Riflessioni su Nulla
di Vittorio Sechi indice articoli
Il Nulla
Novembre 2016
Quella che segue non è una dissertazione filosofica, non utilizza neppure il linguaggio dei filosofi. Ma se è vero quel che afferma Paul Valéry nei suoi Quaderni, è evidente che noi tutti, ogni qualvolta ci troviamo a contatto con noi stessi e con il nostro pensiero, filosofiamo e creiamo filosofia. Allora quella che segue è filosofia che parla di nulla, anzi del Nulla.
Il Nulla è tutto ciò che non è! Per poter essere tale un’entità (antinomia lessicale) dev’essere svuotata di tutto, di ogni sua caratterizzazione, e presentarsi come un buco vuoto di tutto.
Non è sicuramente facile definire o stabilire cosa effettivamente sia quella particolare ‘entità’ che noi definiamo il Nulla. Non è neanche facile immaginare se realmente esista, se esistesse, però, non sarebbe un Nulla. Tutti i termini che si è costretti ad utilizzare per provare a mettere insieme una sua definizione, appaiono immediatamente dei controsensi, risultando, infatti, del tutto inadeguati. È impensabile ipotizzare di arrivare a 'guardare' per via diretta il Nulla.
Come si potrebbe definire o spiegare questo qualcosa che non è, questo non-qualcosa?
Non credo sia corretto immaginare di farlo coincidere con uno stato o una condizione della realtà… ci troveremmo immediatamente al cospetto di un paradosso insanabile ed irrisolvibile. Non è neppure facile immaginare che il raziocinio riesca a venirci in aiuto; non è la speculazione intellettuale che potrà mai avvicinarci a comprenderne l’essenza, attraverso un'indagine 'diretta' circa le sue caratteristiche peculiari - quali caratteristiche poi? -. La ricerca del suo significato non può far affidamento sull'individuazione di sue presunte qualificazioni o qualità intrinseche (inesistenti, poiché stiamo parlando di un 'non qualcosa' che racchiude in sé l'insieme di 'tutto quel che non è').
Qualcuno, non ricordo chi, una volta disse: <<Un vero "nulla" non esiste, e non può assolutamente esistere. Se si dice che il "nulla" "esiste", deve necessariamente essere "qualcosa", altrimenti non esisterebbe! Soltanto quello che è qualcosa, può esistere….>>
Credo che sia corretto.
Nell’inseguire questa irrealtà si ha subito la sensazione che ogni qualvolta si arrivi a percepirne o intravederne la coda e ci si accinga a coglierne l'essenza, questo (il Nulla) sfugga e scarti di lato, riproponendosi in mutevoli forme, mascherandosi e trasformandosi in qualcosa d'altro, e spingendo l’osservatore all’interno di un’area oscura, avvolta dal mistero. E' probabile si tratti solo di una limitazione umana: l'impossibilità d'immaginare il Nulla… poiché ciò che è immaginato inevitabilmente è pur sempre qualcosa, e non può quindi essere ‘il Nulla' che cerchiamo.
Si può provare a partire da un altro punto. A scandagliare l’intimo umano, per vedere se colà sia possibile reperire un qualcosa che non c'è (altro paradosso).
Camus, nel suo bellissimo saggio "Il mito di Sisifo", scriveva che la vita in sé non ha alcun senso. Nel suo pensiero la vita assume il significato di un palcoscenico sulle cui tavole l’unica rappresentazione che si tiene è quella dell’assurdo, che riveste anche il ruolo di attore principale. L’uomo, muovendosi su questo palcoscenico, inconsciamente partecipa fattivamente alla rappresentazione del dramma umano, senza che ne abbia piena coscienza. Evidente che questa condizione insinui nell'animo umano la sensazione di precarietà, di ansia e di inquietudine che deve trovare uno sfogo. La via di fuga dall’assurdo si concreta in due modi alternativi: il suicidio logico e la speranza. Per un credente è rappresentata dalla speranza in un qualcosa di là da venire. Per un ateo, invece, non resterebbe che quell’unica scelta razionale che avrebbe senso, che esalterebbe la sua piena libertà, cioè quella di sottrarsi con il suicidio (appunto logico) alla morsa dell’assurdo.
Le tracce dell’assurdo possono essere reperite nel concetto di Nulla, come una sua labile scia. Praticamente la vita è Nulla e questa condizione la si percepisce, ancorché soffusamente, perché evocata dall’intimo di ciascuno di noi.
Talvolta accade, infatti, che si avverta una strana sensazione di vuoto, di essere circondati dal non senso, di far parte integrante del non senso. Un dolore profondo pervade l'essere. Non vi sono cause apparenti. Non si riesce a risalire a problemi scatenanti questa particolare e dolorosa condizione, se non quelli artificiosamente attribuiti come scaturigine alla sensazione di eremia da sé stessi che pervade l'essere. Eppure, anche in assenza o carenza di motivazioni apparenti, di cause scatenanti, si subisce, ed in maniera molto intensa, questa particolarissima situazione, spesso passeggera: una meteora che annichilisce e fiacca le energie e la voglia di fare.
Di che potrebbe trattarsi? Chimica del cervello? Che tristezza! No, non credo sia solo questo. Forse, nell’intimo di ciascuno di noi alberga proprio questa subdola e vacua ‘entità’, che, inconsapevolmente e soffusamente, è percepita e con cui si entra in contatto. Non si è in condizione di descriverla con chiarezza. Il Nulla sarebbe impercettibile ed inesistente, ma produrrebbe delle alterazioni della sfera percettiva e del sentimento. E pur non essendo corretto immaginare che si avverta il Nulla in maniera 'diretta', è innegabile che se ne percepiscono, talvolta anche chiaramente, le manifestazioni cogenti prodotte sui sensi e sull'anima. Le si percepiscono e subiscono, e, in forza della sua azione, si è posti in condizione di captare, appunto, l'esistenza di un 'non qualcosa'. Succede, nessuno lo può negare. E’ così possibile che certi stati d’animo approssimino la coscienza alla linea immaginaria che separa senso e non senso, oltre la quale il Nulla impera.
Il ‘Nulla’ abita il microcosmo dell’uomo.
Vittorio Sechi
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