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Riflessioni sui giornalisti

Di Georges Gurdjieff

Da: “Incontri con uomini straordinari” - Adelphi Edizioni
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Il pubblico non sa mai chi è che scrive. Conosce soltanto il giornale, il quale appartiene a un gruppo di esperti commercianti.
Che cosa sanno esattamente coloro che scrivono su quei giornali, e che cosa succede dietro le quinte della redazione? Il lettore lo ignora completamente. Perciò prende per oro colato tutto ciò che trova sui giornali.
Su questo argomento, la mia convinzione si è andata rafforzando in questi ultimi tempi, ed è diventata salda come roccia - e ogni uomo capace di pensare in modo più o meno imparziale può fare la stessa constatazione: coloro che cercano di svilupparsi con i mezzi loro offerti dalla civiltà contemporanea, al massimo riescono ad acquistare una facoltà di pensare degna della prima invenzione di Edison e, in fatto di sensibilità, sviluppano in sé soltanto ciò che Mullah Nassr Eddin avrebbe chiamato la finezza di sentimenti di una vacca.

I rappresentanti della civiltà contemporanea, trovandosi a un grado di sviluppo morale e psichico molto inferiore sono come dei bambini che giocano col fuoco, incapaci di misurare la forza con la quale si esercita l'influenza della letteratura sulla massa.
Se devo credere all'impressione che mi è rimasta dopo avere studiato la storia antica, le élites delle civiltà di un tempo non avrebbero mai permesso che una simile anomalia continuasse così a lungo.
Ciò che dico d'altronde può venire confermato da informazioni che ci sono giunte circa l'interesse che provavano per la letteratura quotidiana i dirigenti del nostro paese, non tanto tempo fa, nell'epoca in cui eravamo fra le grandi potenze, nell'epoca cioè in cui Babilonia ci apparteneva ed era l'unico centro di cultura universalmente riconosciuto.
Secondo queste informazioni, anche laggiù esisteva una stampa quotidiana, sotto forma di papiri stampati, in quantità limitata, naturalmente. Ma a questi organi letterari potevano collaborare soltanto uomini dì una certa età, che fossero qualificati, conosciuti da tutti per i loro sicuri meriti e la loro vita onesta. Esisteva perfino una regola secondo la quale questi uomini venivano ammessi ad adempiere alla loro carica soltanto dopo avere prestato giuramento. Portavano allora il titolo di 'collaboratori giurati', come oggigiorno esistono i membri di una giuria, gli esperti giurati, eccetera.
Oggigiorno, invece, qualsiasi sbarbatello può diventare giornalista, purché sappia esprimersi in modo garbato e, come si dice, in modo letterario.
Ho imparato peraltro a conoscere molto bene lo psichismo di questi prodotti della civiltà contemporanea che giornali essere perché, per tre o quattro mesi, ho avuto occasione di stargli al fianco, ogni giorno, nella città di Baku, e di avere con loro frequenti conversazioni.
Mi trovavo a Bàku, dove ero andato a passare l'inverno da mio nipote. Un giorno, alcuni giovani vennero a chiedergli una delle grandi sale al pianterreno di casa sua - dove prima aveva avuto intenzione di aprire un ristorante - come sede per la loro Nuova società degli uomini di lettere e giornalisti.
Mio nipote accolse subito tale richiesta e, a partire dall'indomani, quei giovani si riunirono ogni sera a casa sua per tenervi ciò che essi chiamavano le loro assemblee generali e i loro dibattiti scientifici.
A queste riunioni venivano ammessi anche gli estranei, e siccome io non avevo nulla da fare la sera, e la mia camera si trovava accanto alla sala dove si incontravano, andavo spesso ad ascoltare i loro discorsi. Ben presto alcuni di loro mi rivolsero la parola e, a poco a poco, fra noi si stabilirono rapporti amichevoli.
Per la maggior parte erano ancora giovanissimi, delicati ed effeminati. In alcuni, i lineamenti del viso rivelavano che i loro genitori probabilmente si erano dedicati all'alcool o ad altre passioni per mancanza di volontà, o che i proprietari di quei visi si abbandonavano di nascosto a cattive abitudini.
Benché Baku sia una piccola città, se la si confronta con la maggior parte delle grandi città della civiltà contemporanea, e benché i campioni di umanità che si riunivano laggiù fossero tutt'al più "uccelli che volano bassi”, non mi faccio scrupolo alcuno a generalizzare mettendo tutti i loro colleghi nello stesso sacco.
E sento di averne il diritto perché più tardi, durante i miei viaggi in Europa, ho spesso incontrato dei rappresentanti di questa letteratura contemporanea, che mi hanno fatto sempre la stessa impressione: quella di somigliarsi tutti come gocce d'acqua.
Erano diversi soltanto per il loro grado di importanza, che dipendeva dall'organo letterario al quale essi collaboravano, cioè dalla fama e dalla diffusione del giornale o della rivista che pubblicava le loro elucubrazioni, o ancora dalla solidità della ditta commerciale alla quale apparteneva quest'organo, con tutti i suoi operai letterari.
Molti fra loro si autodefinivano, non si sa perché, “poeti”. Oggigiorno, in Europa, chiunque scriva una breve assurdità di questo genere:

Verde reseda
rosso mimosa
la divina posa di Lisa
è molle acacia
di pianto intrisa

 

riceve dalla sua cerchia il titolo di poeta; alcuni fanno perfino stampare questo titolo sul loro biglietto da visita.
 

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