Sul Sentiero I
Dalla “divina inquietudine” alla Gioia
di Bianca Varelli
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Servizio e Sacri-ficio
Nelle prime fasi del Sentiero l’aspirante è concentrato su se stesso e sul proprio cammino. A questa fase si riferisce il lavoro di Gurdjieff, che si rivolge agli uomini automatici, che re-agiscono e non agiscono, privi di senso critico e di volontà, ai quali egli insegna il “ricordo di sé”, ovvero la presenza e la vigilanza.
E’ molto importante e necessaria questa prima fase di conoscenza e conquista di sé, di ricerca di “un centro interiore”, di aspirazione alla realizzazione della parte più alta di sé.
Ma, nel corso del percorso evolutivo, l’aspirante-ricercatore si distacca sempre più dalle esigenze che riguardano il suo piccolo sé, anche da quelle di evoluzione personale, e si “mette al servizio” dell’umanità. Egli desidera ora collaborare al Lavoro dei Maestri diventando “operatore di evoluzione”, nell’oblio di sé e nella dedizione spontanea. L’osservazione di sé diventa anch’essa servizio, poiché egli sa che quanto più diventerà “puro e forte” tanto più stimolerà l’evoluzione sua e dei fratelli. Le due fasi (conoscenza di sé e servizio) non sono, naturalmente, successive in senso stretto; quando l’aspirante è a un certo punto del lavoro di risveglio, la tensione a servire può essere già avvertita.
Il Servizio è collegato al “sacri-ficio”; il termine, così poco in voga, non sta tanto ad indicare il “rinunciare a qualcosa” quanto, piuttosto, il preferire un Bene maggiore ad uno minore. Così, ad esempio, il sacri-ficio (l’atto sacro) di una madre può consistere nel rinunciare a un bene minore (amici, divertimenti, ecc.) per un Bene considerato maggiore (la crescita armoniosa dei propri figli).
Parlare di disciplina, dovere, servizio, sacrificio, compito, sembra essere in controtendenza in una società che richiede prevalentemente “libertà” e “diritti”, tanto da suscitare spesso un rifiuto aprioristico verso i termini stessi, che molti sentono rinviare a un tipo di mentalità passiva e rinunciataria considerata ormai superata dai tempi.
In realtà, il termine “disciplina” rimanda etimologicamente a “discere”, imparare; la disciplina è pertanto il mezzo necessario per imparare qualsiasi arte, anche quella del vivere.
Il dovere indica semplicemente ciò che ciascuno deve agli altri, singoli e collettività, per obbligo di solidarietà o di gratitudine; il senso del dovere nasce quando la personalità dell’uomo, a un certo punto del percorso evolutivo, inizia ad essere in contatto con l’anima.
L’uomo che vive in armonia con la Legge di Amore che vige nell’Universo trova gioia non tanto nel veder riconosciuti i propri diritti, ma nel mettere a disposizione degli altri beni materiali e spirituali, nella pratica del dare e nel compimento del proprio dovere; comportamenti, questi, che scaturiscono dall’attuazione gioiosa e spontanea dell’Etica.
Giuseppe Mazzini presenta i Doveri come occasione per l’uomo di educare e migliorare se stessi; naturalmente, ciò non implica la negazione dei diritti:
Quando vi dico che la conoscenza dei loro diritti non basta agli uomini per operare un cambiamento importante e durevole, non chiedo che rinunziate a questi diritti; dico soltanto che essi sono solo la conseguenza dei doveri compiuti e che bisogna cominciare da questi per giungere a quelli.
[…]
Lo scopo che è vostro dovere raggiungere è il perfezionamento morale vostro e degli altri, è la comunione sempre più intima e vasta tra tutti i membri della famiglia umana in modo che un giorno essa non riconosca che una sola legge. (G. Mazzini, Dei doveri dell’uomo).
Bianca Varelli
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