Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
Gli UFO nazisti
- Seconda parte
di Daniele Mansuino e Paolo Del Casale
Giugno 2024
La leggenda del coinvolgimento di Nikola Tesla (1856-1943) nella storia degli UFO nazisti si inquadra in una teoria alternativa all’origine accadica dei dischi volanti, che abbiamo visto il mese scorso: la loro origine indiana.
Il ruolo di Tesla sarebbe stato di elaborare il progetto di un disco volante partendo dall’esegesi di un testo sapienziale indù, e di averlo fornito a Maria Orsic (vedi articolo precedente), che era per lui un’amica di famiglia (erano entrambi croati); questo è perlomeno ciò che si legge in vari siti, ma riguardo alle fonti non sapremmo dire.
Non tutti sanno che questo grande inventore e scienziato era anche uomo dai profondi interessi spirituali, orientati soprattutto verso l’Induismo; il suo maestro in questo campo era stato lo Swami Vivekananda (1863-1902), che era anche Maestro Massone.
Secondo la testimonianza dello Swami Nikhilananda (1895-1973), il dibattito tra Tesla e Vivekananda (che pare gli fosse stato presentato da Sarah Bernhardt) si era incentrato nei primi tempi su questioni cosmologiche, con particolare riferimento alla dottrina indù dei cicli cosmici, per poi addentrarsi nelle analogie tra la concezione indù della materia e le ultime acquisizioni della fisica; Tesla era particolarmente interessato alla concezione indù del prana, che considerava un’energia primordiale analoga al concetto di etere degli occidentali.
Da parte sua, Vivekananda raccontò che Tesla è stato affascinato dal Prana del Vedanta, dall’Akasha e dai Kalpa, le quali sono a suo avviso le uniche teorie (induiste) che la scienza moderna può prendere in considerazione ... Egli pensa di poter dimostrare che, matematicamente, forza e materia sono riducibili a energia potenziale; lo rivedrò la prossima settimana per assistere a tale dimostrazione ...
Ed ancora, nel corso di una conferenza tenuta in India, lo Swami parlò di lui in questo modo:
Mi è stato confermato da alcune tra le menti scientifiche migliori di questo tempo quanto siano meravigliosamente razionali le conclusioni del Vedanta. Conosco personalmente uno di loro, che quasi non trova il tempo per mangiare e per uscire dal suo laboratorio, ma che mai si perderebbe neanche una delle mie lezioni sul Vedanta: perché - egli dice - esse sono meravigliosamente scientifiche, e si armonizzano a perfezione tanto con le aspirazioni del tempo quanto con le conclusioni a cui la scienza sta attualmente giungendo.
Però l’incontro di Tesla con l’etere non era avvenuto attraverso i testi indù che vi fanno riferimento: si ha piuttosto ragione di pensare che egli avesse seguito il percorso contrario, partendo dalla tecnologia per giungere da questa alla spiritualità.
Questo è, curiosamente, lo stesso percorso seguito da Carl Gustav Jung riguardo all’esplorazione della psiche: egli riscoprì in essa la presenza attiva di immagini archetipiche attraverso l’osservazione clinica dei propri pazienti, arrivando al simbolo tramite il lavoro di analisi dell’inconscio, e non il contrario.
Questa sorta diapproccio inverso ci sembra possa essere definito come il carattere tipico di una nuova spiritualità, nella quale il metodo scientifico viene prima della fede, ma che comunque non nega l’esistenza soggettiva ed animica.
Già nel 1891, quando ancora Vivekananda non era arrivato in America, in un discorso all’Istituto Americano di Ingegneria Elettrica, Tesla aveva detto:
Tra molte generazioni, le nostre macchine saranno guidate da un’energia ricavabile in qualsiasi punto dell’Universo (…). Questa energia è statica o cinetica? se è statica, le nostre sono vane speranze; se è cinetica - e sappiamo per certo che è così - allora si tratta solo di sapere quando l’uomo riuscirà ad attaccare le proprie macchine agli ingranaggi della natura ...
L’etere - energia gratuita e illimitata - è universalmente lavoro potenziale, creato dal moto perpetuo della materia e dal cambio perpetuo di forze più forti e più deboli attraverso le quale viene mantenuto l'equilibrio dell’Universo. Quando la materia solida viaggia attraverso lo spazio subisce il vento dell’etere, e le differenze in potenziali elettrici provocano dei cambiamenti nel dislocamento elettromagnetico all’interno della massa e del vento dell’etere.
Il campo elettrico della Terra crea un dislocamento magnetico all’interno dell'etere, e lo accumula all’interno del campo elettrico di terra; La differenza tra il dislocamento magnetico all’interno di una massa ed il dislocamento magnetico fuori della massa dell’etere è la gravità ...
L’etere è portatore di luce, e riempie ogni spazio; l’etere agisce come forza creativa che dà la vita. Viaggia in turbini infinitesimi (micro eliche) prossime alla velocità della luce, divenendo materia misurabile. La sua forza diminuisce e arriva a terminare del tutto, regredendo in materia, secondo una specie di processo di decadimento atomico.
Gli uomini possono dunque imbrigliare questi processi di passaggio dall’energia alla materia, e dunque catturare materia dall’etere, alterare la grandezza della Terra, controllare le stagioni, guidare la rotta della terra attraverso l’Universo, come una navicella spaziale, e poi causare collisioni di pianeti per produrre nuovi soli e stelle e dunque, calore e luce. L’uomo può originare e sviluppare la vita infinitamente ...
Nel periodo del suo apprendimento con Vivekananda, Tesla aveva studiato a fondo l’Induismo e la lingua sanscrita, procurandosi in questo modo i mezzi per approfondire l’intuizione che ad alcune concezioni astratte sviluppate nel Vedanta corrispondessero forme di energia che la civiltà occidentale non aveva ancora scoperto.
Ebbero inizio così la sua abitudine di fare riferimento agli oggetti dei suoi studi scientifici con termini sanscriti (che era anche, se vogliamo, una forma di crittografia), e la sua passione per i testi epici indiani, che fu il primo a rileggere al filtro della scienza; ed è un suo articolo inedito - scritto, forse, proprio per commemorare la prematura scomparsa del suo maestro - che può darci la misura di quanto, sotto l’influenza dello Swami, le sue concezioni si fossero evolute:
Nell’essere più completamente sviluppato, l’uomo, si manifesta un desiderio misterioso, imperscrutabile e irresistibile: imitare la natura, creare, far funzionare lui stesso le meraviglie che percepisce ...
Molto tempo fa, l’uomo riconobbe che tutta la materia percettibile deriva da una sostanza primaria, senza densità oltre ogni concezione, la quale riempie tutto lo spazio: l’Akasha o etere luminifero, il quale è gestito dal Prana che offre la vita, o forza creativa, che porta all’esistenza, in cicli infiniti, tutte le cose e tutti i fenomeni.
La sostanza primaria, gettata in vortici infinitesimali di velocità prodigiosa, diventa materia grezza. Quando la forza si placa, anche il movimento cessa e la materia scompare, tornando alla sostanza primaria ...
Però, il suo interesse era principalmente rivolto a quegli antichissimi testi - il Rig Veda, il Mahabarata, il Ramayana ed i Purana - che narrano dei vimana, le macchine volanti usate nei poemi epici dagli Dei: veicoli che volavano alla velocità del vento, emanando un melodioso suono.
Ve ne erano parecchi tipi di forme diverse; i Veda, per esempio, raccontano di ahnihotra-vimana a due motori, vimana-elefante a diversi motori ed altri tipi chiamati con nomi di animali. I più enormi, detti anche vimana residenziali, erano a forma cilindrica o di sigaro.
Nel Mahavira, un testo Jain dell’ottavo secolo, si legge:
Un carro aereo, il Pushpaka, conduceva molte persone alla capitale di Ayodhya. Il cielo è pieno di stupende macchine volanti, scure come la notte ma incastonate da luci gialle ...
E nello Srimad Bhagavatam: Un tempo, mentre il Re Citaketu stava viaggiando nello spazio sul suo brillante e fulgente vascello donatogli da Vishnu, incontrò Shiva ... I dardi lanciati dal Dio Shiva apparvero come fieri lampi emanati dal globo solare, e colpirono i tre vascelli residenziali del Re ...
O Re, questo veicolo meravigliosamente decorato è stato fatto dal demone Maya, ed era equipaggiato con armi per tutti i combattimenti. Era inconcepibile ed indescrivibile, visibile certe volte ed altre no. Seduto in questo vimana sotto il suo ombrello, Maharaja Bai se ne stava circondato dai suoi capitani e comandanti, e sembrava come la Luna che sorge alla sera, illuminando ogni direzione ...
Anche nel Mahabharata i vimana vengono usati per la guerra: il Re Salva li impiega come cacciabombardieri che scagliano micidiali proiettili abbaglianti, ma alla fine Krishna lo sconfiggerà con l’ausilio di quello che è stato definito un missile a ultrasuoni.
Nel Ramayana, Rama (settima incarnazione di Visnù) sposa la principessa Sita e stabilisce un vasto impero tra l’Iran e l’Afghanistan; il malvagio Ravana, Re di Lanka, rapisce Sita, ma Rama lo sconfigge e rade al suolo Lanka bombardandola dal cielo.
Di un vimana descritto nel Mahabharata è detto che si muoveva grazie ad un soffio generato dal mercurio, ed anche nel Samara Sustradhara si può leggere che i vimana sono macchine metalliche, ben rifinite e lisce, con una carica di mercurio che esce dal retro nella forma di una fiamma rombante.
Il Samara Sustradhara può essere considerato il più antico trattato specificamente dedicato ai vimana, la cui tecnologia viene però descritta con una terminologia poetica piuttosto indecifrabile. Tuttavia vi si ritrovano accenni alle modalità costruttive, alle procedure di decollo, al volo, agli atterraggi normali e d’emergenza ed alle possibili collisioni con uccelli.
Nel 1918, in India, un anziano brahmani - il Pandit Subbaraya Sastri - decise, prima di morire, di dettare un testo sapienziale (databile al quarto secolo) che aveva ricevuto per via orale: il Vymaanika-Shaastra, per la maggior parte dedicato ai vimana (nota: secondo un’altra versione, una copia del Vymaanika Shaastra sarebbe stata rinvenuta in un tempio nel 1875).
In questo manoscritto, le spiegazioni su come i vimana vengono costruiti e utilizzati scendono nei dettagli. Ecco, per esempio, l’enunciazione di alcuni dei trentadue requisiti richiesti per il pilotaggio: la conoscenza dei mantra che rendono il vimana indistruttibile, la capacità di rendere il proprio vimana invisibile attirando la forza del flusso etereo del cielo, saper paralizzare i vimana guidati dai nemici, proiettare fasci di luce per poter volare di notte, produrre cortine fumogene, far assumere al proprio vimana l’aspetto di una tigre, di un leone, di un serpente, di una nuvola o di una bella ragazza, fargli emettere scariche elettriche distruttive, proiettare l’immagine di un falso cielo stellato che disorienta gli osservatori, saper volare a zigzag, saper vedere all’interno del vimana nemico, saper scrutare a distanza gli eventi che accadono sulla superficie terrestre.
Una delle parti più interessanti si trova nel capitolo dedicato ai metalli:
Nel settimo strato della Terra, nella terza miniera, si trovano i metalli Soma. Essi sono di trentotto tipi.
Nel Lohatantra o Scienza dei Metalli viene detto anche che nella terza sezione del settimo livello della terra i metalli Soma possiedono cinque speciali qualità e sono detti bijalohas o metalli base ...
I metalli del settimo strato sono di ventisette specie; il terzo tipo di metalli sono detti metalli base, ed hanno cinque qualità ...
La gravità del centro della terra, la gravità della terra globale, il flusso solare, la forza dell’aria, la forza emanante dai pianeti e dalle stelle, le forze gravitazionali del Sole e della Luna e le forze gravitazionali dell’Universo producono gli strati della terra nelle proporzioni 3, 8, 11, 5, 2, 6, 4, 9, e ... causano l’origine dei metalli ...
Ora, se si associa il discorso dei sette strati alla tavola periodica di Mendeleev, gli otto elementi rappresentati nella sequenza di numeri sono litio, ossigeno, boro, elio, carbonio, berillio, fluoro e sodio; ma se al terzo posto ci fosse l’azoto al posto del boro, avremmo l’enunciazione completa degli otto elementi instabili che vengono associati ai tipi fondamentali di metalli - si pensa, quindi, che la presenza del numero 11 sia frutto di un errore di trascrizione.
E' da notare come la classificazione degli elementi di Mendeleev sia fondata sulla loro struttura atomica, che evidentemente gli autori del Vymaanika-Shaastra conoscevano bene; come dovevano anche possedere, almeno in teoria, le sofisticate nozioni di chimica e di fisica necessarie alla preparazione delle leghe metalliche più complesse.
In certi passi del manoscritto si torna ad accennare all’uso del mercurio, in termini che potrebbero far supporre un suo utilizzo come accumulatore di energia; altrove parrebbe invece che venisse utilizzato come principio propulsore, ma la cosa non è sicura, perché da qualche parte viene detto che il carburante dei vimana è giallo.
E d’altra parte, nella descrizione di alcuni vimana si parla di caldaie, il che fa pensare ad un motore a combustione interna; ed allo stato attuale della conoscenza scientifica, non si può dire come il mercurio possa essere utilizzato per questo.
Ma occorre anche dire che la scienza è appena ai primi passi nella sperimentazione dei motori al plasma, destinati a sostituire i motori a reazione nella fase futura dei viaggi spaziali. Si tratta di propulsori elettrici che portano un gas allo stato di plasma (processo che si ottiene tramite la cosiddetta ionizzazione, ovvero togliendo elettroni ai suoi atomi), lo accelerano tramite processi elettromagnetici e ne sfruttano la spinta (tra i molti vantaggi di un propulsore di questo genere, c’è quello che funziona nel vuoto).
La difficoltà non ancora superata è trovare il modo per generare la potenza elettrica necessaria, che è enorme: questo fa sì che i motori al plasma sperimentali di ultima generazione siano piccolissimi (però il prototipo più avanzato, del diametro inferiore a dieci centimetri, produce getti di plasma che viaggiano a 72.000 km all’ora).
Comunque, tra i vari tentativi che si stanno facendo per risolvere il problema, uno dei più promettenti è la cosiddetta propulsione elettrica ad emissione di campo, fondata sulla ionizzazione di alcuni metalli liquidi: cesio, indio e mercurio ...
Come abbiamo già detto, non ci sono le prove che proprio Tesla abbia fatto pervenire il frutto dei suoi studi sul Vymaanika Shaastra a Maria, magari in cambio di qualche rivelazione aldebarana utile alle sue ricerche; ma è possibile che qualcuno lo abbia fatto davvero (intendiamo dire: nella realtà oggettiva, non nel realismo fantastico), se è vero che il nipote di Viktor Schauberger (1885-1958) - lo scienziato tedesco inventore del motore a vortice - ha dichiarato, in un’intervista a History Channel, che suo zio ammetteva di essersi ispirato alla tecnologia dei vimana.
Schauberger è anche l’unico studioso tedesco di dischi volanti che compare nella storiografia ufficiale sul Terzo Reich. Non era nazista, anzi ebbe dal regime parecchi grattacapi. Prima di laurearsi in ingegneria aveva fatto la guardia forestale, ed aveva avuto l’idea del suo primo motore osservando le trote che nuotavano in un piccolo fiume vicino a casa sua.
L’opinione prevalente oggi è che il motore a vortice di Schauberger riuscisse ad alzare gli oggetti dal suolo in virtù della cosiddetta gravità negativa. L’esistenza di questa forza non è contemplata nella teoria della relatività generale, ma era stata identificata dallo scienziato francese Elie Cartan (1869-1951), il quale tuttavia aveva commesso alcuni errori nelle equazioni, per cui sembrava che non potesse avere applicazioni pratiche. Quando invece qualcuno cominciò a sperimentarla, si vide che l’effetto antigravitazionale era molto superiore a quanto Cartan avesse calcolato.
In pratica, l’effetto della gravità negativa su un corpo materiale è consentirgli di violare il principio fisico per cui lo spaziotempo è inseparabile dai campi energetici in esso contenuti; di conseguenza, essa può svolgere - per esempio - un’azione di schermatura contro la forza di gravità.
Soltanto dopo il 2000 l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha avviato un programma di ricerca volto a studiarla; ma non è da escludere che ricercatori empirici come Schauberger, non vincolati dalla schiavitù della dimostrazione, avessero potuto impadronirsi delle sue applicazioni anche prima.
Infatti gli studi dell’ESA puntano ad ottenere la separazione dei campi tramite l’induzione di elettricità nei superconduttori, una tecnologia che ai tempi di Schauberger non poteva esistere; ma c’è anche un altro modo, consistente (non chiedeteci il perché) nel portare a rotazione altissima un vortice di plasma (ovvero gas ionizzati contenuti in una struttura ad anello).
Questo procedimento era accessibile alle cognizioni di fisica di un secolo fa, e pare anzi che per creare una macchina volante sia il migliore; perché, non dipendendo direttamente dall’elettricità, la metterebbe al riparo dagli effetti dei campi magnetici che potrebbe incontrare andando a zonzo per l’Universo.
Ora, è molto probabile che il motore creato da Schauberger, il Repulsin-A (ma parlando con i suoi collaboratori, lo definiva affettuosamente la trota) funzionasse sulla base di questo principio.
Di esso ci sono giunti i piani di costruzione dettagliati, nonché un esemplare in buone condizioni - conservato nel Viktor Schauberger Museum di Bad Ischl - del quale colpiscono soprattutto le piccole dimensioni (ad occhio sembra alto meno di un metro, ed è largo mezzo).
Per quanto siano reperibili in rete vari abbozzi di spiegazioni del suo funzionamento, le leggi dell’idrodinamica sono ben lontane da poter spiegare le prodigiose prestazioni di cui era capace, usando come carburante solo un po’ d’acqua: pare che riuscisse ad alzare in volo (così almeno venne calcolato da Schauberger) un peso fino a 228 tonnellate.
Si è dunque ipotizzato che la velocità di rotazione della turbina fosse sufficiente a generare il vortice di plasma, producendo scissioni atomiche che, a loro volta, generavano enormi quantità di energia supplementare.
Nel luglio del 1934, la Camera di Commercio del Reich aveva organizzato un incontro tra Schauberger e Hitler per discutere sulle possibilità di utilizzo del suo motore; ma i due non simpatizzarono molto. Il Fuhrer, tuttavia, introdusse Schauberger presso le industrie delle armi, e dopo un tentativo fallito con la Siemens trovò ascolto presso la Heinkel, che acconsentì a mettere in produzione un Repulsator derivato dal Repulsin - dopodiché, sei anni dopo, sarebbe stato un ingegnere della Heinkel appassionato di missilistica, Rudolf Schriever (1876-1950), ad avere l’idea di impiegare il Repulsator come propulsore per un prototipo di disco volante.
Nel maggio 1941, Schauberger venne trasferito di autorità presso il campo di concentramento di Mauthausen, dove gli venne ordinato di selezionare tra i prigionieri un team di ingegneri per lo sviluppo di progetti derivati dal suo motore.
Secondo Erik Kurlander (l’autore de I mostri di Hitler), da quel gruppo sarebbero usciti un purificatore d’acqua, un generatore ad alta tensione per biosintetizzare carburante a base di idrogeno estratto dall’acqua, dispositivi per “frammentare l’atomo” e, il più famoso di tutti, il leggendario disco volante con motore a repulsione.
Sempre secondo questo scrittore, il motore aveva un duplice scopo: serviva sia come generatore di energia sia come propulsore per un veicolo aerospaziale di aspetto simile a un disco volante. Dalle testimonianze indirette, pare che il velivolo avesse un diametro di 1,5 metri, pesasse 135 chilogrammi e decollasse grazie a un piccolo motore elettrico alla cui energia provvedeva la cosiddetta “turbina trota”. Quando fu testato nella primavera del 1945, uno scienziato che lavorava con Schauberger riferì che “il disco volante era salito inaspettatamente fino al soffitto”, lasciandosi dietro “un bagliore verde-azzurro e poi argenteo”. Qualche giorno dopo questi test, secondo alcuni resoconti, gli americani presero in custodia Schauberger, sequestrando e secretando i suoi materiali come “ricerche sull’energia atomica”.
Kurlander dunque, e con lui la storiografia ufficiale, accetta l’idea che i Tedeschi possano aver costruito un UFO; ma si sarebbe trattato di una scoperta tardiva che in nessun modo avrebbe influenzato il corso del Nazismo e della guerra. Però la storia alternativa elaborata dai neonazisti dopo la guerra, condita probabilmente con dosi massicce di realismo fantastico, ha elaborato una versione del tutto diversa.
In verità, una conferma generalmente accettata del fatto che oltre al Repulsator ci fosse stato qualcosa d’altro è data dalla vicenda di die Glocke (la Campana), che Kurlander racconta così:
Della “campana” parlò per la prima volta il giornalista polacco Igor Witkowski, basandosi su informazioni classificate che a quanto pare erano state raccolte dall’intelligence polacca prima dell’esecuzione dell’ufficiale delle SS Jacob Sporrenberg. Secondo Sporrenberg, attraverso Witkowski, un certo numero di scienziati tedeschi, oltre ad alcune cavie umane, morirono tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945 mentre lavoravano a una specie di dispositivo antigravitazionale a energia nucleare, una specie di “campana” (o “disco volante”) nella Bassa Slesia, in una struttura conosciuta come “il Gigante” vicino alla miniera Wenceslaus sul confine cecoslovacco.
Sporrenberg sosteneva che la “campana”fosse un dispositivo alto fra i quattro o cinque metri e con due cilindri controrotanti riempiti di un liquido, dal nome in codice Xerum 525. Il fluido era ovviamente pericoloso, simile al mercurio, e veniva conservato in contenitori di piombo. Secondo un testimone, negli esperimenti furono usati anche altri metalli leggeri rari, come il torio e il perossido di berillio, per stimolare la propulsione antigravitazionale all’interno della campana. Sporrenberg lasciò intendere che il dispositivo utilizzasse la “compressione a vortice” e la “separazione del campo magnetico”, tecniche associate a pionieri dell’antigravità come Viktor Schauberger. Altri dettagli riferiti da criptostorici, compreso l’uso di specchi concavi per “vedere il passato”, sono impossibili da verificare.
Kurlander è peraltro il solo a ipotizzare che la Campana fosse un disco volante, se è vero che anche sostenitori convinti della teoria degli UFO nazisti, come Ralf Ettl e Norbert Jurgen-Ratthofer (che si dilungano su di essa molto più di lui), lasciano intendere che si trattasse di un dispositivo per testare in laboratorio una qualche tecnologia sconosciuta. Del resto, una caratteristica comune a tutti i presunti propulsori utilizzati per gli UFO che incontreremo più avanti erano le piccole dimensioni, mentre la Campana era enorme.
Negli anni della guerra, nella squadra di ingegneri che aveva lavorato con Schauberger c’era anche uno specialista italiano di propulsione a turbina: Giuseppe Belluzzo (1876-1952), che tra il 1924 e il 1925 era stato Ministro dell’Economia Nazionale e tra il 1928 e il 1929 Ministro della Pubblica Istruzione nel governo fascista.
Il 24 marzo 1950, Belluzzo narrò della sua esperienza in un articolo sul Giornale d’Italia, intitolato: I dischi volanti furono ideati nel 1942 in Italia e in Germania.
Analoghe dichiarazioni vennero poi rilasciate a Der Spiegel da Rudolf Schriever; dopodiché, l’impressione rilasciata da queste notizie fu accresciuta dal commento del più prestigioso ingegnere aeronautico inglese, Roy Fedden (1885-1973), il quale dichiarò ho visto abbastanza dei progetti e dei piani di produzione (tedeschi) per comprendere che, se fossero riusciti a prolungare la guerra solo per alcuni mesi, avremmo dovuto reggere il confronto con una serie di sviluppi nel combattimento aereo del tutto nuovi e mortali.
Ancora, solo da poco più di un anno era avvenuto in Alabama il misterioso suicidio di James Vincent Forrestal (1892-1949), Segretario alla Marina americano dal 1944 al 1947 e Segretario alla Difesa dal 1947 alla morte.
Per quanto fosse afflitto da un grave esaurimento che rendeva non impossibile l’ipotesi del suicidio, la voce prevalente che circolò dopo la sua morte sosteneva che gli avessero chiuso la bocca perché era intenzionato a divulgare i dossier del governo americano sugli UFO.
Si pensa oggi che le sue mancate rivelazioni riguardassero soprattutto il famoso incidente di Roswell; ma non è da sottovalutare il fatto che Forrestal, negli ultimi mesi di vita, aveva studiato i documenti sulle nuove tecnologie dei Tedeschi, e - a detta dei suoi amici - ne era rimasto molto impressionato.
Secondo Ettl e Jurgen-Ratthofer, i tipi di motori a vril elaborati in Germania tra le due guerre sarebbero stati quattro; e di questi, i primi due - il motore Vril e il motore Thule (o Tachyonator) – sarebbero stati sperimentati nella realtà.
Il motore Vril sarebbe stato un derivato della trota di Schauberger, che nel 1922 aveva equipaggiato a Monaco il primo prototipo di un disco di volo canalizzato interdimensionale: la cosiddetta JenseitsFlugMaschine (JFM).
I test con la JFM andarono avanti per due anni, dopodiché la macchina fu smantellata e spedita alla fabbrica Messerschmitt di Augusta; qui venne conservata fino alla ripresa degli esperimenti, avvenuta negli anni trenta sotto l’egida governativa.
Schauberger aveva ribattezzato la versione JFM del suo motore SM-Levitator, ed anche i modelli di motore Vril sviluppati posteriormente - che sarebbero stati utilizzati per i dischi delle serie RFZ e Vril - avrebbero conservato quel nome.
Il secondo motore, il Tachyonator, sarebbe stato realizzato dalle SS dello Schwarze Sonne. Non era animato dalla stessa tecnologia del motore Vril, bensì era un motore EMG (elettromagnetico-gravitico); più precisamente, se qualcuno dei nostri lettori è in grado di capirci qualcosa, un apparato di emissione magnetica Coler (una batteria gravitica a energia libera) trasformato in un convertitore, accoppiato ad una batteria di generatori Van Der Graaf e ad una dinamo Marconi (vasca rotante di mercurio riscaldato); una volta che era attivato ... questo sistema produceva forti campi EMG rotanti che influivano sulla gravità.
Dal Tachyonator originario ne sarebbero evoluti due tipi diversi, l’Haunebu e il DO-STRA (per alcuni, il nome Haunebu era ispirato dall’antica cittadella celtica di Heuneburg, per altri sarebbe la parola con cui gli antichi Egizi definivano gli Atlantidei).
Il primo avrebbe equipaggiato l’omonima serie di dischi; il secondo - prodotto dall’industria aeronautica Dornier - la versione a due scafi che nel 1944 fu derivata dall’Haunebu 2, e forse anche altri dischi a più scafi, per i quali era stato studiato.
Il terzo motore, il Gamagic, sarebbe stato un motore Vril miniaturizzato, adatto a far volare microscopici droni-spia. La sua leggenda nacque dopo la guerra negli Stati Uniti, dove pare che qualche scienziato missilistico proveniente dalla Germania giurasse sulla sua esistenza, ed affascinò Carl Barks (1901-2000: il più grande degli sceneggiatori di Paperino), che sul tema degli UFO miniaturizzati scrisse una storia memorabile.
L’attendibilità del Gamagic ha subito un forte balzo in avanti quando le ricerche dell’ESA hanno mostrato, a sorpresa, come gli studi sulla gravità negativa vadano a braccetto con quelli sulla miniaturizzazione.
Il quarto motore - il Tachyonenkonverter - sarebbe stato realizzato dal capitano della marina militare Hans Coler, che abbiamo visto già citato in qualità di inventore dell’apparato di emissione magnetica del Tachyonator.
Se ne sa poco; ma a quanto si dice traeva energia dall’aria, secondo un procedimento che è stato descritto anche da Tesla nei suoi appunti.
Il seguito alla prossima puntata.
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