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Vecchio 24-06-2013, 18.31.11   #161
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Citazione:
Originalmente inviato da jeangene
Mi chiedo se in questo "lasciarsi possedere dall' Essere", in questa "passione" le individualità vengano sempre e comunque rispettate.
Se c'é una cosa che ritengo giusta é che ogni azione va pensata e pianificata tenendo conto del fatto che siamo tutti fratelli e che quindi ogni azione dovrà rispettare (nei limiti del possibile) tutte le individualità coinvolte.
Mi chiedo perché molte persone non agiscono nel rispetto delle individualità se questo rispetto é nella nostra natura. É forse la libertà di andare contro la nostra natura la causa del male?

Secondo me nella nostra natura di uomoni, animali caratterizzati da un' estrema plasticità (sociale e individuale) di comportamento, c'é (potenzialmente) sia la tendenza altruistica a rispettare, aiutare e gratificare gli altri (al limite sacrificando in varia misura se stessi), sia quella egoistica a fregarli a proprio individuale ed esclusivo vantaggio, come appare evidente guardandosi intorno.
E questo perché l' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale (correttamente intesa e non a la Dawkins e men che meno secondo l' antiscientifica "sociobiologia") ci ha fatti così.
La realizzazione in maggiore o minor misura di queste contrastanti tendenze comportamentali é sostanzialmente condizionata a livello psicologico individuale, di gruppi sociali, di contesti storico-geografici dall' esperienza vissuta (a livello di gruppi sociali sostanzialmente, in modo in ultima istanza decisivo sia pure attraverso molteplici, complesse mediazioni, a mio parere di marxista, dalla dialettica sviluppo delle forze produttive/rapporti di produzione e dalla lotta di classe).
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Vecchio 24-06-2013, 20.34.06   #162
david strauss
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Citazione:
Originalmente inviato da jeangene
Forse intendi dire che l' io non è l' esperienza che lo investe e forse che non è nemmeno questo o quel pensiero, ma che l' io è pensare?
Scusami, ho provato ad interpretare le tue parole perchè non mi sono chiare.

Ciao jeangene, hai ragione, scusami, mi sono espresso male.
La mia personalissima e ardita ipotesi, è che ogni sistema autoreferenziale non ha necessità di essere in quanto soggetto.
Se ammettiamo che l'io sia autoreferente, allora non avrebbe senso ricercarlo nell'esperienza che lo investe perchè questa sarebbe un riflesso incondizionato dell'io. Se invece ammettiamo che l'io sia eteroreferente, allora non avrebbe lo stesso senso ricercarlo nell'esperienza che lo investe perchè questa sarebbe un riflesso condizionato dell'io.
Per uscire da questa empasse, secondo me, si deve considerare l'io non autoreferente o eteroreferente, ma appartenente (essere parte) di un sistema autoreferenziale.
Non avrebbe senso ritenerlo parte di un sistema eteroreferenziale perchè a questo punto il sistema stesso sarebbe trascendente l'io. Ma se invece lo consideriamo appartenente a un sistema autoreferenziale allora il suo riflesso, di qualunque natura esso sia, coinciderebbe con il sistema stesso. Ciò non significherebbe ricercare l'io all'interno di esso stesso, poichè esso stesso parte di un sistema autoreferenziale, e non significherebbe ricercarlo all'esterno di esso stesso, poichè esso stesso coincidente con tale sistema. Ma a questo punto, basterebbe ricercare il sistema.

Ciao

Ultima modifica di david strauss : 24-06-2013 alle ore 22.32.03.
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Vecchio 24-06-2013, 22.46.20   #163
maral
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Ulysse ti è mai capitato di dedicarti a qualcosa non per il vantaggio che ne potresti trarre, ma semplicemente e solo per vedere realizzata quella cosa. Ovvio che poi vedendola realizzata, quella cosa ti dà piacere, ma mentre la fai non hai in mente quel piacere come fine, ma solo il farla, il dedicarti ad essa e portarla a compimento per se stessa. Se lo hai provato allora puoi capire che l'egoismo non è il motore unico ed essenziale del mondo, è solo un'esigenza per chi esige che lo sia.
Non credo proprio che quei Polacchi avessero aiutato gli Ebrei per fare dispetto agli odiati occupanti tedeschi, dunque per odio. Almeno non è questo che sembra trasparire dalle loro risposte e se fosse stato per odio avrebbero potuto benissimo trovare altri modi anche assai più efficaci per sabotare la macchina bellica del nemico. Loro dicono che non sapevano perché si esponessero a un tale rischio, ma affermano che non potevano non farlo. Perché diavolo dovremmo spiegarglielo noi perché lo facevano? Alla luce delle nostre teorie sul quanto mai necessario egoismo universale che pretende di spiegare tutto? O perché un divulgatore scientifico che ha annusato l'aria che tira quando ha pubblicato il suo suo libro divulgativo di maggior successo lo ha intitolato "Il gene egoista" salvo poi spiegare a posteriori lui stesso che quella parola "egoista" è messa lì solo per colpire il lettore a fini di marketing, perché è ovvio che i geni non possono essere né egoisti né altruisti, proprio come non può esserlo un sasso o una carota per i quali è ben difficile concepire un ego?
Il rispetto della nostra individuale identità (e dell'identità eterna di ogni cosa a se stessa) non è egoismo, in quanto non riduce l'altro a strumento della realizzazione di un io illusoriamente separato a scapito del mondo che gli permette di vivere e lo determina per come è, ma è fondato al contrario sulla pari valenza tra me e il mondo, perché io sono l'altro e l'altro è me, dunque realizzando l'apparente mio vantaggio a svantaggio dell'altro, ciò che effettivamente realizzo è il mio completo svantaggio, quell'isolamento di un vuoto ipertrofico concepito come io che continuamente si contrappone al mondo che lo fa esistere e che si gonfia a dismisura fino ad auto annientarsi nel tripudio follemente idiota della sua volontà demiurgica che tutto vuole potere.
Quelle grandi opere che tu citi costruite dalle antiche "egoistiche" civiltà dimostrano al contrario che l'egoismo da solo, anche addomesticato dalla civiltà, non sarebbe mai bastato a costruirle ai costruttori stessi, il cui vero vantaggio che ne ricavavano era poter vedere realizzato qualcosa di grande e di bello, non per se stessi, per l'ebbrezza della loro potenza demiurgica, ma per la bellezza e il valore dell'opera in sé. E questo è l'esatto opposto dell'egoismo.
Aggiungo che l'egoismo feroce primitivo che contrapponi all'egoismo costruttivo della civiltà non è affatto così primitivo visto che ormai è dimostrato dall'antropologia che i popoli di cacciatori e raccoglitori vivevano (e vivono) fin dai tempi più remoti in un comunitarismo sociale molto spinto e che solo in tempi storici moderni si è conosciuta come positiva quell'avidità diritto e dovere dell'individuo che porta a vedere l'altro come il competitor da sbranare. E' senza dubbio molto più egoisticamente feroce un operatore finanziario dei giorni nostri di un cacciatore di bisonti dell'età della pietra o di un boscimano che ancora vive in qualche zona isolata dell'Africa secondo i suoi costumi. E se è così allora sorge il sospetto che l'egoismo non sia uno stato naturale, ma uno stato del tutto culturale e di una cultura molto peculiare, tutt'altro che universale, anche se con una enorme volontà di esserlo, una cultura che anzi per millenni è stata del tutto minoritaria nel mondo, finché non ha trovato terreno fertile con l'affermarsi della visone del mondo di quella classe sociale che in essa trovava la propria fondamentale ragion d'essere.
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Vecchio 25-06-2013, 01.39.46   #164
gyta
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Citazione:
Da un tal discorso, comunque, ne escono assai male i tedeschi la cui "essenza" doveva essere, in quel periodo, assente o talmente corrotta fino ad approvare entusiasta ogni malefatta nazista dei quali, anche, non si sa bene quale fosse o come fosse l'essenza e da che derivasse.
(Ulysse)
Quando si parla di essenza e di essere in relazione alla psiche non ci si riferisce alla psiche formata ma alle sue qualità portate in atto o lasciate decadere. La mente possiede la qualità intrinseca del conoscere che reca in sé ciò che chiamiamo intelligenza. Questa intelligenza si manifesta attraverso l’atto della conoscenza. Se non conosciamo nulla ovvero se blocchiamo la nostra qualità intrinseca del conoscere l’intelligenza si blocca al pari. Conoscere però non significa acquisire concetti ma entrare in relazione profonda con l’altro-da-noi ovvero il mondo attraverso oggetti, persone, esseri viventi e non. Questa relazione profonda può venire compromessa da un indottrinamento educativo e del costume sociale mirato ad ottenere una funzionalità dell’individuo e della specie differente dal naturale sviluppo al piacere non artefatto. Si giunge così come anche tu hai sintetizzato a varie tipologie di risposte mentali, funzionali ad un determinato scopo differente da quello di una maturità emotiva relazionale. Nel piccolo avremo l’egoista sordo alla vita altrui, nel grande la medesima realtà moltiplicata per milioni di menti assoggettate al medesimo addestramento mentale. Non per nulla quando in ambito spirituale si parla di e(/E)ssere lo si intende attraverso la metafora della luce causa indiretta anche del buio laddove tale luminosità mentale venga volontariamente deviata da finalità estranee al pieno sviluppo (alla piena emersione) della coscienza (mentale) umana.
Citazione:
Invero sarei più propenso a credere che il discorso di Fromm sia un pò retorico: ciò che siamo da sempre non esiste...a meno che non si parli di DNA...che tuttavia anch'esso è mutato e muta nel tempo.
(Ulysse)
Fromm per la precisione non parla di dna né di esistenza da sempre o da ora. Era interessato alle dinamiche della mente e della salute interiore mentale dell’anima umana, intendendo per anima tutta la mente cosciente e non. Non credo che Fromm sia mai stato pure nella più piccola delle sue sfumature retorico. Sapeva ben comunicare il suo pensiero ma non peccava certo di retorica. Il suo pensiero seppure molto semplice e chiaro fonda su di una profondità e conoscenza delle dinamiche umane e della mente difficilmente eguagliabile ad altri ricercatori psicoanalisti e filosofi nel campo della mente umana. Le sue parole trasparenti testimoniano l’interiorità di un uomo dalla mente acuta e lucida che non ha mai lasciato che la macchia della disillusione offuscasse il suo lavoro di analisi e ricerca. Aveva fiducia nell’uomo seppure avvertisse distintamente la minaccia di morte che incombente si stava delineando sempre più tangibile sull’orizzonte umano e il suo lavoro era finalizzato proprio a denunciare le dinamiche che avrebbero portato se non fermate alla disumanità inarrestabile della vita; le sue risposte possibili sono di una rivoluzione profonda da attuarsi in seno all’individuo ed al sociale, la sua politica una politica che coinvolge il singolo di fronte alla propria esistenza e in relazione agli altri; le sue analisi una fotografia profonda del pensiero umano e delle pulsioni sottostanti che animano i suoi movimenti; questa stessa sua fiducia nel recupero di una intelligenza vitale della mente umana dovremmo coltivare ed ambire nell’intimo, individualmente e nel rapporto con gli altri, se da qualche parte di noi ancora ci auguriamo che la vita sia qualcosa di differente da un semplice ed infernale ilasciarsi vivere. Ci chiediamo sulla tangibilità o meno dell’io-essere, abbiamo potuto godere di pensatori che hanno saputo più di chiunque altro coniugare la mente in ogni suo aspetto, che hanno riconosciuto la psiche in tutto il suo potenziale autentico, dove il settarismo spirituale religioso politico individualista non trova spazio emergendo una sola unitarietà dell’essere psichico attraverso la propria coscienza umana fondamentale, libera dalle catene dello schiavismo reciproco che la parzialità ha continuato da sempre a riproporci. Possiamo tastarlo anche noi questo centro tangibile, questo io non parziale e parcellizzato, dove l’identità non è finitezza ma libera creatività capace di conoscere, dove l’io-sono si concretizza in una pienezza emotiva e culturale autentica, dove il relazionarsi è amore per il conoscere; dove la politica individuale, sociale e religiosa ha il volto unico dell’individuo riscoperto nella sua integra interezza intima, dove solo è possibile cogliere e parlare il linguaggio dei simboli dell’animo umano. Questa non è retorica ma l’unica strada razionale verso la vittoria della mente sana.
Citazione:
Se c'é una cosa che ritengo giusta é che ogni azione va pensata e pianificata tenendo conto del fatto che siamo tutti fratelli e che quindi ogni azione dovrà rispettare (nei limiti del possibile) tutte le individualità coinvolte.
(Jeangene)
Certo, ma il discorso è molto più sottile.. coinvolge non tanto una sorta di pianificazione ma di conoscenza autentica che deve diventare coscienza autentica. Presuppone una crescita emotiva interiore che è differente dalla mera presa di coscienza intellettuale affinché diventi sblocco dell’energia umana capace di concretizzarsi in intimo e duraturo benessere. E’ una rivoluzione profonda dell’educazione che parte da una rivoluzione personale nella propria coscienza, un’educazione atta a portare* (in sviluppo di conoscenza e coscienza) il linguaggio al mondo pressoché muto delle emozioni, sede della reale energia che muove l’intelletto.


* a donare di un linguaggio
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Vecchio 25-06-2013, 08.40.36   #165
jeangene
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

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Originalmente inviato da sgiombo
Secondo me nella nostra natura di uomoni, animali caratterizzati da un' estrema plasticità (sociale e individuale) di comportamento, c'é (potenzialmente) sia la tendenza altruistica a rispettare, aiutare e gratificare gli altri (al limite sacrificando in varia misura se stessi), sia quella egoistica a fregarli a proprio individuale ed esclusivo vantaggio, come appare evidente guardandosi intorno.
E questo perché l' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale (correttamente intesa e non a la Dawkins e men che meno secondo l' antiscientifica "sociobiologia") ci ha fatti così.
La realizzazione in maggiore o minor misura di queste contrastanti tendenze comportamentali é sostanzialmente condizionata a livello psicologico individuale, di gruppi sociali, di contesti storico-geografici dall' esperienza vissuta (a livello di gruppi sociali sostanzialmente, in modo in ultima istanza decisivo sia pure attraverso molteplici, complesse mediazioni, a mio parere di marxista, dalla dialettica sviluppo delle forze produttive/rapporti di produzione e dalla lotta di classe).

Sono d' accordo con te, ma nel momento in cui realizzo che siamo tutti fratelli dovrei agire di conseguenza, dovrei superare l' egoismo, altrimenti sarei un incoerente, un ipocrita.
Indipendentemente dal fatto che l' egoismo e l' altruismo siano incisi nei miei geni, indipendentemente dalla mia psicologia, dal mio gruppo sociale, dal mio contesto storico-geografico una volta realizzato che ogni individualità va rispettata io dovrei superare questi limiti ed agire rispecchiando il mio pensiero (almeno a grandi linee, non pretendo certo la coerenza assoluta).
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Vecchio 25-06-2013, 14.44.00   #166
paul11
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

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Originalmente inviato da david strauss
Ciao jeangene, hai ragione, scusami, mi sono espresso male.
La mia personalissima e ardita ipotesi, è che ogni sistema autoreferenziale non ha necessità di essere in quanto soggetto.
Se ammettiamo che l'io sia autoreferente, allora non avrebbe senso ricercarlo nell'esperienza che lo investe perchè questa sarebbe un riflesso incondizionato dell'io. Se invece ammettiamo che l'io sia eteroreferente, allora non avrebbe lo stesso senso ricercarlo nell'esperienza che lo investe perchè questa sarebbe un riflesso condizionato dell'io.
Per uscire da questa empasse, secondo me, si deve considerare l'io non autoreferente o eteroreferente, ma appartenente (essere parte) di un sistema autoreferenziale.
Non avrebbe senso ritenerlo parte di un sistema eteroreferenziale perchè a questo punto il sistema stesso sarebbe trascendente l'io. Ma se invece lo consideriamo appartenente a un sistema autoreferenziale allora il suo riflesso, di qualunque natura esso sia, coinciderebbe con il sistema stesso. Ciò non significherebbe ricercare l'io all'interno di esso stesso, poichè esso stesso parte di un sistema autoreferenziale, e non significherebbe ricercarlo all'esterno di esso stesso, poichè esso stesso coincidente con tale sistema. Ma a questo punto, basterebbe ricercare il sistema.

Ciao

Arguto, Davide Strauss .
Se l’Io entra in sistema autoreferenziale potrebbe diventare ontologia parmanidea e severiniana.
E lo strumento di analisi diventa la logica formale e l’ontologia formale non quella materiale.
Ma implica anche il concetto oltre di esistenti (enti essenti) di una logica di identificazione dell’io, perché il rischio è che si vada in “contraddizione in termini”.

Se accetti l’esperienza accetti il divenire oppure come sostengono Parmenide e Severino si entra” nell’ontologia degli eterni” senza il divenire dove gli essenti “vengono chiamati ad apparire” a quell’IO; ma sono sempre lì , essendo eterni.

Francamente ho dei dubbi su questa ontologia, anche se è parecchio affascinante è non è assolutamente da sottovalutare e quindi da tenere in considerazione.

Ma questo sistema autoreferenziale ha degli inviluppi dal punto di vista fenomenologico ed epistemologico.
Che senso ha l’atto del conoscere(epistemologia), se tutto è già lì, negli eterni e quindi il presente l’adesso e il futuro sono solo uno sviluppo di fotogrammi di un film già esistente?

L’aspetto fenomenologico dell’IO è, dal mio punto di vista: “ che senso ha il fatto di esistere, ha un significato”?

Personalmente ritengo che un sistema autoreferenziale debba relazionare e informare osservatore(IO), osservato e l’atto dell’osservare: cioè tutti e tre i domini.
Forse (perché il “dubbio” per me è fondamentale) sarebbe necessario pensare che un evento chiama tutti e tre i domini simultaneamente. Quando la causa fisica materiale costruisce un evento , quell’evento esiste se c’è l’IO e l’atto del conoscerlo.
Un probabile errore è quello di sottilizzare sull’analisi di ciascun dominio senza relazionarli .
Se l’umanità “sparisce” nno esiste più evento che tenga, perché manca l’osservatore(IO) e l’atto del conoscere.
Quella realtà dell’evento informa e a sua volta è informato dall’IO che osserva e dall’atto del conoscere. Il risultato è che quell’IO diventa realtà nell’atto del conoscere.
E questo è il motivo per cui l’uomo cambia i suoi elementi fondamentali dei paradigmi nella sua storicità, perché cambia il processo comunicativo e linguistico di capire e relazionare la realtà/IO e quindi quell’Io muta, cambiando la sua proiezione nella realtà.
Il rischio è di cadere nell’autoreferenzialità (solipsismo) oppure nel riduzionismo (l’IO “sparisce”).

Se hai in mente qualche altro "sistema" prova ad argomentarlo


paul11 is offline  
Vecchio 25-06-2013, 16.05.08   #167
jeangene
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Originalmente inviato da gyta
Certo, ma il discorso è molto più sottile.. coinvolge non tanto una sorta di pianificazione ma di conoscenza autentica che deve diventare coscienza autentica. Presuppone una crescita emotiva interiore che è differente dalla mera presa di coscienza intellettuale affinché diventi sblocco dell’energia umana capace di concretizzarsi in intimo e duraturo benessere. E’ una rivoluzione profonda dell’educazione che parte da una rivoluzione personale nella propria coscienza, un’educazione atta a portare* (in sviluppo di conoscenza e coscienza) il linguaggio al mondo pressoché muto delle emozioni, sede della reale energia che muove l’intelletto.

Ti devo dare ragione, se penso al mio percorso di crescita ( non molto lungo a dire il vero ) devo ammettere che è solamente in questi ultimi anni che sento così importante il rispetto delle individualità anche se ho sempre considerato tutti fratelli ( uso la parola "fratelli" perchè la considero la più adeguata, "uguali" non è altrettanto adatto perchè forse invita a pensare ad un appiattimento delle personalità ) .
jeangene is offline  
Vecchio 25-06-2013, 16.53.58   #168
jeangene
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Originalmente inviato da david strauss
Per uscire da questa empasse, secondo me, si deve considerare l'io non autoreferente o eteroreferente, ma appartenente (essere parte) di un sistema autoreferenziale.

david strauss stai mettendo a dura prova i miei neuroni!

Questo sistema autoreferenziale di cui l' io fa parte potrebbe coincidere con l' essente trinitario descritto da maral?

Citazione:
Essente trinitario: unità originaria e necessaria del senziente-sentire-sentito
In termini metaforici l'io potrebbe rappresentare una delle tante maschere che l'essente trinitario indossa per poter apparire sulla scena e agire come attore e il suo apparire potrà ripetersi o non ripetersi nei medesimi contesti.
E' l'allentamento del legame di necessità tra senziente-sentire-sentito che permette a un io di apparire come nucleo di una volontà che ritenga di poter attuare libere scelte.

Ultima modifica di jeangene : 25-06-2013 alle ore 19.47.02.
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Vecchio 25-06-2013, 22.53.39   #169
david strauss
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Citazione:
Originalmente inviato da jeangene
david strauss stai mettendo a dura prova i miei neuroni!

Questo sistema autoreferenziale di cui l' io fa parte potrebbe coincidere con l' essente trinitario descritto da maral?

Non avere fretta.
L'essente trinitario di maral in realtà è trascendente l'io, perchè è l'allenamento del legame di necessità tra senziente-sentire-sentito, e quindi non può essere autoreferenziale, ma prescinde da una possibilità (che ci sia questo legame). In altre parole l'io potrebbe soltanto farne parte, ma non potrebbe coincidergli, perchè è soltanto possibilità all'io di apparire.

Invece per me, se consideriamo l'io appartenente a un sistema autoreferenziale, il suo riflesso (per usare le tue parole) ne è coincidente, necessariamente, ed è questa coincidenza che darebbe all'io fondamento ontologico.
david strauss is offline  
Vecchio 25-06-2013, 23.38.45   #170
david strauss
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Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Arguto, Davide Strauss .
Se l’Io entra in sistema autoreferenziale potrebbe diventare ontologia parmanidea e severiniana.
E lo strumento di analisi diventa la logica formale e l’ontologia formale non quella materiale.
Ma implica anche il concetto oltre di esistenti (enti essenti) di una logica di identificazione dell’io, perché il rischio è che si vada in “contraddizione in termini”.

Se accetti l’esperienza accetti il divenire oppure come sostengono Parmenide e Severino si entra” nell’ontologia degli eterni” senza il divenire dove gli essenti “vengono chiamati ad apparire” a quell’IO; ma sono sempre lì , essendo eterni.

Francamente ho dei dubbi su questa ontologia, anche se è parecchio affascinante è non è assolutamente da sottovalutare e quindi da tenere in considerazione.

Ma questo sistema autoreferenziale ha degli inviluppi dal punto di vista fenomenologico ed epistemologico.
Che senso ha l’atto del conoscere(epistemologia), se tutto è già lì, negli eterni e quindi il presente l’adesso e il futuro sono solo uno sviluppo di fotogrammi di un film già esistente?

L’aspetto fenomenologico dell’IO è, dal mio punto di vista: “ che senso ha il fatto di esistere, ha un significato”?

Personalmente ritengo che un sistema autoreferenziale debba relazionare e informare osservatore(IO), osservato e l’atto dell’osservare: cioè tutti e tre i domini.
Forse (perché il “dubbio” per me è fondamentale) sarebbe necessario pensare che un evento chiama tutti e tre i domini simultaneamente. Quando la causa fisica materiale costruisce un evento , quell’evento esiste se c’è l’IO e l’atto del conoscerlo.
Un probabile errore è quello di sottilizzare sull’analisi di ciascun dominio senza relazionarli .
Se l’umanità “sparisce” nno esiste più evento che tenga, perché manca l’osservatore(IO) e l’atto del conoscere.
Quella realtà dell’evento informa e a sua volta è informato dall’IO che osserva e dall’atto del conoscere. Il risultato è che quell’IO diventa realtà nell’atto del conoscere.
E questo è il motivo per cui l’uomo cambia i suoi elementi fondamentali dei paradigmi nella sua storicità, perché cambia il processo comunicativo e linguistico di capire e relazionare la realtà/IO e quindi quell’Io muta, cambiando la sua proiezione nella realtà.
Il rischio è di cadere nell’autoreferenzialità (solipsismo) oppure nel riduzionismo (l’IO “sparisce”).

Se hai in mente qualche altro "sistema" prova ad argomentarlo



Ciao paul11, vedo che parliamo la stessa lingua.
Effettivamente il rischio di "contraddizione in termini" l'avevo calcolato anch'io, ma ho colto lo spunto dal concetto di "riflessione" espresso da jeangene nella sua domanda. Io ho semplicemente pensato di "aggirare" questo ostacolo tautologico facendo coincidere soltanto il riflesso dell'io con tale sistema. Ed è vero che a questo punto restiamo solo sul piano formale e non materiale, ma questo stesso riflesso dell'io non è per definizione materiale. In altre parole, tutta la mia ipotesi è una identità epistemologica dell'io, e no che non sono matto, in realtà sto cercando, sto sforzandomi di trovare nel prodotto ontologico dell'io la sua giustificazione logica. Messa così capisco che, rimanendo sul piano formale, mi si potrebbe prendere per scemo, ma ho pensato di rendere ontologicamente giustificabile un prodotto logico proprio grazie all'autoreferenzialità della sintesi di sistema e riflesso.
So che è molto difficile, perciò l'ho chiamata solo ipotesi.
Ciao e grazie dei tuoi consigli
david strauss is offline  

 



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