Riflessioni Teosofiche
di Patrizia Moschin Calvi - indice articoli
Come i "Maestri" trovano i loro Discepoli
Di Nilakanta Sri Ram
Settembre 2014
Il brano si focalizza sul tema del rapporto maestro/discepolo, riferito alla tradizione teosofica e ai suoi Ispiratori, Maestri Morya e Koot Hoomi (M. e K.H. nel testo). Un tema molto intrigante e fonte di infinite disquisizioni. L'autore dell'articolo è Nilakanta Sri Ram, quinto presidente della Società Teosofica e apprezzatissimo conferenziere e scrittore, nonché padre di Radha Burnier, che per un trentennio è stata pure alla guida della Società Teosofica internazionale.
Patrizia Moschin Calvi
Come i "Maestri" trovano i loro Discepoli
Di Nilakanta Sri Ram
Quello che segue è un estratto della Lettera XLV, che è parte della raccolta intitolata Le Lettere dei Mahatma ad A.P. Sinnett; fu scritta nel 1882 dal Maestro K. H. ed è una delle più belle della raccolta.
Se è lecito un simile linguaggio, per quanto concerne un Mahatmâ, possiamo affermare che essa è anche una delle più ispirate, poiché non è solo ricca di elementi dottrinali ma emana anche, per così dire, un profumo particolare.
Come tutte le altre essa concerne naturalmente problemi propri al Movimento Teosofico, ma appare scritta come se gli Occhi del Maestro vagassero ancora inseguendo qualche ineffabile Visione.
Effettivamente il Maestro stesso si dichiara reduce da una straordinaria e – per noi – incomprensibile esperienza.
Di tale esperienza abbiamo testimonianza anche in una Lettera (la XXIX della raccolta) del Mahatmâ M., che continuò la corrispondenza con Sinnett appunto durante l’“assenza” del Suo grande Fratello.
E dove Questi si trovasse intanto, lo dice appunto il Maestro M. nella Lettera sunnominata: “In un certo luogo, che non può essere menzionato ad estranei, c’è un abisso traversato da un sottile ponte di erba intrecciata, con un torrente che infuria in basso. I più arditi membri del vostro club alpino difficilmente oserebbero tentare la traversata, perché il ponte pende come una tela di ragno e sembra in rovina ed invalicabile. Tuttavia non lo è, e colui che tenta la prova ed ha successo – e ciò accade se è giusto che gli venga permesso – giunge ad una gola che offre una scena di ineguagliata bellezza; arriva ad uno dei nostri luoghi e presso qualcuno che appartiene alla nostra gente … Ad un tiro di pietra dalla vecchia Lamaseria si erge l’antica torre, nel cui seno hanno vissuto in gestazione generazioni di Bodhisattva. È là che ora riposa il vostro inanimato amico, il mio fratello, la luce della mia anima, al quale ho solennemente promesso di curare il suo lavoro durante la sua assenza” (M).
Notate le parole che il Maestro riserva al Suo Fratello: tali parole sono rare invero nella Sua prosa.
Ed ecco i brani che abbiamo scelto dalla Lettera del Mahatmâ K. H.
“Fratello mio – ho compiuto un lungo viaggio verso la suprema conoscenza; ho dedicato un gran periodo al riposo. Quindi, al mio ritorno, ho dovuto dedicare tutto il mio tempo al dovere, e tutti i miei pensieri al Grande Problema. È tutto passato, ora: le feste del Nuovo Anno sono giunte a fine ed io sono “io” una volta ancora.
Ma che cosa è l’io? Solo un ospite passeggero, i cui interessi sono tutti simili ad un miraggio del grande deserto … Comunque, questo è il mio primo momento di libertà e l’offro a voi, il cui Sé interiore mi riconcilia con l’uomo esteriore, il quale troppo spesso dimentica quanto grande uomo sia colui che è forte nell’esercizio della pazienza. Guardatevi intorno, amico mio: vedete i tre veleni che infieriscono nel cuore dell’uomo: l’ira, la cupidigia, la delusione; e le cinque oscurità: l’invidia, la passione, l’indecisione, la pigrizia, l’empietà, che sempre impediscono agli esseri umani di vedere la verità … Non volete provare – per abbreviare la distanza fra noi – a svincolarvi dalla rete della nascita e della morte nella quale essi tutti sono tenuti prigionieri – a coltivare meno la passione ed il desiderio? … I vostri sforzi, le vostre perplessità ed i vostri presentimenti vengono tutti annotati, buono e fedele amico. Nell’imperituro REGISTRO dei Maestri è scritto tutto quanto vi riguarda. In esso sono segnati tutti i vostri pensieri e tutte le vostre azioni; infatti, benché non siate un Celâ, come dite al mio Fratello Morya, e neppure un ‘protetto’, nel senso che date a questo termine, tuttavia siete entrato nel cerchio del nostro lavoro, avete traversato la mistica linea che separa il vostro mondo dal nostro. Ora, sia che voi perseveriate o meno; sia che noi diveniamo al vostro sguardo entità reali e vieppiù viventi, o che scompariamo dalla vostra mente come tanti sogni – forse come un brutto incubo – voi siete virtualmente NOSTRO. Il vostro più alto Sé si è rispecchiato nel nostro Akâsa; la vostra natura è vostra; la vostra essenza – nostra. La fiamma è distinta dal ceppo di legno che le serve temporaneamente da combustibile; alla fine della vostra vita in questo mondo di apparenze – e sia che noi due ci incontriamo faccia a faccia o meno, nei nostri rupa più grossolani – voi non potete evitare di incontrarci nell’Esistenza reale. … Specialmente durante gli ultimi mesi, quando il vostro cervello stanco era immerso nel torpore del sonno, la vostra anima ansiosa è venuta spesso in cerca di me e la corrente del vostro pensiero ha battuto contro la mia barriera protettrice di Akâsa come le piccole onde che lambiscono una costa rocciosa. Quello cui il ‘Sé interiore’ impaziente, ansioso, ha anelato a legarsi, l’uomo di carne, il signore delle cose del mondo, non ha ratificato: i legami della vita sono ancora forti come catene d’acciaio. Sacri, in verità, sono alcuni di essi, e nessuno potrebbe domandarvi di romperli. Al di sotto giace il vostro – a lungo curato e tenuto caro – campo di lavoro e di utilità. Il nostro non può essere che un rilucente mondo fantomatico per l’uomo dotato di solido ‘senso pratico’, e se il vostro caso è in qualche misura eccezionale, ciò è dovuto al fatto che la vostra natura possiede ispirazioni più profonde degli altri, che sono ancor più ‘pratici’ di voi, mentre la sorgente della loro eloquenza ha sede nel cervello, non nel cuore, che mai fu in contatto col cuore del Tathâgata, così misteriosamente effulgente e puro. Se voi avete raramente mie notizie, non siate mai deluso, Fratello mio, ma dite: ‘È colpa mia’. La Natura ha collegato tutte le parti del suo Impero con sottili legami di simpatia magnetica e c’è una mutua correlazione perfino fra una stella ed un uomo. Il pensiero corre veloce più del fluido elettrico, ed il vostro pensiero incontrerà me, se proiettato da un impulso puro, così come il mio troverà ed ha trovato, spesso rimanendovi impresso, la vostra mente. Noi possiamo muoverci in cicli di attività divisi, ma mai reciprocamente separati. Come una luce nella valle oscura viene scorta dal montanaro dalle sue cime, ogni pensiero luminoso nella vostra mente, Fratello mio, risplenderà ed attrarrà l’attenzione del vostro lontano amico e corrispondente. Se noi scopriamo così i nostri naturali Alleati nel mondo dell’Ombra – il vostro mondo ed il nostro oltre i confini – ed è nostra legge avvicinare ognuno di essi, anche nel caso che vi sia in lui solo il più debole riflesso della vera luce del Tathâgata, quanto più facile sarà per voi l’attrarre noi! Comprendete ciò e l’ammissione nella Società di persone che spesso vi sono sgradevoli non vi stupirà più. ‘Non i sani hanno bisogno del medico, bensì gli ammalati’: questo è un assioma, chiunque l’abbia formulato”. (K. H.).
Nilakanta Sri Ram
Nilakanta Sri Ram (1889-1973) è stato il quinto Presidente Internazionale della Società Teosofica, molto amato ed apprezzato come insegnante, relatore e scrittore.
“Pronunziate ogni parola, compite ogni azione, affrontate ogni situazione come davanti ad un altare interiore al quale vi inchiniate in suprema adorazione e totale dedizione, nel segno del vostro più alto Sé”.
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