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Vecchio 16-09-2007, 14.45.51   #1
Magog
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Delucidazioni su Wittgenstein

Vorrei porre una domanda a chi è più esperto di me su quest'autore.
Sto leggendo le ricerche filosofiche, forse non avendo ben presente il background logico-matematico dal quale emergono le sue idee anti-logiche, la comprensione mi risulta alquanto complicata.
Ad esempio, Wittgenstein nei primi paragrafi delle ricerche critica la concezione raffigurativa del linguaggio, per il quale ogni parola denoterebbe un oggetto esistente o la possibilità di uno stato di cose. Proposizioni complesse possono essere analiticamente scomposte fino a metter in luce proposizioni elementari che denotano oggetti semplici (essi non ulteriormente analizzabili). La parola "cane" denota l'animale, "casa" viene rappresentata in un immagine mentale, e questo somiglierebbe ad uno schematismo kantiano, ma la giustizia, la libertà ma quale oggetto dovrebbero denotare??? Essendo la mia obiezione alquanto banale credo che il wittgenstein del Tractatus ci abbia pensato in qualche modo, no!? Grazie per l'aiuto!
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Vecchio 16-09-2007, 17.15.18   #2
epicurus
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Riferimento: Delucidazioni su Wittgenstein

Citazione:
Originalmente inviato da Magog
Vorrei porre una domanda a chi è più esperto di me su quest'autore.
Sto leggendo le ricerche filosofiche, forse non avendo ben presente il background logico-matematico dal quale emergono le sue idee anti-logiche, la comprensione mi risulta alquanto complicata.
Ad esempio, Wittgenstein nei primi paragrafi delle ricerche critica la concezione raffigurativa del linguaggio, per il quale ogni parola denoterebbe un oggetto esistente o la possibilità di uno stato di cose. Proposizioni complesse possono essere analiticamente scomposte fino a metter in luce proposizioni elementari che denotano oggetti semplici (essi non ulteriormente analizzabili). La parola "cane" denota l'animale, "casa" viene rappresentata in un immagine mentale, e questo somiglierebbe ad uno schematismo kantiano, ma la giustizia, la libertà ma quale oggetto dovrebbero denotare??? Essendo la mia obiezione alquanto banale credo che il wittgenstein del Tractatus ci abbia pensato in qualche modo, no!? Grazie per l'aiuto!

Ciao Magog, non ho capito bene cosa chiedi, comunque vedo di risponderti un po' in generale, poi eventualmente mi chiederai con più precisione.

Il "primo Wittgenstein" è quello del Tractatus. Qui Wittgenstein sostiene che l'unico scopo del linguaggio è quello di rappresentare lo stato di cose del mondo: il linguaggio è raffigurativo. Il primo Wittgenstein è anche riconosciuto come il fondatore della filosofia del linguaggio ideale.

Il "secondo Wittgenstein" è quello delle Ricerche. Lì Wittgenstein si accorge di quanto cieco fu ai tempi del suo Tractatus (e dire che Wittgenstein scrisse che il Tractatus era l'ultima parola in filosofia): il linguaggio è composta da molti giochi, cioè ha molti usi. E' solo in questo suo cambiamento (il passaggio, cioè, dal Tractatus alle Ricerche) che riesce a render conto di parole come "giustizia", "libertà", ma anche "questo", "fintantoché", etc...
Quindi Wittgenstein è stato anche il fondatore della filosofia del linguaggio ordinario.

Ti ho risposto?

epicurus is offline  
Vecchio 16-09-2007, 19.15.49   #3
Magog
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Riferimento: Delucidazioni su Wittgenstein

Ti ringrazio epicurus per essermi venuto in contro.

Ma continuo a non capire allora che cosa avesse in mente Wittgenstein quando scriveva il tractatus. S'interessa unicamente alle parole che denotano cose esistenti, tangibili, raffigurabili dall'intelletto? E le altre? che fine devono fare? come è affrontata l'esistenza di parole astratte, parole che immagino lui stesso abbia dovuto usare nelle sue riflessioni, parole come "filosofia"? Non sono contemplate? Ma se per Wittgenstein la filosofia è critica del linguaggio, ma di quale linguaggio stiamo parlando allora?? Critica delle parole "merendina" e "formaggino"?!! Mi soprendo perche non posso credere che un classico del pensiero che ha avuto cosi tanto successo mi appaia cosi limitato e circoscritto, preferisco credere che sia stato io ad averlo capito male... almeno per adesso!
Magog is offline  
Vecchio 16-09-2007, 23.22.30   #4
epicurus
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Riferimento: Delucidazioni su Wittgenstein

Citazione:
Originalmente inviato da Magog
Ma continuo a non capire allora che cosa avesse in mente Wittgenstein quando scriveva il tractatus.

Forse il suo problema è che quando lo scrisse pensava troppo (ed esclusivamente) al campo della logica: in logica matematica le formule (le proposizioni di Wittgenstein) sono affermazioni su come stanno le cose in un dato universo (o struttura). E così si è concentrato solo sulla descrizione.

Citazione:
Originalmente inviato da Magog
S'interessa unicamente alle parole che denotano cose esistenti, tangibili, raffigurabili dall'intelletto? E le altre? che fine devono fare? come è affrontata l'esistenza di parole astratte, parole che immagino lui stesso abbia dovuto usare nelle sue riflessioni, parole come "filosofia"? Non sono contemplate? Ma se per Wittgenstein la filosofia è critica del linguaggio, ma di quale linguaggio stiamo parlando allora?? Critica delle parole "merendina" e "formaggino"?!! Mi soprendo perche non posso credere che un classico del pensiero che ha avuto cosi tanto successo mi appaia cosi limitato e circoscritto, preferisco credere che sia stato io ad averlo capito male... almeno per adesso!

Innanzitutto devi considerare che Wittgenstein scrisse (nelle ultime righe del Tractatus):
Citazione:
Originalmente inviato da Wittgenstein, Tractatus
6.54 Le mie proposizioni illuminano così: Colui che mi comprende, infine le riconosce insensate, se è asceso per esse -- su esse -- oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettar via la scala dopo essere asceso su essa.) Egli deve trascendere queste proposizioni; è allora che egli vede rettamente il mondo.

7 Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere.

Questo per dirti che lo stesso Wittgenstein si rese conto, alla fine del suo libro, che ciò che lui aveva scritto andava contro al contenuto che voleva esprimere: tu devi capire ciò che ti dico, capire per arrivare ad una concezione del mondo, e poi sbarazzarti degli strumenti che hai usato per giungere fino a lì.

In filosofia (del novecento) c'è la tendenza al riduzionismo (semantico, ontologico, epistemologico; ma qui mi concentro sul primo): ridurre il nostro modo di parlare, il nostro vocabolario, al modo di parlare delle scienze dure. Forse non condividerai questo mio parere, ma secondo me questa tendenza è molto simile a quella che ebbe il primo Wittgenstein: l'appiattire alcuni aspetti del nostro mondo, il voler ipersemplificare, e così facendo dimenticarsi di tutto quello che c'è oltre il nostro naso.

Sì, Wittgenstein non si accorse che il linguaggio non era composto solo di "sasso", "alberi", "auto". Una sua autocritica nelle Ricerche è quando critica Agostino, e la sua visione rozza e semplicistica del linguaggio.

Ma forse stiamo dimenticando un altro aspetto: la filosofia del linguaggio ideale (e, nel mio esempio di prima, il "riduzionismo scientifico") sa che trascura e lascia fuori molte cose, ma per il semplice fatto che in realtà tutto quello che lascia fuori, in realtà, non esiste, è pura finzione linguistica, un artificio. Wittgenstein lasciò fuori gli altri usi del linguaggio sicuramente perché non notò quanto furono importanti, ma anche perché, forse, non volle notarli, cioè non li riteneva "all'altezza".

Così tu ti chiedi: e allora perché tutto questo parlare del Tractatus? Semplice perché, se il Tractatus è sicuramente un'opera parziale (ma quale non lo è), ciò che considera viene visto in un modo del tutto nuovo. Il Tractatus fa nascere la filosofia del linguaggio ideale, ma anche la filosofia del linguaggio in generale e l'analisi logico/lingusistica (già abbozzata da Russell), il positivismo logico, e la filosofia analitica. E questo non è certo da poco!

Quel che voglio dire, è che se Wittgenstein si è dimenticato clamorosamente di parlare del restante 95% del linguaggio, ma quel 5% trattato è stato veramente illuminante! Senza contare il fatto che praticamente nessuno prima di lui aveva trattato quelle cose ed in quel modo.

Spero di esserti stato d'aiuto
epicurus is offline  
Vecchio 17-09-2007, 15.47.04   #5
Magog
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Riferimento: Delucidazioni su Wittgenstein

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Innanzitutto devi considerare che Wittgenstein scrisse (nelle ultime righe del Tractatus):


Questo per dirti che lo stesso Wittgenstein si rese conto, alla fine del suo libro, che ciò che lui aveva scritto andava contro al contenuto che voleva esprimere: tu devi capire ciò che ti dico, capire per arrivare ad una concezione del mondo, e poi sbarazzarti degli strumenti che hai usato per giungere fino a lì.

Grazie mille, molto interessante, hai centrato i miei dubbi e colmato le mie lacune. Mi sa che per una comprensione più approfondita delle stesse ricerche dovrei leggere il Tractatus,
Cmq ad un primo impatto superficiale quest'espressione del salire sulla scala e poi sbarazzarsene mi attrae e mi lascia perplesso nello stesso tempo. La metafora è efficace, visualizza bene il meccanismo: ma, se l'autore per arrivare ad edificare una siffatta concezione del mondo ha avuto bisogno di questa scala, perche voler levarla a tutti i costi? Non avrà bisogno anche il lettore di questa scala per salire dove è arrivato Wittgenstein? E perche anche lui dovrebbe sbarazzarsene? Per raggiungere quest illusorio ideale di perfezione logica dove hanno senso solo parole che descrivono fatti esistenti?

La sua dura conclusione che culmina nell'affermazione di un etica del silenzio "su tutto quel che non si può parlare si deve tacere" mi sembra disonesta... Ha imposto il silenzio dopo essersi avvalso di quei strumenti da lui negati ed etichettati come insensati, ma come possono dei mezzi insensati produrre sensatezza?Cosi facendo ha parlato anche quando doveva tacere! Ma è consapevole della sua contradittorietà del suo auto-annullamento quando professa queste parole o lo fa ingenuamente?
Perche fatto sta,si esclude dall'affermazione che lui stesso ha formulato!
Come sormonta questo scoglio? La risposta è data nel tractatus o sarà il Wittgenstein delle ricerche a risolverlo? Grazie epicurus sei stato molto produttivo!!
Magog is offline  
Vecchio 17-09-2007, 19.22.57   #6
epicurus
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Riferimento: Delucidazioni su Wittgenstein

Di niente
Parlo volentieri di Wittgenstein, essendo uno dei filosofi che mi ha più influenzato.

Citazione:
Originalmente inviato da Magog
Grazie mille, molto interessante, hai centrato i miei dubbi e colmato le mie lacune. Mi sa che per una comprensione più approfondita delle stesse ricerche dovrei leggere il Tractatus,

Sì, leggilo, è molto interessante ma anche molto difficile: il primo Wittgenstein è molto criptico e sintetico, quasi fosse un guru. Quindi il mio consiglio è: leggi una introduzione al Tractatus (anche quella nel libro stesso, o in internet), poi leggi il Tractatus, e poi di nuovo l'introduzione.

Citazione:
Originalmente inviato da Magog
La metafora è efficace, visualizza bene il meccanismo: ma, se l'autore per arrivare ad edificare una siffatta concezione del mondo ha avuto bisogno di questa scala, perche voler levarla a tutti i costi? Non avrà bisogno anche il lettore di questa scala per salire dove è arrivato Wittgenstein? E perche anche lui dovrebbe sbarazzarsene? Per raggiungere quest illusorio ideale di perfezione logica dove hanno senso solo parole che descrivono fatti esistenti?

Innanzitutto lui dice al lettore di usarla la scala, ma di liberarsene subito dopo.

Citazione:
Originalmente inviato da Magog
La sua dura conclusione che culmina nell'affermazione di un etica del silenzio "su tutto quel che non si può parlare si deve tacere" mi sembra disonesta... Ha imposto il silenzio dopo essersi avvalso di quei strumenti da lui negati ed etichettati come insensati, ma come possono dei mezzi insensati produrre sensatezza?Cosi facendo ha parlato anche quando doveva tacere! Ma è consapevole della sua contradittorietà del suo auto-annullamento quando professa queste parole o lo fa ingenuamente?
Perche fatto sta,si esclude dall'affermazione che lui stesso ha formulato!
Come sormonta questo scoglio? La risposta è data nel tractatus o sarà il Wittgenstein delle ricerche a risolverlo?

Lui è conscio di questa contraddizione, è proprio per questo che ha scritto quella parte sulla scala. Ti faccio un esempio per farti capire cosa, forse, aveva in mente Wittgenstein.
Pensa al paradosso del mentitore: porta appunto ad un paradosso, a qualcosa di inusabile, ma grazie ad esso ci sono stato grandiosi sviluppi in logica.

Comunque anch'io non condivido moltissime cose del primo Wittgenstein, ma per certi altri versi è molto illuminante. Comunque, a mio parere, il vero tesoro sono le sue Ricerche.

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Vecchio 18-09-2007, 17.30.50   #7
albert
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Originalmente inviato da epicurus
Comunque anch'io non condivido moltissime cose del primo Wittgenstein, ma per certi altri versi è molto illuminante. Comunque, a mio parere, il vero tesoro sono le sue Ricerche.

Il Tractatus è uno dei miei libri preferiti, ma sono abbastanza d'accordo con quanto scrisse Gottlob Frege: " è efficace più sul piano artistico che su quello scientifico; ciò che vi si dice è secondario rispetto al modo in cui lo si dice".
Mi piace molto anche l'idea di risolvere i problemi filosofici, anziché con lunghi discorsi, con una serie strutturata di frasi relativamente semplici, anche se in effetti spesso oscure.
Le "Ricerche" sono uscite postume e forse Wittgenstein le avrebbe ancora modificate, ampliano l'orizzonte ma da un punto di vista estetico sono meno interessanti.
Ciao!!!
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Vecchio 18-09-2007, 17.38.42   #8
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Originalmente inviato da albert
Il Tractatus è uno dei miei libri preferiti, ma sono abbastanza d'accordo con quanto scrisse Gottlob Frege: " è efficace più sul piano artistico che su quello scientifico; ciò che vi si dice è secondario rispetto al modo in cui lo si dice".
Mi piace molto anche l'idea di risolvere i problemi filosofici, anziché con lunghi discorsi, con una serie strutturata di frasi relativamente semplici, anche se in effetti spesso oscure.
Le "Ricerche" sono uscite postume e forse Wittgenstein le avrebbe ancora modificate, ampliano l'orizzonte ma da un punto di vista estetico sono meno interessanti.
Ciao!!!


Non riesco a essere all'altezza ma mi ha sempre molto interessato questo filosofo. Da dove parto per capirci qualcosa? Suggeritemi qualche libro abbordabile. scusate l'intromissione...
vagabondo del dharma is offline  
Vecchio 19-09-2007, 00.56.59   #9
epicurus
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Originalmente inviato da albert
Il Tractatus è uno dei miei libri preferiti, ma sono abbastanza d'accordo con quanto scrisse Gottlob Frege: " è efficace più sul piano artistico che su quello scientifico; ciò che vi si dice è secondario rispetto al modo in cui lo si dice".

Diciamo che Wittgenstein inventa un nuovo modo di fare filosofia col Tractatus. Per quanto riguarda l'aspetto estetico/artistico, non mi interessa molto.

Citazione:
Originalmente inviato da albert
Mi piace molto anche l'idea di risolvere i problemi filosofici, anziché con lunghi discorsi, con una serie strutturata di frasi relativamente semplici, anche se in effetti spesso oscure.

Io adoro l'idea di risolvere (anzi: Wittgenstein dissolve i problemi, invece che risolverli) i problemi filosofici con osservazioni di una banalità sconvolgente. E' vero, purtroppo, che molto spesso le sue osservazioni sono criptiche (nelle Ricerche non ha abbandonato questo vizio).

Citazione:
Originalmente inviato da vagabondo del dharma
mi ha sempre molto interessato questo filosofo. Da dove parto per capirci qualcosa? Suggeritemi qualche libro abbordabile.

Parti dal presupposto che il pensiero di Wittgenstein è complesso e criptico. Comunque, io ti consiglio vivamente il libro "Wittgenstein" di Kenny (Boringhieri): è una descrizione molto competente di tutta l'evoluzione del pensiero wittgensteiniano (il primo Wittgenstei, il secondo e gli inframezzi). Se vuoi capire Wittgenstein io partirei proprio da lì

P.S. La volta scorsa mi sono dimenticato di citare un altro gioiellino di Wittgenstein: "Della Certezza", un libro che mi ha rivoluzionato completamente il modo di concepire la gnoseologia. Il merito per aver attirato la mia attenzione su quest'opera è tutta di Odos
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Vecchio 19-09-2007, 20.03.05   #10
odos
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Che bello, non passavo di qua da un po' e mi trovo citato.....


Purtroppo ha già risposto Epicurus....cmq sarebbe bello se esponessi anche altri dubbi, aiuterebbe anche noi a comprenderlo meglio

I tuoi dubbi effettivamente sono i più azzeccati che potessi avere...anzi sono gli stessi sui quali Wittgenstein farà perno nella sua successiva speculazione.

Quanto alla metafora della scala, effettivamente può sembrare un gesto teorico molto strano, quello di dire: lo so che le mie proposizioni sono insensate, ma se hai seguito il percorso adesso vedrai il mondo da un altro punto di vista, quindi non chiedere ragioni.
Ma acquista un senso totalmente nuovo e meno enigmatico secondo me, solo con le riflessioni sulla certezza (Della Certezza). In altri termini tra il TLP e le riflessioni successive rimane l'intento generale, cioè quello della filsofia come terapia, che risolve i problemi filosofici originati tramite un uso ambiguo del linguaggio (dissolvendo il problema e non rispondendo). Nel TLP l'uso del linguaggio scorretto era ricondotto a quello verofunzionale e alla concezione raffigurativa del linguaggio, veniva stabilito cosa poteva poi essere verificato nella realtà e cosa no.
Comprendendo successivamente come il significato di una proposizione non è lo stato di cose esterno, ma la sua posizione all'interno delle altre proposizioni (sistema) cioè la regola, il gioco linguistico, allora la filosofia diventa l'ESIBIZIONE PERSPICUA di queste regole, dati dei problemi filosofici. Ora tutto deve essere esibito nella regola funzionante (che è quello che W. fa continuamente dopo il TLP).
Se ci si pensa bene, questo è esattamente il ciò che W. fa nel Tractatus, un percorso perspicuo del funzionamento della regola linguistica della verità come adeguazione della proposizione alla cosa. Non possiamo chiede niente di più della regola realmente funzionante. Quel gesto isolato, apparentemente assurdo, diviene il movimento generale della descrizione filosofica, rivolto dichiaratamente alla dissoluzione delle incongruenze dell'uso grammaticale intersoggettivo.

Wittgenstein è un po' tosto da capire, ma ne vale assolutamente la pena...concordo con l'ausilio di qualche introduzione.
Io consiglio questa: "L'etica del metodo" di Andrea Zhok (molto tosta ma rigorosa, non dispersiva e.....perspicua)
odos is offline  

 



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