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Riflessioni sui Nativi Americani

Riflessioni sui Nativi Americani

di Alessandro Martire  - indice articoli

 

Il concetto del "sacro" nelle culture delle popolazioni aborigene del Nord America

Gennaio 2011
Di Alessandro Martire
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LA PURIFICAZIONE:

 

Il rito della purificazione (chiamato dai Lakota: INIPI - oppure onikare - CHE SIGNIFICAVA RINASCERE) era alla base di qualsiasi cerimonia spirituale e di qualsiasi attività quotidiana come la battaglia, la caccia o una scorreria per la cattura di cavalli. Era praticato ogni giorno e non era solo una purificazione corporea ma anche dell’anima.
Per praticare tale rito si costruiva, al limite esterno del villaggio, una specie di “tenda” di forma semisferica, utilizzando 13 pali di salice (talvolta anche in numero maggiore) posti in cerchio di modo che poi piegandone le estremità e congiungendole fra loro si ottenesse una forma ad igloo. Nel mezzo di questa struttura era scavata una piccola buca in terra ed il tutto veniva coperto con pelli di bisonte e successivamente, nei tempi più recenti con coperte. Davanti alla piccola entrata della capanna sudatoria, con la terra che si ricavava dalla buca scavata al centro, si creava una piccola montagna sulla quale era posto generalmente il cranio di un bisonte (questa montagnola rappresenta il nostro pianeta ed il teschio l’essere vivente che per eccellenza permetteva la vita ai Nativi delle pianure: appunto il bisonte). Oltre questa montagnola veniva scavata una buca molto larga e profonda nella quale veniva acceso il fuoco che avrebbe reso incandescenti le pietre usate nel rito.
capanna sudatoriaL’interno della capanna sudatoria, era cosparso di salvia (come detto si tratta della qualità botanica “artemisia lodoviciana”) sacra nei punti in cui ogni partecipante si sarebbe poi seduto formando un semicerchio sempre seguendo il “percorso del sole”. Con questa erba sacra, ognuno si sarebbe strofinato il corpo durante la “sudorazione”. Una volta riscaldate le pietre i partecipanti, guidati da colui che dirige la cerimonia, si disponevano nell’interno, in attesa che colui che “attende alle pietre ed al fuoco” con un bastone forcuto introducesse le prime quattro pietre all’interno sempre da ovest verso est. Una volta poi disposte le prime pietre seguivano le altre da un minimo di 7 fino a 40 o più. Si comprende la grande quantità di calore che si sprigionava assieme a vapore acqueo, quando su di esse era versata dell’acqua fredda, l’intercessore spirituale, che presiedeva il rito della capanna sudatoria, eseguiva generalmente quattro serie di canti sacri e dopo ognuno di questi la porta della capanna veniva aperta facendo entrare aria fresca all’interno. Alla terza preghiera, generalmente veniva fumata la sacra pipa da tutti i partecipanti ed era anche offerta loro dell’acqua da bere o da rovesciarsi sul corpo per ottenere un po' di refrigerio. L’interno della struttura completamente buio rappresentava per i Lakota il ventre di nostra madre ed in questa simbologia si evidenzia il significato del rito che permette appunto di “Rinascere”, tanto più che all’interno della capanna sono presenti i 4 elementi della vita e cioè: acqua-aria-fuoco-terra.
Con questo rito il Lakota purificava il suo io, si liberava dalle negatività sia fisiche che spirituali, pronto ad affrontare poi nuovamente il mondo esterno con un nuovo approccio, lasciando all’interno della “capanna di sudorazione” tutto ciò che di negativo era stato fino a quel momento accumulato.

 

Date le grandi difficoltà di sopravvivenza quotidiane che erano una regola nella vita dei Nativi, quando essi volevano ringraziare il “grande spirito” per qualcosa che avevano ottenuto, un semplice grazie non era per loro sufficiente, per questo spesso, per certe forme di riconoscenza era posta in essere una qualche forma di sofferenza fisica personale. Abbastanza frequentemente accadeva che quando un guerriero tornava vincitore da una battaglia o da qualsiasi altra situazione dalla quale avesse avuto un risultato positivo, egli si praticasse sulle braccia o sul petto delle incisioni col coltello, o addirittura offrisse, come ringraziamento, piccoli lembi di carne tagliata dalle gambe o anche dalle braccia.
Anche nella cerimonia della “danza del sole”che sicuramente riveste un’importanza fondamentale tra i Nativi delle pianure, l’auto sacrificio è presente. Questa cerimonia sebbene praticata dalle varie tribù in modo talvolta diverso aveva in comune un significato che deve necessariamente essere capito per non rischiare di fraintendere le singole azioni che si verificano nella cerimonia. Se osserviamo come i Nativi si mettevano e si mettono ancora oggi in rapporto sia con il “grande spirito” (inteso come emanazione di energia positiva che tutto ha creato in perfetta armonia ed equilibrio) sia con tutte le forme del creato, osserviamo che secondo loro l’essere umano, inserito in questa sfera armoniosa anche in relazione all’ambiente circostante, deve sempre ringraziare per tutto ciò che ha a sua disposizione per vivere, per tutti i meravigliosi doni che danno la vita a lui ed ai suoi familiari così come al suo Popolo. Per i Nativi non esiste prendere senza restituire ciò che hanno avuto. Il ringraziare non è solo una frase... “grazie di tutto”, ma deve esternarsi dal soggetto che ringrazia in modo anche materiale, tramite cioè delle azioni concrete. Talvolta agli occhi dello spettatore, azioni anche cruente o violente, che hanno il preciso significato di ridare, tramite la propria sofferenza fisica, solo una parte di tutto ciò che si è ricevuto non solo in termini materiali ma anche come insegnamento di vita,di esperienza, sensazioni, visioni, etc. Senza dubbio durante la Danza del Sole le prime preghiere sono riservate alla “vita” del Popolo (…perché il popolo viva), alla salute dei bimbi malati, degli anziani, delle persone che soffrono o che hanno perso un loro amato, quindi le preghiere scendono ad un livello personale. Il soggetto (che possiamo chiamare “danzatore del sole”) invia le preghiere per la salute dei suoi familiari, di se stesso e così via.
Abbiamo evidenziato precedentemente come nel pensiero e nella “filosofia” dei Nativi tutto abbia aspetto sferico, circolare: tutto si muove seguendo il “naturale movimento del sole e con esso quello del la terra e degli astri”. danza del soleAnche il luogo dove si svolge la Danza del sole è circolare, costruito con pali in legno tali da formare un perfetto cerchio. Esattamente al centro del cerchio viene scavata una grande buca che rappresenta nostra madre, la terra. All’interno di questa buca verrà successivamente disposto il “Wakachan” cioè il sacro albero di pioppo che rappresenta l’elemento maschile, l’antenna che invierà nell’universo ed al “Grande padre” le nostre sofferenze e le nostre suppliche. Ogni danzatore lega la sua “corda” ai rami alti del pioppo, che rappresenta il cordone ombelicale che un tempo ci legava a nostra madre. Le incisioni che il leader spirituale esegue su ogni danzatore, esattamente all’altezza dei muscoli pettorali, tagliando da una parte all’altra la carne e facendovi scorrere due schegge o in osso o in legno provocano il dolore fisico, accentuato dalla corda che viene fissata a queste schegge. Ogni danzatore con movimenti di tensione cercherà di lacerarsi la carne, liberandosi dalla corda e dalle schegge con enorme dolore fisico. Tale sofferenza è simile a quella che nostra madre un giorno provò per darci il più grande dono: LA VITA.
In questo modo i danzatori restituiscono alla loro madre, la terra, parte di queste sofferenze e del loro sangue, per ringraziare prima di tutto della vita avuta e di tutto ciò che con essa ci è stato e ci sarà dato inoltre il rito intende esprimere l’umiltà che ogni danzatore dimostra, dando in sacrificio ciò che di più prezioso ha: il suo corpo fisico ed il suo sangue, rifacendo in modo simbolico ciò che fu fatto all’inizio della creazione. All’interno del cerchio e per 4 giorni senza mangiare e senza bere. Si danza pregando e sacrificandosi per gli altri, per le sofferenze dei nostri cari, per un mondo migliore.
Questo rito, che assume forme procedurali diverse a secondo delle Tribù, ha sempre un significato comune che è quello descritto.
I Lakota pensavano e pensano, che soffrendo al centro del sacro cerchio, essi assumessero su se stessi tutte le sofferenze della loro gente e che il loro corpo sacrificato rappresentasse l’ignoranza dell’uomo. Pertanto con queste cerimonie cercavano di essere il più umili possibile e di liberarsi da ogni più bassa “negatività”, tutto ciò per il bene del loro Popolo.
La danza del sole si teneva nei mesi estivi - generalmente nel solstizio d’estate -  quando la luna era piena, e l’accampamento si riempiva di gioia ed allo stesso tempo di profonda sacralità. Guerrieri e donne indossavano i loro vestiti migliori e talvolta clan diversi si riunivano insieme per celebrare questo importante evento.


danza del soleTutti, nei giorni della celebrazione, offrivano i loro doni al sacro albero, pregavano, digiunavano e quotidianamente al mattino ed a sera eseguivano il rito Inipi della purificazione nei 4 giorni della danza ai danzatori non era permesso toccare, usare od avvicinarsi all’acqua.
Ogni danzatore preparava una corona di salvia sacra da portare intorno alla testa durante la danza e delle manopole sia per i polsi che per le caviglie. Ognuno di loro aveva il suo fischietto in osso di aquila che serviva a soffiarci dentro sia per imprimere un certo ritmo, assieme ai tamburi, alla danza, sia per soffiarci dentro nel momento in cui era compiuto il sacrificio, in modo da non emettere nessun lamento vocale.
Quasi sempre, un ventaglio in piume di aquila o di falco, era portato dai danzatori e coloro che non lo possedevano se ne costruivano uno usando lunghi ciuffi di salvia sacra.
Ognuno portava dietro la nuca una o più piume di aquila, talvolta anche erette ai lati della testa ed inserite nella corona di salvia, il leader poteva indossare il suo copricapo di guerra.
Durante le danze si usava colorare i corpi ed i volti dei danzatori nel seguente modo: un cerchio nero intorno al volto rappresentava gli “spiriti”; quattro linee verticali nere che arrivavano al mento simboleggiavano la potenza delle quattro direzioni, alcune linee nere potevano essere dipinte intorno alla vita, ai gomiti e nella parte superiore delle braccia nonché alle caviglie ed esse rappresentavano i legami della “ignoranza terrena” che legano il danzatore alla terra rendendolo schiavo delle negatività umane. Alla fine della cerimonia, coloro che avevano preso parte alla danza del sole, eseguivano generalmente un’altra cerimonia importante che consisteva nel portare ai piedi del sacro albero ed all’interno del cerchio oggetti come coperte, vettovaglie, cibo, giocattoli da distribuire ai poveri, agli anziani ed ai bimbi.
Durante la danza del sole si intrecciavano altre importanti cerimonie come ad esempio quella dell’imparentamento, nella quale un soggetto era accolto nel Tyospaye (famiglia in senso allargato) di un altra persona, oppure venivano dati dei nomi a dei giovani, o venivano ricordati i cari defunti, o si eseguivano delle danze per ringraziare di alcuni eventi positivi avvenuti al Popolo.
Dobbiamo subito ricordare che questa cerimonia fu vietata dal governo degli Stati uniti alla fine del 1800 e solo da 17 anni è stata riammessa nella sua versione originale. Fino a quel momento i Nativi erano costretti a svolgere le loro sacre cerimonie di nascosto dall’uomo bianco in quanto passibili di essere addirittura arrestati!!
Inoltre grandissima importanza era attribuita a canzoni che erano ricevute durante una “visione”. Fra i Piedi Neri l’uomo di medicina era in costante movimento al ritmo di un canto ricevuto durante un sogno o avuto durante una visione.
All’interno di un villaggio, vi erano persone che sapevano abilmente suonare lo strumento tipico dei Nativi delle pianure, cioè il “tamburo”, il numero dei suonatori rispettava il n°4 (cioè le quattro direzioni sacre dell’universo) o talvolta anche il n°7, a loro si aggiungevano persone che cantavano, la loro musicalità è molto diversa da quella Europea basata su 7 note e si può definire “pentatonica”.
L’intento principale di ogni cerimonia spirituale dei Nativi era quello di chiedere l’aiuto “divino” mediante l’intercessione degli esseri “celesti” oltre agli elementi del creato assieme a tutte le forme animate e non presenti sulla terra.
Le cerimonie potevano essere molto semplici, come il fumare la sacra pipa all’interno della propria tenda, oppure molto complesse e coinvolgere tutto il campo ed addirittura tribù o clan vicini, tale aggregazione di persone serviva anche a creare fra i vari gruppi un legame sociale che sorto per motivi di spiritualità, poteva poi svilupparsi anche come legame commerciale e di solidarietà fra villaggi.

 

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