canzoni, e scrive libri di filosofia, è "sotto attacco" tutta l'intelligenza umana.
(I virgolettati sono d'obbligo, non so se ci sia realmente un problema e soprattutto non penso che nessuno ci stia attaccando)
Come accennavo, la cooperazione fra umano e AI può giovare all'umano, se viene impostata come collaborazione e non competizione. Ad esempio, se un'AI produce un brano di musica che mi piace o un film che mi appassiona, non vedo conflitto con l'intelligenza artistica umana che, anche "usando e prendendo spunto" da quella canzone e quel film, potrà produrne di nuovi (la produzione "by AI" come ulteriore ispirazione).
Riguardo le olimpiadi e le competizioni dirette uomo vs AI le vedo poco futuribili: già ora ci sono competizioni per eleggere l'uomo più forte del mondo ("Strongest man" o qualcosa del genere) e nessuno si sogna di far partecipare muletti e ruspe. Così come difficilmente vedremo partite fra lancia-palline automatici e giocatori di tennis, oppure vedremo i campionati di scacchi non fare più differenza fra uomo e AI.

Citazione di: fabriba il 11 Settembre 2025, 09:21:04 AMImmagino un possibile futuro in cui non sentiremo che l'intelligenza sarà utile ai nostri figli a farsi strada nella vita.

L'intelligenza è talmente centrale nella nostra società di oggi, che forse questo scenario ci lascia sgomenti: fatichiamo a trovare una destinazione d'uso per l'umanità, una volta che ci si tolga il primato sull'intelligenza.
«Intelligenza» è parola ambigua, ma se capisco quello che intendi, credo (come sopra) che ci saranno più stimoli e più "aiutini" per la nostra intelligenza, se vorremo applicarla. Sicuramente sarà possibile anche scegliere di non usarla, come se si scegliesse di non imparare le tabelline perché si ha sempre in tasca una calcolatrice. Ma non è inevitabile che tutti facciano questa scelta di comodo.

Citazione di: Kob il 11 Settembre 2025, 15:31:33 PMHo letto "adattamento funzionale": ma la AI usa il linguaggio naturale, dunque l'utente non deve acquisire particolari competenze, oltre a saper leggere e scrivere. Con la AI, forse per la prima volta nella storia della tecnologia, è lo strumento ad adattarsi all'utente, non il contrario (è lei che si sforza di capire e interpretare le mie richieste magari sgrammaticate).
Questo è vero, ma se consideri un'utilizzo un minimo efficace dell'AI bisogna dire che il modo in cui si porgono le richieste (il famigerato prompt engineering) fa la differenza fra perdere 10 minuti per un risultato decente e averlo al primo colpo. Così come per produrre musica bisognerà saper dare all'AI informazioni un minimo "tecniche" (genere, tempo, strumenti, struttura del brano, etc.). Un effetto collaterale del crescente uso dei chatbot sarà riportare in evidenza l'importanza di sapersi spiegare.


fabriba

#8
Citazione di: Phil il 11 Settembre 2025, 16:00:41 PMSicuramente sarà possibile anche scegliere di non usarla, come se si scegliesse di non imparare le tabelline perché si ha sempre in tasca una calcolatrice. Ma non è inevitabile che tutti facciano questa scelta di comodo.
Certo, ma se torniamo al parallelo coi muscoli, oggi è possibile scegliere di non usarli, chi sceglie di usarli lo fa talvolta per hobby, non concepiamo più l'idea di non usarli come una scelta di comodo (quantomeno non nei paesi semi e industrializzati), ma più o meno come un normale percorso di vita.

Citazione di: Kob il 11 Settembre 2025, 15:31:33 PMUso non banale: riprendendo l'esempio del brano, ipotizzando che sia un brano di filosofia, sfruttarla per approfondire il tema trattato, per sviscerare gli aspetti controversi, magari non ancora del tutto chiari nella testa dell'autore, esaminare insieme la fluidità del testo chiedendole di elaborare alternative a qualche frase troppo contorta (se Hegel lo avesse fatto con la Fenomenologia dello spirito quanti lettori avrebbero evitato disperazione ed emicranie...).
L'esempio non banale che consideri è una attività predominantemente individuale, altrimenti ti avrei detto che comunque quello che dici svaluta il lavoro da 10 cervelli a uno solo. Sarebbe stato più facile per me... dannazione!
Però, lo stesso: io immagino un futuro (in parte già presente) in cui quel brano di filosofia venga eviscerato completamente e semplicemente con una domanda posta all'AI: in cui l'idea si trasformi in un testo completo senza bisogno di molti cicli interattivi, in cui il lavoro del filosofo umano venga ridotto da una settimana a un minuto, in cui non ci sia il tempo di porsi le domande controverse e chiedersi quali siano le contraddizioni o i sillogismi errati di quello che si sta scrivendo, perché basta chiedere "AI, cosa c'è di logicamente inconseguente in questa idea?". 
Tu mi dirai che amen, se ci mette meno tempo vorrà dire che scriverà più brani, ma se tutti scrivono più brani, il mio punto rimane solido: il valore dei brani si inflaziona perché se il tempo per scriverli si fraziona, il tempo per leggerli non si moltiplica (ne realisticamente il bacino d'utenza).

fabriba

Ad ogni modo, siamo fermi a parlare di una premessa che sinceramente mi sembra abbastanza consolidata: se chiedete a una AI, o se fate una qualsiasi ricerca su google, le stime sono consolidate: i "white collar jobs" subiranno un impatto che è stimato dal 30% al 50% (o anche più) nel corso dei prossimi 10 anni.

Possiamo discutere che un "white collar job" non sia un lavoro in cui necessariamente serve il cervello, ma per che cosa viene valutata e pagata la capacità di creare valore aggiunto di questo impiegato dal colletto bianco però? Di sicuro non direi per la forza fisica.

Mi sono fatto trasportare dalle obiezioni singole perdendo di vista la visione d'insieme, ma chiedendovi di ritornare per un istante alla visione d'insieme:
State discutendo che ci siano colletti più bianchi  e meno bianchi (ovvero che ci siano lavori che richiedano più o meno intelligenza), ed è sui ptimi che puntate l'attenzione, sottolineando che l'intelligenza "estrema" avrà ancora un posto, ed è solo quella "comune" che verrà sostituita? 

Scusate, ho cercato di rileggere e riscrivere più volte per non sembrare inconciliante, ho genuinamente difficoltà a capire l'obiezione di fondo.

InVerno

Ha detto un mio amico licenziato "mi piacevano le macchine quando facevano il bucato e io potevo fare il creativo, non le macchine che fanno i creativi e io il bucato". Difficile capire come andrà a finire, ci sono una serie di diramazioni economiche piuttosto complicate, il business plan sembra il solito, quello di farci entrare più persone possibili a basso prezzo e poi far pagare il pedaggio quando non ne possono più fare a meno, per ora sono nella fase dove gettano l'esca, ma i veri costi si vedranno più avanti. Il valore di quanto prodotto è tutto da vedersi, basta vedere come Google è diventato negli ultimi anni con la prima pagina di risultati fatta di spazzatura autocompilata a favore di ads, per molte cose ormai è più utile reddit proprio perché ci sono ancora esseri umani, bot e il resto stanno rendendo obsolete intere funzioni di internet... È un panorama in evoluzione veloce, e l'ingordigia dei tech giant rischia di divorare quelle stesse fondazioni su cui mangiano. 
Ora Noè, coltivatore della terra, cominció a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacó. Genesi 9:20

iano

#11
Citazione di: fabriba il 10 Settembre 2025, 14:50:47 PMi computer -le AI- ridurranno e quasi annulleranno il valore dell'intelligenza umana, e un domani, il cervello non comanderà più rispetto, non sarà più un valore.
Però, dal quel che scrivi, sembra che il valore dell'intelligenza umana, si riduca all'essere umana.
Noi siamo fatti di parti e ogni parte è un valore aggiunto nella misura in cui relazionandosi con le altre ci restituisce una umana armonia.
Siccome queste parti non sono definite una volta per tutte, possiamo includervi anche l'AI.
Possiamo non usare la tecnologia, ma possiamo non usare neanche le mani, però le usiamo e la useremo.
Il fatto è che noi non sappiamo cosa siamo, e continueremo a non saperlo, se tendiamo ad escludere di essere tutto ciò che sappiamo.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

#12
Escludere per pregiudizio una parte non gli impedisce di armonizzarsi con le altre, ma rende solo più difficile e/o cauta l'operazione.
Questo in se quindi non è neanche un male, perchè un integrazione frettolosa non è mai una buona idea, e il pregiudizio ci mette a disposizione il tempo che ci vuole.
Lo facciamo anche con gli altri esseri umani, lo potremo fare pure con la tecnologia, che a differenza del nostro prossimo non si offenderà.
Certo che, se ci mettiamo dal punto di vista ''quale futuro per i nostri figli, quale modello fargli seguire'' l'emotività che ne segue non ci aiuterà a ragionare.
Se non possiamo indicare più un modello ai nostri figli, che sia l'atleta o il genio, insegniamogli a sceglierlo fra quelli che si presenteranno come nuovi, anche se noi non possiamo vederli.
Tanto le cose vanno così veloci che quello che sceglieremmo  verrebbe comunque superato.
Ma i giovani mi sa che hanno già capito tutto, perchè tutta l'aspirazione che avevamo noi al posto fisso, che sia da banchiere, postino, atleta o da genio, in loro io non la vedo.
Noi, che del posto fisso abbiamo sperimentato la noia, li possiamo capire.
Non ci siamo sentiti come automi a ripetere le stesse cose per una vita?
Allora quel posto fisso lasciamolo agli automi.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Kob

Metto in evidenza alcuni elementi che nella discussione sono trattati in modo, secondo me, confuso o sbagliato.
1) la forza o la pura resistenza nel lavoro è sempre stato, almeno da un certo punto in poi dello sviluppo tecnologico, un fattore secondario. Basta pensare agli artigiani del Rinascimento, alla complessità e raffinatezza delle loro tecniche. Ma anche all'agricoltura, che al di là di singole lavorazione stagionali "massacranti" e ripetitive, comporta poi tutta una serie di attività che presuppongono grande abilità (quindi intelligenza).
2) che un colletto bianco svolga un lavoro più intelligente di quello di un operaio specializzato, per esempio un muratore esperto, beh, è tutto da vedere – anzi, io avendo sperimentato sia il lavoro di ufficio che quello dei cantieri edili posso dire senz'altro che occorrono più qualità di "problem solving" in questo secondo campo che nel primo (e allora avremmo dovuto gridare "attacco all'intelligenza" anche nel momento in cui nell'edilizia sono stati introdotti sempre più elementi prefabbricati e lavorazioni semplificate).
3) in generale il lavoro è essenzialmente basato sulla ripetizione di procedura e modelli. Un'attività teoricamente creativa come quella di un architetto se viene analizzata a fondo mostra che nel 99% delle opere si tratta di riproposizione di tipologie riconosciute e acquisite.
4) tutto questo per dire che l'intelligenza umana, nei contesti lavorativi complessi, già ben prima dell'avvento della AI, tende a passare in secondo piano: a dominare è l'adeguamento alle procedure. Quindi l'intelligenza sta soprattutto nell'apprendimento di esse. Poi la qualità dominante è la disciplina. Esempio: il medico di ospedale che nella diagnosi e poi nella cura non fa altro (in barba al dottor House) che seguire protocolli specifici.
5) conclusione: il fatto che la AI metta in crisi delle professioni, come decenni fa aveva fatto la robotica nell'industria, non deve essere visto come attacco all'intelligenza, ma semplicemente come attacco a quelle professioni. Come sostituzione di quelle attività.

Ma temo che qui pochi abbiano fatto esperimenti concreti con la AI. Quell'uso non banale di cui parlavo. È come se avessimo a disposizione delle intelaiature robotiche capaci di farci muovere meglio, con più efficacia, e invece noi ce ne restiamo fermi a chiedere a questi arti meccanici di correre da soli per vedere se battono il record dei 100 metri...

Phil

In tempi non sospetti, ossia pre-rivoluzione informatica, John Quincy Adams, in una lettera a sua moglie nel 1780, scrisse: «Devo studiare politica e guerra affinché i miei figli possano avere la libertà di studiare matematica e filosofia. I miei figli dovrebbero studiare matematica e filosofia, geografia, storia naturale, architettura navale, navigazione, commercio e agricoltura, affinché i loro figli abbiano il diritto di studiare pittura, poesia, musica, architettura, statuaria, arazzi e porcellana» (fonte).
 Questo sviluppo ottimisticamente idilliaco, in cui si passa dalla gestione dei conflitti (politica e guerra) al diletto estetico artistico, sembra ancora lontano dal suo compiersi (almeno su larga scala), per quanto, ora molto più che in passato, il mondo sia popolato da chi già studia «pittura, poesia, musica, architettura, statuaria, arazzi e porcellana». Quello che si può "riciclare" da tale utopistica profezia è la questione dello studio, che richiama quell'imparare di cui parlavo qualche post fa. Il motivo per cui solitamente si viene pagati, è perché abbiamo imparato (e siamo disposti) a fare qualcosa (fosse anche stare impalati) che produce valore per qualcuno (sia esso pubblico, privato o per noi stessi, se siamo liberi professionisti). In questo scenario credo che l'intelligenza, intesa come capacità di imparare e poi usare intelligentemente ciò che si è appreso, non sia sotto scacco dell'AI, nel senso che l'intelligenza dell'AI richiederà di essere comunque interrogata, controllata, gestita e poi tradotta in prassi, il tutto usando l'intelligenza umana, quella settoriale e media (non parlo di cervelloni, che sarebbero sprecati per fare da badante ad un'AI). 
Ci saranno ancora lavori immuni all'AI, così come tutt'ora ci sono contadini la cui ultima "evoluzione tecnologica" è stato il trattore, ma i lavori che saranno contaminati dall'AI probabilmente richiederanno sempre un'intelligenza umana (l'«adattamento funzionale» di cui sopra) che possa supervisionare quella artificiale, con tutti gli adattamenti del caso. Se ad esempio c'è un AI che lavora 24 ore su 24, deve esserci qualcuno (o una turnazione) in grado di supervisionarla ed eventualmente "correggerla" 24 ore su 24. Così come i contabili hanno dovuto imparare, per trovare ancora un lavoro, ad usare programmi di calcolo come Excel, perché la sola "calcolatrice più carta e penna" non li rendeva più competitivi nella ricerca del lavoro, parimenti i contabili del futuro dovranno essere in grado di scorrere un bilancio fatto da un'AI e "giocare a trovare l'errore" (che richiede studi un po' più "avanzati" rispetto al semplice inserimento dati). Attività che, come ricorda iano, sarà pur noiosa e ripetitiva, ma richiede quella minima intelligenza e competenza che non credo verrà delegata esclusivamente alle AI (ci sarebbe poi il discorso dei consumi energetici, sia di chi offre il servizio che di chi lo usa, come ha osservato qualcuno, dire grazie a ChatGPT costa milioni di euro, perché è comunque un input che richiede elaborazione di una risposta, che richiede energia).