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Riflessioni sulla Mente

Riflessioni sulla Mente

di Luciano Peccarisi -  indice articoli

 

La percezione del tempo

Aprile 2021


C'è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge. Allora, istintivamente, rallenta il passo. Chi invece vuole dimenticare un evento penoso appena vissuto accelera inconsapevolmente la sua andatura, come per allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo. Ognuno di noi sperimenta due generi del passaggio del tempo, uno interno, nostro, privato, personale, soggettivo, che non passa mai nella sala di attesa o se assistiamo a un'opera noiosa, è invece velocissimo nei momenti piacevoli. Lo sentiamo continuo nella veglia di giorno e sballato nel sogno o nelle malattie psichiatriche. Quello esterno lo dobbiamo rispettare se non voglio perdere l'aereo, perciò ho l'orologio per trovarmi nel momento giusto all'appuntamento. Un tempo dunque è basato su di me e un altro è basato sul mondo.  Quello basta su di me mi permette di localizzarmi e di essere parte del mondo e, infatti, nel sogno o nella psicosi non siamo localizzati da nessuna parte, siamo spersonalizzati. Se vogliamo essere qualcosa di continuo, dobbiamo allinearci al mondo.
Per alcuni il tempo passa velocemente, per altri in modo più lento. La differenza è legata a tante cose, la più oggettiva di esse è l'età. Per il cervello di un bimbo le esperienze sono sempre diverse e creano nuove vie e circuiti neurali, nell'adulto sono spesso ripetitive e non creano nulla di nuovo, girano sullo stesso solco del disco cerebrale. Anche nell'adulto il tempo sembra volare quando vi è interesse e piacere, ed è lunghissimo nella noia. Negli incidenti e nelle forti emozioni il tempo sembra rallentare e scandire i momenti. Ricordo benissimo cosa stavo facendo quando arrivò la notizia dell'attacco alle torri gemelle. O quando entrai per la prima volta in ospedale. Un orologio interno è l'ipotalamo e se a sua insaputa spostiamo il fuso orario con un lungo volo aereo, la sua alterazione provoca gli effetti del jet-lag. Il tempo è l'impalcatura delle mie esperienze e dei miei comportamenti. Un'impalcatura instabile che si espande e si contrae come una fisarmonica. Le emozioni, la musica, l'aumento o il rallentamento di attenzione, accelerano o rallentano il tempo percepito.
Oggi viviamo accelerati e si è persa l'importanza di indugiare nei propri pensieri. Pare che gli animali non si accorgano del tempo o non se ne interessano è ciò li fa apparire tranquilli e sereni. Al leone non serve sapere il giorno, mese o anno in cui si trova, nemmeno a uno scimpanzé che cambia il giaciglio ogni notte, getta via il ramo per estrarre le termiti o la pietra per schiacciare le noci. Non conserva nulla, anche se gli sarebbe utile una scorta di sassi, in previsione di un pericolo. Gli scoiattoli o le formiche sembrano accumulare cibo per periodi più difficili, ma è un comportamento dettato dalle istruzioni genetiche. Gli orsi aspettano l'arrivo dei salmoni che risalgono i fiumi per deporre le uova. Poi, stranamente, mangiano solo la pelle perché contiene il grasso bruno, necessario per il letargo invernale mentre la rosea carne la buttano, se mangiassero l'intero pesce sarebbero subito sazi e non accumulerebbero a sufficienza quello bruno, tutto è scritto nei geni.  Scoiattoli, formiche e orsi agiscono senza sapere perché. Gli scimpanzé, per Jane Goodall, sono in grado di imparare la lingua dei segni, allo stato brado però non trasmettono informazioni su cose assenti, non sono in grado di insegnare ciò che è accaduto l'anno prima o dieci giorni fa e nemmeno uno. Certamente non sanno fare progetti da qui a cinque anni. Anche noi umani agivamo così, senza badare al tempo. Gli Hopi, un popolo di nativi americani, parlano una lingua in cui manca il tempo. Manca il futuro e il passato, non hanno il concetto di simultaneità degli eventi. Si basano su due categorie: ciò che è manifesto ed evidente e quello che deve ancora accadere. Quello che percepisco o che ho percepito ha la stessa declinazione, poi ve n'è un altra per quello che forse si manifesterà: sogni, pensieri, desideri. Gli Hopi vivono in un mondo senza tempo, come gli animali.
Il tempo è, insomma, una nostra invenzione recente. La gazzella calcola la distanza dal leone, una sicurezza di poter scappare in tempo. Tutti gli organismi conoscono il proprio territorio, ne hanno una mappa aggiornata. Il luogo dove stiamo diventa una mappa nella testa. Quando da un piccolo paese ti ritrovi a vivere in una grande città cambia il concetto di spazio (più la città è grande, più la tua casa è piccola) e anche quello di tempo, le ore durano venti o trenta minuti al massimo. Per parlare del tempo ricorro ancora alle metafore dello spazio: è stata una lunga giornata, torniamo indietro nel tempo, dobbiamo accorciare la lezione, prendiamoci una pausa o estendiamo la riflessione. Gli animali non sanno che l'azione di oggi, come l'andare in letargo, è in funzione del futuro, io invece immagino sempre prossimi scenari. Prevedere è nella mia costituzione, costruisco utensili per usarli in seguito, semino e poi aspetto il prodotto, costruisco rifugi per le intemperie. Risparmio per spendere domani, abito in case di cemento contro la forza della natura, indosso cinture e casco per probabili incidenti. Lo faccio perché a qualcuno è servito, i semi sono diventati piante, i poveri esistono, le case sono state distrutte dai terremoti, molti si sono salvati da incidenti protetti dal casco. Recito perfino le preghiere in previsione di qualche altro tipo vita. Immaginando posso prepararmi, lo facciamo tutti per l'avvenire, per non avere eccessive sorprese. Con questa nuova possibilità ho trasformato la passività di accettare la natura, nell'azione di trasformarla. Anticipare gli eventi è la mia attività principale, legata alla capacità di conservare, memorizzare.  Il tempo che scorre senza gioie né dolori, è chiamato Chronos dagli antichi greci, una successione di istanti. Con Aiòn alludevano invece al tempo come durata, con le intermittenze dell'esistenza personale, mentre Kairòs indicava l'occasione da cogliere al volo, l'attimo fuggente, rappresentato nell'arte da un giovane dal grande ciuffo sul davanti e calvo sulla nuca, se non l'afferri quando passa non riesci più ad afferrarlo da dietro.
Per gli animali il tempo è quello che ci mettono ad attraversare il fiume, scendere a valle o salire in collina, l'intervallo tra quando piove e smette, quando si ha fame, quando cala la notte o si alza il sole. Il tempo è esterno, nei fatti, sono loro che iniziano e finiscono. Io lo sperimento nei miei pensieri, passano o stazionano e ne assegno un valore. Se ho avuto una storia con Gianna, lo considero un tragitto importante di tempo, fornito di senso, non una scansione di fatti. Il mio tempo è soggettivo, l'altra notte mi sono svegliato alle 5, prima che suonasse la sveglia delle 6,30 e con un occhio le ho dato uno sguardo, l'ho chiuso, poi un flash d'immagini, un attimo dopo ho sentito trillare, era già passata un'ora e mezza! Costruisco il senso del tempo quando plasma lentamente la mia storia. Appena nato non sapevo di esistere, non mi distinguevo dal mondo, poi ho guardato le mani, il corpo e mi sono visto allo specchio. A due anni mi arrabbio se non portano la pappa e a sei nasce un senso di identità. Cresce il mio racconto, pensieri su pensieri, sul presente. Un misto di percezioni, emozioni, suoni, odori che sfumano con i prossimi impegni.
Ma il presente sono io, occorrerebbe dedicare più tempo al presente, più mi aggancio a esso e più vivo. La nuova intensa relazione tra me e il mondo interiore produce cambiamenti della mia identità. Da essere senza passato e senza futuro, come gli animali, sono un tempo esteso, che è una costruzione mentale. In certe malattie come la schizofrenia o la depressione è alterato e provoca, tra l'altro, un senso di estraneità, un restringimento o allungamento del senso temporale. Il tempo dunque è dentro di noi, nella nostra carne: “Vola il tempo lo sai che vola e va, forse non ce ne accorgiamo, ma più ancora del tempo che non ha età, siamo noi che ce ne andiamo” (Valzer per un amore, F. De André). In tutti gli esseri viventi è così, certe cicale americane si mettono a strillare ogni diciassette anni; alcune piante e fiori, come i girasoli, sono capaci di seguire i ritmi della luce e del buio. Possiedo un nucleo di neuroni che mantiene certi ritmi, è il nucleo soprachiasmatico, sono pochi neuroni, circa ventimila, collocati nell'ipotalamo. Il mio corpo percepisce le variazioni climatiche, come mi ricordano i dolori reumatici quando vi è troppa umidità.
Gli antichi romani inventarono il termine ozio (otium) per affermare che il piacere della vita si assapora nel presente, nell'oziare si allunga il tempo. In alcune terre del sud ci si siede a un tavolino, si guarda il passeggio, conversando e raccontando, in ozio. I bambini vivono intensamente il presente, immersi nei giochi o rapiti da racconti emozionanti, tutto per loro accade ora, adesso. Se non c'è il racconto, non esiste il tempo. Perciò ai nonni piace tanto raccontare. Per vent'anni Ulisse aveva desiderato il ritorno e una volta a casa capì, con stupore, che la sua vita, si trovava in realtà fuori da Itaca, in quegli anni di vagabondaggio. E quel tesoro lo aveva perduto e l'avrebbe recuperato solo raccontando “aspettava una cosa sola, che gli dicessero finalmente: racconta! Ed è la sola parola che non gli dissero mai”.


Luciano Peccarisi


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