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Vecchio 11-01-2009, 04.53.58   #1
nexus6
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Data registrazione: 22-09-2005
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Question Dire di "conoscere una parte" implica pensare al "tutto" corrispondente?

Questa discussione è nata QUI, ma di là si svilupperebbe offtopic.

La domanda del thread potrebbe essere: è possibile pensare di star sperimentando delle “parti”, delle sfaccettature di un “tutto”, senza avere cognizione, intuizione (non necessariamente conoscenza!) del “tutto” a cui quelle parti si riferiscono? Non sembra che il concetto di “parte” presupponga l'esistenza di quello di “tutto”? Per sapere di stare osservando un qualcosa di parziale non ho detto che è necessario aver visto il “tutto”, ma avere il concetto di “totalità” a cui quel “parziale” si riferisce. “Conoscenza” che ci deriva, chissà, da intuizioni, ricordi ancestrali, memorie di altre dimensioni...

Buona materia pure per i mistici presenti...


(se vi interessa leggete...):

Spirito!Libero scrive:
Citazione:
Se guardi un solo lato di un cubo stai osservando il cubo nella sua interezza e in tutte le sue caratteristiche? No, ma puoi certamente dire che stai guardando qualcosa del cubo e ne potrai dare, di quel qualcosa, una descrizione, o no ?


Io:
Citazione:
Non so quanto il tuo esempio del cubo possa esaurire le domande, poiché per sapere che stai osservando "una faccia del cubo" devi aver bene in mente il fatto che ciò che osservi è parte di un "cubo", ovvero devi ipotizzare o pensare o postulare nella tua mente il carattere dell'ente "cubo" nella sua interezza per poter dire di stare osservando una sua faccia. Dunque, no, non posso dire che sto osservando una parte del cubo senza sapere o pensare o ipotizzare o filosofare su ciò che il "cubo" sia nella sua interezza, in sé. Tu stesso, con tale esempio, fai un'ipotesi tacita sull'ente "cubo" (dotato di facce, spigoli, etc.) o sull'ente "natura" in sé
...
Puoi affermare che stai osservando un lato, una faccia di una cosa solo se hai cognizione della “cosa” stessa, cognizione come sguardo intuitivo d'insieme, non necessariamente conoscenza minuta. Insomma solo se hai il concetto di "tutto", puoi di conseguenza pensare a quello di "parti"

Lui:
Citazione:
Non è vero che per concepire la parte di un tutto io debba avere l’idea del tutto ! Difatti dicendo “cubo” in realtà io non sto affatto descrivendo “tutto il cubo” o il “noumeno del cubo” perché non ho idea di cosa sia “noumeno del cubo” ! Sto solo parlando di un aspetto di quell’oggetto (ciò che noi chiamiamo cubo). Dicendo la “faccia di un cubo” ho descritto una parte del cubo non intendendo però con la parola cubo TUTTO ciò che è il cubo cioè il “noumeno del cubo” ! Difatti il cubo stesso è una faccia di quello che sarebbe il noumeno del cubo.

Formalizziamo, se T è il noumeno del cubo, cioè tutto il cubo nella sua essenza e interezza, la mia parola cubo non descrive T, ma (a)T dove (a) è un aspetto di T. La faccia del cubo sarà ((a1)a)T.

Nessuno conosce T e non sappiamo nemmeno se esiste T eppure sappiamo che (a) non è T.

Noi sappiamo che ciò che osserviamo è una parziale descrizione della realtà semplicemente perché sappiamo che osserviamo il mondo con i nostri sensi che sono di per se un filtro di percezione. Sappiamo che il ns. cervello traduce un impulso elettromagnetico (impulsi che sono frequenze assai limitate dell'intero spettro elettromagnetico) in qualcosa che per noi è una immagine ! Quindi noi in realtà non abbiamo un accesso diretto al mondo ma lo percepiamo attraverso i filtri dei nostri sensi. Questo ci fa dedurre che non potremo mai osservare il mondo nella sua essebza, ovvero percepirlo da tutti i punti di vista.

Dunque non è affatto necessario “vedere” un tutto per capire che siamo osservando qualcosa di parziale.
Non è necessario vederlo, ma pensarlo esistente sì.
Sono d'accordo che noi possediamo dei filtri percettivi, questo non è in discussione, e che la scienza riguardi, con dovute precisazioni che ho fatto e farò (di là!), il fenomenico. Dunque, per me, “tutto il cubo” stava a significare non “il noumeno del cubo” che penso sia espressione orrenda e senza senso, ti do ragione, ma il cubo nella sua interezza fenomenica, il come lo osserviamo, lo percepiamo lui tutto bello intero quando diciamo: “toh, un cubo” (lasciando stare la questione delle imperfezioni che non lo possono rendere “cubo matematico”).

Vediamo di analizzare il tuo ragionamento: dici per ipotesi potrebbe esserci una cosa in sé, non esperibile, a cui la nostra esperienza fenomenica del “cubo” si riferisce; è un naturale modo che il pensiero ha per rappresentarsi le sue percezioni, ce lo dice Kant e sembra ragionevole. Poi affermi che il “cubo” fenomenico, ciò che noi chiamiamo “cubo” potrebbe essere un aspetto di T, di questo noumeno inconoscibile e dunque noi descrivendo il cubo descriviamo un aspetto di qualcosa che per definizione (noumeno) ci è inconoscibile ed addirittura, dici, potrebbe non esistere... non ti sembra sospetto questo passaggio? Ecco perché non volevo parlare di noumeni e limitarmi al fenomeno. Vedi, dire che il cubo stesso è una faccia, un aspetto di quello che sarebbe l'essere del cubo in sé, vuol dire che stai applicando ciò che conosci nel fenomenico a ciò che per definizione non lo è, in quanto inconoscibile. Stai facendo una analogia, non mi interessa quanto ragionevole o no, poiché qui non stiamo discutendo di questo, ma sul significato di farla! Cosa comporta! Hai adottato una analogia inconscia, un modello per il quale c'è un fantasma, effimero appunto, di cui si sta osservando una parte; ma l'analogia regge, ovvero è possibile mentalmente e materialmente farla, proprio perché, nel fenomenico, di un oggetto possiamo percepire la sua interezza in rapporto all'ambiente, e le sue parti in rapporto a se stesso.

Volutamente non ho utilizzato in questo mio riassunto del tuo ragionamento il termine “noumeno del cubo”, poiché se lo avessi fatto avrei potuto subito mostrare come l'espressione stessa è indice di quanto sto dicendo; anche se lo tratti come un qualcosa di “effimero”, comunque stai pensando esistente un mondo noumenico, che sembra proprio platonico, ad immagine e somiglianza di quello fenomenico. (Kant mi pare intendesse altrimenti il concetto di noumeno).

Sono cose sottili queste, ma spero d'aver mostrato come il tuo esempio “noumenico” non è altro che una replica fenomenica, una semplice analogia. Dunque stiamo ai fenomeni, che è meglio: immaginati quello che a te sembra un cubo sulla tua scrivania ed immagina sulla faccia superiore un esserino microscopico che vive in 2D e può sperimentare e vivere solo su quella faccia (fin qui analogo a parte della tua formalizzazione, no?). Ora quel povero esserino non potrà in alcun modo dire che il suo spazio è “cubico”, poiché si muove e può sperimentare solo quella piatta faccia superiore, ma attenzione! Faccia che -tu- sai “superiore” e sai essere “faccia” o parte di un cubo! Lui no! Tu, per l'esserino, sei dio, il dio che può conoscere il noumeno, la cosa in sé su cui si muove, ma lui non può inferire nulla su facce, cubi o altro.

A meno che, tu dici, non sia possibile per l'esserino rendersi conto che lui esperisce tramite dei filtri percettivi: questo, secondo te, è l'indice (noi ora siamo l'esserino) che stiamo rapportandoci con una realtà, possiamo dire “ipercubica”, dalle tantissime facce, ovvero è l'indice che osserviamo delle “parti” di... “realtà”... o di... “mondo”, qualcosa di più grande a cui non abbiamo accesso. Notare che abbiamo degli occhiali (anche tanti), per noi esserini, ci dice che esiste un qualcosa che sta al di là, un oggetto che non possiamo indagare direttamente o nella sua essenza, ma che comunque produce le nostre immagini; non ho compreso, però, cosa c'entri questa consapevolezza con il fatto di renderci conto di osservare una parte di un “tutto”, della “realtà”, del “mondo” o dell'”universo”. Osservare per assurdo il mondo come è nella “sua essenza” non vorrebbe dire, come hai scritto, “osservarlo da tutti i punti di vista”, ma secondo me senza alcun punto di vista, senza occhiali, senza filtri, senza mediazioni. Non ho compreso, dunque, cosa c'entri la coscienza dei filtri con la coscienza di star osservando le “parti”, le facce di un qualcosa di unitario. (E' un invito a precisare). L'esserino, una volta resosi conto degli occhiali impossibili da togliere, può pensare che ciò che vede è il mondo con occhiali, a cui corrisponde un inconoscibile mondo senza occhiali, uno ad uno; perché, affermi, può dire pure di stare osservando una o tante “parti”...?

Hai compreso cosa non ho compreso?

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°


Io continuo a pensare che il concetto di parti e quello di tutto siano inseparabili, come il bianco ed il nero: se non c'è l'uno non c'è neanche l'altro. Queste riflessioni credo risalgano ai filosofi di Elea, qui da noi, ed a quelli dell'antica India (che li volevano pure sperimentare questi pensieri).

Per immaginare di star osservando le parti (esperibili) di un tutto (non esperibile), hai appunto bisogno di questo concetto (non ho detto di conoscerlo!), di questa divisione mentale. E ciò, secondo me, deriva dall'analogia riguardo al modo di percepire gli oggetti fenomenicamente; mi cito: “nel fenomenico, di un oggetto possiamo percepire la sua interezza in rapporto all'ambiente, e le sue parti in rapporto a se stesso”. Ed ecco che siamo spinti ad immaginare che ciò che percepiamo, ci sembra essere formato da tante sfaccettature di uno stesso oggetto, al di là delle nostre percezioni. La consapevolezza degli occhiali ci fa dunque pensare esista tale effimero “oggetto”; se uniamo a ciò la categoria mentale degli opposti parti-tutto, ecco che vien fuori l'immagine della conoscenza come analisi delle tante sfaccettature di...(necessariamente)... un tutto. “Parti”, facce, implica questo: “tutto”, il pensarlo voglio dire, non necessariamente il conoscerlo o esperirlo, ripeto!
nexus6 is offline  
Vecchio 12-01-2009, 10.28.43   #2
spirito!libero
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Riferimento: Dire di "conoscere una parte" implica pensare al "tutto" corrispondente?

Citazione:
“ma l'analogia regge, ovvero è possibile mentalmente e materialmente farla, proprio perché, nel fenomenico, di un oggetto possiamo percepire la sua interezza in rapporto all'ambiente, e le sue parti in rapporto a se stesso.”

Certo, ma tu hai affermato che per sostenere che a1 fa parte di a io debba conoscere a. Invece, come stai ammettendo, ciò non è vero, giacchè per analogia, cioè perchè ho già osservato altre cose “composte” io inferisco che poiché non ho accesso ad una conoscenza totale so che ciò che osservo è parziale è cioè una parte di un qualcosa di più completo. Questo lo sappiamo proprio perchè abbiamo compreso che il nostro stesso ossevare è parziale.

Saluti
Andrea
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Vecchio 12-01-2009, 12.30.45   #3
Noor
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Ciao nexus!
mi hai chiamato in causa?
...difatti il tutto o la parte difatti sono concetti..non realtà.
Dunque non direi nemmeno che sia esatto affermare che vi sia una parte del tutto.
Ciò perché la realtà è una e indivisibile,come può esserlo un Unico Organismo.,un unico “immenso” Ologramma..
Un atomo ,o l’universo..è la stessa medesima Energia che si manifesta,che si esprime .
Dunque non ve ne sono due..
Ciò non significa che non vi sia o non si percepisca il molteplice:ma è solo il Riflesso-Sogno (Maya per gli indiani) di quell’Uno,non parti distinte,autonome.
E’ percepire il riflesso sul mare come realtà,come lo è il non considerare una goccia come mare,o come il voler distinguere un seme dal suo frutto..
è l'Essenza non la forma ciò che si esprime..

Ciao!

Ultima modifica di Noor : 12-01-2009 alle ore 16.46.42.
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Vecchio 12-01-2009, 16.32.21   #4
Giorgiosan
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Citazione:
Originalmente inviato da nexus6

Per sapere di stare osservando un qualcosa di parziale non ho detto che è necessario aver visto il “tutto”, ma avere il concetto di “totalità” a cui quel “parziale” si riferisce.

Puoi affermare che stai osservando un lato, una faccia di una cosa solo se hai cognizione della “cosa” stessa, cognizione come sguardo intuitivo d'insieme, non necessariamente conoscenza minuta. Insomma solo se hai il concetto di "tutto", puoi di conseguenza pensare a quello di "parti"

Io continuo a pensare che il concetto di parti e quello di tutto siano inseparabili, come il bianco ed il nero: se non c'è l'uno non c'è neanche l'altro.


A me sembra ineccepibile, anzi ovvio.

Citazione:
Originalmente inviato da spirito!libero
....Formalizziamo, se T è il noumeno del cubo, cioè tutto il cubo nella sua essenza e interezza, la mia parola cubo non descrive T, ma (a)T dove (a) è un aspetto di T. La faccia del cubo sarà ((a1)a)T....

Come mi sembra del tutto eccepibile formalizzare, frege-anamente, il discorso che pretenda di essere filosofico...dopo tutti i fallimento della logica formale nel tentativo utopico di farlo.
Bisognerà piuttosto utilizzare la cosidetta logica informale o la logica filosofica che non è opposta alla logica formale ma diversa.

Quando si formalizza un discorso o un argomento filosofico è come voler riflettere sulla fisiologia umana studiando uno scheletro, per esempio, dedurre dallo scheletro la circolazione sanguigna, un enorme dispendio di energia con risultato "zero".

Ciao a tutti e due
Giorgiosan is offline  
Vecchio 12-01-2009, 16.49.37   #5
nexus6
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Riferimento: Dire di "conoscere una parte" implica pensare al "tutto" corrispondente?

Ciao Noor! Tutto bene? Proprio a te mi riferivo, visto che di “mistici” qui dentro non ne ho visti altri!

Citazione:
Originalmente inviato da spirito!libero
Certo, ma tu hai affermato che per sostenere che a1 fa parte di a io debba conoscere a.
Ah, ah, non ho detto questo. Ho precisato più volte (scripta manent) che non intendevo “conoscenza” di “a”, ma il pensarlo o “conoscerlo intuitivamente”, concettualmente. Son d'accordo con Noor, sono al pari concetti, una dicotomia di opposti.

Citazione:
Originalmente inviato da spirito!libero
Invece, come stai ammettendo, ciò non è vero, giacchè per analogia, cioè perchè ho già osservato altre cose “composte” io inferisco che poiché non ho accesso ad una conoscenza totale so che ciò che osservo è parziale è cioè una parte di un qualcosa di più completo. Questo lo sappiamo proprio perchè abbiamo compreso che il nostro stesso ossevare è parziale.
Lo so, con le parole si può giocare, ma dal fatto che hai la consapevolezza di non aver conoscenza della “realtà totale” non si può inferire che la tua osservazione è parziale, ma solo che ciò che osservi è un'immagine filtrata della “vera” realtà, qualsiasi cosa significhi: <uno ad uno>, realtà-apparenza, come ho scritto nel post precedente, hai compreso? Non <uno a molti>, realtà-tanti aspetti parziali della realtà. La questione, secondo me differente, che puoi affermare o immaginare di star osservando tante parzialità di un qualcosa di “completo”, lo devi proprio al fatto che hai il concetto di tutto e lo mutui per analogia da quanto detto, dal fatto di poter isolare, tramite i sensi, gli oggetti dall'ambiente circostante, come totalità, e di poter considerare singole parti di quell'oggetto totalità.

Ah, Noor, è da tempo immemore che mi chiedo da dove derivi l'idea umana, il concetto, che debba esistere una Realtà una ed indivisibile, un Uno, al di là del tutto, della realtà e delle sue parti. Forse è la domanda stessa la risposta e l'uomo non ha altri modi che esprimersi così.
nexus6 is offline  

 



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