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Riflessioni sul Senso della Vita

Riflessioni sul Senso della Vita

di Ivo Nardi

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Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista a Franco Fabbro

Febbraio 2012

 

Franco Fabbro ha compiuto studi universitari di filosofia, teologia e medicina.

Laureato in medicina e specializzato in neurologia, è stato ricercatore di neuropsichiatria presso l’ospedale infantile di Trieste. Dopo diversi anni all’estero (Montreal e Bruxelles), è attualmente professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l’Università di Udine. È tra i più attivi studiosi, a livello mondiale, del cervello bilingue e poliglotta.

Autore di numerosi articoli e libri pubblicati a livello internazionale, il suo ultimo libro è Neuropsicologia dell’esperienza religiosa, Astolabio–Ubaldini Editore, 2010.

Il suo sito web: www.francofabbro.it


1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?

Per me la felicità consiste nell’essere in sintonia con la dimensione più profonda di me stesso. Sento di essere felice quando la mia vita si allinea verso la realizzazione di quello che devo essere.

 

2) Professore Fabbro cos’è per lei l’amore?

L'esperienza dell’amore è la fonte della guarigione. Poiché si tratta di un’esperienza, com’è noto le parole possono dire ben poco. Nonostante ciò è possibile dire che l’amore che riceviamo dagli altri e che doniamo agli altri è la porta che ci apre all’amore verso se stessi. Senza questa “medicina” la sensazione di essere stati abbandonati, l’egoismo e l’odio che ne derivano, non rendono possibile la pace.

 

3) Come spiega l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?

Ritengo che la sofferenza costituisca una forma d’insegnamento, anche se dolorosa. Il nostro primo atteggiamento di fronte alla sofferenza è di piangere, protestare e ribellarci come fossimo bambini piccoli. Un atteggiamento più evoluto e forse più saggio, consiste nel considerare la sofferenza, piuttosto che una sorta di offesa, come un’opportunità. Tuttavia, per arrivare a questo livello è necessario compiere un cammino, che non è semplice e non è dato una volta per tutte, è sempre possibile, purtroppo, regredire e tornare ad arrabbiarsi e a protestare!

 

4) Cos’è per lei la morte?

La morte è il compimento della vita. Non è possibile questa senza quella. Io penso alla mia morte come una “Grande Maestra”. Ora il mio problema è come vivere in maniera autentica e nello stesso tempo lavorare per ridurre la sfiducia, l’odio e il risentimento che risiedono nella mia interiorità e che alimentano ogni forma di paura, inclusa quella di morire.

 

5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?

Come ho detto l’obiettivo della mia vita è quello di essere me stesso. Tuttavia non so realmente che cosa io sia. Sento di stare bene se mi arrendo completamente al mio sé più profondo. Allora vedo i prodotti di quello che sono e lentamente comincio a capire. Vedo per esempio che i miei cammini, conoscitivo, scientifico e spirituale, debbono unificarsi. Vedo che devo dire e scrivere quello che penso, anche se potrà, successivamente, essere fonte di difficoltà di vario genere.

 

6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?

Ritengo di si! Nelle tradizioni culturali dei pellerossa americani vi è la credenza che ogni essere umano viene alla luce per realizzare un compito. Quindi ogni indiano d’America dedica ogni sforzo per capire qual è il suo compito. Per questa ragione ricerca, con vari mezzi, una “visione”. In occidente non cerchiamo un bel niente, se non il successo, il potere o una serie di oggetti che riteniamo ci possano rendere felici, ma invano. Forse possiamo essere felici, solo se riusciamo a incamminarci verso la realizzazione di noi stessi, ovvero del nostro progetto esistenziale!

 

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?

Penso che l’individualismo, come lei lo ha definito, sia una “malattia” che gli esseri umani debbano cercare di curare. Si tratta di una sorta di “coazione a ripetere” delle reazioni infantili automatiche e inconsapevoli, che sono caratterizzate da un senso di superiorità, risentimento, odio, vendetta, ecc. Una volta che abbiamo riconosciuto che siamo “spiritualmente ammalati”,  - anche se superficialmente sembriamo e crediamo di essere normali, adeguati, giusti - dobbiamo iniziare la cura, che consiste in un cammino impegnativo e difficile. Si tratta di diventare consapevoli, di de-automatizzare il nostro comportamento, di purificare la nostra mente. In parole povere, incominciare ad amare se stessi in maniera autentica e non nevrotica (narcisistica). Perché sono convinto che il nostro più grande nemico si trovi proprio dentro di noi!

 

8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

Credo che il male e il bene si originino dall’interiorità degli uomini e ritengo che la maniera per distinguere il bene dal male sia, come ha detto Gesù, di guardare le opere, ovvero la postura, il comportamento e i frutti dell’azione di una persona. Ci sono individui che parlano molto bene, che argomentano in maniera convincente, che sono capaci di sedurre e generare ogni sorta di suggestioni. L’unica possibilità per capire da che parte stiano è quella di essere capaci di vedere le cose per quelle che sono, riconoscendo i frutti del loro pensiero e delle loro azioni.

 

9) L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei?

Personalmente non considero la religione, la filosofia e la scienza come cammini di conoscenza separati e in contraddizione tra di loro. Nella mia vita ho cercato di conoscere e praticare differenti tradizioni religiose, ho provato simpatia e cercato di conoscere il pensiero di numerosi filosofi, ho praticato le strade della scienza, soprattutto nell’ambito delle neuroscienze e della psicologia. Tuttavia non credo di aver percorso questi cammini per paura, quanto per amore della conoscenza. In tutte queste esperienze e tradizioni ciò che penso mi abbia più aiutato è stata la ricerca dell’autenticità. Nei limiti del possibile ho cercato di non mentire a me stesso. Di non dare nulla per scontato. Di seguire le intuizioni che nascevano dentro di me, evitando il più possibile di diventare un servitore delle apparenze, del prestigio, del successo o del potere.

 

10) Qual è per lei il senso della vita?

L'esperienza della vita e il suo senso sono questioni molto complesse, probabilmente non esprimibili in parole. Tuttavia sento che l’entusiasmo di conoscere altri esseri umani, le loro storie, i loro pensieri e le loro opinioni attraverso l’arte, la letteratura, la musica, la filosofia e la scienza, ha per me a che vedere con il senso della vita. Detto in altre parole è l’impressione di non essere completo, di stare con curiosità di fronte al mondo, o meglio di stare con umiltà e consapevolezza di fronte al Mistero.


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