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Riflessioni sulla Mente

Riflessioni sulla Mente

di Luciano Peccarisi -  indice articoli

 

L'animale che s'immaginò diverso

giugno 2010

  • Da dove arrivano i pensieri?

  • Mente e mondo naturale

  • Mente nuova e nascita dell’io

  • L’evoluzione delle idee

  • Mondo nuovo

L'animale che s'immaginò diversoA noi sembra di essere stati sempre così come siamo ora, è spontaneo pensarlo o forse non ci abbiamo mai pensato. Tuttavia il nostro pensiero in passato era certamente diverso. Il mondo era diverso, un mondo di lotte, sangue, terra, rocce, rami, foglie, crepacci, animali, dolore, piacere. I pensieri che uscivano ed entravano dal cervello dovevano servire in quel mondo. Oggi però viviamo in un altro mondo e i pensieri sono cambiati, sono pensieri artificiali di un mondo artificiale.

 

Da dove arrivano i pensieri?

Una parte del pensiero nasce dal cervello che, insieme al corpo e alla vita, è costruito dai geni. Questi  replicatori biologici hanno creato la varietà dell’essere; il non essere c’era già. Forse si è trattato, in quella specifica forma, di un evento irripetibile, un miracolo. I nostri geni trasmettono, tra l’altro, l’esperienza e la sapienza dei genitori sottoforma di credenze. Altrimenti come si fa a sapere quando il fosso è troppo largo per essere saltato, il fiume troppo mosso per essere guadato o l’animale troppo forte per essere affrontato. Impararlo volta per volta sarebbe troppo rischioso. Cervelli pieni di pensieri, pensieri a sufficienza per vivere e riprodursi. Sono ad esempio ricchi di paure: paura istintiva dei serpenti, ragni, topi (animali difficili da individuare tra l’erba); delle altezze (cadere da un ramo o una rupe era frequente); degli spazi aperti (intercettato dai predatori); di quelli troppo angusti (difficoltà di fuga); degli aculei o delle spine, possibilità di ferirsi; degli sconosciuti, sempre pericolosi. I pensieri che continuano ancora oggi ad emergere dalle parti più antiche, anche se non servono più, sono a volte causa di profonde frustrazioni; paure che permangono sottoforma di fobie per gli animaletti, vertigini, agorafobia, claustrofobia, paura dei coltelli, eccessiva timidezza. Nella veglia abbiamo un certo controllo ma nei sogni, i paurosi pensieri in libertà ci sembrano corpi estranei, perché sono ormai privi di senso.
Paul D. MacLean (1) ha elaborato un modello semplice del cervello costituito da una base rettiliana con reazioni fisse all’ambiente sulla quale si è evoluta, sovrapponendosi, una zona di mezzo per valutare meglio e modulare l’entità delle risposte, chiamate ora ‘emozioni’; ed infine la più recente, la neocorteccia d’associazione; qui il periodo tra evento e decisione è lungo e più articolati sono i pensieri. Rimangono attive tutt’è tre le parti, abbiamo i riflessi azione-reazione come il rotuleo ad esempio o l’ammiccamento, oppure la reazione rabbiosa istantanea ed incontrollata ad un’offesa. Abbiamo la possibilità di un maggior intervallo tra un’emozione e il suo svolgimento; e possiamo innamorarci di una persona e rimanere insieme molto tempo. E abbiamo un tempo lungo per il pensiero: un matematico o un fisico può trascorrere l’intera vita per la risoluzione di un singolo problema.

 

Mente e mondo naturale

Saremmo potuti benissimo rimanere al nostro posto. Una razza, magari eccentrica, di scimpanzé. Nessuno se ne sarebbe accorto. Con la sua brava coscienza percettiva, una centralina, un nucleo di ricezione di stimoli, un sintetizzatore, un apparato coordinatore di risposte, simile per tutti, interspecifica (2). Con il linguaggio del pensiero l’organismo si muove, sperimenta, ingaggia lotte, prova dolore e piacere, gusta sapori, alcune cose ricevono più attenzione di altre. I comportamenti sono nel tempo e nel luogo adatto, con uno stile e un tono emotivo, un relativo senso d’identità. Possiedono un partner o un gruppo, una zona di territorio, un confine, il loro confine privato è il corpo fisico. Sempre vigili, attenti a ciò che sta intorno, a quel che succede, pronti a drizzare le orecchie e a reagire ad ogni evento. Di quel che avviene al loro interno, della rabbia provata ieri nello scontro col rivale, dell’amoroso incontro col partner, dell’abbandono del vecchio compagno, s’interessano meno, anzi sembrano proprio restare poche tracce. Le leonesse all’arrivo del nuovo leone, che scaccia il vecchio, si concedono presto e senza chiacchiere, benché abbia sbranato pure i loro figli. Pensieri che vanno e pensieri che vengono, ma non cambia molto nella ‘personalità’; servono solo a segnare un’impronta utile da tenere a mente. Il proprio corpo è un oggetto come gli altri, è degno d’attenzione solo nelle pulizie, nelle ferite e nei dolori. Gli animali non si fanno le cerette, non si truccano né si vestono. Del resto ad un animale non interessano i propri pensieri e fantasie, mica devono scrivere un libro. Ciò che interessa è il fuori; “dal punto di vista evoluzionistico è verosimile che la mente sia emersa più per capire il mondo esterno che se stessa” (3). La scimmia eccentrica comunicava molto, e si faceva capire gesticolando e mimando, ma il modo esterno cominciò a cambiare.

 

Mente nuova e nascita dell’io

C’è stato un secondo miracolo: la nascita di un altro replicatore. Si è sviluppato in un solo cervello, quello dello scimpanzé eccentrico. Tuttavia l’impatto sul resto del mondo è stato perfino superiore al precedente. Il primo segnò la distanza tra l’essere e il non essere, il secondo tra gli esseri. Quando certi suoni si trasformarono in segnali e poi in simboli qualcosa all’esterno cambiò. E quando apparve il fatidico “io”, i pensieri presero ad incurvarsi ed a tornare indietro sempre più spesso su quello strano oggetto. Strano, perché anziché essere esterno e solido come gli altri, era interno ed etereo, ciononostante l’oggetto più interessante di tutti. Ora l’attenzione e il pensiero a ciò che stava all’esterno, non solo si spostava in continuazione a ciò che era interno, ma si fermava a contemplarlo. Pensieri questi che possono generare oggetti mentali che a loro volta possono essere pensati (4). Anche gli animali (gli scimpanzé che sono rimasti scimpanzé) hanno pensieri ricorsivi. Hanno una struttura fissa interna d’elaborazione con cui individuano il proprio corpo nello spazio e nel tempo, un io corporeo in un dato ecosistema, un “io ecologico” (5). Ma non come quelli che si stanno formando, giorno dopo giorno, nel cervello del loro collega anomalo.  Qualcosa di molto potente “spinge a creare un termine che riassuma la presunta unità, coerenza interna e stabilità temporale di tutte le speranze e le credenze e i desideri che si trovano nel nostro cranio, e quel termine, come impariamo molto precocemente, è ‘io’” (6). Questa operazione di torsione trasformò il centro originario per l’elaborazione in un centro di autoriflessione. Non esce dai confini della realtà, non diventa un’anima immateriale né uno spirito maligno o benigno, è sempre legato alla biologia, ma fissa il corpo nell’ambiente e gli da un punto di vista molto più ampio. Si estende la comprensione e la percezione. Non usa solo la vista, l’olfatto, il gusto, il tatto e i pensieri già presenti nella mente, ma crea parole e con le parole forma nuovi pensieri, e i pensieri creano immagini che inventano nuove parole. E soprattutto nascono concetti diversi. Dalle nuove parole, dai nuovi pensieri, dai nuovi concetti si passò poi ad un vero e proprio linguaggio. Dal linguaggio del pensiero interno (lo scimpanzése) ad un linguaggio verbale esterno. Pensieri sempre più lunghi portano a racconti, storie, narrazioni, miti. Con la narrazione mitica diminuisce il senso individuale e aumentano le interazioni tra i membri, nella misura in cui il mito definisce il senso ‘sovrapersonale’. Forse questa rete di relazioni è sostenuta dalle  nuove emozioni complesse che compaiono, la risata, la denigrazione, la vergogna, la colpa, l’orgoglio che veicolano regole di comportamento sociale variabili culturalmente nella loro espressione (7). L’io continuava a cambiare, non poteva più essere lo stesso di prima. Le percezioni etichettate, vissute, classificate, e per questo non dimenticate, da luogo ad una percezione diversa dell’io. Dipende ancora dalla genetica e dall’esperienza passata ma è anche capace di immaginare il futuro che rispetto alla memoria prospettica animale è un futuro molto più esteso. Tale aspetto è intimamente collegato alle funzioni dei lobi prefrontali ed stato chiamato: “Viaggio mentale nel tempo” (8).

 

L’evoluzione delle idee

Ogni tanto capita di osservare una vecchia auto, una Cinquecento, una Seicento o una Lancia e di riflettere quanto siano cambiate le forme. Per la tecnica ci vuole tempo, generazioni di ingegneri, anche per piccoli progressi, ma perché per fare le macchine comode e belle come quelle di oggi non si è pensato prima? Le dimensioni  sono rimaste pressoché le stesse e le menti, per progettarle e disegnarle, non potevano mancare. Da Leonardo o Brunelleschi è trascorso tempo. Per capire come dal progetto di una vecchia 500 si arriva a quella attuale, senza scarti ma gradualmente si può immaginare una evoluzione delle idee. Simile alla evoluzione delle forme naturali. L’evoluzione genetica ha portato alle bellissime farfalle, ai meravigliosi fiori e ai magnifici colori e canti degli uccelli. In natura l’evoluzione darwiniana è riconosciuta come la molla della creazione. Qual è allora quella nella testa e fra gli esseri umani? Per esserci c’era bisogno che i pensieri da dentro la testa uscissero fuori, e potessero competere. Questa è stata la rivoluzione che ha compiuto il linguaggio: ha fatto uscire fuori dalla testa i pensieri.  Solo così possono confrontarsi tra loro e non essere trasmessi solo geneticamente. Questi mattoni di idee sono stati chiamati da Dawkins memi, (unità d’imitazione, ad esempio il modo di costruire l’arco o la ruota) (9). Per Dennett sono pacchetti d’informazione culturale e, a differenza del gene che è un pacchetto di informazione biologica come ad esempio il colore degli occhi o il modo di camminare,  “ possono saltare da un medium ad un altro, sia esso un cervello, uno scritto, una videocassetta, un computer”  (10). Perché le idee fossero davvero in competizione mancava ancora qualcosa: un supporto materiale. Incidere segni, scrivere su un substrato solido e stabile ha avuto conseguenze molto importanti sul processo d’evoluzione delle idee. Ora le idee non solo competono ma possono accumularsi ed infatti continuano ad esistere nei libri e nelle biblioteche e nei progetti di ciò che si è costruito grazie a loro, strumenti, manufatti, monumenti, edifici, armi, utensili, macchine…basta guardarsi attorno. Solo nella vostra stanza, dice Norman, vi sono apparecchi d'illuminazione, lampadine, portalampade, pannelli a parete, viti, orologi, cinturini, penne, matite, colori, portaoggetti, abiti con diverse fatture, bottoni, cerniere, carta, riviste, libri, segnalibri, forbici, sedie, scrivania; dice "ho contato oltre cento oggetti specializzati, finché ho smesso per stanchezza" (11).
Solo le idee migliori, nel senso che piacciono di più o che sono più utili, vincono e procedono. Le altre, inutili o infondate, si fermano per strada e spariscono, come quella di credere che ci fossero gli Dei sull’Olimpo.

 

Mondo nuovo

Viviamo in un mondo nuovo. Abbiamo dimenticato i suoni della natura, lasciato pietre e cespugli, torrenti, lotte, sudori, animali, fango, crepacci, rupi, giacigli, voragini, sangue. Viviamo ora di parole, cellulari, libri, Tv, vestiti, pranzi, lavoro, giornali, dibattiti, asfalto, smog, sport, soldi, carte, bollette. Il nostro mondo non è più fatto di cielo e di mare, circondato da montagne e colline, foreste fittissime, laghi, ampie distese desertiche, savane con cui dovevamo fare i conti. I mattoni della mente hanno costruito le loro imponenti opere. Cattedrali per la Religione, tribunali per la Giustizia, campi di calcio per lo Sport, banche per il Denaro, parlamenti per la Politica, caserme per la Guerra, musei e teatri per l’Arte. Il linguaggio astratto vola nell’aria tra trasmettitori e riceventi umani poi scende giù e si cristallizza in strutture materiali. Le idee passano e le strutture rimangono. L’ascensione al cielo dell’anima ad esempio si materializzò nelle piramidi, ed è rimasta quale indelebile traccia. Ora si è modernizzata con chiese e cemento. E’ una buona idea che rende felici, perciò continuerà. Siamo circondati d’idee vincenti e solidificate che non si possono più cancellare. In questo nuovo mondo si forma il nostro novello io dell’era moderna. Dall’io nudo, ecologico, naturale ora abbiano un  io vestito, i suoi confini non sono il corpo, le sue facoltà psicologiche e i suoi sensi, ma il suo guardaroba, la sua casa, sua moglie e i figli, il suo giardino, la sua automobile, i suoi amici, la sua reputazione, le proprietà, la barca, la carriera, il conto in banca, la religione, la squadra di calcio. Se accade qualcosa ai vestiti dell’io si ha un senso di malessere e perdita altrettanto doloroso quanto le ferite del corpo lo erano quand’era animale. Con la coscienza percettiva la scimmia umana catturava il mondo e lo condivideva con gli altri esseri viventi. Utilizzando le sue possibilità, il  suo cervello biologico e orecchie, occhi, papille gustative, sesso, naso, mani, unghie e peli.
Ora l’essere umano s’immagina di essere diverso. Lo scimpanzé eccentrico, vede e sente più lontano, in diretta può osservare seduto in poltrona ciò che avviene dall’altra parte dell’oceano. Può volare alto nel cielo come gli uccelli, solcare i mari  e andare sott’acqua come i pesci. Ha costruito un altro pianeta in cui può vivere anche da solo. Un altro mondo in cui immaginare, un altro mondo in cui sognare di essere un’anima e non un corpo mortale. Un mondo di fantasia, un mondo virtuale; un altro mondo che può perfino distruggere, tant’è poco reale.

 

     Luciano Peccarisi

 

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NOTE

1) MacLean P.D. (1973) A Triune Concept of the Brain and Behaviour, University of Toronto Press, tr. it. in Evoluzione del cervello e comportamento umano, Einaudi, Torino, 1984
2) Sober E. (2000) Evolution and the Problem of Other Minds, in “Journal of Philosophy”, 97
3) Benini A. (2009) Che cosa sono io, Garzanti, Milano, p. 123
4) Clark A. (2008) Supersizing the Mind, Embodiment, Action, and Cognitive Extension, Oxford University Press, Oxford, p. 59
5) Neisser U. (1993) The Perceived Self: Ecological and Interpersonal Sources of Self-Knowledge, Cambridge University Press, Cambridge
6) Hofstädter D.R. (2007) I Am a Strange Loop, tr. it (2008) Anelli nell’Io, Mondadori, Milano, p. 222
7) Viaro M. (1993) Etologia e relazioni: una rassegna critica, Terapia Familiare, 43, p. 43-62
8) Cosentino E., Ferretti F. (2009) Linguaggio, tempo e soggettività, in Di Francesco, M., Marraffa M. Il soggetto, B. Mondadori, Milano, pp.119-145
9) Dawkins R. (1976) The Selfish Gene, Oxford University Press, tr. it. Il Gene Egoista, I ed. Oscar saggi 1995, Mondadori, Milano
10) Dennett D.C. (2003) Freedom Evolves, tr. it. 2004, L’evoluzione della libertà, Cortina, Milano
11) Norman A.D. (1988), La caffettiera del masochista, Firenze-Milano, Giunti, 2005, p. 22


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