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Sul Sentiero I Dalla “divina inquietudine” alla Gioia

Sul Sentiero I
Dalla “divina inquietudine” alla Gioia

di Bianca Varelli
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L'"entronauta"

 

All'inizio del cammino la risposta al richiamo del Sé superiore prende la forma di un predominante interesse-di-sé che poi, in seguito alla pressione dell’anima e delle circostanze, diventa quello che è stato definito interesse-di-sé illuminato. Ciò accade quando il ricercatore scopre l’interdipendenza profonda tra  sé e gli altri individui, e tra gruppi, nazioni e razze; mutano allora la sua visione del disegno complessivo della vita e il senso del suo personale stare al mondo. Si origina in lui la tensione al lavoro alchemico interiore di “mutazione del piombo in oro”; o, secondo l’espressione di Aurobindo, di una lenta e graduale “trasformazione dell'energia in coscienza”.
L’iscrizione del tempio di Delfi, “Conosci te stesso”, diventa necessariamente il motto di ogni ricercatore, diventato “entronauta” allo scopo di migliorare i suoi strumenti, fisici, emotivi, mentali.

Comincia, così, il percorso che porta fuori dal buio tunnel dell’inconsapevolezza:

Il primo passo è accorgerci di non essere consapevoli... Rendendoci conto di vivere nell'incoscienza si comincia a sentire la necessità di acquistare maggiore consapevolezza, di "risvegliarsi" e si lotta per uscire dall'oscurità e dalla nebbia.
(P. D. Ouspensky, La quarta via)

 

Svilupperemo gradualmente da noi stessi, come il baco,  il “filo di seta” che ci collega all’anima; rafforzati e purificati dal lavoro su noi stessi, che ci consentirà di diventare demiurghi del nostro mondo emotivo e mentale, potremo far vibrare la nostra personale nota nella sinfonia dell’Universo:
 
Un tamburo può produrre innumerevoli suoni.  Alcuni ci spaventano; altri ci fanno danzare.  Se vogliamo essere padroni di tutte queste emozioni, dobbiamo diventare il tamburino.
(Vinoba Bhave, Il Sé e il Supremo)

 

Anche Sartre è convinto che l’uomo debba “inventare sé stesso” ed Emerson afferma: “Costruisciti dunque il tuo stesso mondo” (Nature).
In un aneddoto chassidico Rabbi Sussja, prima della morte afferma: “Nell’aldilà non mi si chiederà: “Perché non sei stato Mosè?” ma mi si chiederà: “Perché non sei stato Sussja?”.
Sul Sentiero, l’uomo opera delle trasmutazioni, diventa cosciente della meccanicità del vivere automatico e inconsapevole, dei condizionamenti della natura inferiore; rinuncia all’orgoglio personale, gradualmente e con fatica, poiché, come dice Aurobindo, "il nodo di ostinazione dell'ego è molto duro a morire".
Collabora con le forze evolutive e, anche se ha dei periodi di oscurità, sente che essi saranno seguiti da chiarificazioni e realizzazioni.
Soffre ancora, ma la sua sofferenza è senza disperazione, senza angoscia, poiché ora ne conosce la causa e l'utilità e sa che essa può sprigionare  Luce:

La pratica della vita spirituale incomincia con l’affinare la percezione che avete del vostro essere interiore, ed è normale che non siate tanto felici di ciò che scoprite…
In quella sua delusione, (l’aspirante) si crede più debole di quanto non sia, quando invece quella presa di coscienza è proprio l’inizio della sua forza. Le difficoltà che incontra nell’allontanarsi dal suo vecchio modo di vivere sono la prova che egli sta cercando di muoversi, di fare degli sforzi. E se soffre, è perché inizia finalmente a sentire, a vivere e a dirigersi verso un mondo nuovo.
(Omraam Mikhaël Aïvanhov, Pensieri quotidiani)

 

   Bianca Varelli

 

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