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di Daniele Mansuino   indice articoli

 

Mami Wata, la Dea della Fine del Mondo

- Prima parte
di Daniele Mansuino

Dicembre 2025


Già in due articoli di questa rubrica - Magia Nera Africana e Il Voodoo delle Prostitute - avevo sfiorato il tema del culto di Mami Wata, ed ho sempre avvertito l’esigenza di trattarne prima o poi in modo più esteso.

Mami Wata viene detta la Dea della Fine del Mondo per almeno tre motivi:

primo, per l’esplosione numerica dei suoi seguaci negli ultimi anni, ovvero in quelli che molti considerano i tempi apocalittici;

secondo, perché la sua stessa esistenza viene considerata un segno dei tempi - difatti, Mami Wata è il sincretismo di un gran numero di divinità dei fiumi, dei laghi e del mare, che non avrebbe potuto prodursi senza le opportunità di comunicazione del mondo globalizzato;

e terzo, perché è la sola tra le grandi protagoniste delle macumbe a produrre profezie apocalittiche, le quali possono anche essere lette come addolorate denunce degli sconvolgimenti patiti in Africa dall’ambiente e dalla sovrastruttura sociale.

Però è anche il caso di precisare (e lo vedremo meglio nell’articolo del prossimo mese) che le profezie di Mami Wata non sono tanto previsioni di ciò che avverrà, quanto piuttosto previsioni di quanto lei vuole realizzare, in quanto forza demiurgica impegnata nella trasformazione del mondo; ed è esattamente in questo senso che i suoi fedeli, quando si riferiscono al suo lavoro, lo definiscono con l’espressione alchemica di Grande Opera.

Riprendendo il discorso delle innumerevoli identità di Mami Wata, va osservato che nelle macumbe i processi di sincretismo esistono da quando esiste il mondo; e questa regola vale in particolare per le divinità d’acqua, proprio direi a causa (e non è una battuta) della loro fluidità.

Per questo, Mami Wata può essere considerata l’espressione moderna (o postmoderna) di un pantheon di spiriti dell’acqua risalente a migliaia di anni fa - l’Enneade degli antichi Egizi, e poi Calypso, le Sibille, Iside e via discorrendo.

Storicamente, questo pool di dei (e di dee soprattutto) subì i primi pesanti attacchi dall’Antico Testamento, il cui presunto monoteismo era tanto vacillante quanto accentratore; e poi, di seguito, dal Vangelo, dall’affermarsi del cristianesimo, dall’industrializzazione, del capitalismo, del neoliberismo e così via.

Un piccolo elenco (non incompleto, incompletissimo) degli altri nomi odierni di Mami Wata, più quelli delle divinità acquatiche che si sono sincretizzare con lei: la Regina della Costa, Mommy Water, Mamba Munti, Wata Mumma, Mami Wota, Watramumma, La Sirène, Maman Dlo, Ribba Mooma, Fairmaid, Madre de Agua, Nana Barinya, Yombofissa, Watramama, Manman Dlo, Lasyrenn, La Sirena, La Sirine, Erzulie Dantor, Simbi, Lamanté, Yemanjá, Idemili, Yemoja …

Tra tutte queste manifestazioni, quella della Regina della Costa è la più importante per due motivi: primo, perché definisce (come vedremo soprattutto nel prossimo articolo) la più importante funzione di Mami Wata nella sua ritualità collettiva, quella di capo del Regno Sottomarino; e secondo, perché attesta la superiorità degli spiriti acquatici femminili su quelli maschili, cosa che non può non essere, in quanto l’Acqua è un Elemento femminile.

Prima che Mami Wata incominciasse il suo processo di assorbimento delle altre divinità acquatiche, aveva cominciato essendo una di loro; ma non troppo indietro nella storia, anzi in tempi abbastanza recenti, come attestano le origini inglesi del suo nome (in pidgin english, Mami Wata sta per Mother of the Waters) ed il ritardo della sua prima citazione scritta - datata 1744, e conservata negli archivi della ex Guyana Olandese (oggi Suriname), dalla quale emerge che gli schiavi sacrificavano a Mami Wata galline bianche.

A Suriname esiste anche la più elaborata macumba interetnica latinoamericana a lei dedicata: è la komfa, una disciplina basata su trance, canti, danze e tamburi rituali.

In Africa, si può dire che il culto di Mami Wata sia ormai diffuso in tutti gli stati non islamici. I suoi centri principali sono la Nigeria e la Repubblica Democratica del Congo, soprattutto nella capitale Kinshasa; ed anche in Ghana, Togo e Benin, dove viene di solito cultuata in forme ibridate con il voodoo, mentre altrove il suo sistema è presente in forma pura.

A proposito del sincretismo tra il culto di Mami Wata e il voodoo, molto ci sarebbe da dire sull’analogia tra la molteplicità di spiriti africani parzialmente assorbiti da Mami Wata (per molti dei quali sussistono ancora forme di culto indipendenti) e quella rappresentata dai loa e dei misterios dei voodoo caraibici; e sull’analogia di entrambe, se vogliamo, con l’Enneade degli antichi Egizi - nove dei che, in realtà, sono tutti manifestazioni di uno solo: Atum.

Va sottolineato che il voodoo caraibico, così come le altre macumbe interetniche latinoamericane, ha mutuato questo modello non tanto dal voodoo africano detto di Ouidah - ovvero quello ufficiale - bensì da piccole manifestazioni voodoo regionali, che avevano varcato l’Atlantico indipendentemente l’una dall’altra - così l’hauka, lo zar e il bori.

In questi voodoo locali, piccoli ma non per questo meno significativi, all’enfasi sull’approccio non dico monoteistico (sarebbe una parola grossa) bensì monistico, fa riscontro un’interpretazione del voodoo come espressione del corpo sociale; ed è di lì quindi, che sono venuti i grandi movimenti collettivi delle macumbe in America, ovvero il processo che Mami Wata sta cercando di riprodurre su scala mondiale.

(Parentesi: sia chiaro, non sto affermando che nel voodoo originario la dualità unità-molteplicità non sia presente; però mi sembra non ci sia dubbio che il successo e l’estensione del culto delle singole entità l’abbia ovunque fatta passare in secondo piano).

La leggenda descrive Mami Wata come una donna (bianca, o mulatta, o nera) di grande bellezza, ricchissima ed elegantemente vestita.

Riassume in sé tanto Iside quanto Lilith, presentandosi - a seconda dei casi - come una premurosa e materna operatrice di bene, o come una puttana avida di lussuria e ricchezze, nonché portatrice di energie psichiche distruttive.

Mami Wata non è, ovviamente, la sola divinità scaturita dalla globalizzazione; ma è senz’altro quella che, finora, ha avuto maggior successo, come è testimoniato dall’interessamento nei suoi confronti da parte di star come Madonna, Rihanna e Beyoncé.

Soprattutto Beyoncé ha voluto farne il simbolo della propria idea di blackness; ed è una scelta che implementa nel concetto sfumature particolari, in quanto l’immagine di Mami Wata come viene intesa oggi non rientra di sicuro nella negritudine tratteggiata da Léopold Senghor (1906-2001), bensì è il prodotto dell’incontro tra neri e bianchi, e delle inedite situazioni socioculturali che ne sono derivate.

Il culto di Mami Wata evolse con la nascita della figlia di colore del rappresentante colonialebambini birazziali iniziarono ad apparire sulla scena coloniale grazie ai legami tra europei e donne locali. Oltre all’approccio spirituale per affrontare il nemico, i padri videro l’ulteriore vantaggio di dare le proprie figlie in sposa ai funzionari coloniali, molti dei quali erano single o arrivavano senza moglie … (M. Zogbe, Mami Wata African Ancient God/dess, Vol. 1).

Il lettore avrà forse notato la slash a metà della parola God/dess: il fatto è che molte Mami Wata non sono donne, bensì spiriti maschili (un tema che era già stato anticipato dalla mia interlocutrice nell’articolo Il Voodoo delle prostitute).

Per esempio, oggi in Camerun sono detti Mami Wata gli spiriti acquatici miengu, oggetto di un culto locale per la guarigione dei malati.

I miengu sono considerati maschi, e le loro immagini non hanno molto a che vedere con la Mami Wata classica; ma questo dipende dal fatto che il sincretismo è in questo caso molto recente, e l’opera di assimilazione procede in silenzio e in segreto.

In tempi di lgbt, gli aspetti più transessuali di Mami Wata vengono accolti con favore, e più o meno tacitamente associati alla maggiore apertura mentale in tema di sesso che era un carattere di molte civiltà antiche.

Questo è evidente, per esempio, nei casi di Idemili e Yemoja: antiche dee dell’acqua nigeriane che, sul piano sociale, adempivano ad un’opera di contenimento nei confronti del patriarcato, oltre a prescrivere ai loro fedeli (con grande anticipo sul cristianesimo) virtù come la carità nei confronti dei diseredati e delle minoranze.

Ma proprio il guardare all’evoluzione di Mami Wata in Nigeria ci dimostra (semmai non bastasse il guardare al Papa) la rapidità con cui l’ideologia religiosa tende a modificarsi sotto la spinta della struttura sociale: sarebbe infatti bastato l’avvento del colonialismo per trasformare Mami Wata in una dea carbonara e cospiratrice. Il suo nome venne dato ad un’associazione segreta che si opponeva al potere d’occupazione britannico, organizzando rapimenti e pretendendo riscatti - e fu quella la prima forma storicamente assunta dalla sua struttura di adorazione e sostegno, che (come non mancheremo di vedere nell’articolo del mese prossimo) è oggi molto articolata e potente.

L’avvento della Mami Wata carbonara rappresentò anche una sorta di rompere gli argini da parte della sua metà lilithiana ed oscura, che da allora in avanti avrebbe sempre conservato il predominio sul quella isiaca.

La Mami Wata oscura è una predatrice avida e malvagia, ipersessualizzata e disinteressata ad ogni aspetto delle persone che non si possa mercificare.

È questo il suo modo di simboleggiare il sorpasso della cultura occidentale sulla cultura africana; sono infatti presenti nelle sue leggende metafore come il mostruoso ed inspiegabile aumento dei commerci via acqua, le sofferenze legate all’urbanizzazione e all’inquinamento dei fiumi, e così via.

Così come Calypso - di cui Mami Wata è epigona - aveva imprigionato Ulisse mentre il suo regno veniva usurpato, così oggi ella contempla lo stesso destino per i popoli africani; e con la sua malvagità (tanto estrema da apparirci ammantata di candore) si sforza, ingenuamente, di ribaltare il destino con le sue stesse armi.

Sono state estese, negli ultimi anni, varie analisi del culto di Mami Wata come epitome del capitalismo; e del resto, chiunque abbia girato un po’ nel terzo mondo, di analoghe allegorie - incredibilmente incarnate nella realtà - ha avuto occasione di incontrarne parecchie (ho accennato tanti anni fa, in un articolo, alle vicende di Nauru).

In verità, è un peccato che tali fatti storici non vengano maggiormente pubblicizzati, per vivificare una nozione che sta ormai andando perduta: che il capitalismo non è LA realtà, bensì soltanto una delle molte visioni della realtà possibili, e non certo la migliore.

La nomea di Mami Wata come dea della modernità è si può ritrovare ovunque il suo culto sia presente, ma soprattutto in Congo, in Camerun e in Nigeria.

Tra i suoi caratteri, notevole è il forte accento sulla coppia moralità-immoralità, che è - a ben vedere - un aspetto del dibattito sul senso della modernità stessa: se debba essere accettata per la sua promessa di miglioramento delle condizioni di vita, o rigettata in quanto assassina della tradizione.

Quale che sia la risposta, viene comunemente riconosciuto a Mami Wata il potere di farsi espressione dei doni della modernità, e di arrecarli - siano essi denaro, potere politico, sesso, lunga vita, celebrità o altro.

Esistono del suo culto due forme fondamentali: la Sirena e la Domatrice di Serpenti.

La versione Sirena riassume in sé un po’ tutte le sirene presenti nella cultura occidentale, da Omero in poi.

In Africa ce ne sono almeno quattro o cinque, con diversi nomi e legate a diverse zone (fiumi o coste), in genere corrispondenti a quelle che ritroviamo in America come dee dell’acqua, con la coda o no.

È oggetto di disaccordo se le versioni africane di queste dee discendano dall’antichità remota, o se si siano forgiate - in tempi posteriori all’incontro con i colonizzatori - dall’impressione destata sugli Africani dalle polene delle navi.

Invece della Mami Wata Domatrice di Serpenti abbiamo già incontrato, in questa rubrica, la versione dominicana: Filomena Loubana, o Santa Marta la Dominadora.

Anche questa è un’immagine di origine occidentale, legata alla vita circense. Nella classica immagine di Santa Marta circondata dai serpenti che è in uso a Santo Domingo, a Cuba e altrove, la donna ritratta è la francese Nala Damajanti (1861-1944), incantatrice di serpenti del circo Barnum (il che non toglie che sia anche esistita una Santa Marta africana, forse nel quattrocento).

Le due Mami Wata, la Sirena e la Domatrice, non si sovrappongono mai. Di regola, se l’immagine della dea è in topless, viene riferita alla Sirena anche in assenza della coda; perché è lei che è sintetizza gli aspetti lilithiani di seduzione.

Invece la Domatrice, essendo imparentata con una Santa, è più morigerata, e spesso viene associata al personaggio di una donna d’affari in tailleur - Lilith/controllo sociale.

Inoltre, se la Sirena è la Regina della Costa, la Dominatrice lo è dei Deserti - includendo, tra questi, anche le desolate lande metropolitane.

Delle due, la Sirena è la più tipica e la più cultuata, anche per il fatto che maggiore è la sua tendenza ad assimilare, mentre la Domatrice tende ad essere assimilata.

Potremmo attribuire a quest’ultima la funzione di un Cavallo di Troia di Mami Wata, una sorta di suo agente segreto presso le altre macumbe; ed è alla Sirena che ella conduce le anime altrove conquistate.

Un’altra suddivisione importante che può essere praticata nell’ambito del culto di Mami Wata è tra due categorie: ritualità individuale e collettiva.

Se si vuole approfondire la dimensione della ritualità individuale, è opportuno tenere sempre presente la grande molteplicità di influenze presenti nel sistema di Mami Wata, che spesso e volentieri danno origini a contraddizioni destinate a limitarne la comprensione.

Così, per esempio, la sua interpretazione del simbolismo dei colori non è in alcun modo riconducibile ai richiami al settenario presenti nella maggior parte delle macumbe, ma piuttosto ad un’allegra anarchia di tipo spareano (vedi il mio articolo La magia del caos - prima parte).

Secondo la maggior parte delle scuole interne al sistema di Mami (ce ne sono parecchie, e spesso anche discordanti su temi essenziali), i principali colori di Mami Wata sono due: il bianco e il rosso, che insieme simboleggiano la dualità.

Nel sistema, due candele bianche e una rossa disposte a triangolo raffigurano la manifestazione formale. Massonicamente parlando, la candela bianca di destra è la Colonna della Misericordia; invece la bianca di sinistra è la Colonna del Rigore.

La formazione di questo triangolo, seguita - come nel voodoo - dall’accensione dell’incenso e dal suono della campanella, è il modo per aprire le porte (i fedeli di Mami sostengono che sia un metodo efficace non solo per lei e le sue schiere, bensì per tutte le divinità solari).

Oltre a quelle bianche e rosse, sono in uso anche candele rosa, blu, verdi e nere.

Le candele bianche si usano per la protezione; le candele blu per attrarre le persone; le verdi per appropriarsi dei beni altrui; le rosa, per indurre la lussuria; le nere, per uccidere e fare impazzire.

Dopo le candele, l’elemento fondamentale nel sistema è lo Specchio Magico, che le Sirene in missione sulla terraferma utilizzano per uccidere i loro nemici (soprattutto le donne alle quali hanno deciso di sottrarre il partner o il marito).

Queste Sirene sono munite di un coltello sul cui manico sono incisi dei geroglifici: basta loro colpire la vittima designata nello Specchio, ed essa - dovunque si trovi - cadrà come colpita dal fulmine.

Un altro uso dello Specchio è di farci guardare dentro una persona. La sua immagine vi resterà imprigionata, e da allora in poi l’operatore/operatrice potrà richiamarla alla superficie dello Specchio, ad esempio per tracciarvi sulla fronte sigilli - per mezzo del sigillo adatto potrà ottenere che la persona faccia quello che lui/lei vuole, o che gli accadano le cose, belle o brutte, che gli manda.

I più potenti tra i fedeli di Mami sono in grado di procurarsi uno Specchio Magico in qualunque luogo, semplicemente toccando un muro; e all’occorrenza, le fedeli possono usare - in luogo di uno specchio da muro - il loro specchietto da borsetta.

Invece lo Specchio originale, la Madre di tutti gli Specchi, deve trovarsi nella stanza che il fedele ha designato come centro dei propri lavori; che dovrà essere completamente dipinta di bianco, e oltre allo Specchio dovrà contenere un Altare e una Immagine di Mami.

Su questo Altare potranno essere offerti: giocattoli, monili, perle, oro, diamanti, noci di cocco, coca cola e liquori di qualità, prodotti per la cura della persona (pomate e saponi).

Per quanto concerne i sacrifici di esseri viventi (esseri umani inclusi), nel sistema di Mami Wata sono in uso soprattutto nell’ambito dei riti collettivi, che vedremo il prossimo mese.

Invece, nell’ambito della ritualità individuale, l’operatore non ha molte occasioni di praticarli - anche perché, nella mentalità di questo sistema, il sacrificio umano è sempre collegato a esigenze e circostanze particolari - e per questo, si può dire che richieda ogni volta modalità diverse, per cui è necessaria una grande esperienza per eseguirlo.

E tuttavia, se gli dovesse capitare di sacrificare un essere vivente (il che di norma avviene nei riti con candele verdi, ovvero per procurarsi denaro), il cuore della vittima dovrà essere offerto sull’Altare, e lasciato lì per i canonici 9 giorni.

Si può rendere felice Mami Wata facendo vivere nella sua stanza un pitone (li adora).

Le richieste da rivolgerle possono spaziare praticamente tra tutti gli argomenti: abbondanza economica, salute, capacità psichiche, successo, fama, potere, eccetera.

Secondo alcune fonti, l’esecuzione di un rituale di Mami Wata dovrebbe essere preceduta da un processo di purificazione che comprende l’astinenza da alcol, tabacco e sesso, nonché l’effettuazione di bagni con l’issopo per tre giorni; altri, però, escludono che questo sia necessario.

Invece, mi sembra molto bello il rituale di purificazione riportato da varie fonti africane - ci si reca su una spiaggia (marina o fluviale) di notte, indossando un’alba bianca (del tipo usato dai sacerdoti e dai Martinisti) come unico capo di abbigliamento, e recando con sé un litro di latte.

Alle dieci precise ci si spoglia nudi, si entra in acqua fino alle ginocchia; ci si riempie la bocca di latte, lo si sputa in acqua e si comincia a versare il rimanente, poco alla volta, invocando la protezione della Regina della Costa e di tutti gli spiriti acquatici (e chiedendo loro di risolvere eventuali problemi di salute o blocchi energetici, se presenti).

Poi, terminati lo sversamento e l’invocazione, ci si immerge completamente per qualche secondo, e si lava tutto il corpo con l’acqua mista a latte che galleggia all’intorno.

Dopo la purificazione si può passare (volendo, senza soluzione di continuità) a più specifici rituali di contatto, che (come tutti i rituali di Mami Wata) vanno eseguiti indossando l’alba.

Si piantano nella sabbia tre candele bianche a triangolo, e le si accendono; poi si prepara un vassoio di offerte per la Regina della Costa, che potrà contenere gioielli, uno specchietto, un pettine, occhiali da sole da donna, monete d’argento, profumi e prodotti di bellezza, eccetera.

Poi (non nudi questa volta) si entra di nuovo in acqua fino alle ginocchia, recando con sé il vassoio e un litro di latte.

Per prima cosa si procede allo sversamento, che potrà essere accompagnato da una richiesta di contatto molto circostanziata - abbiamo il diritto di chiedere alla Regina con precisione in che modo vogliamo che entri in contatto con noi (per esempio, in sogno).

Quando il latte è finito ci si inginocchia delicatamente, e si deposita il vassoio con le offerte sul fondo, dicendo: Mami Wata, Regina della Costa, accetta i doni che il tuo servo ti ha portato.

Dopo di questo, ci si volta, si esce dall’acqua e ci si allontana il più rapidamente possibile, lasciando le candele accese e senza mai voltarsi indietro.

Non spaventarsi qualora dovesse allora udirsi un forte rumore, o se accadrà qualcosa di insolito: sarà quello il segno che la Regina ha accettato l’offerta, e da allora in poi la conoscenza delle procedure rituali verrà alla mente con la facilità di un gioco da bambini.

Per un rituale di richiesta classico saranno invece necessarie le seguenti offerte: fiori bianchi, uno specchietto da donna, profumi, pettine, un pacchetto di sigarette leggere, monili, quattro candele bianche, un fazzoletto bianco nuovo e un litro di latte. Va eseguito il venerdì sera. Si entra in acqua come nel rituale precedente, ma portando solo il latte, che viene sversato invocando la Regina (per il momento, senza alcuna richiesta).

Si torna a riva, e dando le spalle all’acqua si dispiega il fazzoletto sulla sabbia; si piantano nella sabbia le candele bianche ai quattro angoli, si posano le offerte e si accendono le candele.

È a questo punto che bisogna riprendere a invocare la Regina, e questa volta all’invocazione farà seguito la richiesta.

È tipica di questo rito la sensazione di una presenza dietro le nostre spalle, che ci guarda dalle acque; ma non bisognerà girarsi, a meno che non si venga espressamente chiamati.

Poiché tutti e tre i rituali che ho appena elencato si svolgono all’aperto, è importante sapere che se le candele si spengono in corso d’opera non è da considerare un segno negativo, bensì piuttosto un segno di presenza dell’entità invocata. Non vanno riaccese - però, inutile dirlo: non fate i furbi, e non cominciate un rito con le candele quando c’è vento.

Riecheggiano lo stesso schema anche i rituali di protezione (per sé e per gli altri) e i rituali di matrimonio con la dea, con i quali la lista dei rituali individuali di Mami Wata è esaurita.

Certi maestri li insegnano, e si trovano pubblicazioni che li includono. A me, però, vent’anni di esperienza come maestro voodoo hanno insegnato che i rituali più impegnativi devono essere dettati dall’entità direttamente (e saranno, in questo caso, assai più efficaci di qualsiasi formulazione standardizzata).

Mi limiterò, quindi, a citare qui il rituale di matrimonio in forma breve, che è uno dei rituali di Mami Wata più semplici e amati.

Per questo rituale bisogna indossare un’alba non bianca (scusate la contraddizione), ma nera.

Occorreranno anche un uovo fresco (meglio se non di supermercato), un rotolo di filo nero e cinque candele bianche; e si andrà sulla spiaggia non alle dieci, ma a mezzanotte.

Giunti alla spiaggia, l’uovo va legato saldamente col filo nero del rotolo (cosa non facile, meglio allenarsi prima) - poi vanno disposte a quadrato le candele bianche, accendendone tre; infine si entra in acqua, con uovo e filo nella mano sinistra.

Quando si è giunti ad avere l’acqua alle ginocchia si immerge l’uovo, facendo in modo che stia a mezz’acqua, senza toccare il fondo.

Va detto: O Regina Madre delle Acque, Regina delle Sirene, Regina Suprema della Costa; il mio nome è e vengo stasera per prendere in moglie una delle tue figlie. O mia Regina, voglio una Donna del Regno Sottomarino, che mi renderà ricchissimo! Ti aspetto mia sposa, vieni da me stasera!

Una volta recitato questo incantesimo, il praticante si volta e torna verso la riva, avendo cura di maneggiare il filo in modo che l’uovo sia sempre a mezz’acqua, senza né emergere né toccare il fondo; poi, quando questo non è più possibile, lo ritira di scatto e lo afferra con la mano destra.

Si va a sedere presso le candele, accende la quarta, depone l’uovo entro il loro quadrato, ed attende il momento in cui la Sirena a lui assegnata emergerà dalle acque.

Questo rito è apprezzato soprattutto perché, con la sua menzione del Regno Sottomarino e l’incontro con la Sirena, segna il passaggio dalla pratica individuale a quella collettiva: un passaggio che non è mai facile, perché per il secondo tipo di pratica è necessaria la partecipazione attiva degli spiriti dell’acqua - creature assai caute, che prima di decidere di potersi fidare di una persona la devono osservare per un bel po’ di tempo.

Esistono numerosi modi per evocare gli spiriti dell’acqua, che certe volte riescono e altre no. Per esempio, una donna può recarsi di notte alla spiaggia con un uovo fresco, inserirlo nella vagina e pronunciare una formula - allora un Tritone (ovvero una Sirena maschio) comparirà, farà l’amore con lei ed esaudirà i suoi desideri; ma da allora in poi, la donna non potrà più unirsi con nessun uomo, e sarà sposata con lui.

Se invece un uomo vuole stringere un patto con una Sirena, dovrà mescolare secondo certe regole il proprio sperma ed il proprio sangue, e pronunciare la formula adatta. La Sirena apparirà in tutta la sua bellezza, ed anche in questo caso il patto verrà suggellato facendo l’amore.

Finché l’uomo le sarà fedele, le quantità di denaro che potrà guadagnare sono indicibili.

A proposito delle Sirene e dei Tritoni, va precisato che indossano la loro tipica coda solo quando escono dai confini del Regno Sottomarino, per spostarsi meglio nelle acque dell’oceano, e se la tolgono nuovamente quando visitano la terraferma.

Di norma, il loro aspetto non è distinguibile da quello di un essere umano giovane e di grande bellezza, salvo per il fatto che i Tritoni sono alti circa dodici metri, quindi per manifestarsi sulla terraferma devono ridurre preventivamente la statura.

Ma ne tratteremo il prossimo mese, quando prenderemo in considerazione nei dettagli le pratiche collettive del culto di Mami Wata.


Seconda parte


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