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Riflessioni sulla Mente

Riflessioni sulla Mente

di Luciano Peccarisi -  indice articoli

 

Il posto dell'anima

Aprile 2024


Tutte le emozioni “hanno in comune la prerogativa di far apparire uno stesso mondo, crudele, terribile, triste, felice, ecc… ma nel quale il rapporto delle cose con la coscienza è sempre magico .
(Jean Paul Sartre, Idee per una teoria delle emozioni)

 

Che cos’è l’anima

Chi sono io? Dove si trova la mia mente? In nessun luogo preciso. Potremmo perfino dire la stessa cosa del corpo, non esiste una localizzazione chiara, è costituito da un’infinità di cose, anche se la mattonella fondamentale è la cellula. Forse la stessa cosa si potrebbe dire della materia, alla cui base ci sarebbe il cosiddetto “atomo”. Tuttavia certamente alla mia base vi è la sinapsi, come indica il grosso volume di un eminente neuroscienziato: “Tu sei le tue sinapsi”(1). Nella sinapsi vi è uno spazio vuoto tra due cellule del cervello, i neuroni, che comunicano tramite il passaggio di una sostanza chimica, il neurotrasmettitore, rilasciato da uno e riassorbito dall’altro, per eccitazione elettrica. Vi sono circa 86 miliardi di neuroni, ognuno dai 1000 a 10000 contatti, ed è forse tutta questa neuromodulazione dell’informazione a creare il miracolo della mente. Si tratta di un intervallo magico, felicemente immortalato dall’intuizione di Michelangelo che nella Cappella Sistina fa sfiorare le dita di Dio (avvolto in una sorta di cervello) e di Adamo, il piccolo neurone (2). Non si toccano, forse immaginò un trasferimento dell’informazione, in questo caso, dell’anima.  Anch’io sono costituito da cellule, come tutto il resto del corpo, ve ne sono di tanti tipi e comunicano tra loro tramite appunto le sinapsi in cui avviene lo scambio. Tutti i neuroni comunicano tramite questi bottoncini sinaptici. Quelli umani non differiscono biologicamente dagli altri, tra i quali il nematode Caenorhabditis elegans del quale è stata pubblicata nel 2006 la mappa completa delle connessioni, il “connettoma”(3), cioè lo schema neuro-elettrico globale. Dentro di me vi è una grande mappa con vicoli, transiti, strade, autostrade, ponti, anse, paesi e città, una nell’emisfero destro e un’altra nel sinistro. In quest’ultimo si stabiliscono i sistemi neurali per il linguaggio e il mondo delle parole e dei concetti diventa parte del mio mondo mentale. Negli organismi elementari non c’è alcun punto centralizzato che regoli e controlli l’intero sistema. In quelli più complessi si costituisce un centro pilota, ogni specie ne ha uno modellato dall’evoluzione, quale sintesi di unità e coordinazione. Ma noi “siamo un fenomeno del tutto nuovo”, ha detto un illustre neuroscienziato, V. Ramachandran “che ha il destino nelle proprie mani e ‘non’ solo in quelle della chimica o dell’istinto…qualunque scimmia può tendere la mano verso una banana, ma solo l’uomo può tenderla verso le stelle”(4). Questa nuova essenza, un fenomeno inedito ed eccezionale, la possiamo tranquillamente e laicamente, chiamare “anima”. Se perdesse la memoria, uno scimpanzé adulto, a causa di un ictus che distruggesse il suo centro principale, l’ippocampo, e un essere umano, solo il secondo perderebbe anche l’anima. Perché lo scimpanzé vive, soprattutto, alla giornata. La nostra è invece costituita dalla ‘memoria autobiografica’ che contiene tutti i fatti che ci riguardano personalmente. Come quelli ripercorsi nella Recherche di Proust. E li tiene tutti uniti, come un fascio di sensazioni che nel loro insieme formano lo spirito vitale di ognuno di noi. Umberto Eco in “ La misteriosa fiamma della regina Luana”, descrive un signore che aveva perso la memoria: “È come andare nella nebbia, una nebbia spessa, opaca, che avviluppava i rumori e che faceva sorgere fantasmi senza forma… Sono uscito e piangevo… Dunque avevo ancora sentimenti. Sì, ma freschi di giornata. Quelli di un tempo non erano più i miei. Chissà mi chiedevo se ero mai stato religioso: certamente, comunque fosse, avevo perduto l’anima” (5).

 

Plasticità

Una delle mie caratteristiche più importanti è quella della grande plasticità. Nulla è fermo dentro di me, posso cambiare struttura e funzione in risposta a qualsiasi stimolo, apprendendo in ogni momento. Nessuno credeva possibile trasformare la mia architettura perfino attraverso il pensiero stesso, invece sono progettato apposta per essere malleabile. Ogni immagine, pensiero, suono, discorso, lettura, cambia le vie neurali. Alcune connessioni diventano più ricche e forti, altre si indeboliscono. Nella ripetizione germogliano nuove connessioni e la rete si estende, si inspessisce. Cameron M. era una bambina di quattro anni e, per curare una grave e rara malattia con crisi epilettiche, le fu asportato metà cervello. Con grande sorpresa, dopo un po’ di tempo, le rimase solo una lieve debolezza del lato opposto del corpo. I due emisferi controllano le due metà contro-laterali dei movimenti e della sensibilità corporei. Un recupero così straordinario è dovuto alla plasticità del cervello infantile, che in questo caso ha riorganizzato tutte le operazioni in metà spazio (6). L’ippocampo, il mio GPS, aggiorna e amplia continuamente il programma di navigazione. Questa grande potenziale plasticità è possibile anche in un cervello normale, per opera di studio, esperienze e apprendimento. Le idee, infatti, trasformano le connessioni, i circuiti e gli intrecci nervosi. Si formano e si perdono continuamente nuove sinapsi. Appena nati guardiamo ogni dettaglio e ogni particolare ci meraviglia, mordiamo e assaggiamo tutto, anche la cosa più disgustosa, sperimentiamo un sacco di odori e di profumi, tocchiamo sempre. Ascoltiamo milioni di parole e le idee si affollano nella mente. Poi comincia il grande disboscamento, alcuni circuiti e reti si rafforzano perché stimolate, molti diventano rami secchi e sono potati. Nella pubertà e adolescenza vi è una grande sovrapproduzione di rami, poi si opera il taglio; con rivolgimenti e scombussolamenti cognitivi, la grande potatura. Forse l’irrequietezza, l’ipersensibilità, l’eccessivo imbarazzo, il rischio giovanile dipendono da questo. Educazione, ambiente e caso svolgono un ruolo fondamentale. La rete neurale interconnessa e con cui siamo nati non si stabilisce una volta sola ma, al contrario, prolifera per ondate successive dalla nascita alla pubertà, e anche dopo. Ogni ondata affoga ricordi e fa riemergere idee sepolte. Tutti fenomeni transitori e sempre potenzialmente cangianti. Si accresce e si modifica la struttura originale con cui siamo venuti al mondo. L’epigenesi (quello che avviene fuori dalla genetica) seleziona la posizione dei neuroni e i loro collegamenti che a loro volta influiscono sull’assetto genico. Apprendere è stabilizzare combinazioni prestabilite, eliminarne altre, aggiungerne di nuove, creare nuovi raccordi. Il plasmarsi della vita mentale continua sempre, fino a un’eventuale totale trasformazione. Ergastolani in carcere hanno studiato e sono diventati bravi professori o avvocati: è un’impresa difficile ma con volontà e apprendimento, non impossibile. Siamo ciò che facciamo, apprendiamo e perfino ciò che possediamo, oltre al carattere siamo la nostra reputazione, il mestiere, i vestiti, l’orologio, le scarpe, l’automobile, il telefonino, il portafoglio e mille altre cose. Se ci rubano l’auto o perdiamo il cellulare, è una parte di noi che ci manca. Tutte le connessioni create sono diventate parte di noi. Certo tutto è cervello, ma abbiamo inventato termini come spirito, anima, mente, interiorità, inconscio, conscio, Sé, Io, per riferirci alle varie sfaccettature del suo essere.

 

Autoriflessione

La rete neuronale dedicata all'auto-riflessione si è estesa ed è iniziata la navigazione nel tempo. Ho inventato il senso del tempo, che si è aggiunto agli altri sensi. Posso andare con la mente avanti e indietro, ricordarmi bambino o immaginarmi all’ospizio. Il senso del tempo è un optional acquisito con cui mi rappresento in forma narrativa, rendo così intellegibile la mia vita.  L’auto-riflessione ha scolpito una rete neuronale che si attiva solo quando rifletto internamente, e si disattiva appena rivolgo i pensieri ad altro da me, fuori, al mondo esterno. L’hanno chiamata DMN (default mode network), è una rete che mi attraversa tutto, con un percorso centrale, dalle aree prefrontali dietro la fronte verso le occipitali, dietro la nuca (7). La nuova rete neurale è capace di costruire una risposta non episodica e di formare un tessuto coerente dalle molteplici esperienze. Questa “rete neurale è associata alla memoria, alla riflessione su sé stessi, al vagabondaggio emotivo, all’immaginazione, all’elaborazione emotiva”(8). Forse questo è il luogo fisico della coscienza specificatamente umana e in un altro senso, dell’anima. Anche gli animali hanno una percezione del tempo, però è limitata, con momenti che iniziano e terminano senza troppi legami tra loro e senza costituire un lungo nesso. Il mio legame invece nasce sin dall’inizio e perdura fino al termine della mia vita. La rete DMN entra in pausa e si spegne quando si presta ascolto all’ambiente che sta intorno; le prestazioni sono migliori in un compito da eseguire se è maggiormente soppresso tale sistema. Quando per esempio si pratica uno sport, l’attenzione deve essere abolita, solo gli automatismi contano, se penso singolarmente ai movimenti che devo compiere nel giocare a tennis o dribblare nel calcio, la prestazione peggiora.

 

Le sfaccettature dell’ “Io”

Tutta la mia storia evolutiva partecipa alla funzione della mente, prima e dopo la sua connessa estesa con il mondo:“Non c’è nulla di intrinseco in una data composizione biochimica che la renda più adatta a produrre una mente” (Michele Di Francesco, Massimo Marraffa, Il soggetto). Lo rivelano le sfaccettature dell’”Io”, evidenti in certe patologie. Quando i suoi confini ondeggiano, sono incerti o mal percepiti, pezzi di vita psichica appaiono estranei, le intuizioni sono sbagliate e nascono gli errori cognitivi. Nella dislessia non si comprende la scrittura, nell’acalculia non si riesce a far di conto, nell’afasia spariscono le parole. Nell’agrafia vi è incapacità di scrivere, nell’afonia di parlare. L’agnosia è un disturbo di identificazione. Alcune condizioni sono vere e proprie stranezze cliniche. La signora M., per esempio, era convinta che suo marito fosse un sosia, e a sua volta una copia di un altro, fino a contarne ottanta. Fu il primo caso descritto nel 1923 da Joseph Capgras. Chi soffre della sindrome di Capgras (9) vede impostori che hanno sostituito gli originali. Nella prosopoagnosia non si riconosce un volto familiare, anche se risulta simpatico. Nella sindrome di Fregoli, dal nome di un trasformista italiano del primo Novecento, si è convinti che le persone siano lo stesso individuo che si trasforma. Nella sindrome di Cotard ci si dichiara morti, si parla infatti anche di sindrome del cadavere ambulante. In questo caso non solo è interrotta la via del riconoscimento dei volti, ma tutte le comunicazioni con l’intera area delle emozioni: manca il contatto emozionale con l’intero mondo. Nell’anosognosia non si ha consapevolezza della malattia, si può non essere coscienti di essere a letto, alzarsi e andarsene. E poi vi sono le classiche malattie della mente, la schizofrenia, le depressioni, le personalità multiple, eccetera.


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NOTE

1) Le Doux J. (2002) Il Sé sinaptico, Cortina, Milano, p. 450
2) Nel 1508 papa Giulio II assegnò a Michelangelo l’incarico di dipingere la Cappella Sistina. Frank Meshberger, un neurologo, durante una visita notò come uno degli affreschi più belli di Michelangelo suggerisse un’immagine del cervello. Nel lavoro ‘Un’interpretazione della Creazione di Adamo di Michelangelo’ basata su studi di neuroanatomia, pubblicato nel 1990 sulla prestigiosa rivista scientifica Journal  of American Medical  Association, affermò che la figura centrale della volta della Cappella Sistina, riproduce l’immagine del cervello umano, rappresentato come una nuvola che avvolge Dio.
3) Sembra impossibile eppure Sebastian Seung, un neuroscienziato di Princeton, ci sta lavorando. Tagliando in sottilissime fettine il tessuto cerebrale, scannerizzandolo e mettendolo in un computer attraverso algoritmi adatti, è convinto «che la connettomica raggiungerà i suoi obbiettivi, per quanto ambiziosi possano sembrare». Finora è riuscito ad ottenere un quadro completo non più grande di una capocchia di spillo di cervello tridimensionale. Per archiviarlo tutto occorrerebbero mille miliardi di gigabyte, cioè la stessa dimensione dell’intero contenuto digitale mondiale. In teoria in futuro questa operazione potrebbe essere realizzabile, ma che dire della consapevolezza? La magia dell’immaginazione umana scorre sopra all’attività chimica ed elettrica di milioni di miliardi d’interazioni. Al massimo arriverebbe a una simulazione del sistema, che è lo scopo dell’Human Brain Project, il progetto europeo da un miliardo di euro, per formare il puzzle del connettoma cerebrale, l’insieme delle connessioni tra neuroni.  Seung S. (2016) Connettoma, Codice edizioni, Torino, p. 349
4) Ramachandran V. S. (2012) L’uomo che credeva di essere morto, Mondadori, Milano, p. 16
5) Eco U. (2014) La misteriosa fiamma della regina Luana, Bompiani, Milano
6) Maira G. (2019) Il cervello è più grande del cielo, Solferino, Milano P. 45
7) M. E. Raichle, A. M. MacLeod, A. Z. Snyder, W. J. Powers, D. A. Gusnard e G. L. Shulman, Inaugural Article: A default mode of brain function, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 98, n. 2, 2001, pp. 676-82
8) Nichelli P. (2020) Il cervello e la mente, il Mulino, Bologna, p. 35
9) Potrebbe essere causata da un mancato collegamento tra aree preposte al riconoscimento dei volti e quelle delle emozioni, chi ne è affetto non prova  la reazione emotiva “giusta”.


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