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Messaggi - sgiombo

#1666
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
07 Settembre 2018, 20:56:40 PM
Non credo proprio che Severino abbia potuto vincere alcuna "tenzone" con docenti di logica (fra l' altro chi sarebbero mai stati i pretesi "arbitri" o i "giudici di gara"?).

Per me non dimostra affatto "che l'eterno è vero e il divenire contraddittorio" (anche perché il divenire non é affatto "contraddittorio" e la pratica non é affatto contraria alla logica e ai "numeri", ma casomai alle farneticanti e illogiche pretese di Severino di negare il divenire).

Della scienza moderna fa parte a pieno titolo la matematica pura (anche se é una scienza logica e non empirica), la quale tiene benissimo senza riferirsi o applicarsi ad alcun oggetto fisico-naturale (mentre d' altra parte le scienze naturali fanno benissimo a richiedere conferme empiriche, ché altrimenti sarebbero mere fantasticherie, magari esteticamente o letterariamente valide, ma senza fondamenti veritativi delle loro affermazioni; e meno male che anche la teoria della relatività è dovuta essere accettata dopo dimostrazioni fisiche! Peraltro in buona parte ben precedenti la morte di Einstein).

La scienza classica "galileiana" o "newtoniana" o "maxwelliana" non ha né vinto né perso contro relatività e meccanica quantistica perché non si tratta di competitori sportivi: semplicemente ne é stata "dialetticamente superata".

Se la scienza funziona o é perché ha "un culo della madonna" (cioè in seguito a una serie incredibile di circostanze fortuite), oppure perché qualcosa di vero sulla realtà oggettiva ci dice.
Personalmente propendo fortemente per la seconda ipotesi.

La neurologia ha fondamenti scientifici, la psicoanalisi neanche per idea: non c' é "partita"...
Ma purtroppo la psicoanalisi é viva e vegeta, in questi tempi di profonda decadenza civile, morale, culturale: altro che scomparsa!
...E poi il potere economico degli psicanalisti (e degli "scientologisti", degli astrologhi, degli esorcisti, dei Di Bella e di tanti altri lucratori sulle sofferenze degli ingenui!

La medicina segue (anche) la cultura scientifica e l'uomo per essa non é affatto solo un corpo fisico, checchè se ne possa dire il contrario.

Personalmente credo che la teoria che vorrebbe la quantità di antimateria pari a quella della materia, che postula energia oscura e materia oscura e stringhe verranno falsificate  entrando in contraddizione con i fatti empiricamente osservabili (ma staremo -anzi, quasi sicuramente staranno- a vedere).

Resta peraltro verissimo che lo scientismo (che é una forma di irrazionalismo, N.d.R) è la pseudo filosofia che vorrebbe spodestare la filosofia (anche e soprattutto quella buona, razionalistica, non solo e non tanto quelle di Severino, Heidegger, Nietzche, e così via "irrazionalizzando", dalle quali non ha nulla da temere...) a favore della scienza.
#1667
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
07 Settembre 2018, 15:11:42 PM
Seguendo quello che mi sembra un suggerimento implicito del moderatore Jacopus (spero non stare commettendo un clamoroso errore) trascrivo qui e critico questo interveto di Carlo Pierini:

L'altra faccia della della Scienza.
« il: Oggi alle 11:00:31 »

Citazione
CitazioneGli strumenti della Scienza attuale, pur essendo una manna del cielo per la comprensione della polarità materiale del mondo, non valgono pressoché nulla nello studio dell'altra polarità del nostro essere: quella psico-spirituale, la cui comprensione è altrettanto importante ma infinitamente più urgente e necessaria, visto lo stato di vergognosa arretratezza etico-morale-spirituale dell'uomo e il suo pressoché totale analfabetismo nella conoscenza di se stesso. Da Galilei in poi abbiamo fatto dei progressi giganteschi nella conoscenza del mondo, ma siamo rimasti dei selvaggi sul piano spirituale, proprio perché i giocattolini del metodo matematico-sperimentale la Grande Scienza se li dà in fronte al cospetto del dominio di conoscenza chiamato "uomo".
Ma finché gli scienziati continueranno a illudersi sull'universalità del proprio metodo e continueranno a criticare con avventata saccenteria qualunque altro metodo di studio, sullo stile "Extra Scientiam nulla salus", l'umanità, pur con tutta la sua tecnologia, rimarrà nelle fogne delle guerre di religione, della venerazione del potere e della ricchezza, nella strada della lenta ma inesorabile distruzione di tutto ciò che appartiene alla sfera dell'umanità, dell'eticità, dell'idealità, della civiltà, della sacralità. Grazie a questa Grande Scienza impotente-desacralizzante (che ha trascinato all'impotenza anche la filosofia), stiamo diventando tutti degli squilibrati mentali: ipertrofici nella ragione e nella conoscenza della Materia, ma aridi, scettici e vuoti spiritualmente, tanto da diventare una minaccia verso il nostro stesso pianeta.
...E allora io mi/vi chiedo: in cosa dovrebbe cambiare la Scienza per diventare adulta e per mettersi in grado di estendere la superiorità del proprio sapere ANCHE al dominio spirituale dell'esistenza, invece di stigmatizzare istericamente qualunque metodo di ricerca che esuli dall'aridità delle formulette del metodo matematico-sperimentale, ignorando che le cose più preziose dell'uomo non sono visibili con i suoi strumenti tecnologici e non sono riproducibili in laboratorio?

Secondo me la scienza in senso stretto o forte (quello delle scienze naturali) non può essere applicata alla realtà mentale o "di pensiero" in quanto questa (contrariamente alla realtà materiale) difetta di due indispensabili conditiones sine qua non della conoscenza scientifica stessa: l' intersoggettività e la misurabilità in senso matematico (la possibilità di stabilire rapporti espressi da numeri fra enti ed eventi che la costituiscono).

Per questo solo in senso ampio o debole si può parlare di "scienze umane".

Una di queste scienze umane (forse solo l' unica di fatto ammissibile come tale, date le condizioni della psicologia individuale? Sono in dubbio), il materialismo storico (che non pretendo certo di illustrare e men che meno di fare accettare come vero agli altri frequentatori del forum con un -o anche con più di uno- breve intervento come questo), secondo me spiega (con la fondatezza e il grado di certezza che sono proprie delle scienze umane stesse, ovviamente) le ragioni profonde dell' attuale condizione dell' umanità ed indica la via per superarla: un processo difficilissimo e non affatto indolore, come lo sono inevitabilmente tutte le terapie che abbiano una fondata, reale speranza di essere efficaci contro patologie gravissime e mortali (se si vuole sperare di guarire da un tumore maligno le pretese, leggere e poco o punto dolorose cure "alla Di Bella" non servono, anche se non fanno soffrire -di per sé, direttamente; ma indirettamente sì, dal momento che non contrastano minimamente la dolorosa patologia- ma invece occorre sottoporsi a dolorose e mutilanti operazioni chirurgiche ed a penosissime chemioterapie) e che personalmente reputo alquanto pessimisticamente di poco probabile realizzabilità in alternativa all' inevitabile estinzione "precoce e di sua stessa mano" dell' umanità (e di tantissime altre specie viventi) cui stanno follemente portando gli attuali assetti sociali dominati, capitalistici "in avanzato stato di putrefazione", ovvero amplissimamente superati oggettivamente dallo sviluppo raggiunto dalle forze produttive sociali).

E vi ci stanno portando perché determinano (in ultima analisi, attraverso non semplici e lineari mediazioni) uno utilizzo delle tecniche consentite dallo sviluppo raggiunto dalle scienze (in senso stretto, naturali) tendenzialmente illimitato, attraverso la concorrenza fra più unità produttive reciprocamente indipendenti nella ricerca del massimo profitto individuale possibile a qualsiasi costo (umano, sociale, ambientale) e a breve termine, in un ambiente naturale (realmente praticabile, e non fantascientifico o allucinatoriamente distorto dall' ideologia scientista) limitato, caratterizzato da risorse utilizzabili e da una capacità di metabolizzare gli inevitabili (almeno in una certa misura, inesorabilmente) "scarti" ed "effetti collaterali" di produzioni e consumi non estendibili ("magicamente"! Per esempio scientisticamente, posto che lo scientismo é una forma di irrazionalismo, né più né meno della magia!) ad libitum.
#1668
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
06 Settembre 2018, 19:33:45 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Settembre 2018, 17:03:11 PM
A Sgiombo
Ammetterai almeno che scienza e tecnologia occupano uno spazio sempre maggiore (magari non per te, per me o
per qualcun'altro, ma certo per un numero grandissimo di persone...).
Sento addirittura dire, e senza alcun pudore di dirlo, che nel prossimo futuro camperemo tutti 120 e passa
anni (e se questo non succederà la colpa sarà attribuita all'errore di qualche medico, come ben sai...)
E che dire dell'economia? Nonostante tutti i guasti prodotti ancora i più si ostinano a parlare di "scienza"
laddove, se scienza fosse, questa dottrina economica "mainstream" sarebbe immediatamente abbandonata (una
delle caratteristiche della scienza modernamente intesa è infatti la "correggibilità"; la "confutabilità"
già in premessa dello stesso "essere scienza").
Ora, non ti chiedo nemmeno di abbracciare in toto la mia tesi sulla divinizzazione della scienza, ma di certo
vedi da te come la scienza stia sempre più debordando e, debordando, negando se stessa (in quanto diviene
scientismo).
Concordo che lo scientismo é irrazionalismo, e in questo nega la scienza, che é (o almeno cerca quanto più di essere) razionale.

Ma non vedo questo gran salto di qualità nell' importanza odierna della scienza (nel bene e nel male) rispetto all' epoca dell' illuminismo.

E già l' ottocentesco "positivismo" era una forma di scientismo, magari un po' meno di certi scientismi odierni (ma non ne sarei così sicuro...).

Ciao!
#1669
Citazione di: Apeiron il 05 Settembre 2018, 23:11:05 PMSgiombo:
(Soprattutto) quanto scrivi qui é una sorta di descrizione con altre parole del fatto che i fenomeni sono una cosa, il noumeno o cose in sé sono altra cosa; ben diverse "cose" che (però) divengono in reciproca corrispondenza biunivoca: ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondo unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre. Anch' io in altri interventi nel forum ho scritto che in un certo senso un determinato cervello in un determinato stato funzionale é la stessa cosa in sé che si manifesta come tale (determinati fenomeni materiali cerebrali) "in qualità di oggetto di sensazioni fenomeniche*" ad altre cose in sé "soggetti di sensazioni fenomeniche*" e che si manifesta come un certo stato mentale** (come determinati fenomeni cogitativi**: pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.) a se stessa riflessivamente "oggetto, oltre che soggetto", di sensazioni fenomeniche**".

Apeiron:
Personalmente, concepisco la "corrispondenza biunivoca" in modo differente. Secondo me, invece, la corrispondenza biunivoca semplicemente è da concepirsi a livello soggettivo, ovvero ammettendo la possibilità che un soggetto riesca a capire pienamente la relazione fenomeno-noumeno. Cosa intendo con ciò? Il noumeno è un concetto-limite che introduciamo quando capiamo la natura della realtà fenomenica. Tuttavia non sappiamo se noumeno e realtà fenomenica coincidono (ovvero non sappiamo se è vero il realismo naive, l'idealismo, il solipsismo o quant'altro). Quello che sappiamo, però, è che vi è una relazione tra i due. Quale? il fenomeno è in pratica il noumeno-visto-da-noi. Quindi vi è una corrispondenza tra noumeno e fenomeno. Ed è "biunivoca" nel senso che a causa della nostra struttura mentale noi percepiamo il fenomeno e dobbiamo introdurre il noumeno mentre la mente "infallibile", di cui parlavo, "vede" il noumeno (e sa che nella nostra limitata condizione dobbiamo distinguerli). Però, questo è il massimo che possiamo dire, in realtà. Ergo, tra fenomeno e noumeno in realtà, per così dire, non c'è vera distinzione "ontologica". In realtà è una distinzione creata a causa della limitatezza delle nostre menti. Quindi, in ultima analisi, la distinzione tra fenomeno e noumeno si riconduce alla distinzione tra le nostre menti e quelle eventuali che conoscono la relazione tra fenomeno e noumeno.
Dire "
ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondo unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre" è secondo me dire troppo, nel senso che assumi che il noumeno abbia determinate caratteristiche basandoti sull'osservazione fenomenica delle stesse.

Sgiombo:

Il noumeno non é il limite asintotico sempre avvicinabile mai raggiungibile della conoscenza dei fenomeni.Il noumeno (se c' é) é tutt' altra cosa dei fenomeni, é qualcosa di reale anche se e quando, allorché i fenomeni (per quanto perfettamente conosciuti siano, per quanto la loro conoscenza sia assoluta e integrale, oltre ogni limite di ignoranza ipotizzabile) non sono reali.Perciò sappiamo benissimo per logica elementare che noumeno e fenomeni (realtà fenomenica) non coincidono e non possono coincidere: sarebbe mostruosamente contraddittorio il pretenderlo!

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Citazione di: Apeiron il 05 Settembre 2018, 23:11:05 PM Apeiron;
Concordo che vi è una relazione tra i due. Quale? il fenomeno è in pratica il noumeno-visto-da-noi. Quindi vi è una corrispondenza tra noumeno e fenomeno. Ed è "biunivoca" nel senso che a causa della nostra struttura mentale noi percepiamo il fenomeno e dobbiamo introdurre il noumeno.

Sgiombo:
Ma nessuna mente, nemmeno ipotetica, per quanto infallibile e divina, potrebbe vedere il noumeno per il semplice fatto che il noumeno non si vede (né si percepisce coscientemente in alcun altro modo). Al limite un ipotetico Dio onnisciente (ipotesi a mio parere assai cervellotica) potrebbe conoscere,(sapere com' é) il noumeno, mai percepirlo sensibilmente per definizione.La distinzione fra fenomeni e noumeno é ontologica e del tutto indipendente dai nostri limiti mentali, in quanto si tratta di due ordini di enti-eventi tali che l' uno é reale anche se e quando, anche allorché l' altro non lo é (indipendentemente dall' eventuale realtà dell' altro o meno.Ma tu continui a confondere il noumeno con la perfetta conoscenza dei fenomeni. Postulo che ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondono unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre, e non lo ricavo da alcuna osservazione delle caratteristiche dei fenomeni (i quali sono tutt' altro che il noumeno: non ha senso, é autocontradittorio pretendere di parlare di determinate caratteristiche del noumeno basandoti sull'osservazione fenomenica delle stesse").E lo postulo onde spiegare l' intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti mente-cervello.

Mondo fenomenico e realtà-così-come-è non possono coincidere in alcun modo e in alcun senso; non potrebbero nemmeno se conoscessimo illimitatamente, perfettamente i fenomeni, dal momento che il noumeno é altra cosa dai fenomeni, reale anche allorché, se e quando i fenomeni (anche se fossero perfettamente conosciuti senza limite alcuno) non sono reali (e dunque identificarlo con essi sarebbe una plateale contraddizione).

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CitazioneApeiron:
Come dicevo, la distinzione tra fenomeno e noumeno per me è di natura epistemologica e non ontologica. Ovvero, noi nella nostra limitatezza siamo costretti ad ammettere tale distinzione. Ad ogni modo, concordo con quanto dici. Quello che intendevo io era che dobbiamo conoscere la natura "ultima", per così dire, dei fenomeni. Per farlo però è necessario anche "uscire" dalle nostre limitazioni. Per esempio, per provare la verità o la falsità dell'idealismo, dovremmo riuscire ad avere tale certezza. In tal caso, avremmo la conoscenza della relazione tra fenomeno e noumeno.

Sgiombo:
Infatti confondi la conoscenza integrale, assoluta (natura "ultima") dei fenomeni con il noumeno.

In realtà la distinzione non é epistemologica ma ontologica: (anche) se e quando i fenomeni non esistono il noumeno continua ad esistere (e non a tutto del noumeno corrispondono fenomeni) e pretendere ce non vi sia tra di essi distinzione ontologica significa palesemente autocontraddirsi.
Non capisco proprio le ultime considerazioni sull' dualismo.
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Citazione
Sgiombo:
Se la realtà-così-come-é é il noumeno o realtà in sé, allora questa é una palese , assurda autocontraddizione.

Altra cosa é l' intersoggettività (peraltro indimostrabile) dei fenomeni materiali scientificamente conoscibili.

Apeiron:

Volevo dire che per alcuni scienziati, la "realtà-così-come-è" è conoscibile dall'indagine fenomenica (una forma sottile di realismo naive...).
Sgiombo:
Per me é né più né meno che una contraddizione, un' assurdità (certo, propria innanzitutto del realismo ingenuo, condiviso non tanto sottilmente quanto piuttosto grossolanamente da molti scienziati e non solo).
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Sgiombo:
Non capisco: le conoscenze scientifiche non sono certo metafisica (e con la metafisica non vanno confuse, non solo per i positivisti logici, che piuttosto, almeno i "classici", la metafisica negavano).
Ma hanno ("dipendono da") necessari fondamenti epistemologici fra i quali l' intersoggettività, che é inconciliabile (contraddittoria) con il solipsismo.


Apèeiron:
Un solipsista può utilizzare il metodo scientifico. Per esempio, può fare verifiche sperimentali. L'inter-soggettività, secondo me, necessaria quando assumi che ci siano altre menti. A questo punto, utilizzi l'assioma dell'inter-soggettività per dire che la procedura dell'esperimento deve essere indipendente dal soggetto che conduce l'esperimento. Ma, questo perché il metodo scientifico è stato stabilito senza considerare l'eventualità del solipsismo. In realtà, il solipsista può fare teorie e test sperimentali. (Così come, in linea di principio, non è impossibile sognare di testare la teoria di Newton  
 )
Sgiombo:
Ma la scienza reale di fatto nega (senza necessariamente rendersene conto) il solipsismo pretendendo (giustamente, secondo me) l' intersoggettività delle sue osservazioni, esperimenti, conoscenze.

Anche in sogno si possono fare verifiche-falsificazioni sperimentali, ma allora non si tratta di scienza (casomai di sogni "scientifici", sogni di scienza").

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CitazioneApeiron:
Su questo punto, inoltre, se prendiamo alla lettera la necessità della presenza di altri soggetti, non sarebbe nemmeno possibile fare scienza se, per esempio, rimane un unico soggetto. Si può pensare che, per esempio, ciò avvenga a causa di un cataclisma. In tal caso, come nel caso del solipsista avremmo un solo soggetto (anche se in questo caso, tale situazione è contingente) e inoltre potremmo anche avere la materia. Ciononostante, anche senza altri soggetti, il nostro ultimo essere umano sarebbe in linea di principio in grado di teorizzare e fare test sperimentali per le sue teorie

 
Sgiombo:
Si, ma non si tratta della scienza di fatto reale.

#1670
Citazione di: Apeiron il 05 Settembre 2018, 23:10:11 PM
Ciao, Apeiron, purtroppo mi sembra che siamo ben lontani dal comprenderci (...il che, volendo vedere il bicchiere mezzi pieno, é comunque interessante).



Riassumendo mi sembra soprattutto che tu tenda a confondere coscienza (che comprende la "res cogitans", ovvero mente, pensiero, ecc. e inoltre la res extenza") e mente (che della coscienza é solo una parte; e inoltre materia (che é l' altra parte della coscienza fenomenica e cosa in sé o noumeno, che non é né mente né materia (entrambe costituite di fenomeni) dal momento che é reale anche indipendentemente dall' eventuale realtà o meno dei fenomeni (tanto mentali quanto materiali), anche se e quando né materia né pensiero (entrambi costituiti da apparenze fenomeniche coscienti) sono invece reali.
Inoltre intendi erroneamente come meramente epistemica, metre é ontologica la differenza fra fenomeni e noumeno, identificando autocontraddittoriamente quest' ultimo con la (di fatto impossibile conoscenza integrale e "perfetta" dei fenomeni: si tratta di cose ben diverse, il noumeno essendo reale anche indipendentemente dai fenomeni, anche se e quando i fenomeni (indipendentemente da quanto "perfettamente" siano conosciuti) non lo sono.

CitazioneDa quanto ho capito io, il discorso è meno complesso. In pratica, per fare un esempio pensa ai colori. Il "colore" è una proprietà di oggetti esterni alla coscienza o, invece, sono contenuti mentali che caratterizzano l'esperienza cosciente? Se rispondi che i colori sono proprietà di oggetti esterni, non puoi giustificare il "salto" logico dovuto all'applicazione del principio di causa (o di altra spiegazione) per oggetti fuori dalla nostra esperienza - ovvero, a rigore, non puoi sapere che la tua percezione di colore è dovuto a "qualcosa di esterno". Se rispondi che i colori sono solamente contenuti mentali, invece, cadi in una sorta di "solipsismo" (anche perché, l'esempio dei colori si può estendere a tutta l'esperienza!).

La coscienza (esperienza cosciente, insieme di apparenze sensibili) é una cosa, la mente un' altra (é solo una parte della coscienza, i fenomeni mentali; l' altra essendo costituita dai fenomeni materiali).

E i colori sono contenuti coscienti (fenomeni, qualia) materiali, non mentali, facenti parte della coscienza: se fossero proprietà di oggetti esterni alla coscienza per definizione non li vedremmo, non sarebbero visti (da noi). Ergo: non sarebbero colori).
Il solipsismo non é razionalmente superabile, ma lo é irrazionalmente, "per fede" arbitraria, ingiustificata, postulando che c' é qualcosa di esterno alla coscienza (e non colorato, non fenomenico, ma in sé, onde non cadere in contraddizione) allorché nella coscienza c' è del colore (ma anche quando non c' é), biunivocamente al colore corrispondente.
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Citazione
CitazioneStranamente (dico "stranamente" perché ad entrambi piacciono filosofi come Kant, Berkeley, Hume  :) ), ritengo invece che noi possiamo in realtà utilizzare il rapporto di causa-effetto e anche le osservazioni quantitive alle sensazioni. In verità, se ci pensi, è quello che in pratica si fa. Esempio banale: prendi un righello e misuri la lunghezza di una linea. Quello che fai è prendere un righello che vedi, spostarlo e eseguire la misurazione della lunghezza. Come dicevo, anche un (idealista e) solipsista può eseguire le misure scientifiche. In tale scenario, tutti i risultati scientifici che si ottengono sono riferiti a sensazioni, a contenuti mentali. Non sono nemmeno pubbliche (un esempio meno "irreale" è una misurazione eseguita durante un sogno). Inoltre, rigorosamente, il rapporto causa-effetto è applicabile alle sensazioni. Perché? perché se diciamo che la materia è "esterna" a noi, cadiamo nel "paradosso" di prima. Infatti non possiamo giustificare l'uso del principio di causa-effetto su qualcosa che noi non conosciamo direttamente. Ad ogni modo, secondo me ci sono regolarità nella nostra esperienza cosciente sia di veglia che nel sogno. Per esempio, anche nel sogno si "vedono" linee di varie dimensioni, le quali si possono, in linea di principio "misurare".
Con la ragionevole assunzione della materia, diventa ragionevole assumere che anche la materia abbia proprietà quantitative  :) ma non sono necessariamente d'accordo che i fenomeni mentali non possano essere sottoposti ad analisi quantitativa. Ovviamente non tutti. Ma in fin dei conti cos'è la lunghezza se non una quantità confrontando due fenomeni (righello e linea), che in linea di principio potrebbero essere immateriali, come nel sogno. In realtà, la "prova" Kantiana dell'esistenza della materia mi sembra uno dei punti deboli della sua filosofia. Infatti, in Kant c'è un ottimo equilibrio tra soggetto ed oggetto anche senza l'assunzione della materia. Perché? Il soggetto è la coscienza e l'oggetto è il contenuto fenomenico (ciò di cui la coscienza ha, appunto, "coscienza"...scusa il giro di parole ma penso che hai capito ;D ). Parlare della materia (intesa come qualcosa che "sta dietro" ai fenomeni dell'esperienza), secondo me, significa andar fuori dal mondo fenomenico.
Spero di non averti frainteso  :-[

Purtroppo mi hai frainteso.

Che noi possiamo in realtà applicare il rapporto di causa-effetto e anche le osservazioni quantitative alle sensazioni l' ho sempre affermato anch' io, ma limitatamente alle sensazioni materiali (di quanto é maggiore il desiderio di onestà della tentazione di rubare 1000 euro? E di quella di tradire un giuramento?); e dunque limitatamente alle sensazioni materiali é possibile rilevare precise leggi universali astratte del divenire esprimibili mediante equazioni algebriche, applicabili per stabilire effetto fra eventi particolari concreti rapporti di causa-effetto in senso rigoroso e non meramente vago e approssimativo.
E infatti righello e linea (tracciata su un foglio) sono sensazioni materiali. E lo sono anche in sogno (per quanto non intersoggettive, "illusorie" in questo caso).
La materia non si assume ma si constata empiricamente (non é la realtà in sé o noumeno, ma é parte della realtà fenomenica); e si constata immediatamente la sua misurabilità (al contrario del caso della parte mentale della realtà fenomenica).
Continui a confondere mente e coscienza: i fenomeni righello e linea non sono contenuti mentali (casomai lo sono i pensieri, predicati, ricordi, immaginazioni, ecc. di righelli e linee) ma invece contenuti di coscienza materiali. E come tali, al contrario di quelli mentali (desiderio di essere onesto, tentazione di rubare o di tradire un giuramnto) non sono mai misurabili (si può stabilire che l' aspirazione dell' onestà é maggiore della tentazione del furto o della menzogna: ma di quanto?!?!?!).
La materia sta nella coscienza (é costituita da fenomeni) e non "dietro" la coscienza: mica é la cosa in sé o noumeno!
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Citazione
CitazioneSgiombo:
Non vedo aporie nel fatto che abbiamo conoscenza [o meglio, secondo me, coscienza, sensazione empirica] degli oggetti dell'esperienza (mere percezioni).
Le percezioni sono dipendenti dalla nostra esistenza
, ma secondo me nulla impone (non é una deduzione cogente) che se escludiamo il solipsismo, dobbiamo ammettere che tali percezioni derivano da altro, qualcosa di esterno da noi.
Questo lo possiamo solo credere (e personalmente lo credo) fideisticamente, indimostrabilmente.
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Apeiron:
Ok... quindi per te "coscienza" significa "mente" + "contenuti mentali"? Per me "coscienza" e "mente" (in questo caso)* sono sinonimi. Secondo me, la coscienza/mente ha consapevolezza delle sensazioni. 

Sgiombo:
Che significa che "gli oggetti dell'esperienza derivano da oggetti separati da noi"?
In realtà sono i "contenuti fenomenici" dell' esperienza (le sensazioni coscienti) che possono essere creduti (ma non dimostrati) "derivare" da, o meglio essere in corrispondenza biunivoca con (e non propriamente trovarsi in un rapporto di causazione rigorosamente inteso come espressione di una legge del divenire esprimibile mediante equazioni matematiche) oggetti in sé separati da noi e non costituiti dalle nostre sensazioni fenomeniche (noumeno).
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Apeiron:
Sul primo paragrafo posso essere anche d'accordo. Però si avrebbe la situazione assurda di soggetti completamente isolati l'uno dall'altro che hanno esperienze completamente private. In sostanza, ognuno vivrebbe per sé stesso. Tolto questo scenario, però, devi ammettere che non riesci a giustificare l'insorgere delle apparenze (se non derivano unicamente dalla nostra coscienza, cosa che però è stata esclusa).  Sul discorso della corrispondenza biunivoca, vedi dopo.

Sul secondo non vedo differenza tra ciò che dici tu e la frase che hai citato  ;)
Sgiombo:

Infatti i soggetti di esperienza (e le rispettive esperienze) sono isolati (trascendenti) l' un dall' altro; e il solipsismo non si può dimostrare falso; ma lo si può credere per fede, ammettendo arbitrariamente l' esistenza di altre coscienze oltre la propria immediatamente esperita di altri soggetti oltre a se stessi (e si può anche credere alla corrispondenza intersoggettiva (E non: identità) fra le diverse componenti materiali delle coscienze).
Se si chiamano "oggetti" tanto le cose in sé da noi (dalla nostra esperienza cosciente) separate (noumeno) quanto i contenuti della nostra coscienza (fenomeni) si fa confusione: sono cose ben diverse, non identificantisi.
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Che significa "mente + contenuti mentali"?
Sono meri sinonimi.
Mentre "coscienza" e "mente" non sono sinonimi per il semplice fatto che la coscienza comprende, oltre a- (i fenomeni costituenti) -la mente, anche (i fenomeni costituenti) -la materia.
La coscienza é (consiste di) sensazioni consapevoli (coscienti), sia mentali che materiali.
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Non comprendo il significato di "concetto-limite": per me quello di "noumeno" é puramente e semplicemente un concetto indicante ciò che é reale anche indipendentemente dalle (mere) sensazioni (fenomeni); fra quelle materiali delle quali (per la loro misurabilità) possiamo stabilire relazioni di causa-effetto vere e proprie, nomologiche.

Usando il mio gergo la realtà di cui può aversi certezza (immediatamente empirica é la coscienza (i fenomeni), con le sue componenti tanto mentali quanto materiali.
Se diciamo che oggetti esterni (alla coscienza: noumeno) "causano" (in senso lato, improprio, non propriamente nomologico, N.d.R: se si danno gli uni, allora si danno anche le altre = corrispondenza biunivoca fra loro) l' insorgere delle sensazioni fenomeniche non cadiamo nel realismo naive, visto che le "cose esterne" pur non apparendo nella nostra esperienza vengono conosciute come causa (in senso improprio o lato) di essa da noi: cadremmo nel realismo naive se identificassimo le cose esterne alla nostra coscienza (noumeno) con i fenomeni ad essa interni.
Se non ci fosse nulla (di in sé) dietro l'esperienza fenomenica allora, poiché i fenomeni, contrariamente al nopumeno, esisterebbero comunque come qualcosa di reale e non come "nulla", fenomeno e noumeno non coinciderebbero: sarebbe palesemente contraddittorio il pretenderlo!

Nell' ultimo periodo confondi la materia (che é fenomeni, contenuti di coscienza; accanto a quelli mentali) con il noumeno o cosa in sé.
Sono perfettamente materiali anche i muri sognati (i qualia che li costituiscono sono perfettamente identici in linea d principio a quelli dei muri visti da svegli; di diverso da questi hanno unicamente la mancanza di intersoggettività).
Ammettere l' esistenza di oggetti in sé delle sensazioni fenomeniche (da essi ben diversi, reali anche se e quando quelle non lo sono) é diversa cosa dall' ammettere (in realtà constatare empiricamente la materia; che é costituita da fenomeni).

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CitazioneSgiombo:
Qui credo di averti ben capito.


Concordo sulla falsità del realismo "naive" che identifica i fenomeni coscienti (il cui "esse est percipi") con le cose in sé reali indipendentemente dalle esperienze coscienti (il cui "esse non est percipi", per così dire).
Apeirom:
Ottimo! Qui secondo me sta anche la grandezza di Berkeley  :)

Sgiombo:

Ma tu continui a confondere la cosa in sé o noumeno con la materia, il cui "esse est percipi" esattamente quanto l' "esse" della mente, essendo non cosa in sé ma invece sensazioni (fenomeni).

#1671
Tematiche Filosofiche / Re:Critica all'emergentismo
05 Settembre 2018, 22:36:15 PM
Citazione di: SamuelSilver il 05 Settembre 2018, 16:42:48 PM
Per Sgiombo
In effetti avevo letto i tuoi due interventi e avevo intenzione di rispondere, ma ho avuto a che fare un viaggio all'estero e un trasferimento temporaneo quindi me ne sono dimenticato, per cui chiedo scusa per la tarda risposta.

Quella che proponi sembra essere una visione molto interessante. All'inizio mi sembrava una qualche forma di idealismo, ma poi mi è sembrato di capire che non è proprio di questo che si trattava. Prima di commentare però vorrei essere sicuro di aver capito correttamente la tua proposta.
Citazione
Innanzitutto grazie per l' apprezzamento e per l' attenzione.
Sei la prima persona nel forum (se ho ben compreso gli altri amici) che ritiene degne di interesse (di essere fatte oggetto di riflessione) le mie proposte; e questo malgrado l' esigenza di sintetizzare selvaggiamente mi abbia indotto (come spesso purtroppo mi accade) anche in queste brevi considerazioni a praticare una prosa decisamente contorta, con molte subordinate e parentesi (ricordo il mio maestro che raccomandava sempre: pensieri brevi e semplici!), decisamente fastidiosa e "scoraggiante".
Ti ringrazio di cuore e, in un impeto di ottimismo sfrenato un po' fantozziano, mi permetto di segnalarti alcune lettere-on-line e un articolo filosofico in questo sito "Riflessioni" benevolmente pubblicati in cui argomento le mie proposte (sono alquanto lunghi e non so se avrai tempo, voglia e soprattutto interesse a provare a leggerne qualcuno ...mai dire mai!):

https://www.riflessioni.it/lettereonline/paradosso-moderne-neuroscienze.htm
https://www.riflessioni.it/angolo_filosofico/critica-a-vedere-le-cose-come-sono-di-john-searle.htm
https://www.riflessioni.it/lettereonline/critica-berkeleyana-fregeana-dell-intenzionalita.htm
https://www.riflessioni.it/lettereonline/linguaggio-istinto-naturale-o-artifizio-culturale.htm
https://www.riflessioni.it/lettereonline/riduzionismo-ed-emergenza-bonali.htm
https://www.riflessioni.it/lettereonline/qualita-primarie-e-secondarie-moderne-neuroscienze.htm

Spero di non essermi "allargato troppo": scusa l' invadenza e la presunzione (se non hai tempo o non ti si riveleranno abbastanza interessanti non ne farò di certo un dramma e naturalmente non ti biasimerò per questo ...sono adulto, anzi vecchio, e "vaccinato").



Infatti non sono idealista. Sono ateo anche se non monista materialista ma dualista: per me la mente, sebbene non riducibile al cervello e ai processi neurofisiologici (oltre che non "emergente" da essi!), non ha niente a che vedere con l' "anima" delle religioni e di certe filosofie, non é niente di reale "in sé" e men che meno immortale (esiste fintanto che esiste un cervello funzionante, non in coma, o sonno senza sogni, prima della nascita e dopo la morte).
E' altrettanto reale della materia (pur non essendo al contrario di questa postulabile essere intersoggettiva) ma, per l' appunto proprio come la materia stessa, solo e unicamente in quanto insieme successione di sensazioni ("interiori" nella fattispecie): reali solo se e quando e fintanto che accadono in quanto tali (cioé apparenze coscienti, fenomeni ovvero sensazioni).
Credo (pur non potendolo dimostrare) che qualcosa esista anche allorché, davanti al Monte Bianco, chiudo gli occhi e dunque il Monte Bianco in quanto tale (inseme successione di sensazioni, soprattutto visive, uditive e olfattive) non esiste; ma questo "qualcosa" che persiste in assenza delle sensazioni materiali costituenti il Monte Bianco (cosicché nonappena riapro gli occhi il Monte Banco puntualmente mi riappare = torna ad esistere in quanto insieme-successione di sensazioni) non può identificarsi con tali sensazioni (come quasi irresistibilmente induce falsamente a credere il senso comune; anche perché si tratta di una credenza senza alcuna conseguenza pratica rilevante, men che meno "spiacevole"): pretenderlo significa cadere palesemente in contraddizione, affermando l' essere-accadere realmente di qualcosa (le sensazioni costituenti il Monte Bianco) anche se e quando non é-accade realmente (allo stesso modo sarebbe cadere in palese contraddizione il pretendere che che l' "io" soggetto delle sensazioni coscienti materiali e soggetto-oggetto di quelle mentali sia costituito dai miei pensieri, sentimenti, ecc. -l' "anima", magari immortale- realmente esistente anche quando tali sensazioni fenomeniche mentali non esistono realmente).
In entrambi i casi, se qualcosa esiste realmente anche quando non esistono qualia coscienti materiali (non vedo il Monte Bianco) o mentali (non sento introspettivamente me stesso), tale da far sì che nonappena riapro gli occhi puntualmente il Monte Bianco torma ad esistere e nonappena ripenso a me stesso tornano ad esistere i miei pensieri, sentimenti, ecc. (per quel che sono: nient' altro che insiemi-successioni di dati fenomenici di coscienza, qualia, fenomeni, rispettivamente materiali -e intersoggettivi- e mentali -e meramente soggettivi), ebbene tale "qualcosa" per non cadere in una patente contraddizione non può e non deve identificarsi con, non può e non deve essere costituto dai qualia coscienti materiali del Monte Bianco e mentali di me stesso rispettivamente.
Deve invece necessariamente, inevitabilmente essere qualcosa di non costituito da sensazioni coscienti (esistendo anche se e quando sensazioni coscienti non esistono affatto), qualcosa di non apparente (alla coscienza: dal greco e a là Kant: fenomeni), di non sensibile, non empiricamente constatabile ma solo congetturabile e (dal greco e a là Kant: noumeno).

Secondo te, in breve, ciò che veramente esiste è la coscienza, della quale ogni individuo è dotato. Non si sa da dove essa derivi, ma sappiamo solo che esiste. Esistono quindi diverse coscienze che entrano in relazione l'una con l'altra, ma come avviene questa relazione? Passando per la materia. In pratica la materia sarebbe solo la rappresentazione soggettiva delle altre coscienze, un'illusione creata dalla nostra stessa coscienza per rappresentare le altrui coscienze. È come se si trattasse di un comune piano di comunicazione tra coscienze: noi influenziamo il terreno comune, ossia la materia che per noi rappresenta la coscienza, per entrare in contatto con le altre coscienze. Ma di per sé la materia non esiste, è solo il nostro modo di vedere le altre coscienze.
CitazionePer me la coscienza non é tanto ciò che veramente esiste quanto piuttosto é per ciascuno quanto di più certo, indubitabile possa darsi (un po' come il "cogito" cartesiano).

Di cosa consiste la coscienza?
Di sensazioni o apparenze -per l' appunto- coscienti (fenomeni); i quali si possono distinguere in materiali (i qualia visivi, auditivi, tattili-propiocettivi, gustativi, olfattivi, enterocettivi, ecc.) e mentali (pensieri, ragionamenti, ricordi, astrazioni, concetti, desideri, sentimenti, "stati d' animo, ecc.).
Dunque per me la materia é una parte dei "dati fenomenici di coscienza" che constatiamo, di cui abbiamo per l' appunto coscienza (e immediata certezza).
Un certo cervello in un certo determinato stato funzionale (di quelli associati a coscienza) é la manifestazione cosciente (fenomenica materiale) nell'ambito delle coscienze di "osservatori" di quella stessa, medesima "cosa in sé" o noumeno che a se stessa riflessivamente si manifesta coscientemente come certi determinati fenomeni mentali (pensieri, sentimenti,e cc.), e alla quale altre cose in sé diverse da essa stessa si manifestano come determinati fenomeni materiali.
In generale le manifestazioni riflessive a se stesse (alla propria rispettiva coscienza di ciascuna) delle cose in sé cui é "connessa" una coscienza (soggetti -ed eventualmente anche oggetti- di esperienza fenomenica cosciente) sono fenomeni mentali, mentre le manifestazioni alle coscienze di altre cose in sé da esse stesse (soggetti di coscienza) diverse sono fenomeni materiali.
Esistono sia la materia, sia il pensiero, ma entrambe solo ed unicamente come eventi fenomenici di coscienza: ciò che esiste "in sé", anche se e quando eventi fenomenici di coscienza non accadono realmente non é né l' una né l' altro, ma qualcosa di (ovviamente, per non cadere in contraddizione) non fenomenico, non sensibilmente, non coscientemente apparente (dunque né materiale né mentale) ma solo congetturabile.

Tu neghi quindi la relazione causale tra cervello e mente, ma non neghi l'esistenza di una relazione: essendo il cervello una rappresentazione, modificarlo equivale, nella realtà, a modificare le altrui coscienze. Noi pensiamo di star modificando il cervello quando invece modifichiamo la nostra rappresentazione della coscienza.

Tutto cio corrisponde alla tua idea?
CitazioneSì, modificando il cervello corrispondentemente modifichiamo la coscienza (farmacologia, neurochirurgia, stimolazioni elettriche corticali in vivo "a cielo aperto" di Penfield, Libet e altri); ma allo stesso modo modificando la coscienza modifichiamo il cervello (imaging neurologico funzionale che dimostra che se concentriamo la nostra attenzione su qualcosa modifichiamo la funzionalità, attivando certi circuiti assonali, disattivandone altri).
Ma non per una interazione causale fra mente e cervello (esclusa dalla chiusura causale del mondo fisico), bensì perché allora accadono certi determinati eventi in sé o noumenici, aventi sia le une che le altre determinate manifestazioni fenomeniche coscienti.

Spero di essere stato un po' più chiaro e meno prolisso e contorto che nei due primi interventi.
Grazie per l' attenzione.

#1672
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
05 Settembre 2018, 20:53:34 PM
Sarà per il mio (alquanto autocompiaciuto, lo ammetto) anticonformismo, ma non riesco proprio a vedere come la tecnica, che é costituita di mezzi coi quali raggiungere fini realistici (e non fantascientifici; almeno se non é scientisti o tecnomani al limite del patologico; ma per fortuna non ne vedo molti in giro), né la scienza, che strumenti tecnici può contribuire ad inventare, possano essere oggetto di venerazione, o meglio di adorazione, quale era ed é tuttora da chi ci crede (e penso non siano in pochi, nemmeno in Occidente) tributata a Dio.
Dio poteva (e può) consentire di dare un senso alla propria vita (come anche i più svariati ideali, non necessariamente "elevatissimi"; c' é chi lo trova perfino nel gioco d' azzardo!), la tecnica (e la scienza applicata) al massimo possono fornirci veicoli velocissimi e comodissimi e sicuri, ma non ci indicano alcun percorso da seguire.
#1673
Citazione di: SamuelSilver il 05 Settembre 2018, 12:47:31 PMPer Sgiombo
Scrivi: "Tuttavia credo di poter dire che nella misura in cui trattano non del cervello (e dei comportamenti intersoggettivamente rilevabili da esso "diretti") ma invece dell' autentica "mente" non materiale (per il fatto che questa non é misurabile quantitativamente né intersoggettivamente, entrambe conditiones sine qua non di conoscibilità scientifica in senso stretto), anche qualora rilevino tendenze comportamentali (e non: comportamenti calcolabili matematicamente) falsificabili non possono e non potranno mai essere scienze naturali o scienze in senso stretto (anche se ovviamente possono essere utili ed interessanti; possono essere considerate scienze umane o scienze in senso lato).
E che invece nella misura in cui trattano di comportamenti quantificabili e intersoggettivamente rilevabili (cioé inevitabilmente somatici; in particolare anche cerebrali), e dunque nella misura in cui sono scienze naturali, non possano essere considerate "psicologia", ma casomai fisiologia, etologia (in senso letterale) o altro."

La mia domanda è: dov'è che finisce il cervello e inizia la mente? Sorvolando sul fatto che per me sono la stessa cosa, quali sono i costrutti che sono solo mentali e quali invece solo cerebrali? La memoria è mentale o cerebrale? E l'attenzione? E le emozioni? Ho già parlato di come questo tipo di costrutti possano essere misurati intersoggettivamente per cui, dal mio punto di vista, fare questa distinzione non è ne utile ne realistico. La psicologia cognitiva si occupa proprio di questi processi cognitivi, conducendo esperimenti nel modo più oggettivo possibile, ed è tuttavia catalogata come facente parte della "psicologia". Per cui, la distinzione da te proposta tra psicologia e altre discipline fisiologiche o comportamentali è più sfumata di quanto si possa pensare.
Citazione
Cervello e mente (ma in generale coscienza; comprendente, oltre ai fenomeni o "dati" o "contenuti" per l' -appunto- "di coscienza" mentali come pensieri, ragionamenti, "stati d' animo", sentimenti, ecc., anche apparenze sensibili o fenomeni materiali: tutto ciò che si vede o si sente al tatto-propiocezione, all' udito, al  gusto, all' olfatto, ecc.) non confinano (dunque non é possibile stabilire dove finisce l' uno e comincia l' altra e viceversa) per il semplice fatto che il cervello é (un inseme - successione di) sensazioni fenomeniche materiali che della coscienza fa parte "accanto" (ma in senso ontologico e non fisico-topologico: in aggiunta) a quelle mentali.
Quel che penso sui rapporti cervello-coscienza l' ho succintamente esposto obiettando al tuo intervento di apertura della discussione sull' emergentismo (che mi sembra avesse preso una "piega" alquanto distorta rispetto a quanto da te proposto: forse per questo non hai notato i miei due interventi consecutivi ## 23 e 24, che mi piacerebbe criticassi a tua volta).

Comunque qui ripeterò brevissimamente che di cerebrale vi sono solo e unicamente (enti come) neuroni, cellule gliali, assoni, sinapsi, (ed eventi come) potenziali d' azione, inibizioni ed eccitazioni trans-sinaptiche, ecc., "perfettamente" riducibili a molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc. (necessariamente coesistenti con memoria, attenzione, ricordi, ecc., che però sono rispetto a tutto ciò ben altre, diverse cose; in particolare sono cose ben diverse, anche se in determinate relazioni reciproche, la "memoria" neurologica ovvero le "registrazioni di eventi" cerebrali che hanno determinati effetti sull' attività cerebrale successiva e dunque sul comportamento a questa "diretto" e i ricordi mentali che non sto a descriverti, preferndo invitarti ad ascoltare le le canzoni di Guccini che ne sono "strapiene").

Tutto ciò che le scienze naturali possono misurare quantitativamente sono eventi neurofisiologici (e allora si ratta di neurologia) o l' intensità d determinate caratteristiche comportamentali (a questo proposito condivido però le severe critiche di Stephen Jay Gould al "QI!") rilevabili intersoggttivamente all' osservazione "dall' esterno" di altri e non i qualia coscienti rilevabili all' introspezione, unicamente da parte di ciascuno nell' ambito della sua propria coscienza (dei quali i materiali sono intersoggettivi ma non identici -non ha senso pensarlo- bensì solo biunivocamente corrispondenti fra le diverse coscienze, come dimostrato da esperimenti mentali come quello dei colori invertiti; se vuoi possiamo discuterne).

Hai ragione a dire che c'è un enorme salto di qualità tra il funzionamento tecnico e quello delle cure psicologiche, ma in quel caso volevo solo chiarire che la discriminante del "funziona" non è affidabile in quanto anche le cure psicologiche funzionano in molti casi, anche se in modo meno sistematico degli strumenti tecnici.
CitazioneD' accordo.
Anche per me la discriminate "funziona" non é mai stata molto importante per stabilire che cosa sia scientifico (in senso stretto) o meno, anche perché da medico ho spessissimo a che fare con l' effetto placebo (il "benemerito" effetto placebo!).

Per quanto riguarda le applicazioni della psicologia basta pensare all'ambito giudiziario, al marketing, al benessere sul lavoro e ai trattamenti di varie patologie come l'anoressia, la tendenza al suicidio o il disturbo bipolare. Forse la tua critica è rivolta solo all'uso della psicologia per consolare le vittime di tragedie, ma se l'idea che ci siano delle persone con il compito di ascoltare e aiutare questi individui non piace a te o ad altri, non vuol dire che non ci possano essere persone che invece trovano molto positivo questo tipo di aiuto.
CitazioneSull' applicazione della psicologia all' ambito giudiziario (l' unico che, pur da profano, posso valutare con un minimo di cognizione di causa) ho serissimi dubbi (per esprimermi con molta delicatezza).
Ricordo benissimo che qualche decennio fa gli "psicologi giudiziari" fecero indagare (e recludere preventivamente) Pacciani (certamente un "poco di buono" ma del tutto estraneo alla vicenda; così sviando colposamente le indagini da altre "piste" più fondate, a vantaggio del vero "mostro") come probabile "mostro di Firenze" per il fatto che aveva in casa una riproduzione di un quadro giustamente "drammatico e sanguinolento" di un pittore argentino sulla tragedia dei desaparecidos: con la stessa "logica" -se così si può dire- Picasso -vedi "Guernca" e atri suoi quadri- si sarebbe dovuto considerare sospetto (e indagare; e sottoporre a carcerazione preventiva) come minimo di genocidio!

Che purtroppo ormai (dopo decenni di sistematica, forsennata, acritica "propalazione giornalistica" sia diffusissima (almeno in Occidente) la convinzione che le disgrazie non siano "fisiologiche" e non possano e non debbano essere affrontate da ciascuno con la proprio forza d' animo e cultura e con l' aiuto di amici e parenti l' ho rilevato io stesso fin dal mio primo intervento, valutandolo come un' evidente manifestazione della grave decadenza morale e civile propria dei nostri tempi.


#1674
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
05 Settembre 2018, 08:38:35 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Settembre 2018, 21:31:27 PM


Beh, diciamo che questa parte della mia riflessione (che, voglio almeno sperare, a questo non
si esaurisce...) è riferita ad un epoca, diciamo, "pre-francescana"...
Con il Francescanesimo (certamente preceduto da importanti movimenti ereticali)
infatti Dio comincia ad essere relegato nella "fides",
perdendo, anche se non certo "di diritto", almeno di fatto la sua "infinità".
Non è certo per un caso che i primi studi sul naturalismo sono fioriti nell'ambiente
francescano (Inghilterra).
saluti

Trovo che quella del credere in Dio "per fede" o "per ragione" sia diversa questione da quella dell' immanenza (in linea di principio per lo meno difficilmente -ma secondo me per nulla- conciliabile col naturalismo) o trascendenza (conciliabile, anche se non troppo facilmente, col naturalismo).

Comunque ora comprendo che cosa intendevi per "relegamento di Dio" (in una "collocazione ontologica" trascendente che non ne metteva in discussione l ' infinità, come avevo erroneamente inteso).
#1675
Citazione di: SamuelSilver il 04 Settembre 2018, 21:23:13 PM
Dalla lettura degli interventi mi sembra di capire che psichiatria e psicologia sono usati come sinonimo di psicoanalisi o psicologia dinamica in generale. Come cosa è comprensibile, d'altronde le teorie di Freud sullo sviluppo psicosessuale o sull'interpretazione dei sogni fanno da sempre più presa sul pubblico rispetto a una qualsiasi altra teoria sul funzionamento cognitivo come la complessa e poco appariscente teoria della detezione del segnale. Ma quando si parla di psicologia le aree abbracciate sono molte di più. Anche limitandosi alla psicologia applicata all'ambito clinico (che è praticamente l'unica di cui si è discusso in questo topic), bisogna ricordarsi che non esiste solo la terapia psicoanalitica basata sulla parola, ma anche la terapia comportamentale e quella cognitiva (o cognitivo-comportamentale).

I commenti riguardanti il fatto che la psicologia si basa sul principio di autorità, su un atto di fede e su teorie non falsificabili possono essere corretti solo se rivolti alle teorie psicodinamiche e psicoanalitiche.
Citazione
E' vero.
Riconosco di avere io per primo sviato il discorso su "psicoanalisi e affini", identificandola erroneamente con la psicologia in generale, essendo tutto quel (poco) di psicologia di cui da profano ho sentito dire (anche e soprattutto parlando con una mia nipote psicologa, che quelle scuole assai poco o meglio per nulla scientifiche per lo meno tiene in conto e stima, sia pur criticamene).


Tuttavia, quando si considerano altri approcci le cose cambiano radicalmente. Le terapie comportamentali si basano su una mole di teorie comportamentiste e cognitive, derivate da altrettanti esperimenti condotti nel modo più scientifico possibile e quindi in grado di falsificare ognuna o gran parte di queste teorie. La stessa cosa vale per la terapia cognitiva, che ha le sue fondamenta nelle scienze cognitive, un insieme di discipline che non hanno nulla a che vedere con Freud o Jung e in cui le teorie di chiunque possono essere falsificate da chiunque altro.
CitazioneNon le conosco.
Tuttavia credo di poter dire che nella misura in cui trattano non del cervello (e dei comportamenti intersoggettivamente rilevabili da esso "diretti") ma invece dell' autentica "mente" non materiale (per il fatto che questa non é misurabile quantitativamente né intersoggettivamente, entrambe conditiones sine qua non di conoscibilità scientifica in senso stretto), anche qualora rilevino tendenze comportamentali (e non: comportamenti calcolabili matematicamente) falsificabili non possono e non potranno mai essere scienze naturali o scienze in senso stretto (anche se ovviamente possono essere utili ed interessanti; possono essere considerate scienze umane o scienze in senso lato).
E che invece nella misura in cui trattano di comportamenti quantificabili e intersoggettivamente rilevabili (cioé inevitabilmente somatici; in particolare anche cerebrali), e dunque nella misura in cui sono scienze naturali, non possano essere considerate "psicologia", ma casomai fisiologia, etologia (in senso letterale) o altro.

Infine, vorrei trattare il problema principale del topic: la scientificità della psicologia. Come ho già detto, sono d'accordo nel considerare la psicologia dinamica come non scientifica, tuttavia ho molte riserve riguardo tutto il resto. C'è un dibattito che va avanti da secoli riguardo la definizione di scienza e riguardo i requisiti necessari a una disciplina per entrarne a far parte. L'idea falsificazionista di Popper è probabilmente la più famosa, ma non è affatto priva di problemi. La psicologia, o più in generale le scienze cognitive, hanno una posizione piuttosto ambigua riguardo la loro classificazione come scienze. In questi casi si tirano in ballo scienze naturali come la fisica o la chimica per mettere in evidenza come, rispetto a queste discipline sicuramente scientifiche, la psicologia sia un passo (o anche due) indietro. Io sono d'accordo nel rilevare una differenza di precisione tra psicologia e altre scienze naturali, probabilmente dovuta alla vaghezza dei costrutti psicologici e alla natura del soggetto di studio.
CitazioneSecondo me alla mancanza di due imprescindibili condizioni di conoscibilità scientifica in senso stretto dei loro oggetti di studio: l' intersoggettività e la misurabilità.

Tuttavia vorrei riportare le cose in proporzione facendo notare come, dopotutto, anche la fisica o la chimica non siano del tutto "esatte". Le teorie fisiche vengono validate svolgendo esperimenti in cui si utilizzano tecnologie che si basano a loro volta su altre teorie fisiche. La scoperta di un certo dato potrebbe essere dovuta al fatto che il dato esiste per davvero oppure a un errore della metodologia o delle tecnologie usate. Non poter risalire a ciò che realmente produce il dato non ci renderà mai sicuri del dato scoperto. Si potrebbe obiettare che però le tecnologie costruite sulla base delle teorie fisiche funzionano ma, come è già stato fatto notare, anche la psicologia funziona, quindi questa non può essere usata come discriminante. I problemi delle scienze naturali non finiscono qui, la filosofia della scienza si occupa proprio di trovare questi problemi, ma ora non starò qui a elencarli.
CitazioneMa c' é una bella differenza (enorme, un vero e proprio "salto di qualità") fra l' "affidabilità del funzionamento" delle applicazione tecniche (comunemente ma impropriamente dette "tecnologiche") della fisica e della chimica e quella delle terapie psicologiche e psichiatriche (propriamente tali e non farmacologiche) serie.

E questo perché c' é una differenza qualitativa, un "salto di qualità" fra scienze naturali e scienze umane.

Insomma, come spesso capita in questi casi, la cosa è molto complessa. Liquidare la psicologia come inutile non è legittimo, poichè le sue applicazioni sono numerose e i casi in cui può essere utile vanno al di là di alcune esperienze personali. E' anche illegittimo classificarla con tanta sicurezza come non scienza, poichè da decenni sono in corso una serie infinita di ricerche che tentano sempre più di aumentare la propria precisione e validità scientifica.
CitazioneNon conosco le numerose proficue applicazioni della psicologia seria, ma non credo proprio (per fortuna non mi é mai captato di esserne coinvolto; anche peché credo che probabilmente avrei mandato affanculo gli psicologi stessi!) fra di esse siano comprese le attivtà dei "consolatori a pagamento" (sia pure da parte del SSN) delle vittime di "disgrazie".

Perdonate l'uso di eventuali termini troppo forti, ma questo è un argomento che mi tocca particolarmente in quanto studente di scienze cognitive.
CitazioneHai fatto benissimo, perché le discussioni vanno condotte con franchezza!
(E non trovo neanche le tue parole eccessivamente forti; comunque di certo sono correttissime; contrariamente alle mie, che sono invece poco o punto "politicamente corrette", spero mi perdonerai).
#1676
Citazione di: Carlo Pierini il 05 Settembre 2018, 03:21:32 AM
@SamuelSilver

Se per "scienza" si intende quella forma di conoscenza caratterizzata dall'applicazione del metodo matematico-sperimentale, nessuna disciplina il cui nome inizi per "psic-" può essere considerata scientifica, poiché i concetti necessari a descrivere la psiche (coscienza, sogno, pensiero, ideale, io, sé, istinto, inconscio, sentimento, psicosi, nevrosi, ecc.) non sono quantitativamente misurabili. E un'entità non misurabile non può essere oggetto di scienza, ma solo di filosofia.

Pertanto, la cosiddetta "psicologia scientifica" (la psico-fisiologia di Wundt, il funzionalismo di James, la "gestalt" di Wertheimer, il comportamentismo di Watson, la riflessologia di Pavlov, ecc.) e la psichiatria, non sono affatto scientifiche, a partire dal loro postulato fondante (<<ogni disturbo psichico ha un'origine genetica o è l'effetto di di patologie organiche o di squilibri biochimici del sistema nervoso>>) che è solo un precetto della fede materialista e non una verità scientifica. Nessuno ha infatti mai dimostrato l'identità tra attività cerebrale e attività psichica.
CitazioneFin qui sono d' accordo.
Anche se ritengo esistano anche "scienze umane" non matematizzabili perché inerenti fenomeni non quantificabili e conseguentemente ben diverse dalle scienze naturali (o scienze propriamente dette, in senso stretto), in grado contrariamente a queste, di rilevare solo vaghe "tendenze" alquanto insicure e non leggi "ferree", esprimibili attraverso equazioni algebriche e applicabili a previsioni e calcoli matematici circa la realtà materiale.

Gli altri autori che citi non li conosco, se non qualcuno per sentito dire, ma di Pavlov qualcosa ho studiato, essendo medico, e mi sento in dovere di affermare che le sue teorie sui riflessi semplici e condizionati sono autentica scienza naturale (neurofisiologia) e non psicologia.


Scrivono il neurobiologo Oliviero e lo psicologo Jung:
Citazione(Si chiama Alberto Oliverio.)

"Lo studio dei rapporti tra cervello e scelte morali sottolinea ancora una volta che (...) SIAMO ANCORA BEN LONTANI (...) dal comprendere come (...) dalla materialità dei circuiti cerebrali possa scaturire quel mondo dei significati e dei valori che ci guida in ogni azione, anche la più banale, della vita quotidiana".  [ALBERTO OLIVIERO: Etica e neuroscienze]

"Non siamo legittimati a considerare la psiche come un processo cerebrale, a prescindere dal fatto che il tentativo di rappresentarsi un qualcosa del genere è già stravagante di per sé e non ha mai prodotto altro che stravaganze, per quanto sia stato compiuto seriamente. [...] Questo punto di vista si adatta però al pregiudizio materialistico, e perciò ogni assurdità viene consacrata come scientifica purché prometta di trasformare in fisico tutto ciò che è psichico. Auguriamoci che non siano lontani i tempi in cui questo residuo arrugginito e ormai mentalmente inerte verrà sradicato dalla testa dei nostri rappresentanti scientifici".     [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.299]
#1677
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
04 Settembre 2018, 21:04:53 PM
Personalmente non sono affatto atterrito dal nichilismo e dal relativismo e credo di potermi benissimo realisticamente accontentare di un saperedubbio, essendone consapevole e indagando (filosoficamente; e criticando filosoficamente -anche- la conoscenza scientifica) le ragioni dell' insuperabilità razionale del dubbio scettico stesso, le condizioni alle quali, i limiti entro i quali e il senso in cui può aversi conoscenza vera, in generale e in particolare scientifica.

...Ma si sa, mi sono sempre vantato di essere assai anticonformista.

Mi sembra palese, indubbio che  lo scientismo, così definito -a mio parere correttamente- "a là Abbagnano é una forma di irrazionalismo (e personalmente, con Lucacs, me la spiego con il carattere di grave regresso umano e civile, di "decadenza civile e morale" dell' epoca che purtroppo ci é capitato di vivere).

Dubito peraltro molto che dell' uomo odierno (ma vi sono non pochi diversi e anche contrastanti modi di essere "uomo moderno"; diciamo: della "versione più diffusa", per lo meno in Occidente, di umanità) si possa dire che certamente sia molto meno libero che non quello degli ultimi otto-nove secoli (che "conosceva" Dio); che sapesse anche relegarlo in un ruolo limitato mi sembra falso e contraddittorio rispetto alla natura infinita "da sempre" attribuita a Dio stesso).
#1678
Tematiche Filosofiche / Re:Critica all'emergentismo
04 Settembre 2018, 09:47:54 AM
La manifestazione fenomenica "mia esperienza cosciente" e la manifestazione fenomenica "mio cervello" nell' ambito della (facente parte della) tua esperienza cosciente, sono sì manifestazioni fenomeniche della medesima cosa in sé, ma ciò significa che non sono la stessa cosa (e a maggior ragione non sono la stessa cosa identificabile con la manifestazione fenomenica "mio cervello" nella tua coscienza), ma invece due cose diverse, due separati, non comunicanti, reciprocamente trascendenti insiemi - successioni di sensazioni fenomeniche ("dati" o "contenuti" di coscienza: ma di due diverse coscienze), per quanto manifestazioni (però diverse!) della stessa cosa in sé.
Solo così si può superare l' aporia della introvabilità in un cervello, né come "cose" (enti ed  eventi) riducibili alla materia cerebrale, né tanto meno come assurde, pretese "emergenze" da essa, degli stati di coscienza coesistenti a (ma non identificantisi con) tale cervello: non si può pretendere che "la visione*" di qualcosa "dall' esterno", da parte di altri, (la sua manifestazione fenomenica in quanto oggetto di sensazione ad un soggetto da essa diverso: un determinato cervello in un determinato stato funzionale) coincida con "la visione**" della stessa cosa "dall' interno", riflessivamente da parte di se stessa (la sua manifestazione fenomenica in quanto riflessivamente oggetto-soggetto da parte di se stessa come una determinata esperienza cosciente).

Credo che questo modo di considerare le cose salvi tutto ciò che di positivo c' é nel materialismo (la sua sacrosanta "ispirazione" fondamentale "antisuperstiziosa" o "antimiracolistica", per così dire), cioé in sostanza il naturalismo, il fatto di non postulare alcuna interferenza "sopra-" o "extra-" "-naturale" con il divenire del mondo (fenomenico!) materiale (vietata dalla chiusura causale del mondo fisico), evitando le insuperabili aporie relative alla ricerca delle coscienze nei cervelli (né come assurde, insensate "emergenze", né come impossibili "riduzioni"), ricerca inevitabilmente vana dal momento che é il cervello (l' insieme - successione di sensazioni materiali che lo costituiscono) ad essere nella coscienza* (di chi lo osserva) e non la coscienza** (l' insieme - successione di sensazioni materiali e mentali che la costituiscono) ad essere nel cervello (osservato).
E che allo stesso tempo salvi ciò che di positivo c' é nel dualismo, cioé appunto la soluzione del problema (del paradosso insuperabile, se considerato nell' abito del monismo materialistico) dell' introvabilità della coscienza nel cervello, evitando l' inaccettabile (naturalisticamente; per la chiusura causale del mondo fisico) interazionismo fra mente e cervello.
#1679
Tematiche Filosofiche / Re:Critica all'emergentismo
03 Settembre 2018, 21:36:00 PM
Il mio modesto parere é che, ammesso (ma non concesso da parte mia) il monismo materialistico, SamuelSilver ha perfettamente ragione: lo slogan emergentista "il tutto é più della somma delle parti" (meno le relazioni fra le parti; cosa che scorrettamente gli emergentisti omettono di precisare) é solo un sofisma poiché il tutto é uguale alla somma delle parti e delle relazioni fra le parti.
Una molecola d' acqua é diversa da due atomi di idrogeno e un atomo di ossigeno reciprocamente separati: bella scoperta! Infatti é uguale a due atomi di idrogeno e uno di ossigeno legati chimicamente, interagenti fra loro in un certo modo, non é altro che due atomi di idrogeno e uno di ossigeno i cui elettroni si dispongono secondo le normalissime leggi della fisica quantistica e nient' altro: riduzionismo "perfetto"!

Il problema secondo me é il monismo materialistico, é il fatto che la coscienza, ciascun determinato stato o processo della quale non può non coesistere con un determinato stato o processo (neurofisiologico) di un determinato cervello (ma anche viceversa, sebbene solo limitatamente a certi stati o processi neurofisiologici cerebrali e non altri che invece da stati o processi di coscienza non sono "accompagnati", ovvero ciascun determinato stato o processo di una certa determinata parte degli stati o processi cerebrali non può non coesistere con un determinato stato o processo di una determinata coscienza), tuttavia non si identifica con, non é la stessa cosa di quel determinato stato o processo neurofisiologico cerebrale: é altra "cosa", oltre che ovviamente non emergente da esso, nemmeno riducibile ad esso.
E questo per il semplice fatto che non é la coscienza a trovarsi nel cervello (nel qual si trovano unicamente neuroni, cellule gliali, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc. "perfettamente" riducibili a molecole, atomi, particele-onde subatomiche, campi di forza, ecc. e non affatto invece quei determinati qualia coscienti che il "titolare" di quel dato cervello sta esperendo e che non sono riducibili a quei neuroni, assoni, ecc. e dunque transitivamente nemmeno a quelle particele-onde, campi di forza, ecc.); ma é invece il cervello (non emergente da, ma "perfettamente" riducibile a neuroni, assoni, ecc. a loro volta "perfettamente" riducibi9li a particelle-onde, canpi di forza, ecc.) ad essere (per lo meno potenzialmente, cioè necessariamente purché si diano le "opportune" condizioni di osservazione) nella coscienza (nelle coscienze di chi lo osserva, le quali sono altre, diverse coscienze che quella del "titolare" del cervello considerato, che esse contengono e nel quale esse non sono contenute).
Se non si compie questa "rivoluzione copernicana" consistente nel rendersi conto che non é la coscienza a trovarsi nel cervello (né come prtesa "emergenza", né come qualcosa che al cervello stesso si possa e si debba ridurre), ma invece é il cervello a trovarsi nella coscienza, secondo me si brancola irrimediabilmente nel buio in filosofia della mente.
Ma per poter far questo non basta la scienza (la neurologia), occorre anche la filosofia (l' ontologia), per far questo é necessario comprendere che di tutto ciò che ci é esperibile, che empiricamente constatiamo (sia come materia, sia come pensiero o mente), l' "esse est percipi": si tratta solo e unicamente di meri insiemi e successioni di sensazioni, reali in quanto tali (in quanto "contenuti di coscienza") e solamente fintanto che, se e quando accadono come tali (meri "contenuti di coscienza"); é necessario comprendere che é scorretto e falso ipostatizzare, come tende quasi irresistibilmente a suggerire il senso comune, fenomeni o sensazioni costituenti l' esperienza delle cose materiali (ivi compresi i cervelli), pretendendo che siano invece "cose in sé", reali indipendentemente dall' essere coscientemente percepite, anche se e quando e in quanto non percepite.

In un certo senso (ma solo in un certo senso alquanto improprio) un determinato cervello in cui é in corso un determinato stato o processo neurofisiologico é "la stessa cosa" in sé (o noumeno) esperita "dall' esterno" (da altri soggetti coscienti), come sensazioni, fenomeni materiali, ovvero "manifestantesi" come materia a questi soggetti coscienti nell' ambito delle loro esperienze fenomeniche, in quanto oggetto di esse), la quale si manifesta a se stessa in quanto soggetto-oggetto riflessivamente di esperienza cosciente come pensiero (nella forma dei fenomeni mentali costituiti da certi determinati suoi pensieri, da un certo, determinato suo stato mentale).

La stessa cosa in sé che nell' ambito fenomenico della tua coscienza si manifesta come la materia costituente il mio cervello in un determinato stato o processo neurofisiologico, nell' ambito fenomenico della mia coscienza si manifesta come determinati miei pensieri (mentre altre cose in sè vi si manifestano come determinate sensazioni o fenomeni materiali), e viceversa.
#1680
Citazione di: Apeiron il 02 Settembre 2018, 23:53:55 PM

CitazioneMI SCUSO PER LA PIGNOLERIA (probabilmente fastidiosa, ma a mio parere necessaria ai fini della chiarezza dei ragionamenti).


Ciao @sgiombo,

CitazioneCasomai dalla (struttura -fenomenica- della) nostra mente dipende (dipendono i fenomeni interni o di pensiero costituenti) la conoscenza dei fenomeni esterni.

Per farla breve... se ammettiamo che gli oggetti dell'esperienza sono separati da noi dobbiamo ammettere inferenze logiche non "inoppugnabili" (compelling), anche perchè non abbiamo alcuna ragione (strettamente parlando!!! ovviamente lo facciamo per ragionevolezza) di affermare che ciò vale nelle nostre esperienze fenomeniche private (come le nostre categorie dell'intelletto, ad esempio il rapporto causa-effetto)* vale anche con supposti oggetti esterni. Quindi, gli oggetti dell'esperienza sono solo privati e quindi se escludiamo uno scetticismo assurdo, ovvero che noi non possiamo in alcun modo conoscere direttamente i nostri contenuti mentali, allora dobbiamo dedurre che abbiamo conoscenza degli oggetti dell'esperienza (mere percezioni). Ma le percezioni sono dipendenti dalla nostra esistenza e se escludiamo il solipsismo, dobbiamo ammettere che tali percezioni derivano da altro, qualcosa di esterno da noi. Quindi gli oggetti dell'esperienza derivano da oggetti separati da noi. Ergo, come si vede, abbiamo un'aporia.
Citazione
Il ragionamento mi sembra un po' contorto, ma se ben capisco ammette che ciò di cui abbiamo esperienza sono mere (inisemi - successioni di) sensazioni ovvero "apparenze (fenomeni) sensibili" (costituenti appunto la nostra coscienza).
Dunque non si tratta di cose in sé reali indipendentemente dalla nostra (eventuale) coscienza.
Ed invece eventuali (indimostrabili) oggetti delle sensazioni della nostra coscienza (in particolare delle nostre sensazioni materiali) non possono che essere altra cosa, ovvero cose reali in sé indipendentemente dalla nostra (eventuale: anche se e quando essa non é realmente in atto) coscienza, così come non possiamo non esserlo noi stessi, soggetti della nostra coscienza (ed eventualmente soggetti-oggetti riflessivamente nel caso delle esperienze fenomeniche coscienti mentali).

Secondo me il rapporto causa - effetto può essere postulato (ma non dimostrato: Hume) in termini rigorosi solo a proposito dei fenomeni materiali, in quanto misurabili quantitativamente e dunque passibili di astrazioni di caratteri generali del loro divenire esprimibili con certe determinate e precise equazioni matematiche.
Non può essere applicato in questi termini rigorosi, di calcolabilità matematica degli effetti dalle cause o viceversa, ai fenomeni mentali in quanto non misurabili quantitativamente, né tantomeno alla realtà in sé o noumeno, in quanto nemmeno percepibile con i sensi (e dunque a maggior ragione non misurabile).

Non vedo aporie nel fatto che abbiamo conoscenza [o meglio, secondo me, coscienza, sensazione empirica] degli oggetti dell'esperienza (mere percezioni).
Le percezioni sono dipendenti dalla nostra esistenza
, ma secondo me nulla impone (non é una deduzione cogente) che se escludiamo il solipsismo, dobbiamo ammettere che tali percezioni derivano da altro, qualcosa di esterno da noi.
Questo lo possiamo solo credere (e personalmente lo credo) fideisticamente, indimostrabilmente.

Che significa che "gli oggetti dell'esperienza derivano da oggetti separati da noi"?
In realtà sono i "contenuti fenomenici" dell' esperienza (le sensazioni coscienti) che possono essere creduti (ma non dimostrati) "derivare" da, o meglio essere in corrispondenza biunivoca con (e non propriamente trovarsi in un rapporto di causazione rigorosamente inteso come espressione di una legge del divenire esprimibile mediante equazioni matematiche) oggetti in sé separati da noi e non costituiti dalle nostre sensazioni fenomeniche (noumeno).


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E questa è una cosa. La seconda è che, a rigore, concetti come quello di causa-effetto vengono formati nel "mondo fenomenico", ovvero quello dell'esperienza. Quindi, quando tu scrivi:

Citazionema i modi in cui  vediamo le cose esterne (i fenomeni materiali) non  dipendono affatto dalla nostra mente

non sono d'accordo perchè, in fin dei conti, l'esperienza fenomenica è sicuramente condizionata dalla nostra mente. Colori, suoni ecc sono certamente cose che esistono solo in quanto apparenze. Inoltre, come dicevo, la concettualizzazione si riferisce sempre ai fenomeni. Se vogliamo usare, ad esempio, la causalità per spiegare l'insorgenza dei fenomeni cadiamo nell'aporia che descrive Kelley L. Ross, visto che, in fin dei conti, andiamo fuori dall'"isola fenomenica" (come la chiamava Kant). Nel lavoro scientifico si assume spesso e in modo ragionevole** che si possa andare oltre le apparenze. Assunzione che è ragionevole e che considero vera ma che è indimostrabile. Strettamente parlando, però, dobbiamo ammettere l'aporia.
Citazione
Qui mi sembra che tu confonda i concetti di "mente" e di "esperienza fenomenica cosciente" o più brevemente "coscienza".

La nostra mente é la parte "di pensiero" (res cogitans: ragionamenti, calcoli, deduzioni, ricordi, immaginazioni, sentimenti, "stati d' animo", ecc. "interiormente avvertiti") nell' ambito dell' esperienza fenomenica cosciente; la quale, oltre ad essa comprende anche una parte materiale (res extensa: quanto percepito "esteriormente" con i cinque o sei sensi corporei).
Dunque colori, suoni, ecc. sono certamente cose che esistono solo in quanto apparenze; ma in quanto apparenze materiali (e non mentali) nell' ambito della nostra coscienza e non de- (quella parte della nostra coscienza che è) -la nostra mente.

La concettualizzazione si riferisce ai fenomeni (materiali o mentali), ma é diversa cosa dai fenomeni concettualizzati stessi: é costituita da altri, diversi fenomeni (esclusivamente mentali), cioé dai pensieri di fenomeni che ne sono oggetto (o "materia", "contenuto": "oggetto in un senso ben diverso da quello per cui le cose in sé sono "oggetto" -e/o soggetto- delle sensazioni fenomeniche).

Certo, se vogliamo usare la causalità per spiegare l'insorgenza dei fenomeni (ma ripeto che ritengo più corretto parlare di "relazione di coesistenza biunivocamente corrispondente", una causazione in senso rigoroso, nomologico essendo possibile postulare solo nell' ambito de i fenomeni materiali per via della loro misurabilità quantitativa), in fin dei conti, andiamo fuori dall'"isola fenomenica" (come la chiamava Kant); ma in questo non vedo alcuna aporia: le cose in sé, ben diverse, distinte dai fenomeni in un certo senso (lato, non rigoroso) "causano" i fenomeni (nel senso che necessariamente coesistono-codivengono in corrispondenza biunivoca con essi: dove starebbe mai il paradosso o al contraddizione?

Le scienze non vanno mai (non possono andare) alla inattingibile empiricamente cosa in sé, ma si limitano alla conoscenza dei fenomeni.


Infine, sulla distinzione tra fenomeno e noumeno, vorrei far notare che, secondo me, da un certo punto di vista abbiamo ragione entrambi. Quando, ad esempio, considero l'apparenza di una mela la associo ad un oggetto esterno che causi tale apparenza, un oggetto noumenico congetturabile. Tuttavia, se evitiamo il solipsismo, dobbiamo ammettere che l'apparenza sia la rappresentazione del noumeno. Il problema è che questa apparenza non è, in realtà, una creazione della nostra mente slegata all'oggetto noumenico. Ma, in realtà, è l'oggetto noumenico che viene conosciuto dalla nostra mente, ovvero come si presenta a noi (visto-da-noi). Il fatto che tu vedi una "rappresentazione" è dovuto al fatto che non hai una conoscenza diretta e inerrante dell'oggetto noumenico (o almeno non credo che abbiamo tale conoscenza), ovvero non è vero il realismo "naive".

Se la conoscenza fosse "non distorta" noi non avremmo nella nostra esperienza delle "rappresentazioni", bensì avremmo, per così dire, gli oggetti-così-come-sono. Se fosse vero il "realismo naive", il mondo fenomenico coinciderebbe con il mondo reale. Per i realisti naive, infatti, noi conosciamo direttamente la realtà-così-come-è. [Probabilmente, non mi sono fatto capire...chiedo scusa di ciò  :-[ ]
Citazione
Qui credo di averti ben capito.

Concordo sulla falsità del realismo "naive" che identifica i fenomeni coscienti (il cui "esse est percipi") con le cose in sé reali indipendentemente dalle esperienze coscienti (il cui "esse non est percipi", per così dire).

Ma:

- Ripeto che in termini rigorosi non si può parlare di autentica causazione fra noumeno e fenomeni (lo si può fare ma sol in senso decisamente lato e a rigore improprio).

-Se fosse vero il "realismo naive", il mondo fenomenico (comunque reale anch' esso, non meno del noumeno) coinciderebbe con il mondo in sé o noumeno. Per i realisti naive, infatti, noi conosciamo direttamente la realtà-così-come-è-in sé (che sarebbe autocontraddittoriamente costituita da sensazioni fenomeniche reali anche se, "dove" e quando non esistono-accadono realmente).

- Il solipsismo si potrebbe forse evitare (indimostrabilmente, per fede) anche senza noumeno (per esempio ammettendo una sorta di "leibniziana armonia prestabilita" fra la "propria" ed altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti.

- (Soprattutto) quanto scrivi qui é una sorta di descrizione con altre parole del fatto che i fenomeni sono una cosa, il noumeno o cose in sé sono altra cosa; ben diverse "cose" che (però) divengono in reciproca corrispondenza biunivoca: ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondo unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre. Anch' io in altri interventi nel forum ho scritto che in un certo senso un determinato cervello in un determinato stato funzionale é la stessa cosa in sé che si manifesta come tale (determinati fenomeni materiali cerebrali) "in qualità di oggetto di sensazioni fenomeniche*" ad altre cose in sé "soggetti di sensazioni fenomeniche*" e che si manifesta come un certo stato mentale** (come determinati fenomeni cogitativi**: pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.) a se stessa riflessivamente "oggetto, oltre che soggetto", di sensazioni fenomeniche**".

Ricapitolando: per i realisti naive il mondo fenomenico, la realtà-come-la-vediamo-noi, coinicide con la realtà-così-come-è;
Per i realisti indiretti il mondo fenomenico è una costruzione della nostra coscienza;
CitazionePer me il mondo fenomenico non é propriamente una "costruzione" (arbitraria) della nostra coscienza, ma é ciò che accade nella nostra mente in relazione di ineludibile, necessaria, non arbitrariamente modificabile a piacere corrispondenza biunivoca con le cose in sé.

Nel mio "modello", idealmente mondo fenomenico e realtà-così-come-è potrebbero coincidere ma la fallibilità, la limitatezza ecc della nostra mente fa in modo che abbiamo una "rappresentazione" distorta. Ma possiamo comunque parlare tranquillamente di verità inter-soggettive perchè la distorciamo in modo simile (o almeno così credo in base ad argomenti ragionevoli)  ;D se non ci fossero distorsioni avremmo una conoscenza diretta ed esatta e potremmo fare sempre inferenze inoppugnabili;
CitazioneMondo fenomenico e realtà-così-come-è non possono coincidere in alcun modo e in alcun senso; non potrebbero nemmeno se conoscessimo illimitatamente, perfettamente i fenomeni, dal momento che il noumeno é altra cosa dai fenomeni, reale anche allorché, se e quando i fenomeni (anche se fossero perfettamente conosciuti senza limite alcuno) non sono reali (e dunque identificarlo con essi sarebbe una plateale contraddizione).

Per gli scettici il mondo fenomenico è slegato completamente alla realtà esterna oppure non è possibile sapere se c'è una realtà esterna (che è vero, vista l'aporia  ;) );
CitazioneNon é dimostrabile (e nemmeno é dimostrabile che non ci sia (sospensione del giudizio!).
Ma non ci vedo nessuna aporia).

Per i solipsisti esiste solo il mondo fenomenico;
CitazionePer i solipsisti esiste solo il mondo fenomenico suo proprio di ciascuno di essi (ma potrebbe esistere anche se stesso come soggetto in sé del suo proprio mondo fenomenico).

Per alcuni scienziati, la scienza ci permette di vedere la realtà-così-come-è squarciando la limitazione data dal nostro mondo fenomenico.
CitazioneSe la realtà-così-come-é é il noumeno o realtà in sé, allora questa é una palese , assurda autocontraddizione.
Altra cosa é l' intersoggettività (peraltro indimostrabile) dei fenomeni materiali scientificamente conoscibili.


*un punto importante della filosofia Kantiana è proprio che le categorie valgono nel mondo fenomenico. Lo scetticismo di Hume, per Kant, è superato perchè, ad esempio, la causalità vale nei fenomeni.
CitazioneNon é superato, malgrado le illusioni di Kant, perché la causalità vale unicamente nei fenomeni e non é dimostrabile né provabile empiricamente.


** in realtà, come sosteneva Wittgenstein da giovane (ci dice Russell), si potrebbe ancora parlare di verità scientifiche perfino con solipsismo. In realtà, l'attività scientifica non dipende in alcun modo dalla metafisica (non a caso, il positivismo logico e il fenomenalismo sono nati proprio nel tentativo di separare scienza e metafisica)
CitazioneNon capisco: le conoscenze scientifiche non sono certo metafisica (e con la metafisica non vanno confuse, non solo per i positivisti logici, che piuttosto, almeno i "classici", la metafisica negavano).
Ma hanno ("dipendono da") necessari fondamenti epistemologici fra i quali l' intersoggettività, che é inconciliabile (contraddittoria) con il solipsismo.