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Riflessioni sulla Mente

Riflessioni sulla Mente

di Luciano Peccarisi -  indice articoli

 

Arte

Da: Il cervello immaginante di Luciano Peccarisi, Imprimatur editore, 2017.

Maggio 2018

 

Alcune cose sono belle
per quel che sono.
In quel preciso momento.
Che durino minuti,
ore, giorni o mesi,
non importa.
Non sono belle per quello
che potrebbero diventare.
Per il luogo da cui arrivano.
Sono belle lì, in quel momento
perché sono così.
Sospese.
Appena sfiorate.
(Jorge Luis Borges)

 

Post del professor Gallone

Il cervello che indugia
Il cervello animale produce immagini del mondo senza aggiungere molto di suo, il cervello umano invece usa l’assemblaggio e l’invenzione di nuove scene, anche non esistenti in natura, per scavalcare i sensi e affacciarsi fuori dal mondo. Vuole andare a vedere perfino i primi istanti del Big bang, all’origine dell’universo. I pensieri e i comportamenti umani sono i meno rigidi e stereotipati di tutti gli organismi viventi. Si sono espanse le aree di associazione del cervello, aree che servono a confrontare, aggiungere, togliere, ricordare, rimaneggiare, creare. Le antiche zone centrali e in particolare i nuclei della base e il cervelletto, rimangono strettamente legate a funzioni automatiche, ma anche alla produzione di stimoli valutativi, emotivi, sequenze motorie e percettive, motivazionali, mnemoniche. Inviano un chiacchiericcio indistinto, oggetto di riflessione e selezione della corteccia. Vi sono connessioni importanti per capire la creatività tra le aree della visione e il sistema limbico delle emozioni. Nell’animale non umano questo intreccio e interazione è strumento di innovazione delle capacità cognitive tramite la curiosità, l’esplorazione e il gioco. Avviene la stessa cosa nell’essere umano, ma qui interviene la mente doppia umana in cui vi è una distanza, un’intercapedine, un intervallo, uno spazio d’incubazione, di riflessione e d’immaginazione. L’arte si è evoluta in questo spazio magico, tra l’essere carne animale e l’essere mente virtuale. In questo spazio può scoccare la fiammella dell’intuito, dell’ispirazione o dell’illuminazione, da cui intelligenza e scienza possono far nascere l’opera d’arte. Sembra apparire dal nulla e andare verso il nulla, oltrepassare il visibile, quando il tempo la fa schioccare e trapassare nell’invisibile. La mente animale è sempre in diretta, la nostra può essere in differita, ha il tempo a sua disposizione. È l’indugiare della mente, l’arma della creatività. “Mi porto dietro un’idea per lungo tempo, spesso per tempi molto lunghi prima di trascriverla su un foglio…l’idea di base non mi abbandona mai. Prende corpo, cresce: posso udire e vedere l’immagine di fronte a me, da ogni angolo”, disse Ludwig Van Beethoven.

 

Mariana la sognatrice
L’arte è immaginazione applicata. Mira ad afferrare il non percepito, il soprasensibile, il non presente, il non reale, il senza tempo. Perché il presente e il reale lo afferrano i sensi. È sorprendente il fatto che l’arte sia insensata e superflua ma, fin dall’inizio dell’esperienza umana, presente dappertutto. Riesce a far uscire, sia pur temporaneamente, la mente dal cervello ed entrare in un'altra realtà, liberandosi da ogni vincolo. È capace di cogliere o intuire pezzi di aldilà, guardare con altri occhi. Deriva forse dal gioco animale. Dal bimbo che gioca con le cose, vien fuori l’artista che gioca con le idee. Prima ancora di inventare la scrittura, battere moneta e organizzarsi in società, l'uomo giocava con i racconti. Poiché è in grado di guardare al futuro e inventare. Prevede e s’interessa di tutto, perfino del non esistente, del lontano, lontanissimo. È una percezione perturbante che attira e spaventa, è estraniante, estranei al qui e ora. Intravediamo, come intuizioni che saltano i sensi corporei, scene di un altro mondo, e cerchiamo di catturarlo, fotografarlo, fissarlo in un quadro, in una scultura, in musica o frase letteraria. Sono brevi scene, guizzi, barlumi, riflessi, cartoline, flash non filtrati dal corpo, arrivano ai sensi da un'altra parte, dal mondo dell’arte, senza materia e senza stagioni. “L'arte è esperienza necessaria ad aprire lo spirito, a scoprire orizzonti diversi, a conquistare una migliore percezione del mondo" dice un grande collezionista, Francoise Pinault.

 

Nella Sudamerica

Hai ragione Mariana, facciamo con l’arte incursioni oltre le possibilità mondane, vogliamo andare a vedere. Perciò ascoltiamo musica, leggiamo libri, sogniamo, ricerchiamo nei laboratori. Dal non percepito dai sensi, ci arrivano messaggi misteriosi, confusi, dionisiaci, oscuri, mistici. Mondo misterioso che ha però qualcosa di familiare che attira, del resto è il mondo da cui proveniamo e in cui andremo, ha perciò qualcosa in fondo di confortante come un focolare, sembra il nostro posto. Si può solo intuire, perché appena appare subito scompare, sfugge e inquieta, come quando in sogno torniamo a casa, ma non la troviamo più, è sparita. Il cervello cerca nell’arte una pausa di tempo, uno sguardo che per un attimo si ferma su una tela, un marmo, un foglio di carta, una scena di un film, un suono o un canto. Ricordare significa rievocare immagini che abbiamo dentro di noi. L’arte fissa le immagini, la pittura, la scultura, la fotografia, la poesia, il romanzo, la musica, ed evoca di per sé la morte, poiché sono immagini passate. Ogni rappresentazione è vecchia, anche se da pochi secondi da quando è stata realizzata. C’è stata, è stata vissuta, ha avuto una sua vita, uno svolgimento nel tempo, ora non esiste più. Quel volto, quella scena, quella storia, quel paesaggio è stato, dove adesso io lo contemplo. Quello sguardo lo vedo, quella musica l’ascolto, ma non esiste più, è solo un’illusione di realtà, ottimizzata, senza tempo. Proprio per questo l’arte coglie quella scintilla che l’occhio non riesce mai a cogliere; ci fa sentire il senso del tempo, di perdita, di nostalgia, e di fine. L’immagine artistica è morta, ma si trova in un altro spazio, da cui può rinascere ogni volta che qualcuno la contempla, dialoga, entra in rapporto e si ravviva. Le opere d’immaginazione artistiche vere hanno una vita oltre il momento in cui sono state concepite, sono lontane e vicine, spariscono e ricompaiono, sopravvivono alla realtà che avanza, sono fantasmi che ritornano.

 

El Greco
Uno dei primi atti dell’uomo cosciente fu abbellirsi. Forse perché la bellezza è un sentimento come la sensazione di esistenza, forse è una trasformazione della sensibilità animale. “Téchne”, dicevano gli antichi greci, per indicare l’artigianato creativo, ottimo per perizia e abilità. Il prodotto artigianale però non è automaticamente bello. La bellezza la proviamo davanti alla vera arte, senza riuscire a darne una spiegazione. “Io non so cosa sia la poesia ma la riconosco quando la sento", scriveva il poeta inglese Alfred E. Hausmansi. Le prime forme di arte rupestre non servivano a nulla in un mondo pericoloso come quello, eppure narravano un sentimento. Scendevano nelle caverne con le torce, per incidere la differenza tra l’umano e il resto del mondo. La bellezza fu forse la prima interpretazione rappresentativa umana, della sensibilità animale che cambia. Il primo concorso di bellezza al mondo si svolse in Grecia, tre erano le candidate: Giunone, Minerva e Venere. Litigavano fra loro e Giove designò Paride giudice unico. Naturalmente era indeciso, allora Venere gli promise la più bella sulla Terra, Elena. Con la guerra di Troia, la sua bellezza fu la prima grande catastrofe dell’umanità. La bellezza quindi come primo atto dell’essere umano uscito dalla condizione animale, di sensibilità e di guerra. “La bellezza salverà il mondo” è la famosa frase di Dostoevskij nell’Idiota, coloro che la pronunciarono, tuttavia, finirono tutti male.

 

Professor Gallone

Se una donna va a comprare una gonna rossa, la commessa le consiglierà di abbinarvi sciarpa e cintura rosse. Un uomo con abito blu, metterà una cravatta a pois blu. In alcuni famosi dipinti del Rinascimento lo stesso azzurro ritorna in tutta l’opera, vedi L’Incoronazione della Vergine di Beato Angelico. La cornice, se nel dipinto c’era tonalità di blu, richiamerà quel colore. Gli accostamenti dei colori cosa ci dicono? L’occhio si è evoluto per sconfiggere la mimetizzazione, per individuare soggetti utili in scenari confusi. Oggi però in città tutto è distinto. Quando apparteneva alla categoria degli animali predati, l’occhio vigile era attento a scoprire pericoli in agguato. Osservava attentamente chi poteva nascondersi tra l’erba alta, dietro un cespuglio o immerso nell’acqua. Visione significava prevalentemente individuazione. Faceva la differenza tra la vita e la morte. Se una serie di macchie dello stesso colore marrone si trova dietro un cespuglio, è molto probabile sia un leone, scappare! Che ne sa la commessa che la gonna e le scarpe combinate è frutto dell’evoluzione dei circuiti del suo cervello? In passato il saper raggruppare i colori ha dato piacere, il cervello lo prova ancora trasformato in piacere estetico. Ci siamo evoluti nel corso di milioni di anni per interagire con il mondo e lo abbiamo rappresentato. Dagli affreschi paleolitici di Lascaux in poi. L’immaginazione rappresentata, ha tradizionalmente costituito una parte del nostro rapporto con la realtà. Il prof. Semir Zeki ha coniato un termine: neuroestetica. Quando ha studiato i dipinti di Mondrian, riscontrando un’attivazione delle cellule visive di orientazione e quando ha dimostrato che Magritte condusse esperimenti percettivi con la memoria visiva del cervello, ha gettato le basi per un’impresa neurologica di ‘comprensione’ dell’arte astratta. A livello elementare quanto accade nel cervello di un individuo intento nell’osservare l’opera astratta, è identico a quanto accade in tutti gli altri, vi sono degli elementi comuni e universali. Motivo per il quale è possibile comunicare anche attraverso questa tendenza artistica. Una capacità è quella di togliere l’ingombrante muro di separazione e mostrarci ciò che è nascosto. L’umano lo fa con l’esaltazione di uno dei suoi sensi più predisposti, con i colori, con i suoni, la danza, la musica, la scrittura. Essenzialmente sollevando l’incrostazione depositata in ognuno di noi, rivelando un’essenza comune.

 

Luciano Peccarisi

 

Il cervello immaginante

Release Date : in tutte le edicole. Distribuzione Rizzoli
ISBN Code : 9788822810205
Book Author : Luciano Peccarisi
Book Publisher : Imprimatur editore
Total Pages : 303

 

 

 

 

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