Riflessioni in forma di conversazioni
di Doriano Fasoli
Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice
Il senso dell’ordine
Conversazione con Ernst H. Gombrich (storico dell'arte)
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it
- luglio 2008
«Non sono un profeta, non so cosa accadrà… Forse la nostra morte è imminente, ma non quella dell’arte. Tutti questi cliché giornalistici non m’interessano affatto», mi disse sir Ernst H. Gombrich, entrando così subito nel vivo della conversazione. Diversi anni fa, colui che è stato ritenuto all’unanimità uno dei più geniali storici dell’arte del nostro tempo, andò a Urbino per ritirare la laurea ad honorem che l’università degli studi gli aveva assegnato, e consegnato dalle mani del rettore Carlo Bo. Fu in quell’occasione che incontrai lo studioso viennese (nato nel 1909), di cui ricordiamo, tra i principali titoli, La storia dell’arte, Arte e illusione. Studio sulla psicologia della rappresentazione pittorica, Norma e Forma. Studi sull’arte del Rinascimento, Immagini simboliche, Freud e la psicologia dell’arte. Stile, forma e struttura alla luce della psicoanalisi (con 41 illustrazioni), Il senso dell’ordine.
Il 3 novembre 2001, Ernst H. Gombrich si spense nella sua casa di Londra a 92 anni. L’intervista che vi proponiamo è rimasta fino ad oggi inedita.
Professor Gombrich, quali sono gli autori che – negli ultimi anni, con i loro lavori – sono riusciti maggiormente a convincerla, a stimolarla?
Forse Francis Haskell, che ha scritto libri tutti di grande valore, e anche Martin Kemp con il suo studio su Leonardo Da Vinci.
Ha mai conosciuto personalmente i due grandi critici d’arte italiani Cesare Brandi e Roberto Longhi? E che opinione ne ha?
Ho incontrato personalmente Brandi, a Londra, molti anni fa, soltanto per una mezz’ora. Dunque non fu possibile intrattenerci su questioni di carattere teorico. Ma ho molta stima di lui, così come, certamente, dell’altro, che tuttavia – pur conoscendo l’italiano – trovo difficile da leggere. È uno stile molto esoterico quello di Longhi.
Le piace l’opera di Francis Bacon (recentemente scomparso)?
Bacon è stato un artista molto interessante ma non rispondeva al mio gusto. Poi lei sa bene che io non sono un critico d’arte contemporanea.
Attualmente con chi sente di poter trovare – in ambito internazionale – una certa intesa teorica?
Adesso esistono certe tendenze nel campo internazionale che non mi convincono tanto. Ad esempio, la tendenza della cosiddetta decostruzione. Non condivido affatto questa posizione.
Verso quale direzione muove ora la sua ricerca?
Sono molto vecchio, si capisce, ma sto tentando di ultimare un paio di libri che sono assai differenti tra loro: uno tratta del gusto del cosiddetto primitivo e vorrei intitolarlo: La preferenza del primitivo. Il secondo, che sto facendo con un mio amico americano, pittore, è uno studio dettagliato sulla tecnica pittorica vista al lume della psicologia della percezione. Come storico, la concretezza è sempre stata una mia profonda esigenza e credo che occorra tornare proprio ai problemi concreti della pittura: come si dipingeva ai tempi di Velázquez o di altri grandi artisti. Mi annoiano tutte queste questioni astratte sul metodo, sulla sociologia della donna (in un certo periodo artistico o in un altro), che magari possono anche risultare interessanti ma non hanno niente a che fare con l’arte.
Tra i suoi lavori qual è quello in cui sente maggiore completezza?
Forse quello sul senso dell’Ordine, perché la materia in esso trattata è più originale. Lo scorso anno, nel mese di settembre, ho avuto il grande piacere di essere invitato a Faenza per una mostra di ceramica. Il sindaco di quella cittadina mi scrisse dicendomi di volermi dare – proprio per via di quel libro – la cittadinanza onoraria di Faenza.
Lei ha scritto in passato una prefazione all’edizione italiana (Einaudi) di «Ricerche psicoanalitiche sull’arte», il libro di Ernst Kris. Uno studioso del quale lei divenne amico proprio nel momento in cui egli era venuto a trovarsi al centro del movimento psicoanalitico viennese. Lei stesso ha mostrato curiosità verso Freud, per il quale «è la forma che determina l’arte» che – inoltre – egli vedeva «con gli occhi di Goethe, dando cioè una grande importanza al contenuto spirituale dell’opera». Qual è dunque oggi il suo atteggiamento nei confronti della psicoanalisi?
Oggi credo che il contributo della psicoanalisi sia molto rilevante e in molti campi. Ma, forse, nell’interpretazione dell’arte, si è usata troppo spesso l’analogia – che non è vera – con il sogno. Ma un’opera d’arte non è un sogno. Allora l’analogia con esso può essere seducente, ma non giusta.
Per la sua attività è indispensabile viaggiare?
Veramente no, anche perché sono vicino a grandi biblioteche: ad esempio, quella dell’Istituto Warburg o la British Library. Io stesso, naturalmente, ne possiedo una. Io viaggio molto comunque ma, ripeto, non è per me una condizione essenziale.
Che cos’è per lei la creatività?
In ambito artistico, la creatività è sempre fondata sulla tradizione. Come anche nella poesia, che fa uso della lingua, è una nostra eredità.
Che significato ha per lei il teorizzare?
Senza una qualche ipotesi o teoria non si può mai formulare una domanda o capire una questione. Ogni questione si capisce solo alla luce di una ipotesi.
Attribuisce molta importanza all’insegnamento?
Sì, la ritengo una funzione molto importante!
Le sembra di avere imparato più dai suoi maestri o dai suoi allievi?
Io sono stato allievo di Julius von Schlosser Magnino, autore de La letteratura artistica,che è un’opera classica. Lui era certamente un erudito formidabile e ho imparato moltissimo dal suo insegnamento; ma altrettanto dai miei allievi… Si impara sempre dagli allievi.
Quali altri interessi coltiva, professor Gombrich, oltre quelli strettamente artistici?
La musica, in primo luogo, perché mia moglie è pianista e mia madre era pianista. Quindi per me la musica significa molto. Poi la scienza e la filosofia. L’atteggiamento della scienza verso la razionalità, la logica, mi sembra degno di attenzione. Conosco un gran numero di persone che si occupano di psicologia o di filosofia. Il mio ottimo amico, il professor Karl Popper, è filosofo della scienza, della metodologia e io condivido queste sue posizioni.
Doriano Fasoli
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