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Riflessioni sull'Esoterismo

di Daniele Mansuino   indice articoli

 

L'Eterno ritorno (prove tecniche di mutazione antropologica)

Ottobre 2010
di Enzo Ristagno

 

Ancora dall’amico Enzo Ristagno una vibrante elegia che penetra le dinamiche del “punto di vista tradizionale” nella sua variante evoliana; offrendo a tutti noi – comunque possiamo pensarla in proposito - ampi e serissimi spunti di riflessione, e inducendoci al rispetto verso chiunque ardisca intraprendere con serietà e competenza il duro cammino della conoscenza esoterica.

      Daniele Mansuino

 

 

L’Eterno ritorno

(prove tecniche di mutazione antropologica)
di Enzo Ristagno

 

Su Repubblica, lo psicanalista Massimo Recalcati ha spiegato in un’interessante intervista come la soddisfazione umana non passi più da una relazione con l’altro: “l’uomo senza desiderio è la mutazione antropologica che attraversa il tempo presente della civiltà occidentale. Perché il soggetto aderisce così supinamente all’esistente? Perché la società contemporanea non assegna più lo spazio necessario alla mancanza. Oggi si può applicare in senso più generale ciò che Lacan diceva dell’angoscia: ciò che avvertiamo è la mancanza della mancanza. C’è troppo pieno, c’è un surplus asfissiante di oggetto e una carenza di soggetto. La condizione di fondo della contemporaneità ipermoderna è, in effetti, una sorta di angoscia generalizzata. Siamo tutti un po’ obesi: abitiamo una dimensione in cui il vero motore del desiderio, ossia la mancanza che rende possibile lo slancio creativo e generativo del desiderio, lascia il posto alla proliferazione incontrollata dell’oggetto di godimento nelle sue infinite forme possibili.”
Il termine che giustamente qualifica e identifica come antropologica questa mutazione pone l’uomo, l’ultimo uomo nietzschiano, in un preciso punto discendente tipico di una visione del mondo che è anche nostra.
Ma al di là di questa affinità, per spiegare i nostri distinguo partiamo da alcuni assiomi:

  1. l’unica dicotomia possibile è quella tra 2 precise visioni del mondo, in una, lineare, l’uomo originariamente scimmia poi barbaro o selvaggio, migliora evolvendosi fino a identificare la felicità nel confort, e infatti “confortevole” sarà una parola chiave nelle moderne pubblicità. A questa visione lineare si oppone la visione ciclica di cui in occidente abbiamo ultima eco in Platone, secondo cui esistette una razza primordiale la cui essenza è ormai estinta. Questa visione ciclica intrisa di spirito tradizionale, sebbene si sia espressa in diverse forme, è perfettamente esplicata nell’induismo e chiaramente indagata da Evola e Guénon, in un processo involutivo che dall’età dell’oro discende fino all’attuale Kali-yuga.

  2. Un secondo paletto per noi imprescindibile per la comprensione del nostro punto di vista è il riconoscimento che il nichilismo altro non è che la perdita del legame tra l’uomo e il sacro, che noi consideriamo punto fondamentale per comprendere la successiva perdita di legame tra uomo e uomo di cui sopra.

  3. Per dare un senso a questo punto bisogna partire dall’assioma platoniano - dico platoniano per intendersi, visto che ovviamente è il punto di vista fondante di una ben più estesa e precedente visione del mondo - secondo cui esistono un mondo sensibile e uno intellettivo o soprasensibile, per dirla con Evola “rifuggendo la tendenza moderna a ricondurre il superiore all’inferiore e spiegare il superiore con l’inferiore”.

Per tutte le forme di pensiero che prenderemo in esame considereremo nella fattispecie la loro aspirazione a rifondare l’uomo, e questa ovviamente passa per modalità completamente diverse a seconda di come una visione del mondo si rapporti con l’essere e il divenire.
Ci arrendiamo fin d’ora all’evidenza dell’impossibilità di essere esaustivi su tale argomento in poche righe; ma partendo da tali, sovraesposte premesse cerchiamo di capire quali visioni del mondo siano ortodosse, in base ai punti di cui sopra, e di conseguenza quanto possano essere funzionali alla creazione dell’uomo nuovo.
Tra i tentativi di rifondare l’uomo possiamo escludere il marxismo, in quanto nella sua seppur giusta critica al capitalismo esso parte dalla considerazione che alla base di tutto stiano i fattori economici. Allo stesso modo la psicanalisi, così come ogni espressione del mondo moderno, prende la parte per il tutto, separa, e va anch’essa a collocarsi tra i prodotti del nichilismo nell’accezione da noi descritta.
Anche la visione morale - ovvero derivante da una religione che ha perso la dimensione verticale e il suo esoterismo e finisca con l’identificarsi con la sua visione essoterica e prettamente orizzontale - potrà ben difficilmente rappresentare la suddetta visione ciclica. Su quest’ultimo punto il discorso sarà ben più lungo e tanti saranno i distinguo visto le innumerevoli espressioni visibili di tale visione morale oggi giorno.
Per chiarire il nostro punto di vista restando fedeli alla Tradizione partiamo da Platone, per il quale la materialità può essere solo imperfezione; sulla stessa linea interpretativa è Meister Eckart quando dice che solo le cose spirituali, divine o celesti hanno la proprietà di essere piene e ancora Macrobio dice che la pienezza è proprietà delle cose divine che infatti sono perfette e formali. Perciò esse sono essenzialmente, in modo simultaneo, tutto quel che possono essere, mentre le cose terrene sono materiali, passive, imperfette, nude, povere, essenzialmente mendicanti. La materia desidera sempre un'altra forma, qualunque forma abbia al presente.
Lo stesso Filone, a metà tra cristianesimo, gnosi e platonismo, vede nel mutamento dell’uomo, nella sua parte non divina, mortale, una direzione precisa, degenerativa, da cui nasce il male in senso etico; vista l’appartenenza di Filone alla cristianità, quest’espressione del male connesso alla mutabilità può andar messa in rapporto diretto con la caduta. Ma scrive Ugo Bianchi a commento, andando oltre: “la non stabilità, il divenire, la mutevolezza dei mortali in Filone non sono una riflessione banale sulla situazione e sulla condizione umana, né una riflessione comandata dalla concezione giudaica della mortalità e della colpevolezza umana. Si tratta di una motivazione metafisica e fondata sulla metafisica platonica, sul dualismo a priori di riferimenti. La contrapposizione è infatti con Dio, con le cose divine; ma queste sono anche, e in maniera determinante, le cose intellegibili, nelle quali non potrebbe esserci variazione”.
È qui che - a legger bene - l’uomo di Filone riferisce alla concezione dell’anima di Platone. Così come quel soffio della genesi, che - estrapolato dal suo contesto creazionistico - potrebbe venir assimilato al nous platonico. E ancora Evola, in Metafisica del sesso: “l’essere in Plotino è messo in relazione col nous, altro termine oggi divenuto difficile a intendere adeguatamente: è il principio intellettuale concepito come  principio olimpico, immutabile presenza e pura luce, che in Plotino ha anche la figura di Logos quando venga considerato nell’azione con cui feconda e muove la materia o potenza cosmica”.
Sempre Filone: “il cambiamento si identifica con una fuga,…con lo sconvolgimento dei valori… con l’esperienza del piacere… a questo punto il male viene ad assumere le caratteristiche di un principio.”. Qui sebbene partendo da determinati e precisi presupposti,  in tale sconvolgimento dei valori e in questa ricerca del piacere, si delinea la tipica confusione dei tempi ultimi, Kali-yuga, e siamo ben lontani non solo in senso figurativo ma anche in senso cronologico, dall’uomo nuovo, cioè arcaico in senso junghiano e per Platone da quella razza primordiale….
Nella visione psicanalitica e quindi moderna, il riposizionare l’uomo e farlo tornare soggetto tra gli oggetti passa comunque per una concezione illuministica, essendo all’interno di una visione dove il rapporto con il sacro non solo non è indagato ma non esiste, e per questo è destinata a rimanere vana.
La visione platonica è influenzata dalle dottrine indù e si ripresenterà coi neoplatonici mescolandosi - a volte più a volte meno - con il cristianesimo, mantenendo il cristianesimo sempre su certi temi la sua specificità, quale la corporeità, intesa nel caso di Cristo come incarnazione, passione, morte, resurrezione.
Sarà Paolo a dare al cristianesimo il senso della storia e a dare il via alla secolarizzazione.
All’opposto gli gnostici opporranno il corpo leggero alla “tunica di pelle”, corporeità pesante conseguenza della caduta, che invece nell’ortodossia che si è delineata è riservato solo all’uomo risorto. La gnosi trasmette ai Perfetti un insegnamento esoterico, che sebbene presente in parte già nei vangeli, prende una strada ben diversa da quella scelta, tra una moltitudine di forme, da quella che diventerà l’ortodossia cristiana.
Estremizzando e semplificando al massimo, da una parte la storia santa con la finale resurrezione dei corpi (per leggeri che siano); dall’altra la liberazione dal corpo condizione di una risalita dell’anima verso le sfere celesti - in questa liberazione l’elite gnostica, i Perfetti, così come lo yogi, che è al di là del bene e del male; nel mezzo il cosmo di Platone. Tra queste espressioni che per di più nei loro epigoni non sono così nette stanno Mandei e Manichei, Valentiniani e Fibionisti, e sebbene molte scuole gnostiche risentano dell’orfismo e del platonismo non è per niente raro incontrare influssi iranici e indiani.
Lo stesso hitlerismo esoterico di Miguel Serrano è facilmente apparentabile a quella gnosi che identifica Jeova a un demiurgo (vera e propria incarnazione del male), e risente o meglio sintetizza e somma tutti gli influssi sopra citati. In Miguel Serrano come in Plotino, sebbene l’incarnazione sia una caduta, è una discesa che viene accettata dall’uomo - in Serrano dall’eroe - per aiutare le esistenze situate nel mondo inferiore.
Non entriamo nel merito di quali di queste visioni sviluppino un dualismo a volte smisurato che si contrappone all’Uno; nell’Uno tutto è, “tutti gli enti procedono da una causa prima” (Proclo), cielo e terra, i beni e i mali, la perfezione dell’universo richiede l’esistenza del male. Al di là di ogni separazione, dall’esempio più alto del trattato di unità sufi fino ai culti che non riconoscono un’autorità spirituale quali il Voodoo e la Santeria - ma su questo rimando agli articoli di Daniele Mansuino, massimo conoscitore in materia.
Non paradossalmente come potrebbe sembrare, l’uomo che verrà di Serrano è - al pari dell’uomo della gnosi e dell’uomo di Platone - l’uomo del ritorno; è l’uomo della visione ciclica, mentre quello della visone giudaica e di quella che è diventata l’ortodossia cristiana, che va dalla creazione alla resurrezione dei corpi, è l’uomo della visione lineare.
Avendo quindi escluso per nostra scelta, in base agli assiomi e ai paletti di partenza, ciò che esprime una visione lineare (a questo punto non solo ciò che è generato dal regno della quantità, ma anche il cristianesimo secolarizzato), partiamo dall’idealismo magico apparentandolo al sentire delle diverse forme che ha assunto la Tradizione - siano esse pagane, sciamaniche, gnostiche, indù o sufi, per citarne solo alcune; sta poi alla ricerca e alla sensibilità di ognuno comprendere, differenziare e scegliere: non è nelle nostre possibilità - e tantomeno nelle nostre intenzioni - individuare una forma specifica che escluda le altre, se non stimolare la formazione destinata esclusivamente alle persone di valore; come ebbe a scrivere Evola “la Via, in verità, non esiste per chi non vuole camminare” (Saggi sull’idealismo magico, Atanor 1925, pag 29).
La Via dell’idealismo magico è parte formativa dell’uomo nuovo, quell’uomo che lo stesso Recalcati modernamente vorrebbe soggetto; abbiamo escluso come ciò sia possibile in quanto, sempre partendo dai nostri assiomi, tale scuola prende la parte per il tutto, atteggiamento da noi considerato nichilista. Per Evola l’uomo moderno, l’ “oggetto tra gli oggetti” di Recalcati, è comunque passivo: non possiede la sua azione ma la subisce, non pensa ma è pensato.
Con questa prima affermazione va da sé che occultismo e spiritismo sono fuori, in quanto nella trance il medium è passivo, indifeso rispetto a qualunque fenomeno e in assenza di riconoscimento di una qualsivoglia autorità spirituale: siamo nel campo che Guenon definisce psichismo, l’esatto contrario del mantra orientale o del dhikr sufi, dove l’essere è più che presente. Allo stesso modo la prima indicazione dell’idealismo magico è farsi padroni delle proprie facoltà mentali, dominare il proprio pensiero, questo è il punto di partenza per avere controllo autocosciente  sul proprio corpo inferiore.
L’uomo alienato che denuncia Recalcati resterà oggetto anche recuperando le relazioni con gli altri, se per riappropriarsene semplicemente - come indicato in psicanalisi - difenderà la sua singolarità, anche sfuggendo al potere del numero tramite il lacaniano desiderio senza misura; nell’idealismo magico, questa è passività quando “l’io non possiede la sua azione, egli desidera e nel desiderio non l’io prende la cosa ma la cosa prende l’io” – invece è solo diventando signore di se stesso, non dipendendo da nulla, che potrà affermare il concetto di potenza.
L’atto puro, l’azione secondo autarchia, l’azione incondizionata. Non è il contenuto che fa la differenza ma la forma, il modo, lo stile, il come. “Un servo non cessa di essere tale solo per il fatto di cambiare padrone, chi pensa di aver realizzato qualcosa dal punto di vista del valore individuale e della libertà per esser passato da motivi sensuali a motivi spirituali, dall’amore della materia e di sé a quello del soprasensibile, degli altri o della stessa libertà, chi crede esservi una differenza tra il desiderio del bruto e quello del Dio che alcune cosmogonie concepiscono come generante il mondo… è vittima di una grossolana illusione… finché compio un atto in vista del piacere o dell’utilità che ne deriva o perché conforme al mio essere, o ad una qualunque legge, materiale o ideale, e non perché semplicemente voluto, non si parli di grazia, né di libertà né di potenza.”
Per dirla anche con Meister Eckart:  “perché fai le tue opere? Finché fai le tue opere per il regno di Dio o per il benestare della tua anima, allora non sei un essere veritiero che attua per sua propria ragione”. Anche Eckart come Platone pone le idee, ragioni delle cose, come principio di tutto, sia nell’ordine dell’essere che in quello del sapere, il che si rapporta con l’affermazione cristiana “creò in principio” - ovvero nell’idea, dove l’idea, logos o verbum, è principio e causa di tutto.
Se quindi il marxismo e le parole dello psicanalista citato muovono critiche più che condivisibili, il primo al capitalismo, libera volpe in libero pollaio, e il secondo alla società dei consumi, entrambi nulla possono nel tentativo di rigenerazione dell’uomo; sebbene concordiamo sulla mutazione antropologica, che tocca ben altri piani che non quello comportamentale unico che normalmente la psicanalisi indaga, non possiamo assolutamente concordare nell’associare tale condizione all’uomo senza desiderio - neanche (nell’accezione usata) far derivare l’angoscia esistenziale dallo scenario di surplus, di obesità, e quindi la mancanza della mancanza - che fa si che il desiderio si corrompa fino a degenerare in queste forme di feticismo, confondendo così causa ed effetto, considerando una causa quello che è un effetto del nichilismo: se l’angoscia è l’effetto, nello scritto in questione la causa è la mancanza della mancanza, ma non viene identificata la causa prima.
Invece secondo noi si tratta di due effetti la cui causa è il nichilismo; così come d’altra parte non concordiamo sulla dicotomia fondante la psicanalisi freudiana tra principio del piacere e principio di realtà, in quanto - senza bisogno di entrare nel merito - non crediamo assolutamente che l’affrancarsi dell’uomo da questa condizione possa risolversi su di un piano meramente orizzontale. Quest’angoscia, l’abisso, le tenebre, derivano si da una mancanza, ma da una mancanza di luce.
La situazione spirituale del mondo oggi è tipica del Kali-yuga e il nostro sforzo è esclusivamente incentrato nel cogliere e nel riconoscere, qui e oggi, gli intermediari del mondo intelligibile, dell’influenza spirituale.
In questo tentativo il nostro atteggiamento è quello dell’idealismo magico, e - senza citare le scuole tantriche ma restando in occidente - cerchiamo di fare nostre le tecniche che ci ha trasmesso il Gruppo di Ur nell’introduzione alla magia, o Randolph in Magia sexualis, per citarne alcuni.

 

Enzo Ristagno

 

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