Riflessioni sulla Tecnosophia
di Walter J. Mendizza - indice articoli
Tecnosophia e informazione
Luglio 2013
In occasione dell'8 giugno 2013 è stato indetto a livello nazionale l'evento "Italia unita per la corretta informazione scientifica" (www.italiaxlascienza.it). In moltissime città, gruppi di studenti universitari, ricercatori, dottorandi, con l’appoggio di molte associazioni e istituti scientifici, e con il patrocinio di alcune delle maggiori università italiane, hanno organizzato dei miniconvegni, in cui i relatori hanno trattato brevemente temi scientifici particolarmente soggetti a dibattiti, anche aspri.
L'idea è partita dall'associazione Pro-test, in aprile 2013, ma poi l'organizzazione nelle varie città si è sviluppata spontaneamente, dando vita in sostanza ad un nuovo soggetto: "Italia per la scienza". Lo spirito dell'evento era perfettamente in linea con la tecnosofia proprio per le continue riflessioni sul problema dell'informazione, e disinformazione, scientifica in Italia. Di disinformazione abbiamo parlato e dovremo parlarne ancora tante volte, perché è il perno sul quale ruota la stragrande maggioranza dei problemi nel nostro Paese. In effetti sembra che ci sia un unico compito per i pretoriani dell'informazione: perpetuare l'esistenza del Sistema e fare di tutto per aiutare la gente a non pensare.
Le persone oggigiorno appaiono divise in due grandi categorie: da una parte c’è chi ancora si fida dell’informazione ufficiale come ci viene raccontata dai media (tv, giornali, riviste) dall’altra chi invece ha cominciato a mettere in dubbio ciò che viene raccontato e cerca le informazioni per conto proprio.
Dice Alberto Medici nel suo libro “Ingannati fin dai tempi della scuola”, questo spartiacque (chi si fida dell’informazione ufficiale e chi no) ricorda il mito della caverna di Platone, dove chi vede solo le ombre non crede a chi, slegatosi e uscito all’aria aperta, riesce a vedere le cose come stanno e non come sembrano. Come si suol dire, sorge spontanea la domanda: Perché c’è chi preferisce rimanere a guardare le ombre? Perché è così difficile mettere in discussione certi “assiomi”? Forse perché si è fondamentalmente pigri: camminare è più comodo che correre. Stare seduti è più comodo che stare in piedi. Così appena possiamo mettiamo subito il cervello a riposo. La reticenza ad affrontare certi argomenti è tanto maggiore quanto più questi argomenti mettono in discussione le nostre certezze. Se una persona è cresciuta e maturata credendo nelle istituzioni, e in particolare è stato tirato su:
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convinto che lo Stato lavori per il bene dei cittadini;
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sicuro che la polizia protegga i cittadini;
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confidando che la magistratura difenda i deboli dai soprusi dei potenti;
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credendo che i giornali diano le informazioni vere;
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avendo fiducia che la scuola formi persone mature, dotate di capacità critica;
Ebbene, se una persona ha fondato la sua vita, le sue azioni, il suo comportamento, su queste idee e qualcuno gli dicesse che è tutto falso, come reagirebbe? Non c’è da sorprendersi se si chiudesse a riccio senza voler neanche ascoltare l’interlocutore! Ecco perché siamo lobotomizzati senza sapere di esserlo, come nel film Matrix. Gli esperti che confezionano le notizie studiano ogni cosa nei minimi particolari al solo scopo di cloroformizzare gli spettatori e di non farli pensare.
Quando ad esempio ci si siede su un divano e si accende la TV per guardare un telegiornale, si sta facendo una cosa incredibile: si sta portando il proprio cervello all’ammasso e bisogna fare uno sforzo enorme per essere sempre presenti a sé stessi e rendersi conto del perché ci raccontano certe cose e non altre e perché ce le dicono in quella determinata maniera. Il potere delle immagini è enorme rispetto alla parola scritta: pensiamo all’immagine costante che la TV ci dà dei palestinesi: sono sempre arrabbiati, straccioni, sporchi, lanciano pietre se non addirittura razzi contro i “poveri” ebrei. Gli ebrei a sua volta quando vengono intervistati sono persone “normali”, non perdono mai il controllo; sono ragionevoli, rappresentano il buon padre di famiglia che soffre dignitoso nel suo dolore nonostante abbia magari perso un figlio nell’attentato terroristico di un kamikaze. L’ambientazione è sempre quella di una casa europea: pulita, ordinata, con i fiori sul tavolo e le foto di famiglia sul comodino. Che messaggio si vuole dare con questa falsa contrapposizione?
Dunque quando si accende la TV si rinuncia all’autonomia di pensiero, ma cosa succede con il fenomeno inverso? Cosa succede quando si dà un calcio alla TV e non si leggono più i giornali ma ci si documenta autonomamente? In questo caso accade una sorta di miracolo: quel piccolo pertugio attraverso il quale ci avevano insegnato a vedere la realtà, comincia ad allargarsi, la notizia la si vede insieme alle altre e si cominciano a fare dei collegamenti che nessuno ti dice, e un po' alla volta si intravvede un disegno più grande, e quello che all’inizio appariva fosco, a poco a poco viene messa a fuoco dando luogo ad una immagine chiara. Purtroppo il più delle volte quello che appare come figurazione sottostante è un disegno, potrebbe anche apparire criminale e criminogeno e quello che più ci provoca sconforto e ci avvilisce in questo disegno criminale/criminogeno è la democrazia. Dispiace dirlo ma è la democrazia che ci delude clamorosamente, ci scoraggia e ci demoralizza perché quando si controllano i mezzi di informazione la democrazia è il miglior modo per nascondere e camuffare qualcos’altro, magari un regime autoritario.
Dunque la TV non è affatto una “finestra sul mondo”; anzi. Invece di aprirci al generale, fa esattamente il contrario: come un consumato prestidigitatore attira la nostra attenzione sul particolare insignificante, e ci fa perdere la notizia importante che ci passa sotto il naso senza che ce ne accorgiamo. Due belle fette di salame ci vengono poste delicatamente sugli occhi e voilà non siamo più in grado di vedere né di capire la realtà. Il messaggio che passa si basa non tanto sulla parola ma sulle immagini, il più delle volte arricchite di suono. Le parole che vengono dette sono pochissime in confronto al messaggio gigantesco che passa con le immagini. Per questo motivo non è necessario che in televisione siano dette esplicitamente delle bugie per farci avere un’idea sbagliata su un fatto o su un personaggio. Una selezione studiata di video o foto può condizionare infatti fortemente le menti ignare di lettori e telespettatori. E questo avviene senza aver detto una sola bugia; senza magari neanche aver censurato i discorsi dell’uno o dell’altro, semplicemente andando a scegliere con oculatezza il materiale da pubblicare.
Tanto è influente la TV che nessuno si preoccupa di cambiare l’ambiente sociale o i fattori economici e politici che portano la gente a comportamenti disperati, alla violenza, al suicidio. Ad esempio le dipendenze di solito sono pensate come problemi relativi alla droga, ma non è così. La dipendenza in generale è un comportamento associato ad un bisogno, al sollievo temporaneo e a conseguenze negative a lungo termine insieme all’impossibilità di controllare tale comportamento. Viste da questo punto di vista, le dipendenze sono molte di più di quelle legate alle droghe, ma i media non toccano questo tema e se ne stanno alla larga, perché alcune di queste dipendenze sono considerate addirittura politically correct, vengono premiate e valutate rispettabili, nonostante siano molto più pericolose delle semplici dipendenze da cocaina o da eroina. Ad esempio c’è la dipendenza da lavoro, da shopping compulsivo, da internet, da video giochi, dal cibo, dalla cioccolata, dal caffè, ecc.
E poi ce n’è una che è talmente subdola da non essere notata (e se lo è viene considerata una cosa positiva): la dipendenza da potere, o la dipendenza dal profitto. Gente che ha potere e ne vuole sempre di più e fa tutto il possibile per ottenerne altro. Questa dipendenza è devastante e molto più pericolosa di una droga, perché con il potere o il profitto a certi livelli si mettono in moto meccanismi che danneggiano molte persone e il più delle volte anche l’ambiente circostante. Si pensi ad un manager che acquista un’azienda sapendo che dovrà licenziare qualche centinaia di lavoratori. Anche se lo fa solo ed esclusivamente per il profitto viene considerato un grande manager (e lo è perché retribuisce gli azionisti) rispettato e rispettabile. Se poi il nostro presunto grande manager fosse un dirigente di una industria che produce armi o bombe cluster o anche solo appartenente all’industria del tabacco, non fa alcuna differenza; nessuno gli chiederà delle 5 milioni di persone che muoiono all’anno non per la guerra ma solo a causa del tabacco.
Perciò la tecnosofia non può che contrapporsi completamente all’informazione che troviamo sui giornali e in TV, che si caratterizza per essere spenta, insipida, frivola, superficiale e vuota di contenuti, perché incapace di sviluppare un ragionamento, si ferma sui pettegolezzi e sui particolari e, non facendo vedere il quadro generale, non permette una crescita ed una maturazione del lettore.
Walter J. Mendizza
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