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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse.
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Vecchio 05-03-2008, 12.47.07   #31
Valerio2
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Riferimento: Etica e società

Mario Capanna ha sempre detto sciocchezze, ed anche stavolta ha voluto restare fedele al suo personaggio.

Il capitalismo, come il comunismo, non sono eventi. Quindi non possono cessare. Il comunismo non è cessato. Il capitalismo non cesserà.

I sistemi economici o politici non cessano. Vengono abbandonati quando la loro applicazione non risponde più alle necessità. Oppure evolvono e si modificano nelle loro applicazioni.

Il comunismo ha smesso di essere adottato in Unione Sovietica ed in molti altri paesi perchè si era rivelato inefficace a mantenere in vita lo stato. Questo non significa che i russi abbiano smesso di ritenere che tutti abbiamo gli stessi diritti e gli stessi doveri.

E non venne abbandonato perchè avesse poggiato sulla tecnologia bensì, più semplicemente perchè uno stato che funzioni su principi comunisti non è in grado di soddisfare i bisogni dei suoi cittadini.

Il capitalismo non è fondato sull'accumulo di ricchezza da parte del singolo. Questo è un fenomeno deviante che danneggia l'economia (e quindi lo stato) e che se non verrà corretto porterà il capitalismo ad una crisi simile a quella della monarchia.

Il concetto fondante del capitalismo è il concetto di impresa privata. In tale visione ogni attività produttiva esiste in quanto in grado di produrre un reddito che compensi il capitale impiegato per la sua creazione ed il suo avviamento.

Al contrario il comunismo riteneva che le attività produttive venissero create a spese dello stato il quale ne avrebbe tratto i profitti da ridistribuire fra i cittadini. Questa filiera, che nell'ideologia era perfetta, altamente sociale e ispirata a concetti di giustizia, venne interrotta a causa della mancata partecipazione dei lavoratori che non ritenevano di percepire il giusto compenso della loro fatica. I proventi delle imprese comuniste venivano, infatti distolti dalla loro destinazione naturale. Inoltre i dirigenti delle imprese non venivano scelti in base alle loro reali capacità, ma alla loro attività politica. Non erano quindi in grado di fronteggiare le crisi aziendali dovute all'obsolescenza degli impianti, alla riduzione delle risorse, allo scontento dei lavoratori. Questo accadde in tutti i settori (Difesa inclusa) mettendo in serio pericolo l'esistenza stessa dell'URSS.

Io non ho ancora capito cosa stia mettendo in pericolo il capitalismo, che pare avere esaurito la spinta propulsiva, che era basata sul profitto. Probabilmente il fatto che le aziende si stiano coagulando in grossi gruppi finanziari sta innescando tutti i fenomeni degenerativi che hanno già abbattuto il comunismo. Lo stato capitalista si sta rivelando impotente a contrastare l'accumulo di profitti eccessivi che arricchiscono pochi e, di fatto, impoveriscono gli scambi. La ricerca di profitti eccessivi penalizza i veri produttori di ricchezza, gli operai e i piccoli imprenditori. Per questo frollo vorrebbe che i dipendenti del settore privato venissero trattati allo stesso modo di quelli del settore pubblico.

Ma questo non è possibile nel caso delle piccole imprese, perchè impone un carico che non si possono permettere per restare sul mercato.

Neanche lo stato se lo potrebbe permettere, ma lui può caricare i costi sul deficit pubblico e farlo pagare ai contribuenti. E per un meccanismo perverso, fatto di ricatti e di complicità, le grandi imprese vanno a scaricare i loro problemi proprio sullo stato (ricordate che si diceva della FIAT che privatizzava i profitti e pubblicizzava le perdite? La cassa integrazione è uno dei meccanismi perversi).

Secondo me l'Italia non ha ancora scelto se essere uno stato capitalista o uno stato comunista. Questa sua indecisione frena tantissimo il nostro sviluppo e genera profonde ingiustizie sociali.

Anche per lo scarso appoggio che lo stato dà alle imprese italiane, queste sono sempre più deboli in questa globalizzazione dei mercati.

E con questa nuova tornata elettorale le cose non vanno migliorando: è sotto gli occhi di tutti il maggiore inserimento di Confindustria nell'amministrazione statale. Qui nessuno parla di conflitto di interessi? Le imprese assorbono parecchio denaro dallo stato, sotto varie forme: se gli stessi imprenditori si autoconcederanno i finanziamenti essendo parte del governo o tenendolo sotto ricatto, chi pagherà?

Pensate che gli italiani possano ancora sopportare un ulteriore aumento dei costi della politica?

In America le grandi imprese proliferano senza danni per l'economia. Ma in America c'è e funziona una normativa antitrust. Inoltre lo stato non finanzia assolutamente le imprese private. Questa è una distorsione tutta italiana (e truffaldina).

Vogliamo il libero mercato? Allora basta vincoli per le imprese, ma anche basta aiuti. Che gli imprenditori facciano il loro mestiere invece di attaccarsi alle mammelle dello stato.

Un'altra possibile causa della crisi della nostra economia, basata appunto sul capitalismo, è l'eccessivo ricorso delle imprese al finanziamento da parte degli istituti di credito.

La vita di un'impresa dipende dalla sua dotazione finanziaria, ma uno degli assunti del capitalismo è che il compenso del capitale dipende dagli utili dell'azienda. Nel caso di finanziamento esterno, invece, il compenso del capitale è fisso, determinato dagli interessi concordati. In questo modo se l'impresa non riesce a restare attiva il danno è considerevolmente maggiore. Non può attuare ristrutturazioni aziendali perchè i costi fissi non possono essere ridotti se non con l'apporto di ulteriore capitale, innescando una spirale distruttiva.
Quando invece l'impresa è basata solo su capitale privato, se gli utili si riducono ne soffrirà solo l'investitore che vedrà ridotti i suoi utili, ma che difficilmente determinerà la chiusura dell'impresa.

Ma se si dovesse decidere di abbandonare anche il capitalismo, con che cosa lo si sostituirà?
Valerio2 is offline  
Vecchio 05-03-2008, 13.07.13   #32
nuages
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per parlare di etica è sbagliato tirar fuori la lotta di classe, è l'uomo che deve progredire nei suoi profondi valori etici, poi ogni sistema funzionerà.
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Vecchio 05-03-2008, 20.39.56   #33
ulysse
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Citazione:
Originalmente inviato da nuages
per parlare di etica è sbagliato tirar fuori la lotta di classe, è l'uomo che deve progredire nei suoi profondi valori etici, poi ogni sistema funzionerà.

caro fabrizio...forse nuages non lo sa, ma citando i profondi valori etici dell'uomo nella sua essenza intende richiamarsi alla FdQ: Filosofia della Qualità.

Ed anche Valerio2 in fondo dice la stessa cosa: è il valore prodotto che deve compensare il capitale...e cio' lo si ottiene con la FdQ: col miglioramento continuo intrinseco delle persone il valore dell'opera si incrementerà di conseguenza...è batteremo anche i cinesi.
ciao

P.s.:
Valerio2 si chiede se il capitalismo sia in crisi: io credo di no! anzi gode di una nuova stupenda stagione.
Se mai è il capitalismo occidentale ad essere in crisi...sotto i colpi produttivi e finanziari di quello orientale: le famose tigri di carta...oggi non piu' di carta.

Rispetto al comunismo...cristallizzato in russia per 60 anni... la forza del capitalismo, proprio perchè libero e sospinto dalla libera iniziativa, è quella di sapersi modificare e adeguare continuamente alle nuove esigenze: ora è il capitalismo occidemtale che deve adeguarsi alle esigenze impostre da cina india, corea e corollari. ..
altro che etica! l'etica per noi è quella di saperci reinventare sempre piu' a tutti i livelli o cominciare anche dai semplici operatori..fino agli imprenditori: vivacità di spirito, osservazione, intelligenza verticale e laterale, formazione intellettuale e tecnica, iniziativa, perfezionamento continuo...lavoro in team....e ci salveremo...se no ciccia!
andremo a fare i pizzaioli in cina o in bangladesh!
ciao
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Vecchio 06-03-2008, 06.23.58   #34
rafano42
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Riferimento: Etica e società

Citazione:
Originalmente inviato da Mary



Nè il comunismo nè il capitalismo sono formule vincenti.

Dovremmo essere capaci ed avere il coraggio di unire capitalismo e comunismo per creare una formula nuova di società.

La produzione deve essere ecocompatibile e soddisfare i reali bisogni dei cittadini, che comprendono non solo quelli alimentari ma anche estetici, di bellezza, di arte, di creatività.

Si dovrebbe mettere gli individui a fare lavori che amano o che sono portati a fare dalle loro capacità naturali.

E, ad saggio controllo delle nascite, dovrebbe poi corrispondere una equa distribuzione delle risorse.

Utopia? No, se gli individui si rendono conto che è una via verso la vita desistendo da quella oggi intrapresa verso la morte.

buona domenica

Grazie, e buon giovedì 6 marzo. E tanti auguri per la vs festa di dopodomani.

La tua riflessione mi è molto piaciuta: condivido quasi tutti i tuoi obiettivi "utopici".

Il problema però è trovare un approccio efficace e giusto per realizzarli. E qui, scusami, trovo il tuo approccio del tutto sbagliato.

Sbagliato perchè "ideologico". Cioè parti dall'idea giusta e poi dici: realizzarla dobbiamo, si dovrebbe, dovremmo, ...

Alla fine ti ritrovi con in mano un'inutile tautologia: l'idea è giusta e dobbiamo (o, peggio, dovete come fa Beppe Grillo) realizzarla.

Ma coooome, porca miseria.

Per me l'approccio migliore è: io faccio qualcosa che in piccolo realizzi quell'idea. Anche per dare un esempio agli altri e cercando di coinvolgerli.

Certo che "in grande" l'impresa è quasi sovrumana, per cui credo che un approccio possibile ed efficace sia fare le cose "in piccolo", partendo da sè.

E' vero: ho scoperto l'acqua calda. Scusami.
rafano42 is offline  
Vecchio 06-03-2008, 10.26.20   #35
Valerio2
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Data registrazione: 05-09-2007
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Citazione:
Originalmente inviato da rafano42
Citazione:
Originalmente inviato da Mary
Nè il comunismo nè il capitalismo sono formule vincenti.

Dovremmo essere capaci ed avere il coraggio di unire capitalismo e comunismo per creare una formula nuova di società.

La produzione deve essere ecocompatibile e soddisfare i reali bisogni dei cittadini, che comprendono non solo quelli alimentari ma anche estetici, di bellezza, di arte, di creatività.

Si dovrebbe mettere gli individui a fare lavori che amano o che sono portati a fare dalle loro capacità naturali.
La tua riflessione mi è molto piaciuta: condivido quasi tutti i tuoi obiettivi "utopici".

Il problema però è trovare un approccio efficace e giusto per realizzarli. E qui, scusami, trovo il tuo approccio del tutto sbagliato.

Sbagliato perchè "ideologico". Cioè parti dall'idea giusta e poi dici: realizzarla dobbiamo, si dovrebbe, dovremmo, ...

Alla fine ti ritrovi con in mano un'inutile tautologia: l'idea è giusta e dobbiamo (o, peggio, dovete come fa Beppe Grillo) realizzarla.

Ma coooome, porca miseria.

Per me l'approccio migliore è: io faccio qualcosa che in piccolo realizzi quell'idea. Anche per dare un esempio agli altri e cercando di coinvolgerli.

Certo che "in grande" l'impresa è quasi sovrumana, per cui credo che un approccio possibile ed efficace sia fare le cose "in piccolo", partendo da sè.

E' vero: ho scoperto l'acqua calda. Scusami.

No non hai scoperto l'acqua calda, hai solo fatto una affermazione saggia e pragmatica. Come te, anch'io condivido il pensiero di Mary, ma ci andrei piano a parlare di utopie.

Quelli delineati da Mary sono dei prerequisiti di un modello organizzativo della società, abbastanza generici da essere condivisi da molti. (Mary riveli delle buone doti da politica).

D'altronde anche tu hai ragione a dire che non ci si può fermare ad una sterile enunciazione.

Vi propongo un utile esercizio. Proviamo a proporre delle soluzioni pratiche su un nuovo modello di gestione dello stato che coniughi comunismo e capitalismo.

Se qualcuno ha avuto lo stomaco di leggere il mio polpettone precedente, ricorderà che il modello comunista è stato generalmente abbandonato. Ed è anche facile capire perchè, nel caso URSS.
Ma anche il modello capitalista sta soffrendo di una grave crisi. Io ipotizzo che la crisi del capitalismo sia da attribuire generalmente ad una prevalenza dei grandi patrimoni finanziari rispetto ad una base produttiva che viene soffocata. Questo squilibrio fra i "poteri forti" ed i "poteri deboli" in campo economico assomiglia alla situazione che ha causato il fallimento del modello comunista, dove un'oligarchia forte ha sopraffatto un proletariato fin troppo debole.

Per fortuna, al contrario del comunismo, il capitalismo è un modello liberale, quindi consente che vengano posti in atto meccanismi correttivi. E' più elastico, quindi più forte.

Mary suggerisce di coniugare comunismo e capitalismo. Io voglio estendere il suo pensiero. Siccome la base produttiva è debole bisogna renderla più forte per riequilibrare il sistema.

Due esempi pratici e che si possono fondere provengono dall'Emilia Romagna e da Israele (è questo l'unico paese in cui il socialismo ha dimostrato di poter funzionare).

Nella regione rossa il cooperativismo ha reso più forti i piccoli produttori in campo agroalimentare. Tale modello può anche essere esteso ad altri settori produttivi. E questo potrebbe contrastare le grandi industrie sul piano della concorrenza. Per non parlare di una maggiore equità nella distribuzione dei profitti.

Bello vero? Ma questo riguarda solo i settori produttivi. E gli altri (che fra l'altro comprendono la maggioranza dei cittadini)? Ed ecco Israele con i suoi kibbutz.

Io ritengo che il socialismo sia bello, pratico e funzionale finchè rimane nell'ambito dei piccoli sistemi. Non può essere troppo esteso, neanche a livello di singolo comune.

Ma il kibbutz riesce ad essere eterogeneo come componenti, equo e democratico. E' molto più di una cooperativa, è una famiglia allargata che contiene tutti, anche gli elementi più deboli e non produttivi, dando ad ognuno il minimo vitale. Ed è socialista al 100%. Nella sua accezione originale non contempla la proprietà privata ma tuti i beni sono comuni, anche se dati in godimento esclusivo. P.es. tutti hanno una casa e ne possono fare quello che vogliono. Ma la proprietà della casa è del kibbutz.

E' una piccola società nella quale tutti i soci sono proprietari della stessa quota, ma non tutti ricevono lo stesso compenso. Chi lavora di più, riceve di più. E chi lavora all'esterno del kibbutz, lavora per conto del kibbutz: quello che percepisce va al kibbutz. Il kibbutz, poi, remunera ogni componente in base alle disponibilità e differenziando in base alle necessità e alla produttività di ognuno.

Il kibbutz è più forte delle singole famiglie che ne fanno parte, riesce a raccogliere maggiori risorse, può diventare anche proprietario di una o più piccole imprese industriali nelle quali lavorino sia operai del kibbutz che operai di altri kibbutz.

I kibbutz si possono consorziare per affrontare progetti di sviluppo più grandi e che, quindi, richiedono maggiori risorse. In tale situazione sono più forti di una cooperativa: diventano un consorzio.

E tutti i kibbutz dovrebbero pagare le tasse allo stato che provvede ai servizi essenziali, veramente essenziali.

Un kibbutz non deve diventare necessariamente un piccolo villaggio, anche se questo migliorerebbe parecchio; lo stesso quartiere di una città può contenere diversi kibbutz.

Io vedo il kibbutz come cellula, più grande della famiglia, che compone quel complesso organismo che è lo stato.

Per soddisfare rafano42 direi che la realizzazione di un primo esempio può prescindere da grandi trasformazioni sociali e legislative: può essere creato come una cooperativa che preveda nello statuto la finalità di amministrare i beni comuni, che si affidi ad un amministratore competente, che sia sempre aperta all'ammissione di nuovi soci, e che preveda la redistribuzione delle risorse. Mi sembra che già così il kibbutz sia costituito. E' molto più facile che una simile struttura si realizzi in un'ottica di produzione agricola, ma si può creare in qualsiasi realtà produttiva.

Il kibbutz, per definizione, è una realtà produttiva fondata su una comunità di famiglie e provvede ai bisogni di tutta la comunità.

Perdonatemi il post molto lungo, ma non sapevo come sintetizzare ulteriormente il discorso.
Valerio2 is offline  
Vecchio 06-03-2008, 10.36.33   #36
ulysse
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Originalmente inviato da rafano42
Grazie, e buon giovedì 6 marzo. E tanti auguri per la vs festa di dopodomani.

La tua riflessione mi è molto piaciuta: condivido quasi tutti i tuoi obiettivi "utopici".

Il problema però è trovare un approccio efficace e giusto per realizzarli. E qui, scusami, trovo il tuo approccio del tutto sbagliato.

Sbagliato perchè "ideologico". Cioè parti dall'idea giusta e poi dici: realizzarla dobbiamo, si dovrebbe, dovremmo, ...

Alla fine ti ritrovi con in mano un'inutile tautologia: l'idea è giusta e dobbiamo (o, peggio, dovete come fa Beppe Grillo) realizzarla.

Ma coooome, porca miseria.

Per me l'approccio migliore è: io faccio qualcosa che in piccolo realizzi quell'idea. Anche per dare un esempio agli altri e cercando di coinvolgerli.

Certo che "in grande" l'impresa è quasi sovrumana, per cui credo che un approccio possibile ed efficace sia fare le cose "in piccolo", partendo da sè.

E' vero: ho scoperto l'acqua calda. Scusami.

...ma direi che sarà acqua calda, ma è anche l'unica cosa che puo' funzionare...in luogo delle utopie globali che vorrebbero sempre che gli altri facessero.
E' anche cio che l'uomo ha sempre fatto nella sua evoluzione da ominide ad HSS...magari anche senza accorgersene, adattandosi via via alle eisigenze...i migliori si sono anche sforzati ...fisicamente e intelletualmente.

E' anche cio' che la FdQ (cui ho accennato nel mio post precedente) predica da alcune decine di anni: ognuno sia il meglio di se stesso e faccia di giorno in giorno o globalmente cio' che ritiene meglio...e sempre piu'...e il mondo sarà migliore...non perfetto...ma migliore.
Se ognuno aspetta sempre che il meglio lo facciano gli altri stiamo freschi.
ciao
ulysse is offline  
Vecchio 06-03-2008, 21.43.40   #37
nuages
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ripeto:
Dovrebbe far parte dell'etica del comune senso del buon vivere insieme il fatto di non disperdere le energie in cose inutili o mantenendo fannulloni....il problema è che se il privato sperpera o mantiene fannulloni in breve fallisce, mentre la cosa pubblica può continuare a disperdere buone energie nell'etere senza fallire, abbassando solo il tenore di vita e le aspettative dalla cosa pubblica da parte dei suoi cittadini. Questo concetto non dovrebbe essere patrimonio ne dell'etica delle culture ne di destra ne di sinistra, e ne tantomeno dei grandi sindacati che dal 68 in poi si sono confusi con una certa politica che si vede rende bene visto che i loro capi prima opoi vanno tutti a finire in politica ed a che livelli!!!!!!
nuages is offline  

 



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