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Riflessioni sulla Simbologia

di Sebastiano B. Brocchi
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Il libro chiuso di Big Fish.
L’alchemico cantastorie

Gennaio 2009

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Big FishAll’uscita del mio articolo su “La Fabbrica di Cioccolato”, un amico mi ha scritto: «ho visto il film ed ho apprezzato molto il tuo articolo. Di Tim Burton mi ha molto colpito “Big Fish”, che naturalmente avrai visto». In realtà quel titolo non l’avevo mai sentito prima. Perciò mi riproposi (così risposi all’e-mail del mio amico), che l’avrei noleggiato in dvd appena possibile, insieme ad altri titoli da lui consigliatimi. Però si sa come vanno queste cose: un amico ti consiglia dei film, un altro dei libri, un altro ancora dei posti da visitare… in più ci sono i film, i libri e i posti che vuoi scoprire tu, e quelli in cui ti imbatti casualmente, e che si rivelano talmente carichi di novità e interesse da non lasciarti tempo per altro… in sostanza, sapevo che prima delle vacanze di natale non avrei noleggiato quei dvd.

In realtà (la vita lo dimostra costantemente a chi è capace di prestarle attenzione) se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. Nella fattispecie, mentre io tra i vari pensieri non avevo ancora trovato il tempo per andare a noleggiare i film, “Big Fish” è venuto da me… proiettato in prima serata su rete4, il 29 dicembre. Perciò, dopo averlo visto, posso rispondere al mio amico che sì, questo film è sicuramente un capolavoro della simbologia, e lo ringrazio nuovamente per avermi consigliato di guardarlo.

 

Dopo questo doveroso prologo, proverò dunque ad accostarmi agli alti significati ermetici di questo grande film, premettendo come sempre che ciò che potrò dire non sarà che la punta di un iceberg. Non è per caso che utilizzo questa parola: proprio ad un iceberg, infatti, di cui notoriamente è visibile soltanto l’apice, ovvero un modesto 10%, viene paragonato il protagonista di “Big Fish” in un dialogo del film. Il comicamente complesso quanto drammaticamente semplice personaggio è tale Edward Bloom. Come spesso è il caso nelle storie a sfondo esoterico (lo abbiamo già visto diverse volte) il ruolo di un personaggio è occultato (o, al contrario, chiaramente palesato?) fin nel nome. In questo caso, “Edward”, dal sassone “Ead”, ricchezza, e “Ward”, guardiano, significa dunque “Guardiano della ricchezza”. A questo nome è associato, fra i colori, il rosso, fra i metalli, l’oro. “Bloom”, significa invece, in inglese, “Fiore”, “Essere fiorito”, “Essere sbocciato” o “Essere raggiante”.

Ora, è ben noto in simbologia che quasi tutte le tradizioni mistiche, religiose o esoteriche, utilizzano un fiore come simbolo di ottenimento della gnosi (dal fior di loto in Oriente, alla rosa cristiana, ma penso soprattutto alla Pietra Filosofale, chiamata anche Fiore dei Fiori).

Mi pare chiaro che se accettiamo la natura simbolica di “Big Fish”, il nome del suo protagonista indichi dunque un individuo che abbia ottenuto grandi tesori spirituali, che abbia in qualche modo portato a termine un’opera di palingenesi interiore e sia divenuto possessore del mitico Fiore dei Fiori.

 

Ma forse stiamo correndo troppo, senza prima porre una necessaria discernita a questo nostro tentativo ermeneutico: “Big Fish”, come ogni storia simbolica, può, non deve, essere interpretato. La facoltà ermeneutica (interpretativa) è cioè un potere, non un dovere. L’Alchimia, in alcune illustrazioni, figurava come una dama reggente due libri: in una mano essa recava un volume aperto, nell’altra un volume chiuso. Così, ogni “storia alchemica”, può essere letta dai profani, che ne coglieranno un significato, e dagli iniziati, che ne coglieranno un altro. Nel caso di “Big Fish”, la cosiddetta “morale della favola” può benissimo restare quella “immediata”, quella suggerita essotericamente dal film, quella riportata in Wikipedia, ovvero: «Edward Bloom crede che un uomo, a furia di raccontare delle storie, diventi lui stesso quelle storie. Infatti è solito narrare, fra lo stupore di chi lo circonda, storie fantastiche e assurde riguardanti la sua vita: dall'incontro con un lupo mannaro, a quello con una strega con un occhio di vetro capace di mostrare alle persone che vi guardano dentro il momento della propria morte. Suo figlio William, però, non apprezza questa sua presunta mancanza di serietà e per questo con il tempo si allontana da suo padre. Quando Edward si ammala gravemente Will intraprende un personale viaggio alla scoperta della vita del padre che lo porterà a scoprire il gusto del racconto e che le storie raccontate dal padre hanno più verità di quanta se ne potesse immaginare!».

Certo, se dopo aver visto “Big Fish” questo vi basta, nessuno dice che tale interpretazione non sia giusta. Semplicemente, essa è il “libro aperto”. L’essoterismo appunto. Quel che cercheremo di leggere in questa sede, invece, è il “libro chiuso”, l’esoterismo del racconto.

 

In uno dei dialoghi fra Edward e suo figlio William, quest’ultimo chiede al padre di raccontargli, per una volta, prima di morire, la storia della sua vita al di là delle favole e delle infantili peripezie di cui l’ha circondata. In realtà, la vita alchemica e interiore (perché è di questo che si tratta) di Edward Bloom, non può che essere raccontata in forma di fiaba e simbolo! È questo il linguaggio dell’Ars Regia. Ogni apprendista vorrebbe che il maestro Alchimista spiegasse l’Opera “denudandola” dal suo aspetto simbolico, allegorico, onirico e favolistico, ma questo è semplicemente impossibile: non si può comprendere l’Alchimia se non accostandosi al suo linguaggio fantastico, alla sua immaginazione, all’irrazionalità del suo modo di esprimersi. Per questo l’unico modo di conoscere la vita di Edward Bloom è accettarla per come si presenta, senza voler dividere, scremare, razionalizzare.

 

Infatti l’Iniziato, Edward, scegliendo (questa è la grande eresia) di non percorrere il sentiero già tracciato, di non accettare la vita vuota, sterile, artificiale e stereotipata proposta dalla società (e non stiamo parlando di vita esteriore ma interiore); sceglie altresì di diventare quella misteriosa leggenda che il profano, William, non comprende e non accetta.

E la scelta di abbandonare il percorso già tracciato è simbolizzata dalla trasgressione iniziale (comune a tutte le storie ermetiche), che porterà Edward insieme a pochi altri ragazzini, ad avventurarsi presso l’oscura e solitaria dimora di una strega, temuta dalla gente come “divoratrice di bambini”. Sono pochi infatti coloro che si avventurano sulla via della Scienza segreta, dissuasi, più ancora che dall’ignorarla, dalle raccomandazioni dei “benpensanti”, che associano Alchimia a stregoneria, follia, diavoleria. E proprio come molti fra i neofiti vengono scoraggiati prima di fare il loro ingresso nel “tempio” dell’Arte, così fra i ragazzini arrivati alla casa della strega solo Edward avrà il coraggio di attraversare il giardino e bussare alla porta. E siccome “a chi bussa sarà aperto”, così infatti la strega aprirà, ad un ancora intimidito Edward Bloom, le porte della sua dimora. Una strega che si rivela innocua, e per di più latrice di importanti rivelazioni.

 

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