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Antropologia interpretativa - Antropologia cognitiva

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Pag. 1 - Cenni storici - Indirizzi attuali
Pag. 2 - Antropologia biologica - Culturale
Pag. 3 - Antropologia visiva - Criminale - Linguistica - Dialogica
Pag. 4 - Antropologia interpretativa - Cognitiva

 

ANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA

Indirizzo di ricerca basato sull'idea che le culture siano composte essenzialmente da significati e che, quindi, il compito primario dell'antropologo che intenda comprendere il senso dell'esistenza degli uomini in uno specifico contesto sociale e culturale sia un compito di natura preminentemente ermeneutica. Questo modo di intendere le culture e l'analisi culturale si contrappone in maniera netta al modo in cui, viceversa, venivano intese nell'antropologia culturale o sociale classica: per l'antropologia interpretativa la ricerca antropologica non può essere ascritta a un campo del sapere conforme a una epistemologia positivista, in cui quindi le parole d'ordine siano osservazione, descrizione, spiegazione e formulazione di leggi o modelli del comportamento e dell'agire umano in generale, ma, al contrario, essa si configura come un'attività eminentemente soggettiva, in cui dominano la partecipazione, l'immedesimazione, la comprensione, l'interpretazione e la rappresentazione evocativa, poiché ciò che più caratterizza l'esistenza umana nelle sue differenti forme è comunque la dimensione simbolica in cui questa è immersa. L'analisi della dimensione simbolica non può che essere condotta attraverso l'interpretazione e l'individuazione del "punto di vista del nativo". La metafora che meglio esprime il carattere della cultura per gli antropolgi interpretativi è quella della cultura come testo, che il ricercatore deve, appunto, "leggere" così come fanno i membri stessi della cultura in oggetto nella loro vita quotidiana. Il principale esponente e il maggiore teorico di questa corrente di studi è l'antropologo statunitense C. Geertz, il quale ha anche delineato un metodo attraverso il quale l'antropologo può tentare l'impresa estremamente complessa alla quale aspira l'antropologia. Questa impresa si realizza in due fasi, la prima è quella della ricerca sul campo - fase dalla quale non si può prescindere in antropologia - per riuscire a raggiungere una comprensione della società e della cultura presa in esame, tale da poter "vedere le cose dal punto di vista dei nativi"; la seconda è quella della scrittura dei risultati della ricerca, per poter rendere una esperienza particolarissima, alla quale l'antropologo si è sottoposto, comprensibile anche ad altri studiosi e a un pubblico più generale. Attraverso una continua negoziazione fra la prima fase - strettamente legata a concetti e nozioni locali - e la seconda - strettamente legata a concetti teorici generali - l'antropologo interpretativo può costruire un sapere adegutato alle ambizioni dell'antropologia interpretativa.

 

ANTROPOLOGIA COGNITIVA

Indirizzo di ricerca dell'antropologia culturale che ha come oggetto di studio privilegiato i rapporti fra linguaggio, cultura e realtà. L'antropologia cognitiva si propone l'obiettivo di far luce sui processi cognitivi di base attraverso i quali gli esseri umani elaborano le loro conoscenze sul mondo. Sviluppatasi a partire dagli anni Sessanta negli Stati Uniti, l'antropologia cognitiva ha progressivasmente consolidato metodologie ed elaborazioni teoriche, divenendo intorno agli anni Ottanta uno degli indirizzi di punta della ricerca antropologica contemporanea. Alla base di questa disciplina c'è una concezione della cultura come sistema di conoscenze, opposta all'idea di cultura come insieme di norme e valori da cui derivano i modelli di comportamento degli individui, comunemente accettata in antropologia. Dalla confluenza di istanze della psicologia cognitiva, della linguistica e dell'antropologia strutturale di C. Lévi-Strauss, deriva il metodo di analisi degli antropologi cognitivi, che consiste primariamente nell'attenta esplicitazione del sapere attribuibile ai membri di un determinato gruppo culturale sui più diversi settori della realtà, attraverso l'esame delle loro risposte verbali, o indotte mediante apposite sollecitazioni dal ricercatore oppure spontanee, ottenute in determinate situazioni di interlocuzione. C. O. Frake, uno dei maggiori esponenti di questa corrente di studi, ritiene che i messaggi che l'osservatore può registrare nelle situazioni quotidiane di comunicazione siano importanti fonti per la ricostruzione di ciò che le persone sanno e per la definizione dei modi in cui i membri di un determinato gruppo culturale organizzano la loro vita. La maggior parte degli studi di antropologia cognitiva si è concentrata sulle classificazioni del mondo naturale (piante e animali) e sui sistemi di conoscenza zoologica e botanica elaborati dalle più diverse popolazioni in diversi luoghi della terra. Uno dei più importanti studi di antropologia cognitiva è quello realizzato dagli antropologi B. Berlin e P. Kay sulle terminologie di colore, dal quale prese il via l'indirizzo denominato etnoscienza, caratterizzato dall'ipotesi generale secondo cui ogni sistema di conoscenza in ogni cultura segue modalità identiche di organizzazione, attraverso le quali passa da una forma semplice fino a forme sempre più complesse. Importanti esponenti dell'a. cognitiva, oltre ai già citati Frake e Berlin, sono W. Goodenough e H. C. Conklin. In Italia, l'antropologia cognitiva e la sua più specifica diramazione, l'etnoscienza, è stata al centro degli interessi di Giorgio Raimondo Cardona.

 

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Nel sito la rubrica d'Autore "Riflessioni Antropologiche" dell'antropologo Andrea Bocchi Modrone

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