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Caverna di Platone
Il mito platonico contenuto nel dialogo Repubblica che è metafora della condizione umana rispetto alla conoscenza della realtà.
Verità e opinione: il mito della caverna
Il nucleo principale del pensiero di Platone è la cosiddetta teoria delle idee contenuto nella Repubblica. Quanto questa teoria sia in realtà strutturata a vera e propria dottrina è ancora oggetto di dibattito e discussione, il dato di fatto è comunque che vi è tutto un discorso, in Platone, che conduce a una determinata visione della realtà.
La filosofia di Platone nasce dall'esigenza di conciliare le conclusioni di Parmenide, il quale predicava la necessaria eternità e immutabilità di ogni cosa, con l'evidenza del divenire che si riscontra nella realtà sensibile, la realtà del mutamento che si riscontra nel quotidiano.
Platone inizia con il definire chi è il vero filosofo: è colui che ama la verità (aletheia) e non insegue l'opinione (doxa).
La verità è l'autentica conoscenza, la quale si può raggiungere solo nella visione dei puri concetti; l'opinione, per contro, è quella conoscenza fallace che deriva dalla comprensione dei soli fenomeni sensibili, i quali sono evidentemente contraddittori. Vi è infatti una netta differenza tra un uomo che ama le cose belle (l'opinione) e un uomo che ama invece la bellezza in sé (la verità). Il primo non può che avere un opinione della bellezza riferita ad una determinata contingenza dei sensi, per cui la bellezza rimane un'esperienza soggettiva legata al gusto personale di chi la considera, il secondo raggiunge la vera conoscenza del bello in quanto ne considera il concetto puro e universale, valido in ogni occasione.
Sul concetto di verità e opinione è bene riportare uno dei miti più celebri di Platone, il mito della caverna (il mito era in Platone un racconto metaforico e simbolico avente come scopo la semplificazione dei concetti da esprimere).
Il mito della caverna
Platone (per bocca di Socrate) immagina gli uomini chiusi in una caverna, gambe e collo incatenati, impossibilitati a volgere lo sguardo indietro, dove arde un fuoco. Tra la luce del fuoco e gli uomini incatenati vi è una strada rialzata e un muricciolo, sopra la strada alcuni uomini parlano, portano oggetti, si affaccendano nella vita di tutti i giorni. Gli uomini incatenati non possono conoscere la vera esistenza degli uomini sulla strada poiché ne percepiscono solo l'ombra proiettata dal fuoco sulla parete di fronte e l'eco delle voci, che scambiano per la realtà. Se un uomo incatenato potesse finalmente liberarsi dalle catene potrebbe volgere lo sguardo e vedere finalmente il fuoco, venendo così a conoscenza dell'esistenza degli uomini sopra il muricciolo di cui prima intendeva solo le ombre. In un primo momento, l'uomo liberato, verrebbe abbagliato dalla luce, la visione delle cose sotto la luce lo spiazzerebbe in forza dell'abitudine alle ombre maturata durante gli anni, ma avrebbe comunque il dovere di mettere al corrente i compagni incatenati. I compagni, in un primo momento, riderebbero di lui, ma l'uomo liberato non può ormai tornare indietro e concepire il mondo come prima, limitandosi alla sola comprensione delle ombre.
Nel mito della caverna la luce del fuoco rappresenta la conoscenza, gli uomini sul muricciolo le cose come realmente sono (la verità), mentre la loro ombra rappresenta l'interpretazione sensibile delle cose stesse (l'opinione). Gli uomini incatenati rappresentano la condizione naturale di ogni individuo, condannato a percepire l'ombra sensibile (l'opinione) dei concetti universali (la verità), ma Platone insegna come l'amore per la conoscenza (la filosofia stessa) possa portare l'uomo a liberarsi delle gabbie incerte dell'esperienza comune e raggiungere una comprensione reale e autentica del mondo.
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