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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 09-01-2008, 10.17.13   #1
arsenio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
Esiste la bontà?

Esiste la bontà?

L'attuale società non inclina alla bontà. E' contrassegnata da buonismi e moralismi ipocriti, da falsi sentimenti mediatici inscenati quale spettacolo. L'io postmoderno vacuo e narcisistico cela in tal modo i suoi disagi, specie disistima e scarso equilibrio. I comportamenti altruistici sono in realtà egoismo dissimulato, forme di potere, di opportunismi, di filantropie interessate, di ciniche manipolazioni ammantate di “bontà”

La morte di Dio non c'entra perchè l'etica precede la religione. Amiamo gli dei perchè sono buoni, o li consideriamo buoni perchè sono dei? Già per Platone valeva la prima ipotesi. La morale è indifferente alle credenze religiose. Uccidere è male in se stesso, e Dio
(per chi crede) vi si è dovuto sottomettere. Così chi ha fede potrebbe fare il bene non per il bene, ma, anche suo malgrado, solo per evitare l'infermo,spauracchio delle fiamme eterne nuovamente evocato dall'ultima enciclica Spe Salvi.

“Chiamiamo buona una cosa quando soddisfa il nostro desiderio, sia esso nobile o meno, e la designiamo cattiva quando vi si oppone” (Spinoza). Secondo il filosofo Dio coincide con la natura materiale. Non esiste il soprannaturale né la provvidenza, né il giorno del giudizio. La nostra “etica” , premesso che ci sia, sarebbe quella della specie. Anche Kant ammise che la morale è indipendente dalla religione. E se si facesse il male non per propria scelta volontaristica ma per ineluttabile determinismo, condizionati da natura (genetica) e da cultura (ambiente), e forse da una stessa “morale” naturalistica istintuale? Nessuno sarebbe più “colpevole”, nè da giudicare “buono o “cattivo”. Si deve ancora ridefinire il concetto “libero arbitrio”, anche alla luce delle ultime scoperte, e il futuro apporto, delle neuroscienze. Vero rischio per le credenze: più ancora di laicità e anticlericalismo.

E' giusto che il relativismo tolleri e rispetti gli altrui valori (qui entrano in gioco pure le scienze antropologiche) oppure è meglio credere nel dogma, a priori antidialogico, che impone la sua Verità “etica”, unica, indiscutibile, assoluta? Non si può fare filosofia morale (campo vasto e molto difficile) se non ci si propone di smascherare la bontà delle false coscienze e le sottese motivazioni; se non si riconosce di dover scegliere tra peccato trasgressivo di dogmi e moralità aperta e lungimirante. E' ancora valido un imperativo categorico kantiano come “Non devi mentire, nemmeno per salvare una vita umana?” C'è qualcuno che preferirebbe non sopravvivere, qualora in virtù di una bugia? E' l'uomo l'unica misura o v'includiamo pure gli animali e le questioni ambientali ed ecologiche, come stanno proponendo le neo-etiche?.

L'uomo per sua natura è furbo e competitivo. Nei fatti nessuno si attiene nemmeno alle trascendenze religiose predicate, se non nelle intenzioni espresse da parole credute lodevoli e da tutti condivise. Sono proprio queste che lastricano la strada che porta all'inferno. Intenzioni ed effetti,spesso conflittuali, tra l'altro è un altro problema etico. Si divarica sempre più la carità evangelica e la ragion di supremazia ecclesiastica, che indica quali suoi rappresentanti sostenitori certi politici incredibili campioni di anticristianesimo. E chi affolla le piazze diserta le chiese. Sanno almeno vedere la trave nel loro occhio o solo la pagliuzza nell'occhio del prossimo? Soltanto sperimentando stati estremi si arrivano a comprendere certe cose, come il senso l'eutanasia. Vedi il doloroso caso di Wojtila, ben documentato da occhi non accecati dal pregiudizio ideologico che annulla l'uomo.

Se c'è un istinto altruistico serve a salvaguardare la specie. Per evitare ritorsioni, per tacitare la propria sofferenza alla vista di chi soffre, ecc. Difficile affermare che esiste un altruismo genuino senza anticipazioni di remunerazione o forme inconfessate di qualsiasi gratificazione di reciprocità.

Si può essere altruisti anche per ricompense interne, come evitare tensioni, colpe, disobbedienza al Super io. Per conformità alla coscienza morale che impone pregiudizi sociali come valori riconosciuti nel gruppo: “Non uccidere” o “Ama il tuo prossimo”, in caso di eutanasia? Inoltre per autoimmagine, autostima, ideale dell'io, pulsione a rimediare un'ingiustizia.
La psicologia esclude un altruismo con motivazioni intrinseche, contrario a un'istintuale scopo edonistico di ogni nostra azione. Chi agisce a proprio svantaggio? Secondo Hume le passioni egoistiche equivalgono alle azioni benevole verso un amico, perchè ne sta sempre alla base l'amor proprio.

Ad esempio chi fa volontariato spesso dimostra di essere aggressivo, fragile, bisognoso egli stesso di qualche sostegno per personali problemi, per acquisire un “potere” da ruolo, per innalzare un'autostima che vacilla. Purtroppo anche psichiatri e psicoterapeuti, perchè quasi sempre si attribuiscono vuoti ruoli privi di un'identità vocazionale. Nulla adi male, purchè non facciano danni (eppure succede) e non si scambino per angeli.

Anche il gigante egoista della favoletta splendida quanto falsa di Oscar Wilde, infine si accorse che il suo tornaconto di vecchio solo e da tutti abbandonato, ormai poteva essere solo abbattere il muro che circondava il suo giardino, aprendolo ai giochi dei bimbi.

L'uomo è un “lupus” educabile ai sentimenti più nobili? Sì, se non si celano le motivazioni profonde, siano inconsce o deliberate, che ne stanno alla base. Quindi per un altruismo inteso quale valore vincente da sperimentare. Ancora una volta è una sfida da proporre a famiglia e scuola. E s' impone sempre un'etica del linguaggio quale analisi di semantiche distorcenti, di sofismi capziosi, di retoriche stantie, di inganni ed autoinganni veicolati dalla parole.
arsenio is offline  
Vecchio 09-01-2008, 14.16.10   #2
Il_Dubbio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
Riferimento: Esiste la bontà?

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Esiste la bontà?

Come al solito io dico di No!
Se questo dovesse indicare un termine assoluto.


Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
L'attuale società non inclina alla bontà. E' contrassegnata da buonismi e moralismi ipocriti, da falsi sentimenti mediatici inscenati quale spettacolo. L'io postmoderno vacuo e narcisistico cela in tal modo i suoi disagi, specie disistima e scarso equilibrio. I comportamenti altruistici sono in realtà egoismo dissimulato, forme di potere, di opportunismi, di filantropie interessate, di ciniche manipolazioni ammantate di “bontà”

Questa è una visione personalizzata della bontà, evidentemente perchè non esiste una visione assoluta.

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
La morte di Dio non c'entra perchè l'etica precede la religione. Amiamo gli dei perchè sono buoni, o li consideriamo buoni perchè sono dei? Già per Platone valeva la prima ipotesi. La morale è indifferente alle credenze religiose. Uccidere è male in se stesso, e Dio
(per chi crede) vi si è dovuto sottomettere. Così chi ha fede potrebbe fare il bene non per il bene, ma, anche suo malgrado, solo per evitare l'infermo,spauracchio delle fiamme eterne nuovamente evocato dall'ultima enciclica Spe Salvi.

Anche qui la visione è personalizzata. I modelli di morale di ogni uomo (che creda in una religione o non creda) vivono sempre in profonda trasformazione.

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Si deve ancora ridefinire il concetto “libero arbitrio”, anche alla luce delle ultime scoperte, e il futuro apporto, delle neuroscienze. Vero rischio per le credenze: più ancora di laicità e anticlericalismo.

Il libero arbitrio non è ancora stato messo in discussione da nessuno

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Non si può fare filosofia morale (campo vasto e molto difficile) se non ci si propone di smascherare la bontà delle false coscienze e le sottese motivazioni;

Infatti secondo me è inutile fare la filosofia della morale se essa è autonoma e cangiante. Secondo me è piu un percorso razionale e non- di ogni singolo uomo, la cui strada tortuosa spinge a ricreare un organismo unico con le altri morali degli altri uomini allo stesso modo cangiante e autonomo in funzione della saluta del corpo stesso.

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio

Difficile affermare che esiste un altruismo genuino senza anticipazioni di remunerazione o forme inconfessate di qualsiasi gratificazione di reciprocità.

E' difficile affermare anche il contrario

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Si può essere altruisti anche per ricompense interne, come evitare tensioni, colpe, disobbedienza al Super io. Per conformità alla coscienza morale che impone pregiudizi sociali come valori riconosciuti nel gruppo: “Non uccidere” o “Ama il tuo prossimo”, in caso di eutanasia? Inoltre per autoimmagine, autostima, ideale dell'io, pulsione a rimediare un'ingiustizia.
La psicologia esclude un altruismo con motivazioni intrinseche, contrario a un'istintuale scopo edonistico di ogni nostra azione. Chi agisce a proprio svantaggio? Secondo Hume le passioni egoistiche equivalgono alle azioni benevole verso un amico, perchè ne sta sempre alla base l'amor proprio.

Sempre il solito discorso di dover assolutizzare e paragonare un immagine soggettiva ad un'altra immagine soggettiva. Se non si esce da questo "assolutismo" in cui Hume può dire quello che vuole sul mio egoismo; di tutto ciò resta solo la non dimostrabilità.



Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Anche il gigante egoista della favoletta splendida quanto falsa di Oscar Wilde, infine si accorse che il suo tornaconto di vecchio solo e da tutti abbandonato, ormai poteva essere solo abbattere il muro che circondava il suo giardino, aprendolo ai giochi dei bimbi.

La solitudine è un argomento utile per capire che l'uomo vive interiormente, e ciò che lui vive non può essere assolutizzato, altrimenti nessuno vivrebbe in solitudine se la necessità umana fosse solo quella della comunicazione.

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
L'uomo è un “lupus” educabile ai sentimenti più nobili? Sì, se non si celano le motivazioni profonde, siano inconsce o deliberate, che ne stanno alla base.

L'uomo vive negli stimoli, e questi sono vissuti in prima persona in senso soggettivo... infatti non sempre gli stimoli buoni producono solo istinti buoni.
La vita va innanzitutto vissuta, va poi semmai indirizzata... ma è assolutamente fuorviante stabilire a priori quale sarà il grado di assorbimento degli stimoli, e quale sarà, in ultima analisi, il grado di percezione, per esempio, del termine, "bontà".

Per finire, la Bontà espressa da un uomo dove sarà logicamente interpretata esternamente per il fine del "tornaconto" non inficia la assoluta libertà soggettiva dell'individuo di essere buono per il sol fatto di esserlo. Se esiste una bontà assoluta questa va ricercata nell'uomo e non nell'aspetto globale logico e razionale e infine scientifico che vuole imporre la filosofia (o la scienza).
Guardare dall'alto, giudicare ed infine emettere sentenze fa parte della collettività e in particolar modo di ogni uomo inserito in questo contesto, che cerca di interpretare, vagliare, studiare ed infine "operare" (chirurgicamente) al fine di meglio comprendere la realtà. Se ci si allontana però troppo dall'aspetto soggettivo si perde il senso dei termini, generalizzandoli e alcune volte ridicolizzandoli senza mai riuscire ad entrare nel merito.

ciao
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 09-01-2008, 14.35.11   #3
S.B.
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Messaggi: 486
Riferimento: Esiste la bontà?

Quante belle riflessioni!

L'errore di Kant, afferma Ricoeur, è di aver inserito troppo presto una formalizzazione della morale, una morale cristallizzata nella legge, occorre riconoscere altri due aspetti della questione.

Un'etica che sta a monte e un'etica che sta a valle. La prima vuole affermare che l'uomo possiede una prospettiva etica, l'uomo si rende conto istintivamente che rapportarsi con un altro è diverso che non rapportarsi con una sasso, senza bisogno di dover declinare alcuna regola che sia ferocemente attaccata dal relativismo o nessun criterio di "gratuità" messo in dubbio dalla psicologia.

La seconda etica si crea dopo la formalizzazione della norma morale, della legge, è l'applicazione delle leggi formalizzate alla vita reale in cui entra una importante istanza, aristotelica, di mediazione, occorre una saggezza pratica per decidere, saper trovare un giusto mezzo.

Io credo che le controversie in etica nascano quando si tenta di cristallizare l'etica in formule e quando si discute praticamente per applicare un qualche giudizio etico.

Un'educazione all'etica risulta fondamentale e allo stesso tempo molto problematica, che sia un'etica del discorso o di altro genere, io comincerei a rilevare in ognuno la presenza di questa "etica a monte" che non risulta problematica e può dare un punto di partenza ad un confronto tra diverse concezioni.

Hai citato l'enciclica Spe Salvi e la priorità dell'etica sulla fede, non posso che essere d'accordo con te in questo punto. L'etica(per quanto primordiale sia) è la premessa per la fede in Dio, voler affermare il contrario, come fa la Chiesa, conduce a scontri inevitabili tra etiche diverse, poichè essendo eteronoma l'etica "dedotta" dalle religioni non è soggetta a discussione, non può far altro che scontrarsi con etiche diverse ed incompatibili, qui nasce la guerra.

I romanzi più illuminanti circa questo rapporto fede-etica sono a mio avviso "I Demoni" e "I Fratelli Karamazov" di Dostoevskij, aiutano veramente a far luce su questo rapporto.

Citazione:
Anche Kant ammise che la morale è indipendente dalla religione.

Così sembra che lo fece contro la sua volontà! A mio avviso, invece era proprio un suo obiettivo! Cosa ne pensi?

S.B. is offline  
Vecchio 09-01-2008, 19.13.44   #4
nevealsole
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E’ obbligatorio essere buoni?

Ciao Arsenio, ciao a tutti.
Scrivo due righe qua, sperando di essere attinente.
Io empiricamente distinguerei due modi di tendere alla bontà.
L’essere buoni per moto spontaneo, e l’essere buoni per, diciamo, “auto-assoluzione”.
Io compio talvolta azioni buone, perché le sento “uscire da me”, spontaneamente.
Non mi pesano, ma anzi mi arricchiscono, mi “purificano” in qualche modo.
Queste azioni, dal mio punto di vista e come ho detto in parte altrove, secondo me sono movimenti “per il tutto e verso il tutto” di cui io sono solo braccio materiale, mi attraversano ma non hanno origine in me, io devo solo non ostacolarle.
Ci sono poi azioni buone “volontarie”, mi sforzo di “agire per il bene” perché la mia coscienza mi impone, o mi suggerisce, un certo comportamento, conforme alla mia morale personale, e spesso concordante con la morale comune.
Questa bontà è meno autentica, ma non mi sento di dire che non è bontà.
Se guardo al fine, negli esempi anche da te fatti, mi dico che è importante il cuore, ma è importante anche il risultato.
Esemplifico: può darsi che molti facciano volontariato di facciata, per apparire buoni, però quel tempo messo a disposizione comunque risolve alcune situazioni critiche, alcune mancanze. E’ dunque qualcosa che realizza il buono anche se non parte dal buono.
Può darsi che una donazione serva a qualcuno per alleggerirsi la coscienza, però quella donazione permette a qualcun altro di vivere meglio, di realizzare un progetto, di mangiare.
Allora dobbiamo chiederci se la bontà è nell’intento o nel fine: la bontà è tale solo perché moto spontaneo oppure esiste anche in funzione del risultato che fa raggiungere?
Ricordo che una volta mi è stato detto che desiderare di avere fede è già avere fede… forse allora desiderare di essere buoni è già essere buoni.
Io credo che la bontà esista, e che esista anche l’essere buoni scientemente.
Certo, rimane una domanda, se l’essere buoni sia un obbligo.
Ogni volta che sentiamo quel piccolo spillo che ci punge nel cuore perché non abbiamo fatto qualcosa che sapevamo dover fare, mi chiedo, ci allontaniamo dal nostro vero essere oppure ci avviciniamo al nostro vero essere?
Ecco, a questo non so rispondere.
nevealsole is offline  
Vecchio 09-01-2008, 20.16.36   #5
Rioniken
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Riferimento: Esiste la bontà?

Secondo me bene e male - buon e cattivo sono solo due concetti relativi che si basano soggettivamente sia dal nostro modo di essere cresciuti e sia dalla cultura alla quale apparteniamo.
Dare la mancia in francia è quasi obbligatorio ed è considerato un buon gesto darla in giappone significa offendere il lavoratore ed è considerato un cattivo gesto.
Chi dei due ha ragione? Questa domanda semplicemente non ha alcun significato perchè bene e male non esistono tutto dipende dal nostro modo di vedere le cose.
Ciaoz
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Vecchio 09-01-2008, 20.40.38   #6
S.B.
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Riferimento: Esiste la bontà?

Citazione:
Se esiste una bontà assoluta questa va ricercata nell'uomo e non nell'aspetto globale logico e razionale e infine scientifico che vuole imporre la filosofia (o la scienza).

Sono in parte d'accordo su quello che dici, Il dubbio, un'analsi etica non può prescindere dalla primaria attenzione alla persona come soggetto unico nel suo genere, anzi in un certo senso uno dei motivi principali della filosofia morale è dare "dignità" all'essere anche al di fuori di una totalità (sono condizionato da Levinas ma dovrebbe corrispondere più o meno al tuo "assoluto").

Però occorre anche trovare un punto in comune da cui far partire l'analisi, non è detto che questo punto debba già qualificarsi come Bene o Male.
Basterebbe la concessione che ognuno di noi ha in sé un "senso etico" (il sesto senso? ), senza già definire cosa sia.
S.B. is offline  
Vecchio 11-01-2008, 10.44.06   #7
arsenio
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Riferimento: Esiste la bontà?

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Come al solito io dico di No!
Se questo dovesse indicare un termine assoluto.




Questa è una visione personalizzata della bontà, evidentemente perchè non esiste una visione assoluta.



Anche qui la visione è personalizzata. I modelli di morale di ogni uomo (che creda in una religione o non creda) vivono sempre in profonda trasformazione.



Il libero arbitrio non è ancora stato messo in discussione da nessuno



Infatti secondo me è inutile fare la filosofia della morale se essa è autonoma e cangiante. Secondo me è piu un percorso razionale e non- di ogni singolo uomo, la cui strada tortuosa spinge a ricreare un organismo unico con le altri morali degli altri uomini allo stesso modo cangiante e autonomo in funzione della saluta del corpo stesso.



E' difficile affermare anche il contrario



Sempre il solito discorso di dover assolutizzare e paragonare un immagine soggettiva ad un'altra immagine soggettiva. Se non si esce da questo "assolutismo" in cui Hume può dire quello che vuole sul mio egoismo; di tutto ciò resta solo la non dimostrabilità.





La solitudine è un argomento utile per capire che l'uomo vive interiormente, e ciò che lui vive non può essere assolutizzato, altrimenti nessuno vivrebbe in solitudine se la necessità umana fosse solo quella della comunicazione.



L'uomo vive negli stimoli, e questi sono vissuti in prima persona in senso soggettivo... infatti non sempre gli stimoli buoni producono solo istinti buoni.
La vita va innanzitutto vissuta, va poi semmai indirizzata... ma è assolutamente fuorviante stabilire a priori quale sarà il grado di assorbimento degli stimoli, e quale sarà, in ultima analisi, il grado di percezione, per esempio, del termine, "bontà".

Per finire, la Bontà espressa da un uomo dove sarà logicamente interpretata esternamente per il fine del "tornaconto" non inficia la assoluta libertà soggettiva dell'individuo di essere buono per il sol fatto di esserlo. Se esiste una bontà assoluta questa va ricercata nell'uomo e non nell'aspetto globale logico e razionale e infine scientifico che vuole imporre la filosofia (o la scienza).
Guardare dall'alto, giudicare ed infine emettere sentenze fa parte della collettività e in particolar modo di ogni uomo inserito in questo contesto, che cerca di interpretare, vagliare, studiare ed infine "operare" (chirurgicamente) al fine di meglio comprendere la realtà. Se ci si allontana però troppo dall'aspetto soggettivo si perde il senso dei termini, generalizzandoli e alcune volte ridicolizzandoli senza mai riuscire ad entrare nel merito.

ciao

Indebite estrapolazioni


Eclatante esempio di quanto ho recentemente affermato per un maggior significatività argomentativa. Filosofare è pensare con meditate riflessioni, poi eventualmente controbattere ciò che esprime l”avversario”, se così si vuole considerarlo. Non si richiedono particolari competenze, perlomeno in un forum non professionale. Ma collaborazione nei reciproci rimandi a domanda e risposta. Cercando di capire anche le implicazioni di ciò che noi stessi affermiamo,comprese le varie accezioni e variabilità dei termini usati, evitando esternazioni che rivelano solo un caos ideativo. I dissensi costruttivi sono il sale di ogni confronto di opinione. Leciti anche verso i grandi pensatori, ma senza demolirli con categorici, ingenui o bizzarri giudizi.

Il diffuso e ormai metodico vezzo di estrapolare, deconstestualizzare, ecc. una frase per poi disconfermarla con improvvisazioni arbitrarie, non rendono onore a nessuno; ci s'illude di sconfiggere altrui concetti con una competizione che a priori sarà fallimentare. Spesso proprio verso quei temi espressi non con pretese di apodittica infallibilità, ma con onestà intellettuale, credibilità, citazioni corrette ed esempi e soparttutto sempre spirito di possibilismo e mai con un voler affermare verità assolute e indiscutibili. Barare in modo grossolano sulle proprie effettive conoscenze finisce per abbassare l'autostima. Un conto è confrontarsi incrociando il fioretto della dialettica, ben diverso il non possedere altre risorse che scagliare spazzatura sull'interlocutore.
In tal caso mi sembra più adatto sciupare il proprio tempo in una delle tante chat che rispecchiano la sottocultura televisiva dei nostri tempi di grave deriva culturale.

arsenio is offline  
Vecchio 11-01-2008, 10.48.50   #8
arsenio
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Riferimento: E’ obbligatorio essere buoni?

Citazione:
Originalmente inviato da nevealsole
Ciao Arsenio, ciao a tutti.
Scrivo due righe qua, sperando di essere attinente.
Io empiricamente distinguerei due modi di tendere alla bontà.
L’essere buoni per moto spontaneo, e l’essere buoni per, diciamo, “auto-assoluzione”.
Io compio talvolta azioni buone, perché le sento “uscire da me”, spontaneamente.
Non mi pesano, ma anzi mi arricchiscono, mi “purificano” in qualche modo.
Queste azioni, dal mio punto di vista e come ho detto in parte altrove, secondo me sono movimenti “per il tutto e verso il tutto” di cui io sono solo braccio materiale, mi attraversano ma non hanno origine in me, io devo solo non ostacolarle.
Ci sono poi azioni buone “volontarie”, mi sforzo di “agire per il bene” perché la mia coscienza mi impone, o mi suggerisce, un certo comportamento, conforme alla mia morale personale, e spesso concordante con la morale comune.
Questa bontà è meno autentica, ma non mi sento di dire che non è bontà.
Se guardo al fine, negli esempi anche da te fatti, mi dico che è importante il cuore, ma è importante anche il risultato.
Esemplifico: può darsi che molti facciano volontariato di facciata, per apparire buoni, però quel tempo messo a disposizione comunque risolve alcune situazioni critiche, alcune mancanze. E’ dunque qualcosa che realizza il buono anche se non parte dal buono.
Può darsi che una donazione serva a qualcuno per alleggerirsi la coscienza, però quella donazione permette a qualcun altro di vivere meglio, di realizzare un progetto, di mangiare.
Allora dobbiamo chiederci se la bontà è nell’intento o nel fine: la bontà è tale solo perché moto spontaneo oppure esiste anche in funzione del risultato che fa raggiungere?
Ricordo che una volta mi è stato detto che desiderare di avere fede è già avere fede… forse allora desiderare di essere buoni è già essere buoni.
Io credo che la bontà esista, e che esista anche l’essere buoni scientemente.
Certo, rimane una domanda, se l’essere buoni sia un obbligo.
Ogni volta che sentiamo quel piccolo spillo che ci punge nel cuore perché non abbiamo fatto qualcosa che sapevamo dover fare, mi chiedo, ci allontaniamo dal nostro vero essere oppure ci avviciniamo al nostro vero essere?
Ecco, a questo non so rispondere.

Carissima nevealsole, come sempre non deludi mai con le tue domande, con le tue giuste richieste di chiarimenti espresse in maniera esemplare, e di ampliamenti dell'argomento

In verità il tema che ho proposto è vastissimo, “etica”, quasi come sottodisciplina filosofica, con molteplici diramazioni interdisciplinari, che non può essere affrontata solo con un buon senso o con una certa rigidità fissati in sterereotipi e luoghi comuni, bizzarre idee personali, come spesso succede ai forum.

Una mia azione, senza alcuna precisa intenzione, oppure con intenzioni negative, con intenzioni positive, origina certi effetti al di là delle mie intenzioni e delle mie previsioni. Ne ho colpe o meriti? Conta più la coscienza o il risultato? Ci sono linee di pensiero che potremo approfondire. In ogni caso è l'antico concetto del bene che può rovesciarsi in male e viceversa; direi che potremmo includerlo in una concezione relativistica, anche abbastanza significativa.

Da tenere poi in considerazione è la coscienza di fare del male, ma “per eseguire il proprio dovere” e a tal proposito si citano gli aguzzini dei lager nazisti, che così protestano la loro innocenza. Gli ordini non si discutono? Ma un delitto rimane un delitto. Oggi si accusa la tecnica che parimenti oggettivizza l'uomo rendendolo una “cosa”, un mezzo e non un fine. E ancora, gli operai delle fabbriche di mine antiuomo, e casi analoghi, e i vari casi in cui l'uomo è considerato solo due braccia da sfruttare..

Inoltre ti ricordo ancora la colpa metafisica, che riguarda “chi sa ma tace”. E' connivenza? Ad esempio i cittadini germanici che sapevano a cosa servivano quegli edifici con i camini che emettevano sempre fumo; perfino ecclesiastici di alte gerarchie che tacquero. Per interesse? Per scegliere il “male” che personalmente ritenevano minore? (rispetto al comunismo) Non mossero un dito. Passività colpevole, per interessi, per amor di pace, per evitare complicazioni, ecc.
Ma qui entriamo nel concetto di “colpa”, strettamente connesso a quello di etica, morale o bontà, come ho preferito chiamare questa valutazione a volte impossibile tra bene o male.

Certamente il volontariato e analoghe azioni altruistiche sono in sé lodevoli. Purchè, a volte, anche coscientemente, non provochino danni. Allora il Bene si tramuta in male ... ecc.
Tra pulsioni, intenzioni “volontarie”, istinto per difendere i propri discendenti, per salvare la specie, nel perpetuo alternarsi di vita e morte, Eros e Thanatos in eterno conflitto ... credo di aver un po' divagato; mi perdoni?

arsenio is offline  
Vecchio 11-01-2008, 16.03.08   #9
nevealsole
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Riferimento: E’ obbligatorio essere buoni?

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Da tenere poi in considerazione è la coscienza di fare del male, ma “per eseguire il proprio dovere” e a tal proposito si citano gli aguzzini dei lager nazisti, che così protestano la loro innocenza. Gli ordini non si discutono? Ma un delitto rimane un delitto. Oggi si accusa la tecnica che parimenti oggettivizza l'uomo rendendolo una “cosa”, un mezzo e non un fine. E ancora, gli operai delle fabbriche di mine antiuomo, e casi analoghi, e i vari casi in cui l'uomo è considerato solo due braccia da sfruttare..

Inoltre ti ricordo ancora la colpa metafisica, che riguarda “chi sa ma tace”. E' connivenza? Ad esempio i cittadini germanici che sapevano a cosa servivano quegli edifici con i camini che emettevano sempre fumo; perfino ecclesiastici di alte gerarchie che tacquero. Per interesse? Per scegliere il “male” che personalmente ritenevano minore? (rispetto al comunismo) Non mossero un dito. Passività colpevole, per interessi, per amor di pace, per evitare complicazioni, ecc.
Ma qui entriamo nel concetto di “colpa”, strettamente connesso a quello di etica, morale o bontà, come ho preferito chiamare questa valutazione a volte impossibile tra bene o male.


Questo è decisamente interessante.
Ad esempio, se non ricordo male nella dottrina sociale cristiana è prevista la "scriminante" del pericolo per la propria vita.
Non potendosi pretendere l'atto eroico, se si agisce sapendo di nuocere ad altri ma per salvare la propria vita ingiustamente messa in pericolo, non si commette "peccato" (ridotto ai minimi termini).
Credo sia molto diversa la filosofia buddista (mi vengono in mente i recenti fatti di Myanmar), dove la propria vita non è mai ritenuta così importante da giustificare l'altrui morte, o quanto meno l'attaccamento a questa dimensione.
Eppure l'istitinto di sopravvivenza esiste... o è solo egoismo che fa tacere la coscienza?
nevealsole is offline  
Vecchio 18-01-2008, 14.56.30   #10
emmeci
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Riferimento: Esiste la bontà?

Le vie del signore sono davvero tante.…Ritorna qui, con dotte argomentazioni, un tema che avrebbe potuto confluire in quello, già ben nutrito, che il forum presenta con le parole “per una filosofia morale”; anche perché si apriva a opzioni diverse e non soltanto a quella di una indefinita e condizionante bontà. Dico condizionante perché mi domando se uno avrebbe il coraggio di rispondere: bontà? Ma chi ha detto che si deve essere buoni? Al massimo si sarà buoni entro i cento metri da una stazione di carabinieri (non oso dire da un confessionale). Piuttosto suggerirei - se avete tempo da perdere - di badare a quello che ho insinuato nel tema “per una filosofia morale”, e cioè che finché rimaniamo filosofi, cioè si resta confinati nel proprio pensiero, si possono anche immaginare emozioni sublimi e paradisi di santi e bontà, ma sono cose che esistono appunto solo nel pensiero, mentre andando al di là di esso, cioè in ciò che si compie nella sporca realtà, è dato vedere qualcosa – magari solo un piccolo gesto - che somigli a quella che chiamate bontà.
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