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Spiritualità - Religioni, misticismo, esoterismo, pratiche spirituali.
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Vecchio 22-02-2008, 18.46.54   #551
fallible
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Salve!
che Erman Hesse sia un grande scittore è cosa abbastanza nota,le pagine del suo romanzo "siddharta" hanno fatto partire per l'oriente e per voli più o meno spirituali un bel pò di ragazzi, specialmente quelli della beat generation , la pagina finale è sicuramente poetica e ammaliante ma è possibile che nel volto di uno si possano vedere il volto di molti basta saper guardare...per quanto riguarda lo svejarmi (si scrive così ) ci provo ...per quanto riguarda l'essere bhuddisti si sa che eventualmente si segue il sentiero del bhudda, è una piccola grande differenza, se Carlo mi indica la strada per andare a Corso Magellano non sono un Carlista claudio
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Vecchio 22-02-2008, 19.46.00   #552
Yam
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Originalmente inviato da fallible
Salve!
che Erman Hesse sia un grande scittore è cosa abbastanza nota,le pagine del suo romanzo "siddharta" hanno fatto partire per l'oriente e per voli più o meno spirituali un bel pò di ragazzi, specialmente quelli della beat generation

Ti ho gia' chiesto una volta se........
La madre di Hesse era nata in India e li aveva trascorso l'infanzia....ma questo e' secondario.
Che Siddharta sia considerato un vero e proprio Sutra da tanti maestri Buddisti e' cosa nota e per la precisione un Sutra Mahayana....dove Mahayana significa una cosa ben precisa, se ne e' parlato piu' su in questo 3d.
Ma non e' per questo che ho postato quel pezzo, bensi perche' esprime la fine della ricerca, cosa che pero' puo' comprendere solo chi e' sveglio o si sta svegliando.
Si parla anche della prigione del ricercatore: la ricerca stessa.
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Vecchio 22-02-2008, 20.32.15   #553
fallible
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salve! dal dhammapada avevo postato



Tutto ciò che siamo è generato dalla mente.
E' la mente che traccia la strada.
Come la ruota del carro segue
l'impronta del bue che lo traina,
così la sofferenza ci accompagna,
quando sventatamente parliamo o agiamo
con mente impura.

Tutto ciò che siamo è generato dalla mente.
E' la mente che traccia la strada.
Come la nostra ombra incessante ci segue,
così ci segue il benessere
quando parliamo o agiamo
con purezza di mente
da noor
[
COLOR="Teal"]Originalmente inviato da fallible
"così la sofferenza ci accompagna,
quando sventatamente parliamo o agiamo
con mente impura

...così ci segue il benessere
quando parliamo o agiamo
con purezza di mente" dhammapada[/color]
anche questo "pensiero" è però valido per capire l'importanza della mente nel pensiero di gautama claudio
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Vecchio 22-02-2008, 22.29.20   #554
fallible
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Salve!
bensi perche' esprime la fine della ricerca,.
è possibile che nel volto di uno si possano vedere il volto di molti basta saper guardare
cosa che pero' puo' comprendere solo chi e' sveglio o si sta svegliando
per quanto riguarda lo svejarmi (si scrive così ) ci provo

yam un pò di strada l'abbiamo percorsa facciamola finita che il Cammino sia consapevole nella sua diversità... claudio
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Vecchio 22-02-2008, 22.31.48   #555
tmusa
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Originalmente inviato da visechi

SE tu avvertissi un malore ricorrente e perdurante, sono certo che prima di recarti in farmacia per acquistare medicine ad azione diffusa, ti presenteresti dal medico per capire le cause del disturbo. (...)
Mi pare che insisti su una posizione non difendibile. Allora ti farò l'esempio che fa il Buddha perchè la metafora sia chiara:
Se ti colpisce una freccia, te la strappi dalle carni o ti metti a ragionare su chi può avertela scagliata; sulla sua direzione di provenienza; e su quanto può avere il vento influenzato la traiettoria?
Fare della polemica su una metafora è sterile se non ridicolo.

Citazione:
Originalmente inviato da visechi
Capisco che l’esperienza sia un elemento importante, forse anche fondamentale, ma non è certamente indice di verità...
E' vero ciò che dici. Non è assolutamente indicatore di verità in chi la ascolta ma lo è per chi la narra.
Anzi ti dico di più, a tutt'oggi per me nulla esiste se non ciò che vivo sulla mia pelle. Infatti io non sono un credente, sono un vedente.
Per questo io non faccio l'errore di dire di credere in ciò che dico, ma di credere in me. Devo precisare che non lo intendo nel senso di presumere di essere un portatore di verità, ma nel senso che il riverbero della mia esperienza narrata possa essere riconosciuto nel profondo come esperienza vissuta in chi mi ascolta. In questo c'è il significato di un discorso spirituale.
E' ovvio che se questo non avviene in te, fa niente.
Citazione:
Originalmente inviato da visechi
diversamente dovremmo attribuire la medesima qualificazione e il medesimo attributo a tutte le esperienze deliranti di cui è stracolma la letteratura medica. Qui non siamo al cospetto di un dato esterno, rilevabile attraverso la semplice osservazione empirica del fenomeno inquisito; siamo, bensì, di fronte ad un’esperienza interiore, non esplicitabile attraverso la narrazione, la quale lascia tralucere di sé solo la superficie, ovverosia il suono delle parole utilizzate nel racconto;

parole che, al tempo stesso, a causa del loro particolare carattere eccessivamente de-cisorio, adombrano il profondo del fenomeno stesso. Non è irriverente annoverare dette esperienze fra gli “stati alterati di coscienza”, rientranti, a pieno titolo, nella casistica di cui s’interessa la psicologia del profondo (non do’ molto credito alle possibilità della psicoanalisi di fornire una risposta esaustiva ed esauriente al fenomeno del misticismo). IL “Risveglio”, o l’Illuminazione, si posizionano in un limine che è cesura fra surreale e realtà, andando spesso a protendere le propaggini – quelle più velleitarie e irrazionali - nel campo del delirio patologico.

Naturalmente esistono anche esperienze deliranti, frutto di menti schizofreniche, esaltate, psicotiche; discorsi sconclusionati, scomposti, sconnessi; non è che ci manca il discernimento.
Quanto al delirio patologico, sono d'accordo con quanto afferma il filosofo Cornelius Castoradis, che l'uomo è un animale folle. Non il mistico. E' l'uomo normale ad essere folle perché infettato dalla ragione. Sono cose che ho già detto, se prendeste la briga di seguire il therad prima di intervenire, mi sollevereste la fatica di ripetermi. E' l'uomo cosidetto sano di mente che costruisce mondi fittizi fatti di aerei concetti, aereo niente: lo status, la professionalità, la assertiva personalità, e poi li abita e li crede reali. Per servirla onorevole. Buonasera Professore. Eccellenza il suo tavolo. Qui si fa come dico io o si crepa, e in culo ai sindacati!
Spazzatura. Solo spazzatura, altro che per le vie della Campania.


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Originalmente inviato da visechi
Il racconto del samadhi assomiglia davvero troppo all’estasi indotta dall’autoipnosi, fenomeno, quest’ultimo, più volte analizzato dalla ‘scienza del profondo’. In poche parole, la verità portata dalle narrazioni, anche in questo forum, non emerge; troppo spesso le vostre lunghe e, per certi versi, dotte discussioni sono l’espressione grafica di una sintomatologia da auto-suggestione …
Ma in questo mio testardo e continuo replicare non c’è filosofia, forse raziocinio, non credo sia un male.
Se leggi un po' di letteratura spirituale troverai che questa equazione cioè Illuminazione=autosuggestione è stata già fatta in passato. Essa è stata ampiamente esclusa da persone molto più dotte e competenti di me con argomentazioni incontrovertibili. Ti invito ad approfondire in tal senso.

Non intendevo attribuire al termine "filosofia" una diminutio rispetto al discorso spirituale. Anzi un buon discorso filosofico è di grande fascino per me. Pensa al libro lambda della metafisica di Aristotele, quello per intenderci della dimostrazione dell'esistenza di Dio; è spettacolare. Oppure al Fedone di Platone, sull'immortalità dell'Anima, dov'è sta qualcosa di più bello?
Anzi mi sembra di avere apprezzato la tua eloquenza filosofica, in quanto serrata; logica, congruente, affatto apprezzabile.
Comunque non ho difficoltà a considerarlo un discorso basato sulla ragione positivista o cartesiana, o come ti piace.

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Originalmente inviato da visechi

Convengo con te che lo spirito, io preferisco definirlo profondo, non si esprime in termini fonetici intelligibili, prediligendo più che altro il sussurro che lascia trasparire un sommovimento interiore esprimibile attraverso quelle manifestazioni note a tutti sotto la denominazione di ‘moti di spirito’. Ma voi, nelle vostre discussioni, negate proprio il fermento che fa lievitare l’espressione dell’animo. E’ principalmente questo il motivo che vi fa apparire anodini, assopiti, con sentimenti spenti ed opacizzati dall’eccessiva pratica auto-ipnotica.
Neppure questo è un linguaggio filosofico.
Si sono d'accordo con te. Questo non è un linguaggio filosofico, ma un linguaggio spirituale. Al punto che mi fai venire un sospetto.
Vocatus a deo.
ciao
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Vecchio 22-02-2008, 23.45.23   #556
Yam
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Originalmente inviato da visechi
Il racconto del samadhi assomiglia davvero troppo all’estasi indotta dall’autoipnosi, fenomeno, quest’ultimo, più volte analizzato dalla ‘scienza del profondo’. In poche parole, la verità portata dalle narrazioni, anche in questo forum, non emerge; troppo spesso le vostre lunghe e, per certi versi, dotte discussioni sono l’espressione grafica di una sintomatologia da auto-suggestione …

Se vuoi aggiornarti un po' Neurofisiologia della Meditazione

L'autore
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Vecchio 22-02-2008, 23.56.35   #557
tmusa
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Originalmente inviato da visechi
Noi, che ci piaccia o no, siamo immersi in una dimensione – illusoria, falsa, immaginifica, irreale, fai tu – entro la quale consumiamo l’intera nostra esistenza. Viviamo di percezioni, di sensazioni dovute ai sensi (le cinque dimensioni cui ha fatto riferimento Fallible in tal senso sono più che esplicative). Soffriamo, gioiamo e viviamo immersi costantemente in questa dimensione imprescindibile: ci sfamiamo, ci dissetiamo. In essa, nel corso della vita, ciascuno di noi – nessuno escluso – entra in contatto con realtà (effimere, direte voi, vane, direbbe Qoelet) che condizionano e determinano i sentimenti (non necessariamente amorevoli, potendo anche essere di altro e opposto tenore, nel senso che non tutto è amore), i quali sono la vera espressione del profondo. Ciò avviene e ha avvio fin dai primissimi momenti successivi al nostro primo vagito, senza che sia data al nascituro la possibilità di opporre a quest’ineluttabile processo alcuna difesa. Le nostre esperienze di vita ci conducono a visitare gli antri bui del Male, del dolore e della sofferenza, antro che non è una spelonca della nostra mente, annidato nei suoi meandri più reconditi, ma nella dimensione umana – quella che accoglie la nostra volontà di vita – è reale quanto lo potrebbe essere il dolore fisico provocato da un sasso che colpisce la tua testa. La fame non concede spazio alla speculazione filosofica o spirituale che possa negarne la sensazione. Noi siamo qui, non camminiamo, patiamo e gioiamo su un mondo ultramondano iperuranico o noumenico. CI confrontiamo costantemente con altri individui che vivono e conducono consumano l’intero arco di vita su questo piano esistenziale. La realtà stessa – per quanto effimera possa essere ritenuta – è qui, pronta ad avvertirci che il tumore uccide l’uomo, le radiazioni modificano la composizione molecolare di cui i nostri corpi fisici sono costituiti, portandoli al deperimento e al disfacimento. Con il disfacimento del corpo, svanisce anche qualsiasi possibilità concreta di crescita, d’evoluzione spirituale e fisica, svaniscono i nostri sentimenti (effimeri ed illusori, ma cogenti e che significano la nostra esistenza). Anche il samadhi svanisce, le estasi mistiche, l’incanto e la suggestione avvertita al cospetto di un mirabile paesaggio naturale. La stessa crescita e la vita individuale sono un continuo approssimarsi alla morte, perché vivere significa procedere verso l’unico vero destino che accomuna tutti noi – sia illusorio o no -, incanalandone le esistenze. Questo c’è dato esperire.
Ciao
Tutto ciò che dici rappresenta un'analisi lucida e precisa di ciò che percepisce una mente logica? Chi negherebbe che la descrizione che fai non ha un rigore sul piano della rappresentazione scientifica, sia essa psicologica che fisiologica che descrivi. Ma ti rendi conto che il tutto si tiene sulla base di un preciso ordine logico che ha la sua coerenza e congruenza, solo se lo consideri strettamente vincolato a quel piano di percezione. Non ti sfiora il fatto che il modo di guardare così le cose è anche quello con il quale lo guardano, diciamo così, i bambini; o le persone di ordinaria capacità intellettiva; e non ti viene il sospetto che sia un po' troppo semplicistico ritenere che non ci può essere un altro modo di percepire la realtà?
E infatti c'è. Prendiamo solo uno degli esempi citati da te, tanto per capire il metodo: "La fame non concede spazio alla speculazione filosofica o spirituale che possa negarne la sensazione".
Perché unisci necessariamente il concetto di fame ed il concetto di speculazione filosofica; ovviamente perché inferisci che c'è un medesimo soggetto; un qualcuno che soffre la fame e quindi non può filosofare. Facendo così però operi una sintesi concettuale, cioè generi un concetto qualcuno che elabora la sensazione fame il quale soffre perchè non mangia, e allora si agita e si dispera e quindi non filosofeggia. Ma se noi eliminiamo quel qualcuno che è solo un concetto convenzionale. Rimane la sensazione, la quale raggiunge il cervello, ma rimane là senza che ci sia nessuno a darle il benvenuto. Qualcosa di vagamente sgradevole. Avviene da qualche parte. Senso di vuoto. Andare al frigorifero. Mangiare uno yogurt.
fine della fame. Non so se mi sono spiegato. Le cose accadono ma non a me, allora le cose non fanno male. Viene la morte, ma chi è che muore? Se un io non c'è più cosa resta che può morire?
Naturalmente ho semplificato, perché va detto che nello stato di illuminazione la mente, forse si, per una sorta di esaltazone, è come distaccata dal corpo, e quindi se dai una martellata su un piede, senti un dolore che però subito si spegne.
Ma non c'è nulla di particolare in questo, lo sanno fare anche i peggiori fakiri.


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Originalmente inviato da visechi
Tu affermi che ciò avvenga perché la Coscienza Superiore ha voluto conoscere se stessa – poteva restare nella sua ignoranza e preservarci dal male gratuito – è proprio la gratuità del male che esclude una sua giustificazione. I nostri sensi e gli organi di percezione sono tarati in maniera tale da rapportarsi e confrontarsi abbastanza proficuamente con il mondo fenomenico; non solo, il raziocinio e i sensi colloquiano anche e forse soprattutto con il mondo interiore, andando a cogliere di quest’abisso il trasparire, sostanzialmente ineffabile, presentendo il tralucere di un sentimento che trascende la ratio e i sensi. Noi non siamo solo la nostra percezione, ma, per assurdo, siamo quel che il mondo, l’altrui individualità e l’altrui ineffabilità scrivono fra le righe non lette, di là delle parole proferite, siamo ulteriorità sostanzialmente inespressa. Siamo il manque di Lacan, la difference di Derrida. Siamo il nostro claudicare, il quale comunica molto di più rispetto alle nostre sicumere e ai nostri Io.
Tutto questo che dici è vero. La nostra personalità è plurale come tu giustamente la descrivi. Tuttavia ogni tessera di questu puzzle è puramente convenzionale. Tant'è che a scuola si deve aiutare gli alunni a "formare la loro personalità"; noi costruiamo una personalità giorno per giorno. La consolidiamo e cerchiamo conferma in chi ci circonda. Ma a partire dal nostro nome, per proseguire con tutto ciò che ci appartiene è puro niente. Non ha sostanza ontologica, nel senso che ho detto prima: è tutto una finzione.

Citazione:
Originalmente inviato da visechi
Dici che il Male non è un’entità ontologica, io, invece, ho il sospetto che lo sia, non in una visione manichea, piuttosto perché non può essere negato (neanche dal Buddha, abbiamo visto) che, quando infierisce, fa sentire la stringente inalienabilità, ineluttabilità e imprescindibilità del suo sospiro purulento. Certo, è sempre possibile velare lo sguardo e occludersi i condotti auricolari, ma si tratta di una fuga. La realtà (effimera o vana) s’impone nella sua particolare essenza, intrisa di cose liete ed altre poco piacevoli. Di questo rollio inesausto è totalmente impregnata. L’infiorescenza di un magnifico fiore, che tanta ammirazione suscita, denuncia la sua incipiente sfioritura e morte. Da ciò non è possibile prescindere, se non attraverso un processo auto-ipnotico – d’Illuminazione, diresti tu – che la ri-vela (cioè la veli ulteriormente), negandola e rifiutandola.

[quote=visechi]
Non ho detto il Male, ma tutta la realtà non ha sostanza ontologica.
Se vuoi ti do la mia visione del bene e del male. Il male è vivere fuori dal Tao, il bene è vivere centrati nel Tao. Bada bene, non è una massima morale. E' la mia vita quotidiana. Ogni minuto passato in attività distraenti è un minuto perso; ogni istante vissuto nella grazia è un istante vinto. Che tu ci voglia credere o no è così.

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Originalmente inviato da visechi
Il divenire stesso è mimesi del mutamento e dell’impermanenza che, però, non s’offrono pienamente alla certezza di un ‘centro immobile’ noumenico, o di una Verità. La malattia è annuncio di morte, presagio d’imperfezione. La nostra realtà, entro la quale siamo immersi, è intrisa di quest’imperfezione, di un morbo infetto che infetta l’orizzonte esistenziale. Il divenire è indizio d’instabilità e disequilibrio. Il ‘centro immobile’ è l’imperativo che ci diciamo per fermare il moto irrequieto degli astri, per disconoscere e esorcizzare l’orror vacui che intride l’umanità ed è intuito dal profondo del nostro animo. L’amore incondizionato è un’attesa e una speranza del nostro animo, una sua ipostasi, l’oggettivazione di un suo bisogno. Il segnale che proviene dall’intimo è tradotto in ansia, inquietudine e angoscia esistenziale. La tensione fra il desiderio oggettivato e il presentimento di una falsità di fondo, si esprime in spleen, in malattia dell’anima. In Genesi, il racconto del diluvio è la perfetta perifrasi di questa tensione esistenziale. Il dono della vita non è un dono irreversibile. Il Diluvio è il messaggio che la nostra anima metabolizza e somatizza in timore e terrore e in vocazione per il sacro. Come esiste il farmaco che lenisce il dolore fisico, senza curare il male che l’origina, così pure esiste il farmaco che anestetizza il sentimento, tacitando la voce del profondo. Il farmaco è ambiguo e ambivalente, se da una parte può attenuare il dolore, dall’altra avvelena il sentimento, spegnendo le emozioni, che sono le vere cartine tornasole che indicano la gradazione di Vita che ciascuno di noi conduce.
Ciao
Cosa ti devo dire. All'inizio c'è un tumulto interiore. Uno stato di inacettabile sofferenza spirituale. Dolore. Angoscia. Travaglio. E quando si arriva al fondo di una disperazione senza fondo ecco che avviene il miracolo.
Difficile crederci, soprattutto per una mente razionale, eppure le cose stanno proprio così.
Ciao, e ti prego di limitare la tua fluviale eloquenza, perché non mi dai tempo per scrivere ai miei cari amici, che ringrazio come sempre per gli ottimi contributi.
Ciao



[
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Vecchio 23-02-2008, 11.40.33   #558
fallible
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Salve e buon giorno!
Facendo così però operi una sintesi concettuale, cioè generi un concetto qualcuno che elabora la sensazione fame il quale soffre perchè non mangia, e allora si agita e si dispera e quindi non filosofeggia. Ma se noi eliminiamo quel qualcuno che è solo un concetto convenzionale.

Sicuramante giusto quanto scrivi ma...qui e ora quanti riescono a vivere l'esperienza senza l'intervento dei "5 aggragati"? mi piace stare con i piedi per terra e lavorare per far diminuire sempre di più il loro peso


Rimane la sensazione, la quale raggiunge il cervello, ma rimane là senza che ci sia nessuno a darle il benvenuto. la sensazione è uno dei cinque aggragati...non deve intervenire "la fame" deve rimanere "fenomeno" claudio
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Vecchio 23-02-2008, 13.28.23   #559
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L'illuminazione E' la chiave di tutto, ma non e' il tutto,
Il tutto comprende anche l'oscurazione, che e' separazione dal tutto.

Questa e' oscurazione..
Cercare l'inizio e' sofferenza.
Sperare la fine e' miseria.
bloccare il movimento e' pazzia.

Il tutto e' senza inizio e senza fine,
la separazione e' senza inizio e senza fine.
la non-separazione e' senza inizio e senza fine.
Questa e' illuminazione..

La non-separazione e' orgoglio di essere quello e non essere questo.
La separazione e' paura di essere questo e non essere quello.

Illuminazione e oscurazione sono identificazione e disidentificazione,
identificazione e disidentificazione sono consapevolezza immutabile.
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Vecchio 23-02-2008, 13.31.00   #560
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Originalmente inviato da Yam
Pensaci bene...come potrebbe il Parabrahman o Sunyata incarnarsi?
E' impossibile.
(Il mito dell'Avatar e' solo una falsa credenza)
Tuttavia c'e' una dimensione sottile dove un Buddha...o Ishvara per gli Hindu, puo' apparire.
Si dice che il corpo fisico di un Buddha (i Buddha sono infiniti) sia interi universi. Per esempio il nostro universo e' indicato come un granello di sabbia nel cuore di Buddha Vairocana....wow...io sono quello e tu?

Quello che scrivo non e' quello che sono, ma in qualche modo lo precede..
Flow is offline  

 



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