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Vecchio 28-08-2004, 14.26.28   #1
danielegenova
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La filosofia Galimbertiana

Sono un nuovo utente. Sono appassionato della filosofia di Umberto Galimberti e del suo "maestro" Emanuele Severino. Trovo che la formazione pscicoanalitica e filosofica in Umberto Galimberti abbiano trovato finalmente un giusto accordo epistemologico.....

http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/galimber.htm

http://www.dweb.repubblica.it/dweb2/...s=g alimberti
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Vecchio 28-08-2004, 15.39.50   #2
Lai
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benvenuto daniele....!
hai voglia di raccontarmi un pò del pensiero di Umberto Galimberti?
mi è parso di capire che condividi la sua ottica....

grazie in anticipo...

P.S.
ho sentito spesso parlare di lui ma sono prorpio ignorante a riguardo ...

Ciao
Lai

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Vecchio 28-08-2004, 19.13.55   #3
danielegenova
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Volentieri Lai. Intanto io mi sono avvicinato alla filosofia con Emanuele Severino (uno dei più grandi filosofi contemporanei). Con lui ho capito di cosa si occupa (o si dovrebbe occupare) la filosofia. Col tempo ho scoperto che alcuni autori che leggevo sono stati suoi allievi (tra cui Galimberti e Natoli)... Galimberti oltre ad essere un filosofo di matrice severiniana è anche un ottimo psicanalista (ha pubblicato recentemente per Utet un dizionario di Psicologia) e sociologo. I suoi libri e i suoi articoli (scrive regolarmente su La Repubblica) danno una chiave interpretativa che porta insieme la decisione del pernsiero forte e l' apertura del pensiero debole. Fondamento del suo pensiero è che la tecnica condiziona irrimediabilmente il nostro agire, quindi non possiamo più dire (come invece facevamo in epoca umanistica, cioè prima del novecento) che la tecnica è lo strumento dell'uomo ma l'uomo vive il mondo tecnico ed è diventata da mezzo a fine (Marx lo riferiva ai soldi). Difficilissimo sintetizzare il suo pensiero proprio perchè sempre sorprendente in quanto mai banale e uguale a se stesso nonostante come dicevo molto deciso. Ti invito ad acquistarti un suo libro (o diversi libri). Ti consiglio: la lampada di Psiche, un libricino semplice e divulgativo. E poi dai un'occhiata ai link che ho proposto nel thread.

Ti riporto un passo:

"Siamo un'automobile senza pilota che va a trecento all'ora. L'automobile è la tecnica e il pilota è l'uomo, ancora del tutto impreparato alla nuova velocità imposta dal progreso scientifico. L'uomo al tempo della tecnica deve ripensare radicalmente il suo mondo e i concetti tradizionali su cui finora si è fondato: la verità, la politica, la ragione, l'ideologia, la natura, la religione, la storia. Per la prima volta siamo inadeguati e inconsapevoli rispetto a un presente che è già futuro. Così ci troviamo in una condizione paradossale e ambivalente: da un lato temiamo la tecnica, dall'altro cerchiamo affannosamente di rincorrerla perchè è diventata la condizione della nostra esistenza. Da questa inadeguateza emergono segnali di malessere inattesi e preoccupanti".

Ciao e mi piacerebbe sapere un tuo punto di vista. Alla prossima.
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Vecchio 28-08-2004, 20.16.13   #4
neman1
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Citazione:
Messaggio originale inviato da danielegenova
Volentieri Lai. Intanto io mi sono avvicinato alla filosofia con Emanuele Severino (uno dei più grandi filosofi contemporanei). Con lui ho capito di cosa si occupa (o si dovrebbe occupare) la filosofia. Col tempo ho scoperto che alcuni autori che leggevo sono stati suoi allievi (tra cui Galimberti e Natoli)... Galimberti oltre ad essere un filosofo di matrice severiniana è anche un ottimo psicanalista (ha pubblicato recentemente per Utet un dizionario di Psicologia) e sociologo. I suoi libri e i suoi articoli (scrive regolarmente su La Repubblica) danno una chiave interpretativa che porta insieme la decisione del pernsiero forte e l' apertura del pensiero debole. Fondamento del suo pensiero è che la tecnica condiziona irrimediabilmente il nostro agire, quindi non possiamo più dire (come invece facevamo in epoca umanistica, cioè prima del novecento) che la tecnica è lo strumento dell'uomo ma l'uomo vive il mondo tecnico ed è diventata da mezzo a fine (Marx lo riferiva ai soldi). Difficilissimo sintetizzare il suo pensiero proprio perchè sempre sorprendente in quanto mai banale e uguale a se stesso nonostante come dicevo molto deciso. Ti invito ad acquistarti un suo libro (o diversi libri). Ti consiglio: la lampada di Psiche, un libricino semplice e divulgativo. E poi dai un'occhiata ai link che ho proposto nel thread.

Ti riporto un passo:

"Siamo un'automobile senza pilota che va a trecento all'ora. L'automobile è la tecnica e il pilota è l'uomo, ancora del tutto impreparato alla nuova velocità imposta dal progreso scientifico. L'uomo al tempo della tecnica deve ripensare radicalmente il suo mondo e i concetti tradizionali su cui finora si è fondato: la verità, la politica, la ragione, l'ideologia, la natura, la religione, la storia. Per la prima volta siamo inadeguati e inconsapevoli rispetto a un presente che è già futuro. Così ci troviamo in una condizione paradossale e ambivalente: da un lato temiamo la tecnica, dall'altro cerchiamo affannosamente di rincorrerla perchè è diventata la condizione della nostra esistenza. Da questa inadeguateza emergono segnali di malessere inattesi e preoccupanti".

Ciao e mi piacerebbe sapere un tuo punto di vista. Alla prossima.

Ciao Danielegenova....

Anch'io sono curioso di saperne di piu, su Galimberti, che mi capitava spesso di leggere con interesse su uno dei settimanali di Repubblica. Ho visto anche i suoi libri in commercio ma non li ho comprati, cosi, a parte gli articoli non so niente su di lui. Faci da padrone del thread!!!
Benvenuto Daniele
neman1 is offline  
Vecchio 28-08-2004, 20.24.14   #5
danielegenova
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Se siete d'accordo io farei così: leggete qualche riferimento che trovate dai link sopra riportati e poi lanciate delle osservazioni. Vi dirò il mio punto di vista anche alla luce della maggiore conoscenza che ho degli scritti di Galimberti. Ciao, Grazie
danielegenova is offline  
Vecchio 28-08-2004, 23.15.20   #6
dana
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Ciao Daniele, ho letto "Psiche e techne" qualche anno fa (fa tragicamente riflettere) e mi sembra di ricordare che Galimberti profetizza la scomparsa o cmq un ridimensionamento della psicologia, della poesia, della letteratura, rispetto alla tecnologia.

Ma la domanda che volevo fare è qual'è, se c'è, la soluzione a questo strapotere inarrestabile della tecnologia, che rende l'uomo succube e analfabeta tecnologico, incapace quasi di controllare quello che ha costruito?

Ciao, e grazie.
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Vecchio 29-08-2004, 00.06.00   #7
danielegenova
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Ciao Dana, leggere Galimberti spesso fa male all'anima; con questo intendo che i suoi discorsi sono spesso al limite dell'apocalittico. A me però piace confrontarmi con tutto e le considerazioni sulla tecnica che gestisce in qualche modo le nostre sorti, oltre a farmi penare, mi danno una chiave interpretativa realistica. Le innumerevoli considerazioni riportate da Galimberti (ma non solo da lui...nell'ambito filosofico un nome su tutti: Heidegger) testimoniano come la nostra società stia volgendo verso un destino ineluttabile. Tu parli di soluzioni, credo che parlare di soluzioni sia in qualche modo non voler darsi pace di questa realtà ed è tutto sommato il mio stato d'animo frequente in reazione al pensiero che non siamo più noi i soggetti della storia ma la tecnica. Galimberti sostanzialmente dice che è fondamentale per noi realizzare questo passaggio epocale (senza raccontare storielle che appartengono al passato...) e ripensare la nostra cultura umanistica sulla base delle considerazioni che dicevamo.
Se hai letto Psiche e Technè sai molto bene a cosa mi riferisco.
Per riportare uno fra i miliardi di episodi attuali che si riferiscono a quanto sto dicendo, Galimberti nel caso della clonazione dice: (esprimo in sintesi con mie parole il suo pensiero) la clonazione è un'operazione della tecnica e in quanto tale è inarrestabile, tutt'al più si potrà ritardare ma non impedire.... ciò che è fattibile per la tecnica si realizza. Le varie morali si sottomettono al turbine tecnologico che tra l'altro proprio la nostra cultura occidentale ha creato. Anche il Papa è sottomesso allo strapotere della tecnica: senza la multimedialità, per esempio, il cattolicesimo semplicemente non esisterebbe.

Alla prossima riflessione, grazie.
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Vecchio 30-08-2004, 15.02.44   #8
leibnicht
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Dico la mia

scusandomi per l'inevitabile dissonanza che produrrò nel concerto.
Ho letto poco di Galimberti, non perchè non mi fosse noto, ma perchè dissuasone dagli interventi che gli udii fare nel corso di alcuni dibattiti, parecchi anni fa.
Lessi anche qualche suo articolo negli anni '80, e dopo allora trascurai del tutto il personaggio, ritenendo, in una fase delle mia vita in cui avevo il tempo misurato per ogni cosa, che fosse sciocco sprecarne.
Ma cosa c'è di originale in quel che va predicando Galimberti ?
E dico "predicare", perchè, davvero, il suo atteggiamento pare assai più simile a quello del predicatore che a quello del filosofo.
Più che predire apocalissi e catastrofi, in nome del "buon tempo antico", rimpiangere una scienza bucolica che, nelle sue espressioni più autentiche, mai vi fu, manifestare il suo disorientato rifiuto di una contemporaneità la cui comprensione richiede molta più fatica e molta più intelligenza di quella necessaria per respingerla...
E, infine, disporsi nell'unico alveo di retroguardia dentro il panorama scientifico attuale: le psicanalisi, tanto impermeabili ad un ripensamento critico, quanto lo era l'astrologia nell'epoca dei Lumi.
Insomma: non voglio essere troppo distruttivo...
Pongo, allora, una sola questione, giusto per cominciare e per spirito di confronto e dialogo.
La dissociazione "scienza" (conoscenza) e technè. Possibile non vedere che oggi essa non è più sussistente ?
La tecnologia non è più, da tempo, un settore applicativo della ricerca scientifica, nè, d'altronde, consegue tout court al sapere.
Lo forma e lo sostanzia.
Nell'orizzonte culturale contemporaneo non è più possibile supporre sviluppi conoscitivi che non consistano di applicazioni e manipolazione.
Ora, in grazia di che santo rifiutare il fatto "in sè e per sè" ?
A cosa ancorare quei principi etici che si suppongono, evidentemente, capaci di sviluppare una critica ontologicamente precedente al piano epistemologico, se non ad un impianto metafisico taciuto o inespresso ?
Perchè la precedenza, assunta apoditticamente, di una ontologia sul piano epistemico non consegue ad una riflessione giustificativa come avviene in Heidegger ?
E come non dare, o almeno "tentarlo", uno sviluppo al pensiero di quel Maestro, il quale, dentro questa critica, si trovò infine drammaticamente privo di appoggi concettuali e finì per alludere ad un impianto metafisico che, tuttavia, non osò mai sistematizzare, dichiarandone l'impossibilità intellettuale ?
Ciao
leibnicht is offline  
Vecchio 31-08-2004, 00.55.41   #9
danielegenova
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Ciao Leibnicht, purtroppo si vede che non hai mai letto Galimberti e non contrappongo nessuna riflessione semplicemente perchè ciò che hai scritto
non ha nessuna attinenza con il pensiero di Galimberti. Gli contesti cose che non ha senso contestare in quanto non ha mai espresso posizioni simili e quindi ti consiglio prima di leggerti qualcosa di lui (possibilmente in maniera approfondita) e poi di esprimerti sulla base di ciò che hai letto. I link che ho postato possono essere un buon inizio. Ciao, grazie
danielegenova is offline  
Vecchio 31-08-2004, 02.55.49   #10
leibnicht
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Bene, caro amico,

mi sono preso la briga di leggere tutto ciò che mi hai indicato e di riflettervi, contestualmente, sopra.
Ti ribadisco che la mia critica, se solo avrai voglia di considerarla più attentamente, in quel solo, modesto, punto che ti ho espresso, è assolutamente pertinente.
Per ciò gradirei da te, non un richiamo alla aderenza ai fatti probatori, ma una puntuale risposta.
Ho letto tutto e, credimi, ravviso in ciò lo stesso personaggio, solo un poco deteriorato sul piano intellettuale, che conoscevo vent'anni fa.
Del resto, ti sei mai chiesto se, per caso, un fenomenologo critico della technè, troverebbe una lecita ospitalità sul "Sole24Ore" ?
A meno che, naturalmente, la sua critica non fosse, tutto sommato, inoffensiva, perchè ingenua, "di costume", ....- inconsapevolmente quella "giusta", perchè fin troppo facile ad accettarsi dai lettori meno avvertiti, ma dotati di solido buon senso quando decidono del proprio denaro, e contestabile con facilità da quelli più intelligenti che, talvolta, lo leggono.
Quale miglior specchietto, se non quello di un filosofo la cui opposizione sia contraddicibile senza difficoltà, per il giornale più fedele al Sistema ?
"Mai - diceva Kant - ho ricercato il plauso della gente. Sempre mi sono guardato con sospetto da coloro che la piazza invocava, temendo la loro concordia".
Gli applausi ed il consenso, purtroppo, quasi sempre celebrano la mediocrità.

Mi dispiace di confutare il tuo entusiasmo.
Mancano, agli onori delle cronache, in Italia, pensatori davvero capaci, umili e intelligenti: intelligenti e disciplinati, ossia disposti ad una seria fatica per far proprio ciò che non conoscono, prima di respingerlo.
Sono rari ovunque.
Ma qui da noi quasi impossibili a trovarsi: tanta è la spocchia e la sicumera con cui l'analfabetismo scientifico si avviluppa di certezze arcadiche...
Karl Popper, uno dei grandi, dei veri grandi pensatori del '900, uno da cui davvero imparare a "pensare", ebbe la buona volontà di mettersi a studiare, a quarant'anni la fisica quantistica, per capire dove, eventualmente, si celassero le radici più intime di problemi epistemologici che essa offriva all'orizzonte culturale contemporaneo.
A qualche anno di distanza, ne padroneggiava i concetti in misura sufficiente da mettere in difficoltà i fisici convenuti ad un congresso Solvay con un esperimento puramente mentale, che sollevava questioni attinenti al senso filosofico della realtà che le teorie in oggetto ponevano.
Scusami se sottolineo il fatto: era un uomo realizzato sul piano professionale, non notissimo all'epoca, ma sostenuto da una stima quasi assoluta dentro alcuni piccoli, circoscritti, ambienti - non aveva problemi economici ed era una persona equilibrata.
Non aveva vent'anni.
Pure, di fronte ad un insieme di questioni epistemiche della massima rilevanza sentì l'urgenza di mettersi a studiare, con fatica e con umiltà: una matematica sofisticata e complessa; cercò amici che l'aiutassero a comprenderla, lo fece e destinò a questo scopo anni della sua vita.
Giunse al punto di proporsi in modo serio agli specialisti del settore, sebbene per questioni che attenevano al suo specifico "terreno" di indagine: nella loro lingua, alla pari.
L'età contemporanea richiede filosofi di questo genere: uomini che, prima di pontificare, abbiano l'intelligenza e l'umiltà di sopportare il mal di testa e il dolore ai gomiti di uno studio disciplinato e serio.
Non servono a nessuno i Soloni del degrado...
Se non a loro stessi.
Ciao
leibnicht is offline  

 



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