Riflessioni sulla Psicosintesi
di Fabio Guidi indice articoli
L'animo molteplice
Giugno 2010
L’uomo non è un’unità, è diviso. Basta osservarsi nel corso di una nostra giornata tipica per riconoscere quante volte ci infiliamo e sfiliamo maschere sociali in modo da rispondere alle diverse situazioni e relazioni che la vita c’impone. Il nostro ‘io’ cambia incessantemente come i nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri desideri… In altre parole, siamo “uno, nessuno e centomila”, come intuisce all’improvviso e amaramente Vitangelo Moscarda, il protagonista dell’opera pirandelliana. Una scoperta davvero desolante.
Alcune semplici domande sono sufficienti per portare ad una luce inclemente questa molteplicità:
Innanzitutto, gli altri che cosa credono che tu sia? In che modo ti vedono e come reagiscono al tuo comportamento? Quante immagini di te si creano nella percezione degli altri?
E poi, che cosa vorrebbero che tu fossi? Quali aspettative hanno nei tuoi confronti? Quante pressioni subisci?
Infine, che cosa vuoi apparire agli altri? Qual è la maschera principale che esibisci di fronte agli altri? A quali modelli ti riferisci?
Che cosa sei, realmente, in questa ridda di immagini così diverse?
Insomma, la prima cosa da comprendere nel nostro cammino di conoscenza di sé è che l’uomo non è padrone di se stesso, perché è diviso interiormente. Se la sua parte cosciente sente, pensa e vuole certe cose, inconsciamente altre parti di sé lo guideranno in direzioni assai diverse, per non dire opposte. L’uomo, in realtà, è composto di molte parti, è un insieme di «sub-personalità», di alcune delle quali è sufficientemente cosciente, di altre del tutto inconsapevole, ignaro. Ognuna di queste subpersonalità è una ‘personalità in miniatura’, con caratteristiche specifiche:
- Sul piano dell’identità personale, comporta una identificazione parziale, con un ruolo, una funzione, una maschera, un gruppo sociale, un’ideologia, un’età della vita, e così via. Quando, ad esempio, m’identifico con l’affermazione “io sono un ingegnere”, il senso del mio ‘io’ si restringe fino ad escludere rigidamente ciò che non rientra in questa categoria. È facile cogliere le conseguenze negative di una identificazione di questo tipo in presenza di espressioni quali ‘italiano’ o ‘padano’, ‘cristiano’ o ‘islamico’, ‘bianco’ o ‘di colore’, ‘maschio’ o ‘femmina’, ‘romanista’ o ‘laziale’, eccetera. Insomma, un conto è essere italiano (che è un banale dato di fatto) e un altro è l’eccessiva identificazione con l’“italianità”, la quale, lungi dal costituire un ammirevole spirito patriottico, mi porta ad erigere steccati, muri di divisione con tutti coloro che italiani non sono, o non lo sono abbastanza.
- Sul piano comportamentale, ogni subpersonalità utilizza certe espressioni e una specifica gestualità, un determinato linguaggio e un particolare tono della voce, ma ci lega anche ad abitudini, desideri e impulsi più o meno improduttivi, o a veri e propri difetti. Quando in me prende il sopravvento la “subpersonalità dell’Aristocratico”, assumerò una postura improntata al contegno, l’espressione del mio volto sarà ostentatamente dignitosa, i miei gesti risulteranno misurati e affettati, userò un linguaggio ricercato e la mia voce avrà una sfumatura snob. Questa subpersonalità amerà vestirsi in un modo particolare, giocare a bridge, frequentare un certo club, e così via. Questo è solo un esempio, non è la descrizione di una subpersonalità tipica, ben inteso.
- Sul piano corporeo,invece, una subpersonalitàmanifesta un particolare stato fisico, imponendoci spesso certe somatizzazioni, spasmi, blocchi energetici e tensioni muscolari. All’interno della subpersonalità del “Militare”, ad esempio, potrò avvertire il mio corpo rigido e trattenuto, evidenziando tensioni in certe zone corporee e tendendo a bloccare il respiro in fase inspiratoria. È importante afferrare che questi atteggiamenti corporei non possono non influire sull’economia energetica dell’intero organismo, che poi si riflette sulla funzionalità di organi e apparati.
- Sul piano emotivo, ogni subpersonalità denuncia specifici stati d'animo, bisogni e aspettative, che frequentemente si traducono in reazioni coatte e conflitti fonti di sofferenza. Quando sono identificato con “la Vittima” sentirò un senso d’impotenza, più o meno rabbioso o rassegnato, sarò ipersensibile ad ogni ingiustizia, vera o presunta che sia, e reagirò isolandomi, o protestando vivacemente, o maturando sotterranei propositi di vendetta, eccetera. In altre parole, sarò dominato da uno stato emotivo di fondo, che colorerà qualsiasi situazione si presenti al momento.
- Sul piano mentale, infine, una subpersonalità difende particolari convinzioni, idee e opinioni, non di rado fissandoci in un’ottica angusta e in pregiudizi. Se m’identifico con la subpersonalità dell’Imprenditore, arriverò a sostenere fermamente che l’uomo è artefice del suo destino, che è solo una questione di iniziativa e capacità personale, che lo stato dovrebbe ridurre al minimo gli ostacoli all’esercizio della libertà imprenditoriale, anche sacrificando gli interessi collettivi, che le esigenze dei dipendenti sono esose e dimentiche di quante responsabilità deve farsi carico il datore di lavoro, e così via, all’infinito. Va da sé che una volta che subentri un’altra subpersonalità, ad esempio del Padre Comprensivo, potrò argomentare in maniera del tutto diversa.
In definitiva, ogni uomo è una molteplicità di parti, il suo nome è ‘legione’ (cfr. il Vangelo di Marco 5, 9 e parallelo); nello stesso tempo, possiede un repertorio limitato di subpersonalità, di ruoli, e al di fuori di questi ruoli si sente a disagio, nudo, spaesato. Ebbene, il Lavoro consiste proprio nello smantellare questi ruoli, un’opera che, tecnicamente, si definisce con l’espressione “lucidare l’Io”.
Fabio Guidi
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