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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 21-06-2009, 11.28.24   #1
Il_Dubbio
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Essere o materia?

Io ho un dolore alla gamba = io "sento" un dolore alla gamba

L'oggetto "gamba" non ha dolore in se, è il mio sentire il dolore che fa nascere il dolore alla gamba.

Tutti i sensori della gamba automaticamente vengono convertiti in informazione e attraverso i vari collegamenti periferici corrono a riferire al sistema centrale di un "problema" sorto alla gamba. Complicatissimo marchingegno il corpo, quindi, che trasforma le informazioni "periferiche" in informazioni "centrali".

Io vedo il cielo

Dal cielo piove una finissima informazione fatta di luce che colpisce il sistema periferico occhio e che poi trasferisce tutto, ritrasformando l'informazione, al sistema centrale. Così il cielo, attraverso la luce e i miei occhi (fatti da complicatissimi organi interni),
si trasforma in una sensazione di "vedere il cielo". Il cielo però non vede se stesso, come la gamba non sentiva dolore.

L'essere quindi è nel sistema centrale che trasforma la gamba, il cielo o la luna in oggetti sensibili.
Dopo tutto però anche il mio cervello, quel sistema centrale predisposto a compiere tutto questo "lavoro", è fatto di "materia" come la gamba, il cielo e la luna. La diversità sta nel fatto che quelli erano sistemi materiali senza cervello, invece quello che elabora la sensazione di quella materia è proprio un cervello, fatto di materia ma, con qualche diversità tra i diversi individui, "grigia".

A "grigio" possiamo attribuire qualsiasi significato ma è comunque materia, energia ecc.
Il ricevente di un dolore (il cervello) è fatto della stessa pasta materiale di cui è composto gamba cielo e luna, cosa cambia quindi?
Cambiano i lavori. La gamba sarà fatta in modo diverso dal cervello, e le cellule del cervello saranno specializzate in qualche tipo di attività diversa dalla gamba. Ma quali sono queste attività? Sono attività fisiche, dove si notano trasferimenti nel tempo e nello spazio di oggetti fisici e dove composti chimici altro non sono che oggetti materiali con delle proprietà specifiche che si muovono nel tempo e nello spazio. Quindi, tenendo presente tutto questo, l'essere che percepisce il dolore di una gamba non esiste, ciò che esiste è l'insieme di oggetti fisici che si scambiano informazioni e che producono sensazioni. Appunto, "la sensazione"!

Ma allora chi "sente" il dolore alla gamba? Cosa vuol dire produrre una sensazione?

Se mi limito a leggere l'analisi chimico fisica (ci vorrebbe uno specialista, io mi limito alla conoscenza approssimata dei sistemi) di una sensazione, non trovo alcun "essere" che ascolta, nessun "essere" che sente dolore, alcun "essere" che vede il cielo e la luna. L'informazione materiale della gamba, del cielo e della luna non si trasformano in qualcosa di immateriale, rimangono materia comune. La complessità dell'informazione, poi, non toglie alla materia la sua essenza di "materia".

Non so cosa ne può dire il filosofo erudito sul significato di "essere", ma secondo me il filosofo oggi che si interroga sul significato di "essere" si dimentica che la parola non possiede alcuna descrizione, l'unica che se ne può dare è di "materia" in uno stadio di complessità tale da suscitare nel filosofo un significato diverso ovvero: "essere".

Suscitiamo un'immagine nel nostro cervello, e pensiamo di avere i costituenti della materia da una parte e dall'altra di avere l'ingegnere che deve costruire un "essere". I mattoncini saranno tutti uguali nella loro specie, ma se li assembliamo, e abbiamo un disegno preciso di come fare, l'ingegnere ci farà apparire l'essere del filosofo.

Domanda ( sicuramente provocatoria),sopratutto lo chiedo ai Voi filosofi eruditi: con tanti mattoncini io costruisco certamente una scuola, ma chi riempie la scuola di scolari?
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Vecchio 21-06-2009, 14.17.12   #2
Noor
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Riferimento: Essere o materia?

La sensazione fa parte del corpo,magari sappiamo che c’entra pure il cervello alla valutazione di ciò..
ma dove porta questo discorso mi chiedo..cosa c’entra tutto ciò con l’essere.
E’ dunque l’essere ,il corpo stesso?
Chi li ha identificati?
Il corpo-mente stesso evidentemente..e diamo ciò come tesi scontata da non approfondire o discriminare..
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Vecchio 21-06-2009, 17.33.38   #3
Crono80
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Riferimento: Essere o materia?

l'annoso e mai risolto problema del dualismo cartesiano tra cosa pensante e cosa materiale...

oggi si tende ad appiattire tutto su un piano materialista, pragmatico e fenomenologico: tutto è materia, ma la materia, d'altro canto, non è più quella sostanza ingenuamente pensata come localizzata, reale (ad ogni possibile interpretazione) e isotropica...

da essa emerge, senza causa diretta, una sorta di meta-sistema di cose, un mondo appunto sublimato da essa, emergente in senso tecnico, e si suppone che in questo livello "superiore" di cose, ancorchè derivate dalla nuda e cruda materia, si situi il "sentire" al di là della "gamba", del "cielo" e della "luna".

Al di là di essi, delle cose definite a mezzo dei loro legami (che ne identificano le strutture che approssimano o danno l'idea o l'illusione della cosa in sè), ma non avulsa da esse: anzi, la sensazione è, perchè è la materia, o almeno appunto un livello organizzato e complesso di materia.
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Vecchio 21-06-2009, 19.21.35   #4
Gaffiere
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Riferimento: Essere o materia?

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Originalmente inviato da Crono80
l'annoso e mai risolto problema del dualismo cartesiano tra cosa pensante e cosa materiale...

Mai risolto? Forse agli occhi di chi, come Heidegger e filo-heideggeriani, non riesce a porsi ad un livello speculativo superiore al kantismo e al cartesianesimo, per chi cioè non è in grado di cogliere il sostanziale passo avanti dell'idealismo tedesco rispetto al presupposto (perchè di presupposto si tratta) che la realtà stia al di là del pensiero. Il merito della filosofia moderna è quello di rilevare la supremazia metodologica del cogito, Kant toglie il presupposto naturalistico introducendo la figura dell'Io trascendentale, cioè dell'Io come manifestarsi del mondo, un manifestarsi che non appartiene al mondo (non è una cosa tra le cose del mondo, ma la totalità stessa del suo apaprire). Un passo avanti rispetto a Cartesio che ancora ritiene, nonostante il primato del pensiero, che il pensiero sia una determinazione tra le altre. Ma sia Cartesio sia Kant continuano a progettare l'impossibilità dell'adequatio intellectus et rei. In Kant il mantenimento di questo presupposto è ancor più grave, perchè proprio capendo che l'apparire è trascendentale dovrebbe impedire di sostenere che vi siano condizionamenti ad esso esterni che gli impediscano di cogliere l'essenza del reale empirico. Dire che il manifestarsi del mondo è trascendentale, cioè che la coscienza, l'io, l'apparire, il pensiero che dir si voglia è questo includere in sè ogni contenuto, spazio e tempo compresi, significa dire che non si da una realtà inintelleggibile, perchè sarebbe già così intelleggibile. Nessuna contraddittoria cosa in sé. Heidegger, Gadamer, Vattimo non tengono abbastanza conto di questo essenziale guadagno speculativo.
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Vecchio 21-06-2009, 19.36.55   #5
Il_Dubbio
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Riferimento: Essere o materia?

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Originalmente inviato da Crono80
l'annoso e mai risolto problema del dualismo cartesiano tra cosa pensante e cosa materiale...


Per dire la verità non volevo esattamente riproporre (sotto altra veste o solita veste) l'annoso problema dualistico. Anzi.
Volevo solo che il filosofo si interrogasse sul significato preciso del termine "essere". Se il filosofo non è un religioso e quindi il suo pensiero è di natura razionale, mi deve far comprendere perché usa un termine fuorviante come "essere" invece di materia, presupponendo un "ente" che in realtà non potrebbe "razionalmente" e fisicamente esistere e del quale non esiste alcuna descrizione.

Diciamo che qui io preferirei parlare del significato di "essere" più che del problema dualistico. Anzi quello che voglio comprendere è la derivazione razionale del problema dualistico, che come ho detto sembra non porsi nemmeno in senso logico e razionale, ma solo in senso metafisico.

Se razionalmente il problema dualistico non si pone, visto che non esiste razionalmente, logicamente e concretamente alcun essere nella materia, perché il filosofo continua a insinuarlo in tutti i suoi ragionamenti facendo scaturire il dualismo? Cosa vede il filosofo ( pragmatico, razionale, logico), in piu di quello che si può dire?

In maniera più precisa mi chiedevo questo leggendo gli argomenti equipollenti ( cosa prova un pipistrello, essere e divenire, ecc.), se io dico che l'essere non diviene o diviene di cosa sto parlando, della materia o dell'esserino che vi è dentro? Se io mi domando cosa prova un pipistrello mi sto chiedendo se l'esserino del pipistrello è diverso dall'esserino che è dentro di noi o qualcos'altro?
Cioè manca un soggetto a queste discussioni, se io razionalmente non trovo alcun esserino dentro la materia è chiaro che un pipistrello, essendo fatto dalla materia "pipistrello" costituirà qualcosa di diverso da un uomo. Un uomo erudito, intellettuale (perché tutte le idee sono "materia") sentirà diversamente da un uomo che "ignora", perché la materia cambia. Non essendoci alcun essere dentro la materia non esiste alcun dualismo.
Io mi chiedo se il filosofo è riuscito a trovare, con la ragione, l'essere dentro la materia, ovvero se è riuscito a dividerlo razionalmente e a dargli una patente d'"esistenza" a prescindere dalla materia stessa. Se non ci è riuscito perchè si parla di "essere", a quale proposito? Io sono chi? Io sono la materia di cui sono costituito. Io sono la materia e la materia sono io. Non sono un "essere", sono materia. Studio e leggo perché la mia materia un giorno si e uno no mi chiede di farlo, ma se non leggo o non scrivo vivo la vita normalmente come materia e non c'è alcun problema filosofico che debbo risolvere, devo solo esaudire gli input materiali che ogni attimo giungono da dentro e fuori del corpo di cui sono costituito (come mangiare e bere). Io non sono nessuno e la carta di identità non ha alcun valore razionale, poiché il nome che mi è stato dato non serve a nulla, solo ad alleviare,in parte, le pene della mia materia. Le cose che scrivo sono materiali, derivano esattamente da quello che decidono i meccanismi materiali di fare. L'uomo razionale non esiste, esiste l'uomo educato alla razionalità, perché la razionalità è materia, e assemblare la materia in modo che sia funzionale alla razionalità è simile al lavoro che un ingegnere svolgere per costruire le scuole. E così gli scolari sono "costruiti" con gli stessi ingredienti delle scuole.
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Vecchio 22-06-2009, 11.40.14   #6
Noor
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Io sono la materia e la materia sono io.
E' come dire che un occhio possa vedere se stesso..
Ciò che vedi allo specchio è solo un'immagine costruita,un'identificazione della mente..ma ce ne passa con il poter affermare ciò che hai detto..
Un vero filosofo deve indagare..senza dare nulla per scontato come fa spesso la scienza,che vede solo se stessa e i suoi strumenti di lavoro..

Mi chiedo perchè nessuno mette in dubbio l'esistenza degli elettroni dell'atomo ,visto che qualcuno li ha dedotti e non abbiamo visti nessuno e non si prende in considerazione in modo aperto senza scontatezze a priori ,ciò che è possibile che si sia o si possa essere..
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Vecchio 22-06-2009, 18.02.29   #7
Crono80
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Riferimento: Essere o materia?

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Mai risolto? Forse agli occhi di chi, ....non è in grado di cogliere il sostanziale passo avanti dell'idealismo tedesco rispetto al presupposto (perchè di presupposto si tratta) che la realtà stia al di là del pensiero. Il merito della filosofia moderna è quello di rilevare la supremazia metodologica del cogito,
... Ma sia Cartesio sia Kant continuano a progettare l'impossibilità dell'adequatio intellectus et rei. In Kant il mantenimento di questo presupposto è ancor più grave, perchè proprio capendo che l'apparire è trascendentale dovrebbe impedire di sostenere che vi siano condizionamenti ad esso esterni che gli impediscano di cogliere l'essenza del reale empirico. Dire che il manifestarsi del mondo è trascendentale, cioè che la coscienza, l'io, l'apparire, il pensiero che dir si voglia è questo includere in sè ogni contenuto, spazio e tempo compresi, significa dire che non si da una realtà inintelleggibile, perchè sarebbe già così intelleggibile. Nessuna contraddittoria cosa in sé.

Giunti ad un livello maggiore di consapevolezza circa i nostri stessi limiti (fallacia del senso comune e poi, come insegna tutto il secolo passato, inadeguatezza e limitatezza dei nostri stessi strumenti concettuali) arriviamo a considerare e a ridurre ogni possibilità aperta relativa alle varie ontologie come pure disquisizioni manieristiche anche se viste appunto come giustamente si dovrebbe, nell'alveo della metafisica, riconoscendone implicitamente la loro portata. Benissimo, potrebbe anche essere: potrebbe darsi cioè che il problema sia vuoto perchè in pratica nemmeno esiste una cosa in sè e che noi siamo materia non contrapposta al pensiero, ma semplicemente materia pensante e che quindi cio' che è, è e basta.
In fin dei conti senza una sorta di olomorfismo tra cio' che percepiamo e ciò che ci sembra essere il mondo non vi sarebbe nemmeno possibilità per una condivisione di idee e, a monte, per l'astrazione in sè.
Ma secondo me nn possiamo mica escludere a priori che davvero esista una "cosa in sè" inconoscibile...almeno resta aperta questa possibilità nonostante la grande conquista del pragmatismo e dell'aver carpito l'olismo (storico-pragmatico) della conoscenza.


Il_Dubbio scrivi:
"Se razionalmente il problema dualistico non si pone, visto che non esiste razionalmente, logicamente e concretamente alcun essere nella materia, perché il filosofo continua a insinuarlo in tutti i suoi ragionamenti facendo scaturire il dualismo? Cosa vede il filosofo ( pragmatico, razionale, logico), in piu di quello che si può dire? "

....se io dico che l'essere non diviene o diviene di cosa sto parlando, della materia o dell'esserino che vi è dentro?


qui penso si debba alludere appunto all'essere operativo, dell'essere RELATIVO e non di "enti" assoluti! tutto qui... penso che questa questione già con le riflessioni che portò il paradosso di Parmenide fosse stata chiarita



Il_Dubbio dici:
"L'uomo razionale non esiste, esiste l'uomo educato alla razionalità, perché la razionalità è materia, e assemblare la materia in modo che sia funzionale alla razionalità è simile al lavoro che un ingegnere svolgere per costruire le scuole. E così gli scolari sono "costruiti" con gli stessi ingredienti delle scuole."

questo però, concedimelo, è esattamente il problema annoso di cui si parlava sopra : P !
E' una consatatazione profonda la tua, molto interessante, ma inerisce epistemologicamente al fatto di riuscire a definire cosa mai sia questo "io" che sa cogliere (secondo me a mezzo di complessissime reti a specchio come già t dicevo ) i "significati" dagli eventi e dai simboli, mimando in qualche modo la stessa realtà che già c'è ed esite, e quindi (e si chiude il cerchio!) una mente emerge dalla natura e conosce la natura perchè è la stessa natura che la ha partorita e costruita (con il cemento dell'evoluzione e del caso - ma sarei come sai piu propenso a parlare di caos-determinsitico) per tale finalità, in modo che la mente sappia avere una logica (e poi da qui anche altre funzioni superiori del linguaggio stesso) per il motivo intimo che essa non fa altro che riflettere (come uno specchio complessissimo) stimoli e eventi della stessa natura in cui è immersa e di cui è fatta.
Aggiungiamo l'enorme grado di complessità del sistema corpo che sta come substrato a quella che chiamiamo mente o io ecc. e possiamo, almeno intuire, perchè l'essenza stessa delle percezioni sia un fatto a sè stante rispetto al mondo percepito.
In fin dei conti percepiamo non il mondo direttamente ma una sua immagine
ma noi siamo proprio parte dello stesso mondo, non di una sua immagine. La mente altro non sarebbe al massimo che un'ennesima "immagine" astratta da un particolare insieme di mondo: il ns cervello.
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Vecchio 22-06-2009, 22.17.54   #8
Il_Dubbio
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Riferimento: Essere o materia?

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questo però, concedimelo, è esattamente il problema annoso di cui si parlava sopra : P !
E' una consatatazione profonda la tua, molto interessante, ma inerisce epistemologicamente al fatto di riuscire a definire cosa mai sia questo "io" che sa cogliere (secondo me a mezzo di complessissime reti a specchio come già t dicevo ) i "significati" dagli eventi e dai simboli, mimando in qualche modo la stessa realtà che già c'è ed esite, e quindi (e si chiude il cerchio!) una mente emerge dalla natura e conosce la natura perchè è la stessa natura che la ha partorita e costruita (con il cemento dell'evoluzione e del caso - ma sarei come sai piu propenso a parlare di caos-determinsitico) per tale finalità, in modo che la mente sappia avere una logica (e poi da qui anche altre funzioni superiori del linguaggio stesso) per il motivo intimo che essa non fa altro che riflettere (come uno specchio complessissimo) stimoli e eventi della stessa natura in cui è immersa e di cui è fatta.
Aggiungiamo l'enorme grado di complessità del sistema corpo che sta come substrato a quella che chiamiamo mente o io ecc. e possiamo, almeno intuire, perchè l'essenza stessa delle percezioni sia un fatto a sè stante rispetto al mondo percepito.
In fin dei conti percepiamo non il mondo direttamente ma una sua immagine
ma noi siamo proprio parte dello stesso mondo, non di una sua immagine. La mente altro non sarebbe al massimo che un'ennesima "immagine" astratta da un particolare insieme di mondo: il ns cervello.

Permettimi ancora una volta di dissentire. Il tuo è una considerazione congetturale senza fondamento alcuno. E' come se tu dicessi che esistono gli asini che volano solo perchè hai visto volare i dinosauri. Concretamente io non ne ho mai visti uno, ma posso essere d'accordo con te che se esistessero allora avresti ragione, ma fino a prova contraria io non avrei ragione di crederlo (anche se è vero che c'erano dinosauri che volavano). Il tentativo che faccio con te di cercare asini che volano non aiuta certo l'asino a volare
Allora l'unica cosa che posso guardare è il "movimento" della materia,ovvero quel movimento che registra "macroscopicamente" un significato; li dentro però non c'è alcun IO che possa registrare il movimento stesso. Il fatto di ipotizzarlo non consegna all'Io una patente di esistenza. Non c'è e nessuno l'ha mai visto!
Fa conto di pensare al ponte sullo stretto, il movimento dei tuoi neuroni e di tutto il tuo stato complesso (diciamo così) celebrale, non influenza la realtà in quanto il ponte non c'è, quello che c'è è il movimento dei tuoi neuroni ecc. Quindi quando io presumo di pensare ad un ponte, sono i neuroni che si trovano a costruire materialmente l'idea di un ponte (fanno tutto loro) "IO" non ci sono. Quindi il ponte sicuramente non c'è ma nemmeno IO ci sono, rimane solo l'energia celebrale che casualmente si è organizzata per assemblare un ponte inesistente. Ma qui viene il bello, i costituenti del "mio" ponte ideale e il ponte vero e proprio (il materiale con cui tenterò di costruirlo) non sono tanto diversi, sono solo "organizzati" diversamente. Quindi tra i neuroni che sono nel cervello, che creano il ponte, e il ponte non c'è differenza "qualitativa". L'organizzazione chimico fisica dei miei neuroni pur essendo complessa non si forma da costituenti diversi da quelli che poi utilizzo per fare il ponte. Anche se l'organizzazione della materia è fatta in modo complesso ciò non prova, e non è possibile dedurlo logicamente, la nascita ex-novo di un esserino all'interno costituita da sostanza differente. Questa è una congettura costruita ad hoc perchè non si sa cosa pensare, allora tanto meglio pensare agli asini che volano.
Ciò che noi chiamiamo "fenomeno" coscienza, che nessuno è riuscito a imbrigliare, è un epifenomeno della materia organizzata poichè non è mai stato trovato altro riferimento oltre questo. Non è qualcosa di diverso dalla materia stessa. Se poi questo non convince perché tale fenomeno non può essere spiegato scientificamente, e non vi sono eq matematiche che prevedano un fenomeno simile, e la teoria evoluzionistica non spiega il fenomeno, non ci autorizza a usare il termine "essere", o "Io" o simili significati, per indicare quel fenomeno. Così facendo si viene autorizzati nel credere che la materia sia una cosa è l'essere un'altra, mettendo in evidenza un dualismo che invece non esiste.

Io sono il primo a non credere a quello che ho detto, ma se io mi metto nei panni di colui il quale non crede a quello che io in realtà penso, trovo insensato parlare di "persone", di entità umane dotate di libero arbitrio, di coscienza del mondo...ecc.Ma quale coscienza del mondo? La coscienza è un'invenzione concettuale che non è mai stata trovata da alcuna parte, non l'ha trovato l'evoluzionista, non l'ha trovato il neuroscienziato, e nemmeno il fisico. E' un'asserzione inverosimile. Fisicamente infondata, e biologicamente campata per aria.
La favola della complessità è solo una favola perchè chi dovrebbe spiegare una cosa non spiegabile, inventa! L'asino che vola e la complessità sono equivalenti.

Fai un conto, su per giù, in quanti nel mondo pensano che la coscienza, ovvero l'essere quella unità di cui noi abbiamo una percezione interna, sia qualcosa di "reale"? Il 99,99%...? dai.. buttiamo giu un pochino, facciamo il 93% della popolazione mondiale.
Ammettendo che io e te siamo nel sottile 7%, il resto sono tutti creduloni!
Chi porta i bambini secondo te? Lo sanno tutti che è la cicogna
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Vecchio 22-06-2009, 23.26.41   #9
Gaffiere
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Giunti ad un livello maggiore di consapevolezza circa i nostri stessi limiti (fallacia del senso comune e poi, come insegna tutto il secolo passato, inadeguatezza e limitatezza dei nostri stessi strumenti concettuali) arriviamo a considerare e a ridurre ogni possibilità aperta relativa alle varie ontologie come pure disquisizioni manieristiche anche se viste appunto come giustamente si dovrebbe, nell'alveo della metafisica, riconoscendone implicitamente la loro portata. Benissimo, potrebbe anche essere: potrebbe darsi cioè che il problema sia vuoto perchè in pratica nemmeno esiste una cosa in sè e che noi siamo materia non contrapposta al pensiero, ma semplicemente materia pensante e che quindi cio' che è, è e basta.
In fin dei conti senza una sorta di olomorfismo tra cio' che percepiamo e ciò che ci sembra essere il mondo non vi sarebbe nemmeno possibilità per una condivisione di idee e, a monte, per l'astrazione in sè.
Ma secondo me nn possiamo mica escludere a priori che davvero esista una "cosa in sè" inconoscibile...almeno resta aperta questa possibilità nonostante la grande conquista del pragmatismo e dell'aver carpito l'olismo (storico-pragmatico) della conoscenza.

La questione è la seguente: o riteniamo che il contraddittorio sia inesistente oppure no, il concetto di una realtà che stia al di là del pensiero (che non è poi sinonimo di realtà-contenuto non attualmente presente, mostrantesi al pensiero, i contenuti futuri non appaiono effettivamente, forse da questa indebita identificazione dei differenti scaturisce più di qualche confusione) è un concetto autocontraddittorio, cioè autotoglientesi, che appare ma come negato. Se il principio di non contraddizione non è un optional allora non si tratta di ipotizzare o progettare tale possibilità: è un'impossibilità tout court, come è impossibile la positiva significanza del nulla quanto a contenuto autocontraddittorio (che è altro dal dire che non possa avere positivo significare, dal momento che il suo positivo significare è necessario per relazionarsi semanticamente ad esso) e così come è impossibile che esiste un rosso non rosso, un cerchio quadrato etc. Non si tratta cioè né di una contraddizione che sia irrisolubile (dunque esistente, che di per sè è già paradossale) né di una contraddizione che vada saturata, dal momento che il contraddittorio è inesistente e si tratterebbe casomai in questo caso del contraddirsi: se Kant intende porre questa disequazione tra pensiero ed essere allora certamente si contraddice, dove il contraddirsi è possibile mentre la datità della contraddizione no.
L'errore di Kant o dello psicologismo, ma anche delle moderne scienze neurofisiologiche, degli studi sulla mente, è quello di porre qualcosa di condizionante alle spalle del manifestarsi del mondo, cioè qualcosa che preceda tale apparire. Tutto ciò si fonda sul presupposto naturalistico per cui la mente sia una cosa tra le cose, che già Kant aveva provveduto a spazzare via, giacchè è sul fondamento della mente che si afferma che la mente lo sia, cioè tale considerazione è a sua volta un contenuto della mente, così come ogni eventuale condizionamento biologico, sociologico, storico, psichico, culturale non può stare alle sue spalle in quanto affermato, perchè in quanto tale sarebbe un contenuto dell'apparire (supposto) condizionato. L'apparire disvela cioè il mondo così com'è, lo lascia essere cristallino, giacchè non si da un contenuto che non sia contenuto che appaia, e già Parmenide lo aveva capito agli albori della storia del pensiero, quando diceva che l'essere è sempre l'essere che appare.
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Vecchio 23-06-2009, 10.35.08   #10
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sai GAFFIERE, non ho mica ben afferrato la tua tesi ma mi pare davvero interessante in quanto impone una contraddizione tout cour come dici tu se si pensa che la percezione non sia l'essere in sè. Mi spiegheresti meglio questo tuo punto?

grazie ; )

ma volevo a questo punto sollevarti un problema, forse banale, ma che secondo me inerisce in questa faccenda:
da dove vengono quindi, se tutto cio' che "è" è "percezione diretta" gli apriori kantiani non tanto inerenti alle idee cornice di spazio, tempo, struttura a oggetti ecc. ma inerenti più specificatamente alle ns facoltà "superiori"?
Ad esempio da dove viene l'intuito che sa legare due concetti e immaginarne da essi di nuovi e avulsi dalle percezioni finite dei sensi/realtà?
Perchè ad esempio abbiamo capito che la geometria euclidea non è l'unica possibile logicamente e che il senso comune (percezione ingenua diretta) spesso sbaglia?
Io sn dell'idea che anche qsto genere di processi/idee derivi in ultima analisi dalla realtà stessa: sono con locke. Il modo da cui emergano le idee piu' sofisticate però sembrerebbe inerire a processi altamente caotici e ricorsivi, ma sempre di strutture ricavate dal reale si tratta.




per IL_DUBBIO: hai ragione, capisco la tua obiezzione e la faccio mia. In fondo ogni ipostatizzazione è una proposizione non falsificabile e quindi vuota di contenuto empirico e come tale va associata (come valore epistemologico ovvio) alla frase "gli asini volano" anche se tentavo di cercare di spiegare questa possibilità che dalla materia emerga l'Io in modo quanto piu' fisico fossi capace : )
Pero' non sono daccordo sul fatto che le questioni di mera complessità non contino!
Anzi, spesso differenze quantitative (di grado) sull'organizzazione portano a differenze QUALITATIVE sulle cose stesse! Pensa alle proprietà dei supercondutturi o che esibisce la materia a livello di aggregati! non sono sicuramente comportamenti prevedibili dalle dinamiche dei suoi costituenti, e se da un lato sembra che queste proprietà possano darsi a prescindere dalla complessità (che sembra quasi un'etichetta meta-fisica data alla causa ignota che si vuole spiegare), dall'altro ricordati bene che la complessità se non altro sembra essere condizione necessaria (anche se non sufficiente) ad aversi comportamenti "emergenti" o appunto "epifenomeni".

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