Riflessioni sulla Cultura Vedica
di Parabhakti das - indice articoli
La morte, il fine della vita?
Dicembre 2010
Tra le prove con cui ci dobbiamo confrontare nel corso della nostra esistenza, la morte è in assoluto la più misteriosa, inquietante e paurosa. Un evento ineluttabile, che chiunque, senza distinzione, prima o poi deve affrontare, per il quale non esiste rimedio e su cui non possiamo esercitare nessun controllo. Il momento della morte è l'esperienza più difficile, spesso acutizzata dal grande sconforto generato dalla progressiva consapevolezza dell’inevitabilità del momento, a cui per tutta la vita si è cercato di non pensare.
Ma la morte in realtà non è che la conseguenza del processo degenerativo naturale della materia di cui il nostro corpo è costituito, che inizia fino dalla nascita. In pochi però accettano questo fatto elementare, perché l'essere vivente conserva l'idea di essere immortale. Una percezione in sé corretta, anche se diventa essenziale stabilire quali siano le reali caratteristiche dell'immortalità dell'individuo, evitando di sprecare grandi quantità di energia nel futile tentativo di preservare quella parte di noi, il corpo fisico, la cui deperibilità è ineludibile.
L’antichissima cultura vedica descrive come la transitorietà della materia nulla ha a che vedere con l’eternità del vero sé. Il corpo fisico rimane assoggettato alle leggi della natura materiale, mentre la sostanza di cui è fatta l'anima viene descritta come sat-cit-ananda vigraha (in sanscrito sat - eterna, cit - piena di conoscenza e ananda - colma di felicità). Non essendo deperibile per natura e quindi non soggetta alla morte, l'anima vive semplicemente delle esperienze formative ed evolutive passando di corpo in corpo. Queste due nature, spirituale e materiale, convivono ed interagiscono in maniera così profonda che senza un'analisi accurata risulta difficile individuarne le rispettive caratteristiche.
La filosofia vedica insegna che il corpo fisico è formato dai cinque elementi della natura materiale (terra, acqua, aria, fuoco, etere), che sono in continua trasformazione e dal corpo sottile, o apparato psichico. Quest'ultimo è costituito dalla mente, dall'intelligenza e dall'erronea identificazione dell'anima con il corpo, o falso ego (manas, buddhi, ahankara). Il corpo sottile guida quello grossolano al fine di soddisfare, attraverso l'apparato sensoriale, i desideri che vengono costantemente generati dall'interazione con la materia. Sia il corpo fisico che quello psichico sono attivati dall'anima che vi risiede e che dà loro vita.
Il corpo sottile memorizza informazioni, elabora esperienze, assimila emozioni (processo che in sanscrito si chiama samskara) generando così delle tendenze, o vasana. All'istante della morte del corpo fisico, l'anima, rivestita ancora dal suo corpo sottile, in essenza si trasferisce in un nuovo corpo, che viene modellato a seconda dei desideri coltivati fino ad allora. Di qui la diversità biologica e psichica che osserviamo in tutti gli strati del mondo che ci circonda. Questa impronta in continua trasformazione, accompagna il passeggero, ovvero l'anima spirituale eterna illusa di essere il corpo che la riveste, attraverso un viaggio infinito, detto samsara, l'eterno ciclo di ripetute nascite e morti.
Il corpo sottile determina la personalità, ma non identifica la persona e il vero sé. E' un errore comune pensare che la legge del karma, che regola rigidamente ogni nostra azione e che determina la condizione esistenziale in cui ci si trova, sia incontrastabile. Eppure, mentre ciò che viviamo attualmente è il risultato delle nostre azioni passate, la creazione del susseguirsi dei nostri desideri (e quanto è bene accettarlo se non vogliamo tormentarci inutilmente), il futuro, grazie al libero arbitrio di cui disponiamo, rimane sempre e comunque nelle nostre mani.
Sono dunque i pensieri che avremo al momento della morte a determinare il nostro corpo futuro. Arrivare all'appuntamento finale vigili e consci di dove stiamo andando, consapevoli che nulla finisce veramente, ci darà la serenità di superare questo difficile passaggio. Altrimenti, lo sconforto e la paura inevitabilmente ci assaliranno, realizzando con terrore che figli, parenti, amici, scienziati e medici, non possono fare assolutamente nulla per aiutarci. Chi ha compreso che il corpo e la mente sono transitori mentre il corpo spirituale non è condizionato dalle leggi della fisica, diventerà abhay, colui che è senza paura. I saggi, gli yogi, gli spiritualisti e i ricercatori spirituali che realizzano il vero sé conducono una vita di pace, gioiosa, serena e indisturbata dalle dualità del mondo.
Ritrovare la coscienza della propria natura spirituale eterna e riconnettersi con Dio, Krishna, la Persona Suprema, fosse anche pochi istanti prima del trapasso, può modificare in modo fondamentale il nostro futuro, mettendoci in contatto con la piattaforma trascendentale alla quale apparteniamo. Se penseremo a Krishna, a Dio, nel momento della morte, torneremo da Lui con la nostra forma spirituale, abbandonando per sempre il corpo grossolano e quello sottile. Invece, se altri pensieri e desideri materiali da soddisfare affolleranno la nostra mente, torneremo a rivestirci di un altro corpo e mai usciremo da questo mondo che ripropone, con apparente rinnovata modalità, la stessa invariata sequenza di alternanza tra gioie e dolori, illusioni e speranze che culminano inevitabilmente nella sofferenza finale chiamata morte.
Per chi è interessato, di seguito vi segnalo alcuni versi tratti dalla Bhagavad-Gita e commentati da SDG Swami Prabhupada.
Bhagavad-gita, Capitolo 2, Verso 13
Come l’anima incarnata passa, in questo corpo, dall’infanzia alla giovinezza e poi alla vecchiaia, così l’anima passa in un altro corpo all’istante della morte. La persona saggia non è turbata da questo cambiamento.
Spiegazione
Ogni essere vivente è un’anima spirituale, distinta da tutte le altre. A ogni istante l’anima cambia corpo e si manifesta nella forma di un bambino, di un adolescente, poi di un adulto e infine di un vecchio. Ma l’anima rimane sempre la stessa e non subisce alcun cambiamento. Infine, alla morte del corpo, l’anima trasmigra in un altro involucro...
Bhagavad-gita, Capitolo 2, Verso 16
Coloro che vedono la verità hanno concluso che non vi è durata in ciò che non esiste [il corpo materiale] e non vi è cambiamento in ciò che è eterno [l’anima]. Studiando la natura di entrambi, essi sono giunti a questa conclusione.
Spiegazione
Il corpo materiale, soggetto a continui cambiamenti, è temporaneo. La medicina moderna ammette che le cellule del corpo cambiano a ogni istante, provocando la crescita e l’invecchiamento. Ma l’anima continua a esistere e rimane sempre la stessa, nonostante le trasformazioni del corpo e della mente. Ecco la grande differenza tra l’energia materiale e quella spirituale: il corpo cambia continuamente mentre l’anima è eterna...
Bhagavad-gita, Capitolo 2, Verso 17
Sappi che non può essere distrutto ciò che pervade il corpo. Nessuno può distruggere l’anima eterna.
Spiegazione
...ogni corpo è dunque l’involucro di un’anima individuale, e il sintomo della presenza dell’anima è la coscienza...
Bhagavad-gita, Capitolo 2, Verso 20
Per l’anima non vi è nascita né morte. La sua esistenza non ha avuto inizio nel passato, non ha inizio nel presente e non avrà inizio nel futuro. Essa è non nata, eterna, sempre esistente e primordiale. Non muore quando il corpo muore.
Spiegazione
...L’anima non nasce, ma poiché deve rivestirsi di un corpo materiale, il corpo nasce. L’anima non è dunque creata nel momento in cui si forma il corpo, e non muore quando il corpo si decompone. Solo ciò che nasce deve morire. Ma poiché l’anima non nasce, non conosce né passato né presente né futuro. È eterna e originale, e niente lascia supporre che abbia avuto un inizio. Non invecchia come il corpo; perciò il vecchio si sente interiormente uguale al bambino o al giovane che è stato un tempo...
Bhagavad-gita, Capitolo 2, Verso 22
Come una persona indossa abiti nuovi e lascia quelli usati, così l’anima si riveste di nuovi corpi materiali, abbandonando quelli vecchi e inutili.
Spiegazione
...Anche gli scienziati moderni, che non credono nell’esistenza dell’anima non possono spiegare da dove proviene l’energia che emana dal cuore e devono riconoscere la continua trasformazione del corpo...
In conclusione, il momento della morte non potrà spaventarci se sappiamo come affrontarlo. Il mio intervento desidera offrire uno spunto di riflessione verso una comprensione più strutturata e profonda del fenomeno che chiamiamo morte e che merita di essere studiato in tutti i suoi aspetti. La morte non è necessariamente il momento più catastrofico della vita ma rimane il momento più importante, il summum bonum, al quale dobbiamo arrivare perfettamente preparati.
Hare Krishna
Parabhakti das
Libri pubblicati da Riflessioni.it
365 MOTIVI PER VIVERE RIFLESSIONI SUL SENSO DELLA VITA |
|