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Vecchio 18-08-2006, 13.01.32   #71
visechi
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Riferimento: Dio e il problema dell'inferno

La mia è forse una domanda che trattiene in sé una risposta implicita, che è pre-messa alla domanda stessa. Una risposta pre-detta.
Se Dio, come più volte ho sostenuto, in quanto immutabile nella sua indefettibile perfezione, è Bene e Male, Egli nella Creazione dovette riversare parte della Sua sostanza, della Sua intima essenza costitutiva, rendendo la Creazione simile a Sé.
L’uomo è immagine e somiglianza divina. Non gli è uguale perché privo delle qualificazioni infinite ed illimitate attribuibile esclusivamente all’Essere Assoluto, ma nella sua natura è inoculato il seme del suo creatore.
Dalla perfezione Luminosa di Dio è pervenuta la somiglianza in guisa di stilla divina, pur priva dei suoi attributi d’infinitezza ed illimitatezza.
Nell’intimo dell’uomo è così instillata ed immessa quella radicalità del Male che nell’uomo è coercizione e violenza, in Dio possibilità. L’uomo è così costretto da e verso il Male, ne subisce il richiamo, il fascino obbrobrioso. Al Male sottostà, pur percependone o intuendone il suono e il profumo della Morte e della dissoluzione che questo si porta appresso. In lui il Male non è mera possibilità, che potrebbe non rendersi manifesta, ma è concretezza che germina dal suo intimo disequilibrio: costante di un essere imperfetto.
La discesa nell’Ade del proprio animo significa quindi entrare in contatto e lambire anche la radicalità del Male che lo costituisce. Viceversa, il trionfo di Dio nei confronti del Male fuori da ogni spazio e da ogni tempo, giacché l’Essere Assoluto e solo Lui è senza tempo e senza spazio (a-temporale, a-spaziale), quindi evento che si determina in ogni istante del tempo e in ogni spazio umano, non implica la necessità per la divinità di una sconfitta di una parte di Sé, ma semplicemente la resa – nel senso di assenza di manifestazione – delle tenebre che preludono e succedono alla luce. Ciò avviene però solo in rapporto a Dio. Il Male è in Dio non manifesto. Ciò per effetto della sua costanza e del suo permanere in un equilibrio che dissipa la necessità del Male. Non vi è in Lui necessità di tenebre che annuncino e seguano la luce diurna. Viceversa, la disarmonia dell’uomo, essere imperfetto e quindi in costante disequilibrio, esige un costante bordeggiare fra le due opposte sponde: da qui il manifestarsi delle due polarità, il loro mutare continuamente di segno e rilevanza.
Il “Conosci te stesso” dal sapore gnostico è anche la pretesa di nominare, per prenderne possesso e governarlo, acquietandone così la forza, dell’altra metà dell’intero. Nominare qualcuno o qualcosa in epoche antiche, soprattutto in un contesto magico-primitivo (senza nessuna accezione negativa al termine primitivo), cioè conoscerne il “vero nome”, assumeva il valore di prenderne possesso per attuare su questo qualcuno o questo qualcosa il proprio dominio. Il nome di Dio è sacro e non può essere conosciuto, il tetragramma sacro, YHWH, sostituisce il “vero nome” di Dio che resta celato e secretato. La pretesa gnostica, che percorre l’irta strada della conoscenza, fino alla Suprema Conoscenza, è un viaggio che introduce e permane l’essere nel profondo. Ma lì, nell’orrido, non v’è la quiete promessa, v’è la disputa e la contesa, ed il viaggio si traduce in un trabocco di terrore, perché si entra in contatto con la parte occulta e terrifica del nostro essere, con l’altro ripudiato dalla tradizione cristiana.
L’uomo deve morire a se stesso perché non oda e non raccolga quell’ansito sotterraneo e sulfureo che pulsa. E’ l’istruzione che c’impartisce la mistica. La gnosi è la porta dischiusa alle tenebre che eccedono, rendendole vivide ed appariscenti. L’Anabasi della Grecia classica era un entrare in contatto con le ombre, ma anche un riaffiorare di Mnemosine, madre delle Muse, ispiratrici della follia creatrice, un recupero dunque della memoria impersonale che ispira e suggestiona quella soggettiva, Nel viaggio che la Grecia antica compiva nell’Ade, antro della morte e dell’oblio, ove tutto è dimenticanza perché alla Memoria è preclusa la strada, gli eroi incontravano le Moire, colore che presiedevano al ciclo della vita, filando, distribuendo e tagliando il filo di ciascun vivente. Era quindi entrare in contatto con la morte, con l’oltretomba, ove le ombre pencolano senza meta e senso, perché nel nostro Ade non vi è senso e non vi è meta. La morte a se stessi, è l’ignoranza di se stessi divenendo abbandono totale, senza riserve e restrizioni, fra le braccia di Dio.
La sconfitta del Male comporta il passaggio attraverso il limite rappresentato dalla Morte. Dio stesso sconfigge il Male con un metaforico, seppur storicamente concreto, sacrificio di Sé sulla Croce, e con la sua rinascita successiva all’agonia del suo essere e alla morte stessa: <<sia fatta la Tua, non la mia volontà>>. In ciò vi è un abbandono totale, nutrito dalla fiducia assoluta della vittoria finale del bene rispetto al male, fiducia che in Cristo è certezza.
Una delle più interessanti interpretazioni del sacrificio della croce è proprio questa visione di Dio che per amore verso l’uimanità sacrifica se stesso sulla croce. Quindi un atto posto in essere a vantaggio dell’umanità, non rivolto a se stesso. In Lui non v’è dunque menomazione. Egli mantiene integro ed intonso il proprio essere divino.
La polemica gnostica, specificamente “docetista” circa la doppia natura di Cristo, non colse questo aspetto indispensabile. Negarla impoverisce l’atto compiuto, perché lo priva del carattere sacrificale che emerge in un trabocco di sofferenza che avvolse entrambi i protagonisti: Gesù dilaniato nelle carni e nel cuore: <<Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?>>; e Dio lacerato nella propria intima matura di Padre che sacrifica se stesso nelle vesti di Figlio.
La Promessa che permea l’intero Antico Testamento è fondamento di una Speranza. Questa non è di carattere e qualità umane per cui gli avvenimenti sperati e di là da venire potrebbero avverarsi o meno, o realizzarsi anche in maniera difforme , se non addirittura opposta a quanto sperato. Si tratta di una Speranza che è contropartita di un Patto, dell’Antica Alleanza. Una Speranza che scaturisce dalla Promessa di Dio: si tratta quindi di una certezza circa il suo avverarsi, anche se resta ignoto come e quando. Ma è convinzione dell’ebraismo e del giudaismo che si tratti di un avvenimento che si dovrà realizzare in questo mondo. La venuta di Cristo riformulò l’antico patto, non più sancito fra Dio e il popolo eletto, ma esteso all’intero popolo della terra. Nel frattempo il Male ha continuato ad imperare e il dolore, suo vassallo, a furoreggiare invitto, irrompendo entrambi nella vita dei popoli e dei singoli. Il Cristianesimo riformulò non solo il Patto, ma anche la Promessa, rivitalizzando così anche la Speranza indefettibile. Ma trasferì la vittoria finale sul Male e la Gloria in un’altra dimensione, determinando così la nascita e il venire alla luce dell’orizzonte che la Speranza dischiude all’ultramondanità, alla vita oltre e sopra la Morte. Il dolore e il Male sono lasciati l9iberi di operare, ma rinchiusi in un ambito che solo provvisoriamente interseca la Creazione dilaniandola, fino a che i tempi saranno compiuti e al realizzarsi della Promessa dell’ultimo giorno.
Il nuovo Patto esige una nuova Promessa, o una sua reiterazione, che mantenga ben vivo ed imperituro il fuoco della Speranza che, in quanto proveniente da Dio fattosi carne, è certezza. Il nuovo Patto relega il Male sulla terra, circoscrivendo il suo campo d’azione entro la mondanità, sia in termini di spazio che di tempo. Affranca così l’ultramondanità dal giogo del Male, e nella tensione che scaturisce dalla Speranza dell’avverarsi della Promessa risiede e trova asilo il senso ultimo della vita di ciascuno di noi.
In tutto ciò vi è, o vi sarebbe solo una mutazione dello status o della condizione dell’umanità. Dio resta inaccesso e sempre uguale a se stesso.

Un saluto, ciao
visechi is offline  
Vecchio 23-08-2006, 17.34.44   #72
sunday01
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Riferimento: Dio e il problema dell'inferno

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Originalmente inviato da visechi

Il nuovo Patto relega il Male sulla terra, circoscrivendo il suo campo d’azione entro la mondanità, sia in termini di spazio che di tempo. Affranca così l’ultramondanità dal giogo del Male, e nella tensione che scaturisce dalla Speranza dell’avverarsi della Promessa risiede e trova asilo il senso ultimo della vita di ciascuno di noi.
In tutto ciò vi è, o vi sarebbe solo una mutazione dello status o della condizione dell’umanità. Dio resta inaccesso e sempre uguale a se stesso.

Un saluto, ciao

Molto giusto il tuo scritto.... è vero che il nuovo Patto relega il Male sulla terra, ma è anche vero che l'uomo può morire a se stesso anche su questa terra, diventando un uomo nuovo... In questo caso, se questo coinvolgesse tutta l'umanità, vi sarebbe già su questa terra un mutamento di status...
ma questa è utopia, perchè è anche vero che l'antico serpente è destinato a strisciare sulla terra fino alla fine dei tempi.
Per questo nella Bibbia, Libro dell'Apocalisse, si parla di cieli nuovi e terra nuova.... la fine di questo mondo dovrebbe decretare la fine del Male come lo conosciamo noi.
E resta sempre il fatto che l'inferno è per quelli che adorano o hanno adorato Satana.
"Dio resta inaccesso e sempre uguale a se stesso" - con questa frase non sono molto d'accordo, Dio resta sempre uguale a se stesso ma con la venuta di Gesù Cristo Dio ha dato la possibilità a tutti di entrare in intima comunione con lui e quindi ben difesi dal potere del Male, per cui non è un Dio inaccessibile ma ben presente e attivo nel cuore di chi lo riceve con fede, vuoi con l'atto della comunione vero e proprio, ma anche dal punto di vista spirituale, per chi a tale atto è impossibilitato.... ma con il cuore attecchisce a quella vite che dà frutti per sempre, e che in qualche modo sostituisce l'albero della vita che all'uomo era stato precluso.
Un saluto.
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Vecchio 24-08-2006, 11.16.11   #73
visechi
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Riferimento: Dio e il problema dell'inferno

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Molto giusto il tuo scritto.... è vero che il nuovo Patto relega il Male sulla terra, ma è anche vero che l'uomo può morire a se stesso anche su questa terra, diventando un uomo nuovo... In questo caso, se questo coinvolgesse tutta l'umanità, vi sarebbe già su questa terra un mutamento di status...
ma questa è utopia, perchè è anche vero che l'antico serpente è destinato a strisciare sulla terra fino alla fine dei tempi.
Per questo nella Bibbia, Libro dell'Apocalisse, si parla di cieli nuovi e terra nuova.... la fine di questo mondo dovrebbe decretare la fine del Male come lo conosciamo noi.
E resta sempre il fatto che l'inferno è per quelli che adorano o hanno adorato Satana.
"Dio resta inaccesso e sempre uguale a se stesso" - con questa frase non sono molto d'accordo, Dio resta sempre uguale a se stesso ma con la venuta di Gesù Cristo Dio ha dato la possibilità a tutti di entrare in intima comunione con lui e quindi ben difesi dal potere del Male, per cui non è un Dio inaccessibile ma ben presente e attivo nel cuore di chi lo riceve con fede, vuoi con l'atto della comunione vero e proprio, ma anche dal punto di vista spirituale, per chi a tale atto è impossibilitato.... ma con il cuore attecchisce a quella vite che dà frutti per sempre, e che in qualche modo sostituisce l'albero della vita che all'uomo era stato precluso.
Un saluto.


Probabilmente mi sono espresso male. Per inaccesso intendevo dire non modificato dalla storia che si dipana sulla terra. Egli è un essere a-storico, nel senso che il districarsi degli eventi che coinvolgono la creazione non mutano la sua intima sostanza. La Sue è una sorta d’impermeabilità che, nonostante l’immersione che in una qualche misura si presume lo coinvolga, Egli non ne viene intaccato, restando così uguale a se stesso. Non intendevo quindi un estraniarsi rispetto agli accadimenti della storia …. Anche se per come l’intendo io, Dio non è partecipe dell’esistenza dell’uomo, se non come eco o riflesso di un costante richiamo che proviene dal mondo, al quale, ritengo, resta del tutto indifferente.

Un saluto
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Vecchio 25-08-2006, 14.24.10   #74
sunday01
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Riferimento: Dio e il problema dell'inferno

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Originalmente inviato da visechi
Probabilmente mi sono espresso male. Per inaccesso intendevo dire non modificato dalla storia che si dipana sulla terra. Egli è un essere a-storico, nel senso che il districarsi degli eventi che coinvolgono la creazione non mutano la sua intima sostanza. La Sue è una sorta d’impermeabilità che, nonostante l’immersione che in una qualche misura si presume lo coinvolga, Egli non ne viene intaccato, restando così uguale a se stesso. Non intendevo quindi un estraniarsi rispetto agli accadimenti della storia …. Anche se per come l’intendo io, Dio non è partecipe dell’esistenza dell’uomo, se non come eco o riflesso di un costante richiamo che proviene dal mondo, al quale, ritengo, resta del tutto indifferente.

Un saluto


Forse l'intima sostanza di Dio rimane la stessa, ma Dio vive in ciascuno di noi, quindi è partecipe della nostra esistenza, se noi esistiamo in Dio.
Pensa come cambierebbe il corso della storia se tutti vivessero conformi alla volontà di Dio, che corrisponde poi alla libertà...
Noi siamo copartecipi della creazione, e non è poco....

Un abbraccio

sunday01 is offline  
Vecchio 29-08-2006, 07.44.27   #75
paperapersa
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Riferimento: Dio e il problema dell'inferno

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Forse l'intima sostanza di Dio rimane la stessa, ma Dio vive in ciascuno di noi, quindi è partecipe della nostra esistenza, se noi esistiamo in Dio.
Pensa come cambierebbe il corso della storia se tutti vivessero conformi alla volontà di Dio, che corrisponde poi alla libertà...
Noi siamo copartecipi della creazione, e non è poco....

Un abbraccio


infatti la creazione è ancora in atto
Il sesto giorno del riposo di Dio è in atto
a noi tutti è data la rsponsabilità di ciò che creiamo
e sarà bellezza e armonia
se sapremo equilibrare le nostre energie,
sarà disarmonia e male se non ci sarà equilibrio,se non saremo
l'auriga del nostro cocchio con due cavalli uno bianco ed uno nero......
i nostri istinti non sono cattivi, le nostre emozioni non sono
terribili, i nostri desideri e pensieri non devono necessariamente essere
dettati da invidie, gelosie o sentimenti cattivi nei confronti dei nostri simili.....
Gesù ci esortava a benedire sempre e comunque e a perdonare settanta volte sette......questo perchè se le nostre energie sono volte al bene comune
se la nostra è volontà di fare bene creiamo il paradiso e non può esserci alcun inferno.
paperapersa is offline  
Vecchio 29-08-2006, 11.07.14   #76
visechi
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Riferimento: Dio e il problema dell'inferno

La nostra anima non è un cocchio trainato da due splendidi cavalli imbrigliati che seguano il percorso da noi prescelto, tantomeno è l’auriga di questo cocchio, o, qualora volessimo intenderla come tale, sarebbe un auriga che conduce il cocchio entro sentieri accidentati, la cui asprezza ed irregolarità non è effetto del nostro agire, ma connaturata ed insita nel sentiero da percorrere. La Creazione è in divenire, un incessante mutamento in attesa che si compia il tempo del settimo giorno, che è la promessa contenuta nel messaggio di redenzione di Gesù Cristo. Proprio questa promessa dell’ultimo giorno avvisa circa l’imperfezione della Creazione, che tale è non per atto umano o per effetto di una sua scelta, ma determinata da volontà divina. Quel che innegabilmente è inoculato nell’animo umano è la tensione verso la trascendenza, che fa trasparire quell’oltre delle cose, per cui queste sono ben più di ciò che appaiono. La nostra anima, o profondo, intuisce quest’eccedenza senza riuscire a coglierla, ed ogni tentativo, sia esso di matrice culturale o spirituale, diviene un vaneggiare ermeneutico di parole pronunciate due millenni fa che noi, impossibilitati a com-prendere nella loro sostanza e pienezza di sgnificato, rileggiamo in chiave psicologica, storica, spirituale, filosofica, fornendo sempre nuove chiavi di lettura, traducendoci così in vacui produttori di cultura che da un lato esalta ed assolutizza la mente dall’altro opprime lo spirito, perché di questo complesso ammennicolo di manufatti ermeneutici percepiamo soffusamente la fallacità di fondo, che, lungi dall’avvicinarci alla nostra profondità, al nostro abisso, ci eleva all’altezza di D-Io.
Su questo argomento ben ci ammoniva Jung – non certo un monaco ascetico – quando affermava la necessità di operare un “sacrificio dell’Io” per giungere a cogliere (io direi a lambire) l’essenza interiore di ciascuno di noi. Jung individua nella “funzione trascendente” il complesso processo atto ad equilibrare conscio ed inconscio, ponendoli l'uno di fronte all'altro in forma dialettica - una dialettica accesa -, affinché sia così agevolato il recupero di quell’essenza personale che sola può determinare la compiutezza dell’individuo.
L’affermazione che Dio vive in ciascuno di noi, è la conferma dell’intuizione junghiana, ma si tratterebbe di un Dio non trascendente, piuttosto immanente. Tale concetto glorifica e rende evidente il manifestarsi e l’imporsi in noi di una vocazione alla trascendenza che sia privata del suo carattere cultuale, sacrale, numinoso, perché in ciò scorgiamo l’inconsistenza e la vanità di ogni sguardo rivolto verso il cielo, riproponendo il principio antropocentrico tanto caro alla filosofia illuministica.

Un saluto

Ultima modifica di visechi : 29-08-2006 alle ore 16.50.23.
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Vecchio 29-08-2006, 12.09.56   #77
paperapersa
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Smile Riferimento: Dio e il problema dell'inferno

Mi piace che citi Jung Vise
e mi piace sempre ciò che dici anche se non sono sempre in accordo con
la tua visione, ma il mio sentiero è proprio quello di cui tu parli.........
L'auriga non è l'anima ma l'IO che per Assagioli è il Centro dell'Ovoide e che riesce ad equilibrare centrandosi armoniosamente tutte le sue parti
(che sono parti dell'anima)....almeno così io l'ho compreso.
paperapersa is offline  

 



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