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Sul Sentiero I Dalla “divina inquietudine” alla Gioia

Sul Sentiero I
Dalla “divina inquietudine” alla Gioia

di Bianca Varelli
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L'Ascolto e la Parola

 

La comunicazione tra gli uomini può apparire spesso difficile, e talvolta dolorosa, a causa di incomprensioni e malintesi. Frequentemente non abbiamo idee chiare né voglia di ascoltare realmente, e discutere diventa solo un confrontarsi per “mostrare i muscoli” esibendo capacità logiche e dialettiche.
Plutarco, ed altri saggi, ci hanno mostrato la via del vero Ascolto, che fa il vuoto di opinioni e giudizi pregressi(1).
In qualsiasi confronto, dovremmo poter vincere la tendenza a rispondere immediatamente, sull’onda dell’emotività, poiché, in quel caso, la risposta, che consideriamo spesso, benevolmente, “spontanea” o “istintiva”, nasce, in realtà, da abitudini mentali precedenti, da preconcetti, da pensieri ripetitivi che “già” sono nella nostra mente. In tal modo non ci dimostriamo pronti ad un eventuale ampliamento di coscienza né ad un reale ascolto che possa farci cambiare.
All’ascolto attento è necessario si accompagni il giusto uso della Parola. Afferma un detto ermetico: “Le cose sono ciò che la Parola ne fa col nominarle”.
Oggi l’umanità è molto più mentale del passato e ciascuno immette nei canali dell’esistenza un flusso massiccio di parole. Le parole scritte sono suscettibili di modifiche, all’atto della loro emissione; sono più facilmente controllabili perché sottoposte a preventiva riflessione. Quelle emesse seguono spesso canali emotivi non ancora vigilati e purificati, non consentono di “tornare indietro”, di “cancellare”, non sono rivedibili né modificabili.
Da ciò nasce il grande impegno di ogni Pensatore, in particolare del ricercatore spirituale.
Egli comprende che le parole non sono “neutre”, sono energia vivente, e costituiscono uno dei poteri più grandi che l’uomo possiede; con esse possiamo creare o distruggere, abbassare o elevare, potenziare o indebolire.
La Parola illuminata, usata consapevolmente per il Bene, può guarire, illuminare, proteggere, salvare.
Ci viene pertanto consigliato di ridurne il numero e di vigilare attentamente su di esse, affinché rispondano a caratteristiche di:

  • verità;

  • amorevolezza;

  • utilità.

In Oriente si considera ogni parola un mantra (da man e tra: rapporto) che indica la modalità del suono, la nota con cui entriamo in rapporto con gli altri. Ogni parola è un nucleo energetico che rappresenta un’idea, o un insieme di idee; essa, inviata a una persona, o a un gruppo, produce effetti proporzionali alla potenza dell’emittente e consequenziali alla maggiore o minore purezza della sua intenzione. Ciò corrisponde ad una precisa verità sostenuta dalla Saggezza antica: “L’energia segue il pensiero e la Parola è ciò che lo concretizza”.
Di ogni parola - ammonisce il Vangelo - l’uomo dovrà rendere conto; non solo di quelle ispirate a sentimenti positivi o negativi, ma anche di quelle vane ed inutili.
Spesso le nostre parole sono “profane”, cioè sono pronunciate senza entrare in contatto con la coscienza più profonda, con il Sé. La mente ripete ed esprime contenuti captati dalle forme-pensiero collettive: luoghi comuni, opinioni diffuse, pettegolezzi, banalità che non sono il frutto del nostro pensiero più genuino ma riflessi condizionati del “campo morfogenico” nel quale siamo immersi costantemente, e quasi sempre inconsapevolmente.
La parola è allora vuoto suono senz’anima.
Il modo in cui usiamo l’energia compressa nelle parole ri-vela il rapporto che abbiamo con noi stessi e con gli altri e la modalità con la quale operiamo nel mondo. Così, se esprimiamo ripetutamente concetti costruttivi e luminosi, le azioni che ne deriveranno possederanno senz’altro la stessa vibrazione; se ci rivolgiamo ad altri con parole ispirate all’amorevolezza, quella stessa qualità si riverbererà nella nostra vita.  Riguardo a noi stessi, e alla nostra auto-educazione, evitiamo pertanto di dire: “Sono avido, cercherò di esserlo meno” o “Non voglio più essere irascibile”; evitando i “non”, i “meno” e le affermazioni al negativo, che influenzano sfavorevolmente il nostro inconscio, potremmo dire: “Mi muovo ogni giorno verso il l’Altruismo” o “Divento sempre più calmo”.
L’accuratezza nell’uso delle parole – che eviti tuttavia di scadere nell’accademismo e nella retorica – è segno di Ordine e di Bellezza, che sono qualità richieste sul Sentiero.

Utile e ispirante è anche la ricerca delle etimologie, che non dovrà certamente essere finalizzata a “sfoggi di cultura” ma potrà essere il mezzo per entrare in contatto con l’essenza delle parole, spesso banalizzate e deprivate di forza dall’uso quotidiano. Si può, attraverso questa indagine, riscoprirne l’energia primigenia chiarificatrice di significati. Così, ad esempio, il termine “entusiasmo”, tanto comunemente usato, rimanderà al senso di avere “un dio” (theos) dentro (én); ogni volta che lo useremo, dopo averne colto la forza originaria, vi sarà dentro di noi una diversa considerazione dello “spessore” del termine.
Afferma un’ispirata invocazione:

 

Possa io compiere la mia parte nel Lavoro Unico con l’oblio di me stesso, l’innocuità e la giusta Parola!


   Bianca Varelli


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NOTA
1) Plutarco, L’arte di ascoltare.


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