Riflessioni sulla Mente
di Luciano Peccarisi - indice articoli
L'animale con due “Io”
settembre 2015
L’obesità, lo stress cronico, le dipendenze da fumo, da droghe, da giochi d’azzardo, dal tifo fanatico, da deliri religiosi e persino da imprese rischiose e senza senso: la persona umana non è un animale, è un compromesso. Nessun animale farebbe cose del genere. Nel corpo umano ci sono due mondi psichici, due tipi di pensiero, intrappolati nella medesima carne. La scienza ci dice che non siamo angeli, ma solo primati molto evoluti. Eppure non ci sentiamo primati ma angeli incastonati in corpi di bestie. Aneliamo costantemente alla trascendenza. Il pensiero animale nacque come raccordo tra corpo e ambiente. E’ fatto di genetica: DNA, nucleotidi, catene a spirale, cervello e pensiero ereditato. Poi, dopo la nascita, l’epigenetica rimaneggia i neuroni, aumenta le sinapsi, agita i neurotrasmettitori, forma il linguaggio e il pensiero acquisito. La mente genetica varia poco, la collochiamo in genere nell’inconscio, in quello collettivo, di razza o specie. Quella acquisita nell’inconscio psicologico individuale. Fornisce una nuova e più estesa consapevolezza d’esistenza, d’identità, di stare qui, a partire dal proprio nome, in questa città, in questa casa, famiglia e posto di lavoro, di avere memorie e dei progetti futuri. La novità è che negli animali parlanti l’Io acquisito, e culturale, forma un altro soggetto in parallelo al primo. Un suo sosia, un suo gemello, la sua ombra, il suo mister Hyde o dott. Jekyll, secondo i punti di vista. L’Io animale è quello che prevale da molto piccoli, da malati o da grandi vecchi, nelle folle e nelle condizioni più estreme. A volte funziona in modo automatico, é lui ad esempio che guida l’auto mentre parliamo con il passeggero e non ci accorgiamo del tragitto, delle case, dei sorpassi. Guida sicuro, mentre il secondo conversa. Il secondo rappresenta la storia, l’autobiografia, appare ogni volta che si aprono gli occhi si pensa. Quando si visualizza la vita. L’Io biologico è senza tempo, fisso, stabile, rigido, è il carattere di base, il modo d’essere, lo stile di vita. Cambia poco. Il secondo è più mistificabile, ma non è meno reale del primo, non è nemmeno meno biologico e naturale: è il prodotto dell’epigenetica. Cioè di tutto ciò che è accaduto al cervello dopo la nascita. La coscienza del secondo “ Io” si fa domande, e vuole risposte. L’Io biologico non chiede nulla, pensa solo alla sopravvivenza. L’Io speculare vuole ragioni, ogni fatto lo inserisce in modo congruo con gli altri. Vive in un mondo suo, corre di lato a quello animale. Il secondo “ Io” è stato identificato con l’anima; ma dov’è il punto di congiunzione? Io mi sento il proprietario di questo corpo. Del mio corpo, non in teoria, è un “senso di proprietà” carnale, lo sento, lo vivo. Se qualcuno mi spinge, non sono io che voglio muovermi, ma so che è il mio corpo che si muove; mentre quando lo voglio muovere, ho il “senso di agenzia”, io sono l'agente, l’autore delle mie azioni. Tutto sembra ovvio quando funziona, ma vi è uno strano disturbo in cui non si riesce a tradurre il pensiero in azione. Si chiama “Aprassia”. Se si chiede all’ammalato, ad esempio, di salutare, egli guarda la propria mano e muove solo leggermente le dita, ma in teoria sa che si saluta quando ci si congeda. Pare che ci sia una zona nel cervello, presente solo nell’uomo, capace di creare un’immagine dinamica interna delle azioni previste. L’”anima” o laicamente “la mente” è un’invenzione sorprendentemente recente, umana, frutto dell’introspezione. Non la consapevolezza dell’esistenza, che già ci rendeva diversi qualche milione di anni fa, ma la ‘coscienza umana’, quella che ci fa individui singoli, padroni delle nostre menti. Che ci fa possedere uno spazio mentale interiore dove esercitare l’introspezione. Ai tempi di Achille ad esempio ancora credevamo di essere automi, eravamo obbedienti a forze esterne chiamate “Dei”. L’ira di Achille si placa solo con l’intervento di una Dea. Il primo a cercare un posto per l’”anima” fu Cartesio. Indicò una ghiandola al centro del cervello, unica, non doppia come sono le altre parti, divise tra i due emisferi simmetrici: l’”Epifisi”. Però c’era un problema, è presente anche negli animali che per Cartesio sono automi. Poi le neuroscienze hanno trovato altre funzioni per l’Epifisi, o ghiandola pituitaria, e il discorso s’è chiuso. Ma oggi si riparla del luogo dell’anima, questa volta c’è una zona del cervello davvero unica, presente solo in noi umani. Non ha un bel nome e nemmeno un bell’aspetto, si chiama “giro sopramarginale”. Qui arrivano le informazioni sensitive e l’immagine del corpo, un meccanismo trascrive poi l’immagine nel “Sistema Limbico” dotandola di emozione. Fin qui ci arriva pure il cane e il gatto, il cervello funziona così. Pazienti con lesioni parietali nell’emisfero destro, in questa zona, che corrisponde all’area del linguaggio dell’emisfero sinistro, non riconoscono i loro arti e li percepiscono come appartenenti ad altri. Il passo successivo è saltare dall’automa genetico all’autocoscienza umana. E’ lei che ha il senso di libero arbitrio, di essere padrone delle decisioni; uscire insomma dall’automatismo animale e vegetale. La causa è la nascita del linguaggio, la mente si autoeleva, esce dal corpo tramite analogie, metafore e concetti astratti. L’animale parlante parla a se stesso, e si racconta. Racconta la sua storia. E a questa storia attacca le esperienze e le credenze. E allora l’immagine del corpo topografica e quella emozionale, di primo livello, è diventata concettuale, di livello più alto: nasce il concetto di “me”. Del “ me” virtuale che corre parallelamente a quello reale. E’ riflessivo, retrospettivo, gli diamo un senso dopo le nostre azioni e le nostre credenze: dopo aver sviluppato un concetto di “anima”, che non esisteva alla nascita. Le sorprendenti scoperte circa le funzioni indipendenti dei due emisferi, dopo interventi di separazione chirurgica, hanno indotto alcuni neuroscienziati a postulare la coesistenza di due flussi di coscienza paralleli. Uno biologico e l’altro culturale. Su quest’ultimo ognuno di noi si è costruito, a partite dal nome e dall’educazione ricevuta. In realtà non esiste un “Io” unico nel cervello, ma quello che chiamiamo io è il baricentro della persona. Il baricentro è un luogo vuoto, fornisce solo l’equilibrio all’intero sistema, un luogo virtuale, una figura inventata. I due “Io”stanno sempre insieme; ma non sempre vanno d’accordo. Spesso non si comprendono non vi è dialogo. Ecco l’origine di molte disfunzioni da non accordo, non associazione, di dissociazione. Uno mangia troppo o fuma troppo, o gioca d’azzardo, e l’altro se ne lamenta ma non riesce a convincere il gemello, è un dialogo fra sordi. La separazione a volte è così grave che si formano due entità diverse, uno parla e l’altro sente le voci, le allucinazioni, i deliri. Nell’ipnosi sembra che uno prenda ordini dall’esterno, nel sogno uno vola per conto suo e lascia l’altro sbigottito al risveglio. Le due "realtà" neurologiche sono tenute assieme, un miracolo biologico, pronte a entrare in conflitto alla prima occasione. I due “Io” sono alla base della vita psichica umana.
Luciano Peccarisi
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