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L'esperienza del non sè (il trascendimento dell'Io)

di Bernadette Roberts - Ed. Astrolabio-Ubaldini

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Nota:  Bernadette Roberts usa il termine "sé" per indicare l'ego, l'io psicologico.

Dopo alcune settimane, però, mi resi conto che l’espediente non funzionava: non me ne veniva nessun senso di vita, nessuna sicurezza; la situazione era esattamente quella di prima. Fu a questo punto che, il giorno che ho detto, sotto il cipresso, consumai l’ostia e vidi che tutte le cose sono in Dio e che Dio è più vicino e più personale di quanto avessi mai osato aspettarmi. Sentire all’improvviso e con tutta te stessa che vivi e cammini in Dio significa superare totalmente e per sempre il senso di perdita conseguente alla scomparsa di una vita personale.
Se non altro, questo incidente, con molti altri che qui tralascio, testimonia il continuo sforzo di aggrapparmi al mio abituale schema di riferimento, un aggrapparmi che non portò a nulla, finché non abbandonai la presa. Potrei aggiungere che fra le tante idee precostituite che dovetti abbandonare ci fu l’idea stessa dell’abbandono: non ero io che avevo abbandonato il mio sé a Dio, ma piuttosto Dio che aveva abbandonato del tutto il mio sé. Aggiungerò anche che, una volta superato il sé, tutto svanisce, anche ‘quello’ che mi sarei aspettata sarebbe rimasto.
Una settimana o due dopo l’illuminazione di cui sopra stavo facendo ritiro spirituale con i Monaci Eremiti, a Big Sur. Credo fosse il secondo giorno, nel tardo pomeriggio: me ne stavo sulla collina battuta dal vento, di faccia all’oceano, quando apparve all’orizzonte un gabbiano. Planava, si tuffava, giocava col vento. Lo contemplai come non avevo mai contemplato nulla in vita mia. Sembrava fossi ipnotizzata: era come vedere volare me stessa, non c’era fra noi la consueta separazione. E insieme, c’era qualcosa di più che non la semplice mancanza di separazione, qualcosa di realmente meraviglioso e inconoscibile. Volsi infine gli occhi alle colline ricoperte di pini alla spalle del monastero: e anche ora non ci fu divisione, solo una sorta di ‘presenza’, che fluiva con e attraverso ogni vista e ogni particolare oggetto di contemplazione. Vedere l’Unità di tutte le cose è come osservare il mondo attraverso speciali lenti tridimensionali: ecco che cosa si intende quando si dice che Dio è in ogni luogo, pensai.
Avrei potuto restare lì in contemplazione per il resto della mia vita, ma dopo un po’ mi sembrò che fosse tutto troppo bello per essere vero; era uno scherzo della mente, bastava che suonasse la campana e sarebbe tutto sparito. La campana infine suonò, e suonò il giorno dopo, e i giorni dopo ancora per tutto il resto della settimana, ma le lenti tridimensionali rimasero al loro posto, intatte. Quello che avevo preso per un inganno della mente doveva diventare un modo permanente di vedere e di conoscere (che farò del mio meglio per descrivere), via via che il mio mondo dall’interno si spostava sempre più all’esterno. Non sarei più tornata al vecchio modo di vedere la divisione e l’individualità; ma si badi bene, non è il cancellarsi della divisione che conta. Ciò che è importante in questo modo di vedere è Quello in cui la divisione si dissolve.
Prima di andare oltre e provare a descrivere questo nuovo modo di vedere, vorrei dire che con la scoperta che Dio è dappertutto, con la scoperta della sua Unicità, come io la definii, fui compensata mille volte della perdita di un Dio personale al mio interno, e della confusione che questa mi provocò. Sembra che dovessi passare attraverso il personale prima e l’impersonale poi, per poter realizzare che Dio è più vicino tanto del primo che del secondo e li trascende entrambi.
L’idea e le esperienze di Dio come essere personale dentro di noi e impersonale fuori di noi sono qualcosa di puramente relativo, che ha che fare con sé e con il suo particolare tipo di coscienza. Dio è in ogni caso al di là della relatività della nostra mente e delle nostre esperienze; in realtà ci è così vicino che non riusciamo mai a localizzarlo. Ma nel momento stesso in cui si scorge e si realizza questa vicinanza, si scopre che Dio è dovunque ed è insieme tutto ciò che esiste: dovunque si guardi, non c’è altro da vedere. In verità Dio non è nel personale né impersonale, né interiore né esteriore, ma è ovunque nel suo complesso e qui e ora in particolare. In parole semplici: Dio è tutto ciò che Esiste. Tutto, naturalmente, tranne il sé.


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