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Mitologia egizia (religione egizia)

 

La mitologia egizia (o religione egizia) è l'insieme delle credenze religiose e dei riti del popolo egiziano fino all'avvento del Cristianesimo e della religione islamica.

 

Caratteristiche della mitologia egizia

Nel passato la religione egizia era considerata come un corpo dottrinale sostanzialmente unitario, caratterizzato da una ininterrotta osservanza da parte del popolo presso il quale si era originato e impermeabile ad influenze esterne o mutamenti evolutivi. Negli ultimi tempi si è andata affermando una scuola di pensiero che tende a considerare le varie dottrine e le pratiche relative al culto distinte tra loro e inserite nel contesto storico-dinamico del loro sviluppo. La religione egizia presenta alcuni aspetti peculiari che la distinguono in un certo qual modo dalle altre religioni fiorite nell’area mediterranea nell’antichità.

 

Culto locale

Una delle caratteristiche essenziali della religiosità egizia è lo sviluppo di culti locali, preponderante in epoca arcaica e predinastica e causato dalla distanza e dal conseguente isolamento dei gruppi umani. Amministrativamente l’Egitto era suddiviso in 42 distretti (nomoi) ed ogni divinità egizia era strettamente connessa con il nomos di origine ed aveva un centro di culto localizzato, come Osiride ad Abydos e Ptah a Menphi. Il rilievo dato alle divinità nelle singole regioni territoriali può essere spiegato anche con la divisione del paese in Alto Egitto (la parte meridionale) e in Basso Egitto (la parte settentrionale), che ebbero caratteristiche diverse e si svilupparono in modo indipendente anche dopo l'unificazione territoriale. Anche nel periodo successivo, quando le figure divine tendono ad unirsi in gruppi, i cicli delle leggende ad esse relative erano in rapporto con centri sacerdotali appartenenti a città diverse.

 

Zoolatria

Un'altra peculiarità della mitologia egizia riguarda l'adorazione per gli animali. Quasi tutte le antiche divinità del pantheon egizio presentano caratteristiche zoomorfe, basti pensare a Bast (il gatto), ad Hathor (la mucca), ad Anubi (lo sciacallo), e così via. La questione circa l'origine della zoolatria nella religione egizia è di difficile interpretazione. Fra le tesi proposte per spiegare il fenomeno, la più accreditata sembra essere quella che fa riferimento ad una originaria componente totemica. Nel periodo dinastico, la religione egizia si avviò gradatamente verso uno sviluppo antropomorfico della nozione del dio, anche se i precedenti elementi naturalistici e totemici si integrarono con la nuova concezione. Gli dei vennero raffigurati con un aspetto umano dalla testa animale e gli animali continuarono ad essere oggetti di culto in molte regioni.

 

Politeismo

Un'altra costante riscontrabile nella mitologia egizia è quella politeistica. Decine di divinità affollavano il pantheon egizio, anche se il Sole fu sempre al centro di una venerazione particolare e probabilmente rappresentò meglio di altri il divino in senso universale. Proprio questa stella fu protagonista dell'unico episodio, nell'ambito della religione egizia, di eresia monoteistica, o più correttamente enoteistica, in quanto un dio rappresentava tutte le divinità venerate.

 

Cicli della mitologia egizia

Probabilmente il concetto più importante della religione egizia è quella del ciclo:
- il ciclo del giorno con il sale che rinasce ogni mattina,
- il ciclo annuale scandito dall’inondazione del Nilo,
- il ciclo della vita con la nascita susseguente la morte.

 

Cosmogonia

Le più antiche ideazioni egizie relative alla cosmogonia ed all'origine degli dei risalgono all’Antico Regno. Lo sviluppo dottrinale del mito della creazione dell’universo e del pantheon egizio avvenne nei quattro grandi centri sacerdotali di Eliopoli, Ermopoli, Menphi e Tebe.

 

Teologia eliopolitana

La cosmogonia eliopolitana, nota attraverso i "testi delle piramidi", pone al centro del mito della creazione il dio solare Atum. Questo sarebbe nato dall’oceano primordiale (Nun), prima della nascita del cielo e della terra. Salito su una collina, creò con lo sputo Shu, il vuoto, e la dea Tefnut, l’umidità, che a loro volta generarono Geb e Nut, la terra ed il cielo. Da questi ultimi nacquero due coppie di fratelli e sorelle, Osiride, Iside, Seth e Nefti, i quali procrearono l’umanità. L’insieme di queste divinità forma la grande Enneade eliopolitana.

 

Teologia menfita

La genealogia divina di Menphi, conosciuta come Trattato di teologia menfita, ci è giunta su una stele, risalente all'VIII secolo AC ed ora conservata al British Museum. Secondo la dottrina menfita, la creazione del mondo sarebbe opera di Ptah, che con il cuore, sede del pensiero, e con la lingua, la parola datrice di vita, avrebbe generato otto emanazioni di sé. Secondo questa sistemazione sacerdotale la divinità non si accontentò di creare solamente gli dei, ma anche le città ed i distretti egizi, insegnando agli uomini l’agricoltura ed apportando benessere e prosperità al mondo.

 

Teologia ermopolitana e tebana

Secondo gli studiosi la cosmogonia tebana sarebbe basata su un’antica leggenda della città di Ashmunein (Ermopoli), dove una collina di fango sarebbe emersa dalle acque, originando otto dei primordiali, quattro maschili con testa di rana e quattro femminili con testa di serpente. Queste otto divinità formarono l'Ogdoade ermopolitana, da cui il nome di Ashmunein, che significa città degli otto. La leggenda passata a Tebe si sarebbe trasformata e gli dei avrebbero creato un uovo, da cui nacque Amon, il dio-sole.

 

Divinità

Gli egizi considerarono le divinità sotto un duplice aspetto: iconico ed aniconico; al primo fanno capo gli dei con tratti umani e quelli raffigurati con caratteristiche teriomorfe e zoomorfe (i succitati esempi a testa di animale). Nel secondo gruppo rientrano i fenomeni atmosferici e i concetti astratti, come la giustizia (Maat) e la magia (Heke). Gli dei egizi non sono trascendenti, ma sono insiti nei fenomeni fondamentali della natura e dell’esistenza come energia vitale, che si manifesta nell’uomo, negli animali, nelle piante, nelle stelle, e così via. Il dio è costituito, come l’uomo, di sei elementi: corpo (djed), doppio (ka), ombra (kh’b-t), anima (ba), forza (skhm) e nome (rn). Questa concezione antropomorfa è riscontrabile anche nella sistemazione teologica che è prevalentemente attuata mediante l’associazione in nuclei divini, che spesso erano triadi familiari, come nel caso di Amon, Mut e Khonsu a Tebe, o Ptah, Sekhmet e Nefertum a Menphi.

 

Leggende della mitologia egizia

I miti egizi spesso risultano inseriti in cicli leggendari, che si sono sviluppati nel corso dei secoli attraverso le rielaborazioni sacerdotali. Questi racconti leggendari vennero spesso inglobati nei contesti dei vari gruppi divini, sia per giustificare l’origine del culto, sia per fornire una base soprannaturale ai centri cultuali. Di questi cicli mitici ci sono pervenute numerose varianti, relative a differenti tradizioni ed a varie localizzazioni. I principali cicli leggendari riguardano il dio Sole ed il mito di Osiride.

 

Leggenda del dio Sole

Il Sole è senza dubbio una delle divinità più antiche e più venerate del pantheon egizio. Il culto del Sole ha conosciuto nei secoli molte varianti locali, che lo hanno rappresentato in varie forme e conosciuto mediante numerosi nomi. Tralasciando il suindicato Aton, il Sole venne adorato come Ra, raffigurato in genere come un globo incandescente che varca il cielo su una barca, Khepri, lo scarabeo che fa rotolare il disco solare davanti a sé, Atum, il dio-Sole di Eliopoli, ed Horo, l'occhio del cielo.

Probabilmente la leggenda più famosa delle tante riguardanti il Sole è quella che si legge nel testo magico "La distruzione degli uomini". Ra dopo aver regnato a lungo sugli uomini e gli dei si ritira. Gli uomini approfittando della sua assenza si ribellano. Ra decide di inviare sulla terra il suo occhio, alla vista del quale gli uomini si spaventano e fuggono nel deserto. In seguito, su consiglio degli altri dei, che vogliono la continuazione della persecuzione, Ra manda di nuovo il suo occhio sotto forma di Hathor, la dea-mucca. Ma non volendo la totale distruzione dell'umanità versa sulla terra una birra rossa, simile al sangue. Hathor beve il liquido, si ubriaca e torna indietro senza aver compiuto il massacro. Ra, stanco e deluso, sale sul dorso di Nut, il cielo, nel quale naviga su una barca.

 

Leggenda di Osiride

Il mito di Osiride, divenuto nel corso dei secoli la leggenda nazionale egizia, è il risultato della fusione di molte varianti, appartenenti a vari luoghi ed epoche diverse. La stessa possibile interpretazione del suo contenuto mitologico ha originato tesi differenti, dal raffronto delle quali si può avere un quadro complessivo della leggenda.

- Interpretazione evemeristica: già conosciuta da Erodoto, vede in Osiride un re assassinato ed in seguito divinizzato.
- Interpretazione naturalistica: il mito di Osiride simboleggerebbe il ciclo vegetativo (i colori nero e verde con i quali è raffigurato il dio rappresenterebbero la morte e la rinascita della vegetazione).
- Interpretazione solare: la vita, la morte e la resurrezione di Osiride sarebbero il corrispettivo simbolico del ciclo solare.
- Interpretazione escatologica: la rinascita del dio viene vista come la possibilità di una vita dopo la morte.

 

La leggenda di Osiride può essere così riassunta:

Osiride portò la civiltà agli uomini, insegnò loro come coltivare la terra e produrre il vino e fu molto amato dal popolo. Seth, invidioso del fratello, cospirò per ucciderlo. Egli costruì in segreto una bara preziosa fatta appositamente per il fratello e poi tenne un banchetto, nel quale annunciò che ne avrebbe fatto dono a colui al quale si fosse adattata. Dopo che alcuni ebbero provato senza successo, Seth incoraggiò il fratello a provarla. Appena Osiride vi si adagiò dentro il coperchio venne chiuso e sigillato. Seth e i suoi amici gettarono la bara nel Nilo, facendo annegare Osiride. Questo atto simboleggerebbe l'annuale inondazione del Nilo. Iside con l'aiuto della sorella Nefti riportò Osiride alla vita usando i suoi poteri magici. Prima che si potesse vendicare, Seth uccise Osiride, fece a pezzi il suo corpo e nascose le quattordici (secondo alcune fonti: tredici o quindici) parti in vari luoghi. Iside e Nefti trovarono i pezzi (eccetto i genitali, che erano stati mangiati dal pesce Ossirinco). Ra mandò Anubi e Thot ad imbalsamare Osiride, ma Iside lo riportò in vita. Successivamente Osiride andò negli inferi per giudicare le anime dei morti, e così venne chiamato Neb-er-tcher ("il signore del limite estremo"). Il figlio che Osiride ebbe da Iside, Horus, quando fu abbastanza grande affrontò Seth in battaglia, per vendicare la morte del padre. Il combattimento fu lungo e cruento, Horus perse un occhio nella battaglia e Seth un testicolo. Il conflitto fu interrotto dagli altri dei, che decisero in favore di Horus e diedero a lui la sovranità del paese. Seth fu condannato e bandito dalla regione. In altre versioni le due divinità si riconciliarono, rappresentando l'unione dell’Alto e Basso Egitto.

 

Culto

Il sacerdozio egizio era strutturato in una complessa gerarchia, al cui più alto grado c’era il faraone. La decisione di costruire i templi e le relative cerimonie per la loro fondazione erano di prerogativa reale. I grandi sacerdoti, residenti nei centri di culto, presiedevano alle operazioni rituali in onore degli dei, come sostituti del re. Nel culto, la divinità era rappresentata da una statua collocata nel sancta sanctorum. Nei servizi giornalieri, essa veniva purificata, vestita e le veniva offerto il pasto quotidiano. Durante le feste annuali, il dio veniva portato trionfalmente in processione, spesso su barche in navigazione sul Nilo, ed era fatto oggetto di offerte e donazioni. Per l'occasione venivano organizzati banchetti sacri e rappresentazioni teatrali, che raccontavano gli avvenimenti principali della vita del dio.

 

Templi

Generalmente l'edificio sacro tipico del Nuovo Regno è preceduto da un lungo viale fiancheggiato da sfingi, che conduce ad un corpo centrale trapezoidale. Al centro si apre il portale d’ingresso attraverso il quale si accede ad una vasta corte centrale, seguita da una sala colonnata. Seguono i vari ambienti templari, fra cui la cappella, dove risiede la statua del dio.

 

Religione funeraria

Gli Egiziani non consideravano la morte come estinzione completa dell’uomo, ma piuttosto la negavano ritenendo che ci fosse una continuazione della vita nell’oltretomba, concepita come una vera e propria immortalità. Per la concezione egizia nell’uomo vi sono degli elementi soprannaturali, comuni alla divinità, che permettono una vita senza fine:

l'akh, la forza divina, rappresentata dal geroglifico dell'ibis;
il ba, l'anima, raffigurata come un uccello (il benu, la fenice egizia);
il ka, lo spirito o la forza vitale.

 

Rito funebre

Perché il corpo del defunto possa continuare a vivere nell'aldilà è necessario che esso sia preservato integro. Tale fine veniva assicurato tramite la tecnica della mummificazione, che simboleggiava il rito compiuto da Anubi sul cadavere di Osiride per renderlo immortale.
Il procedimento conservativo consisteva nell’asportazione dei visceri, eccettuati il cuore ed i reni, che venivano avvolti in bende e conservati in quattro vasi, detti canopi. Il cadavere veniva successivamente trattato con vari ingredienti (natron, olio di cedro, resine), avvolto in bende e deposto nel sarcofago, in genere antropomorfo e fatto di legno o di pietra. Seguiva la processione verso la tomba, dove, prima della sua chiusura, veniva compiuto il rito dell’apertura della bocca. Il sacerdote toccava simbolicamente le labbra del defunto, con appositi strumenti, in modo che esso potesse parlare e cibarsi delle offerte lasciategli accanto.
In epoca storica le tombe egizie erano sostanzialmente di tre tipi: l'ipogeo, tomba scavata nella parete rupestre, la mastaba, costituita da una cappella sovrastante la camera sepolcrale sotterranea, e la piramide, utilizzata per la sepoltura del faraone.
I rituali funerari ci sono pervenuti nei Testi delle piramidi, nei Testi dei sarcofagi e nel testo Che il mio nome fiorisca, più conosciuto con il nome di Libro dei morti, dal fatto che fu rinvenuto vicino ai defunti.

 

Oltretomba

La concezione egizia dell'aldilà ha subito notevoli trasformazioni nel corso dei secoli. In epoca arcaica il mondo delle anime era considerato il cielo stellato (Duat), nel quale il dio solare passa navigando sulle sue barche. All’incirca dalla sesta dinastia si assiste nei Testi dei sarcofagi ad una evoluzione dei concetti riguardanti la religiosità funeraria: la figura di Anubi, l’originario signore degli inferi, in seguito alla crescita del culto di Osiride, ne diviene il guardiano. Anche le tecniche di salvezza, che precedentemente erano appannaggio esclusivo del sovrano, gradatamente interessano anche gli uomini comuni. Verso la dodicesima dinastia si assiste ad una inversione di tendenza riguardo alla localizzazione del regno dei morti, che viene ubicato sotto terra e governato da Osiride, il Signore dell'Occidente. Il dio solare Ra arreca la luce ai defunti, visitandoli ogni notte.
Il passaggio al regno di Osiride - i Campi Iaru - doveva però essere preceduto da una operazione rituale, conosciuta come il giudizio dell’anima. Il cuore del defunto veniva posto sul piatto di una bilancia dove era pesata. Se il cuore era leggero come la piuma di Maat, posta sull’altro piatto, Anubi lasciava il defunto nelle mani di Osiride, altrimenti il cuore era dato in pasto al coccodrillo Ammit.

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Mitologia_egizia
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