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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 18-08-2011, 20.52.45   #51
ulysse
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

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Originalmente inviato da Tempo2011
Chiamiamola angoscia, disagio esistenziale, paura di vivere e di morire, o come ci pare, sta di fatto che, durante la nostra vita, qualcosa che da fastidio esiste.

“Ave Caesar, morituri te salutant!
Per i gladiatori la morte era una realtà incombente, ma credo che per la grande maggioranza di noi non costituisca un pensiero costante… neppure nella terza o quarta età… se non si è colpiti da un malo accidente…: il fastidio che sentiamo è in realtà il cellulare che non la smette di squillare…non credo che ci chiamino sempre di lassù però...puo' capitare una volta sola!
Citazione:
In effetti, se ci pensiamo bene, la tranquillità che proviamo abbracciando una religione, non può provenire dal senso di protezione che dovrebbe darci il nostro dio, ma dal fatto che scarichiamo tutte le problematiche esistenziali su di lui.
Occorre distinguere le origini dalla situazione odierna del credere: nell’antichità, ma anche nel medio evo, la morte era una compagna costante sia per i pericoli di ogni genere che incombevano in ogni istante, sia perché la religione puntava molto sul terrore della morte e sull’aldilà incerto: ricordati che devi morire! L’inferno, dannazione eterna, era sempre dietro l’angolo!
Non per niente Dante ne ha fatto il massimo capolavoro della letteratura italiana.

Oggi l’inferno è quasi scomparso: nemmeno la pubblicità o il prete in chiesa ne parlano più!
Massimo si parla di un mondo migliore…ben rappresentato in TV dalla pubblicità di un noto caffè.
Per le problematiche esistenziali non saprei che dire: siamo oberati da preoccupazioni ben più gravi e concrete …magari le potessimo scaricare sul trascendente!
Citazione:
Perciò, la leggerezza che proviamo, a mio modo di vedere, dipende proprio da questo scarico di responsabilità che, per moltissimi di noi, diventa insopportabile. Certamente esistono persone che sanno assumersi questo carico, ma dal numero degli adepti religiosi possiamo costatare che questi si contano sulle dita di una mano, si fa per dire.
In effetti, se ben ricordo, anche Kant incitava a sottrarsi alla sudditanza o minorità verso il cielo e ad avere il coraggio di accettare le responsabilità di un vivere e pensare razionale...in proprio: cominciò di lì l’illuminismo…e, in qualche modo, anche una certa tolleranza verso i diversamente pensanti…molti dei quali erano prima destinati alla purificazione del rogo.

Invero la religione potrebbe anche funzionare da placebo che allunga la vita riducendo lo stress…per quanto, si danno circostanze in cui la religione non allevia lo stress bensì lo causa.
E’ difficile, ad es., credere che giovi alla salute il morboso e costante senso di colpa di cui potrebbe soffrire un cattolico con le sue "problematiche esistenziali"…tanto più se soggetto alla normale fragilità umana e di intelligenza e cultura non eclatanti.

Tuttavia ammetto che la teoria del placebo è inadeguata a spiegare il fenomeno incredibilmente pervasivo delle religioni.
Neppure credo che il motivo per cui le religioni esistono sia riducibile ai livelli di stress sopportabili dai nostri antenati o anche da noi medesimi oggi: l’effetto placebo può essere sussidiario, ma non determinante.
Ci si può chiedere, ad esempio, perché la mente avrebbe dovuto evolversi nel trovare conforto in credenze delle quali può facilmente constatare la falsità.

In definitiva la religione è un fenomeno imponente, pressoché universale ed occorre una teoria imponente ed universale per spiegarlo.
Citazione:
Per concludere, con quello scarico di responsabilità inneschiamo quel meccanismo che, convenzionalmente, indichiamo come "umiltà". Ecco, secondo me, l'uomo ha bisogno di sentirsi umile, e demandare tutto ad un essere superiore lo fa sentire tale.
Il senso di umiltà credo sia oramai in disuso… lo puoi trovare forse in qualche sperduto convento di montagna.
I paradigmi educativi puntano all’autostima, all’autorealizzazione, alla capacità di interagire alla pari…magari di prevalere… il tutto certo assai più gratificante dell’umiltà.

Ultima modifica di ulysse : 19-08-2011 alle ore 19.01.42.
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Vecchio 18-08-2011, 22.01.34   #52
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baylham
Il fatto poi che la terapia psicanalitica sia interminabile per il disconoscimento della religione da parte di Freud è una tesi tutta da dimostrare, il bisogno religioso può forse essere soddisfatto?
Se non ricordo male, fu lo stesso Freud ad affermare che la Psicoanalisi, per un paziente, sarebbe durata parecchi anni, costata un sacco di soldi e, per finire, il risultato ultimo non sarebbe stato per niente scontato..anzi. Che questo accada a causa di quel disconoscimento non è citato da nessuno, tanto meno da Freud.
Citazione:
Chiunque può assistere alle molteplici espressioni del bisogno religioso delle moltitudini, ma nessuno può dimostrare l’oggetto del bisogno, il dio. Su questo fatto cruciale avviene la divisione tra atei e religiosi.
Quello da te descritto, secondo me, non è il punto cruciale di discussione tra atei e religiosi, poiché i primi sanno perfettamente che le religioni si basano sulla fede. Perciò, a mio modo di vedere, non vogliono spiegare scientificamente o toccare con mano quel dio; più semplicemente accusano la struttura che sostiene tutto l'apparato che attua la speculazione, su quelle necessità spirituali, che basano il loro "potere" su storie che, scientificamente, sono state riconosciute inesistenti. Per altro, sono convinto che una ricerca seria e non speculativa sulle religioni, possa avere il consenso anche degli atei.
Citazione:
Se si continua ad interpretare la religione come espressione di un bisogno umano innato, allora si può affermare che l’ateo si è liberato del bisogno ed è passato ad altro. Considerare l’ateismo un succedaneo della religione è una ulteriore banalità.
Secondo me il bisogno innato dell'uomo va verso la spiritualità e non verso la religione che pretende di rappresentarla.
Citazione:
Infine ritengo sbagliato mischiare la filosofia e la scienza con la religione, non c’è alcun bisogno. Un esempio negativo in questo senso è l'attuale ridicola polemica creazionista verso l’evoluzionismo.
Credo che di questo "miscuglio", fino a quando tutte le verità non siano state rivelate, non se ne potrà fare a meno; infatti un mio Prof. affermava che: il filosofo è un religioso disincantato, mentre lo scienziato è un filosofo con un po’ più di pignoleria.
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Vecchio 19-08-2011, 01.55.27   #53
chlobbygarl
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

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Originalmente inviato da Eretiko
E quali sarebbero i motivi per cui le tesi di Feyerabend dovrebbero rappresentare un cardine per la scienza ? Secondo me ha detto solo un mare di sciocchezze sulla scienza, oltre a non aver capito Galilei e la rivoluzione da lui iniziata. Comunque se riesci a farmi degli esempi concreti te nè sarò grato.
Leggi bene, non ho detto che le tesi di Feyerabend debbano rappresentare un cardine per la scienza, ho detto invece : "Puoi ovviamente discordare da Feyerabend, non puoi secondo me dimenticarne un cardine argomentativo come questo se parli di scienza".

Significa che se parliamo di scienza (altro qui non si fa) non possiamo ignorare deliberatamente chi di scienza ha 'parlato' a lungo. Possiamo evidentemente dissentire dalle tesi di costui, non invece 'cascare dal pero' col piglio iconoclasta mentre chiediamo all'utente che ha scritto (in sostanza) che "i fatti sono carichi di teoria e derivano dal paradigma culturale che ha fatto loro da presupposto" chi abbia fatto mai tale scoperta (!). Fosse solo perchè le 'scoperte' si fanno in relazione a precisi settori della conoscenza mentre in altre i pensieri si elaborano e si presentano come tesi o filosofie. Per lo stesso motivo nessuno chiederebbe mai chi ha "scoperto" la fenomenologia, l'epistemologia, l'esistenzialismo o il positivismo.

La scienza, banalmente, come ogni altra attività umana contempla le due fasi della ricerca e parallelamente della 'riflessione' su quella stessa ricerca, così funziona per la chimica, per la medicina, per la matematica, per la storia, per l'architettura, per la fisica che ti piaccia o no, per la politica. Le due fasi manco a dirlo sono storicamente complementari in un susseguirsi a ciclo continuo di input e stimoli reciproci, che messi assieme prendono il nome di storia del pensiero e della conoscenza.

Funziona così anche perchè il sapere autoreferente e a tenuta stagna è sempre un pericolo da qualunque settore provenga, che sia la religione o il dipartimento di scienza evolutiva o di fisica-meccanica classica. E chi dice che solo i fisici devono parlare di fisica è un ingenuo e al massimo un intollerante. Per parlare dei metodi della fisica con approccio critico non è evidentemente necessario conoscere la misura dello spin dell'elettrone, così come per scrivere un testo di storia dell'architettura non è necessario sapere quanti kg di ferro Le Corbusier ha previsto per i 'pilotis' di villa Savoye.

Sulle 'sciocchezze' di Feyerabend temo saremmo OT, ma se vuoi aprire un topic ed enumerarle ti leggo volentieri.
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Vecchio 19-08-2011, 21.37.29   #54
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

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ulysse
“Ave Caesar, morituri te salutant!
Per i gladiatori la morte era una realtà incombente, ma credo che per la grande maggioranza di noi non costituisca un pensiero costante… neppure nella terza o quarta età… se non si è colpiti da un malo accidente…: il fastidio che sentiamo è in realtà il cellulare che non la smette di squillare…non credo che ci chiamino sempre di lassù però...puo' capitare una volta sola!
Credere che l'angoscia esistenziale possa provenire solo dalla paura della morte, mi sembra riduttivo e fuori moda, poiché le problematiche che ci conducono a tale condizione sono molteplici; e, tu stesso, alcune volte ne hai fatto un lungo elenco.
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Occorre distinguere le origini dalla situazione odierna del credere: nell’antichità, ma anche nel medio evo, la morte era una compagna costante sia per i pericoli di ogni genere che incombevano in ogni istante, sia perché la religione puntava molto sul terrore della morte e sull’aldilà incerto: ricordati che devi morire! L’inferno, dannazione eterna, era sempre dietro l’angolo!
Non per niente Dante ne ha fatto il massimo capolavoro della letteratura italiana.
Infatti, prima volevo ricordarti che non siamo più nel medio evo, anche se, per certi versi, ci stiamo tornando.

Citazione:
Per le problematiche esistenziali non saprei che dire: siamo oberati da preoccupazioni ben più gravi e concrete …magari le potessimo scaricare sul trascendente!
ulysse! E' quello che ti ho appena accennato: altro che paura della morte: I motivi per diventare alienati sono talmente tanti che la paura della morte passa in secondo piano.
Citazione:
In effetti, se ben ricordo, anche Kant incitava a sottrarsi alla sudditanza o minorità verso il cielo e ad avere il coraggio di accettare le responsabilità di un vivere e pensare razionale...in proprio: cominciò di lì l’illuminismo…e, in qualche modo, anche una certa tolleranza verso i diversamente pensanti…molti dei quali erano prima destinati alla purificazione del rogo.
Nonostante Kant e l'illuminismo i religiosi di tutto il mondo sono diventati quattro miliardi e cinquecento milioni. Forse hai ragione tu, per comprendere questo fenomeno colossale ci vorrebbe un inchiesta colossale.

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Invero la religione potrebbe anche funzionare da placebo che allunga la vita riducendo lo stress…per quanto, si danno circostanze in cui la religione non allevia lo stress bensì lo causa.
E’ difficile, ad es., credere che giovi alla salute il morboso e costante senso di colpa di cui potrebbe soffrire un cattolico con le sue "problematiche esistenziali"…tanto più se soggetto alla normale fragilità umana e di intelligenza e cultura non eclatanti.
Tuttavia ammetto che la teoria del placebo è inadeguata a spiegare il fenomeno incredibilmente pervasivo delle religioni.
Neppure credo che il motivo per cui le religioni esistono sia riducibile ai livelli di stress sopportabili dai nostri antenati o anche da noi medesimi oggi: l’effetto placebo può essere sussidiario, ma non determinante.
Ci si può chiedere, ad esempio, perché la mente avrebbe dovuto evolversi nel trovare conforto in credenze delle quali può facilmente constatare la falsità.
Quello che dovremmo domandarci è il perché questo placebo allevi lo stress. Personalmente ho tentato di dare una risposta al quesito parlando di umiltà, ma sembra che tu non sia d'accordo, poiché la ritieni un fenomeno in disuso, mentre io la considero una peculiarità fondamentale del vivere secondo una dimensione umana e, quindi, serena.
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Il senso di umiltà credo sia oramai in disuso… lo puoi trovare forse in qualche sperduto convento di montagna.
I paradigmi educativi puntano all’autostima, all’autorealizzazione, alla capacità di interagire alla pari…magari di prevalere… il tutto certo assai più gratificante dell’umiltà.
Accettare l'esistenza di un qualcosa di superiore alle nostre forze e capacità, seppur applicando la fede, di per se è un gesto d'umiltà e, come abbiamo costatato, queste persone rappresentano 80% della popolazione mondiale.

Ultima modifica di Tempo2011 : 20-08-2011 alle ore 21.24.56.
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Vecchio 20-08-2011, 12.17.28   #55
Eretiko
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Leggi bene, non ho detto che le tesi di Feyerabend debbano rappresentare un cardine per la scienza, ho detto invece : "Puoi ovviamente discordare da Feyerabend, non puoi secondo me dimenticarne un cardine argomentativo come questo se parli di scienza"..

Avevo letto benissimo, è proprio il presunto "cardine argomentativo" che io contesto. Comunque chiedevo espressamente che fossero portati esempi (non opinioni) inerenti il presunto legame tra nascita di teorie e paradagmi culturali che nè fanno da presupposto. Quale era il presupposto culturale che avrebbe indotto Galilei a mettere in crisi il sistema fisico aristotelico ? Quale era quello che ha permesso a Newton di creare la sua fisica dei "Principia" ? Quale era quello che ha permesso ad Einstein di partorire la relatività ?
Ho invece l'impressione che ci sia proprio l'incapacità di comprendere la rivoluzione galileiana, incapacità comprensibile per certi versi da parte delle religioni dogmatiche, incomprensibile invece da parte dei filosofi.
E non sarà invece il contrario, ovvero che siano proprio le scoperte scientifiche a influenzare in qualche modo il pensiero filosofico ? O che perlomeno dovrebbero influenzarlo ?
E infatti non si capisce per quale motivo ancora molti filosofi contemporanei continuino imperterriti a dissertare su spazio, tempo, materia, energia come se 3 secoli di fisica siano passati invano. E' come se si contestasse, con buona pace di Feyerabend, che le scoperte scientifiche siano oggettive e quindi condivisibili, contrariamente alle opinioni personali che sono soggettive e non diventano (o non dovrebbero diventare) vere solo perchè molti nè parlano e molti le accettano.
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Vecchio 20-08-2011, 13.19.54   #56
jador
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"Per concludere, con quello scarico di responsabilità inneschiamo quel meccanismo che, convenzionalmente, indichiamo come "umiltà". Ecco, secondo me, l'uomo ha bisogno di sentirsi umile, e demandare tutto ad un essere superiore lo fa sentire tale."
"Accettare l'esistenza di un qualcosa di superiore alle nostre forze e capacità, seppur applicando la fede, di per se è un gesto d'umiltà e, come abbiamo costatato, queste persone rappresentano 80% della popolazione mondiale".

Si potrebbe ipotizzare il contrario. cioe'l'assoluta mancanza di umilta'il voler essere immortali ed ever creato quindi un dio che li renda tali.
Bisognerebbe rivedere forse il concetto di umilta'?

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Credere che l'angoscia esistenziale possa provenire solo dalla paura della morte, mi sembra riduttivo e fuori moda, poiché le problematiche che ci conducono a tale condizione sono molteplici; e, tu stesso, alcune volte ne hai fatto un lungo elenco.

Allora proviamo ad immaginare se non esistesse la morte. Le malattie non ci spaventerebbero, tanto mica si muore.
La vecchiaia tanto meno, che bellezza! Morire di fame non si potrebbe certo!.
Rimarrebbe solo il problema delle tasse da pagare probabilmente. Ma basta evaderle, e la vita sarebbe tutta una pacchia. Altro che angoscia esistenziale!
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Vecchio 20-08-2011, 22.02.55   #57
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"Per concludere, con quello scarico di responsabilità inneschiamo quel meccanismo che, convenzionalmente, indichiamo come "umiltà". Ecco, secondo me, l'uomo ha bisogno di sentirsi umile, e demandare tutto ad un essere superiore lo fa sentire tale."
"Accettare l'esistenza di un qualcosa di superiore alle nostre forze e capacità, seppur applicando la fede, di per se è un gesto d'umiltà e, come abbiamo costatato, queste persone rappresentano 80% della popolazione mondiale".
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Si potrebbe ipotizzare il contrario. Cioè: l'assoluta mancanza di umiltà, il voler essere immortali ed ever creato quindi un dio che li renda tali.
Bisognerebbe rivedere forse il concetto di umilta'?
Questo è un concetto che abbiamo già trattato parlando della paura. Ovvero, le religioni sono state costruite dall'uomo per creare un placebo alle paure esistenziali che, ti garantisco, pensano a tutt'altro che non alla paura della morte. Per altro lo puoi costatare anche sulla tua persona, senza portare dei paragoni; ovvero: tu pensi mai alla morte? E se ci pensi, ti mette paura? Sicuramente no! Ma non perché sei più coraggioso, ma solo perché noi pensiamo sempre alla morte degli altri e non alla nostra. Un po’ come quando viaggiamo in macchina e vediamo quei brutti incidenti con morti e feriti; sembra che a noi non debbano capitare mai. Per tornare all'umiltà, per il solo fatto che ammettiamo che vi è qualcuno più bravo di noi e più potente di noi, fino al punto d'averci creato, a mio modo di vedere, non si può chiamare mancanza di umiltà ma, il contrario. Certamente: questione di punti di vista.
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Credere che l'angoscia esistenziale possa provenire solo dalla paura della morte, mi sembra riduttivo e fuori moda, poiché le problematiche che ci conducono a tale condizione sono molteplici; e, tu stesso, alcune volte ne hai fatto un lungo elenco.
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Allora proviamo ad immaginare se non esistesse la morte. Le malattie non ci spaventerebbero, tanto mica si muore.
La vecchiaia tanto meno, che bellezza! Morire di fame non si potrebbe certo!.
Rimarrebbe solo il problema delle tasse da pagare probabilmente. Ma basta evaderle, e la vita sarebbe tutta una pacchia. Altro che angoscia esistenziale!
Se non esistesse più la morte a quel punto, saremmo diventati tutti immortali e, quindi, la vita sarebbe, come affermi tu, una pacchia; a questo punto io ci aggiungerei: e chi se ne frega delle tasse.
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Vecchio 21-08-2011, 12.08.40   #58
jador
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x Tempo2011

Mi sembra tu ti contraqddica in quanto prima affermi:

"Credere che l'angoscia esistenziale possa provenire solo dalla paura della morte, mi sembra riduttivo e fuori moda, poiché le problematiche che ci conducono a tale condizione sono molteplici; e, tu stesso, alcune volte ne hai fatto un lungo elenco."

E poi:

"Se non esistesse più la morte a quel punto, saremmo diventati tutti immortali e, quindi, la vita sarebbe, come affermi tu, una pacchia; a questo punto io ci aggiungerei: e chi se ne frega delle tasse."

La paura della morte non puo' essere un argomento piu' o meno di moda a seconda dei tempi, ma un pensiero costante nella vita, che possiamo al lmite fingere di non avere.

Tu dici:

"Per tornare all'umiltà, per il solo fatto che ammettiamo che vi è qualcuno più bravo di noi e più potente di noi, fino al punto d'averci creato, a mio modo di vedere, non si può chiamare mancanza di umiltà ma, il contrario."

Ma hai rivoltato il senso di quello che ho detto io, cioe' e' la pretesa di essere immortali (in vita e/o oltre la vita) che denota mancanza di umilta'.
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Vecchio 23-08-2011, 21.35.13   #59
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Originalmente inviato da jador
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Mi sembra tu ti contraddica in quanto prima affermi:

"Credere che l'angoscia esistenziale possa provenire solo dalla paura della morte, mi sembra riduttivo e fuori moda, poiché le problematiche che ci conducono a tale condizione sono molteplici; e, tu stesso, alcune volte ne hai fatto un lungo elenco."

E poi:

"Se non esistesse più la morte a quel punto, saremmo diventati tutti immortali e, quindi, la vita sarebbe, come affermi tu, una pacchia; a questo punto io ci aggiungerei: e chi se ne frega delle tasse."

La paura della morte non puo' essere un argomento piu' o meno di moda a seconda dei tempi, ma un pensiero costante nella vita, che possiamo al lmite fingere di non avere.

Tu dici:

"Per tornare all'umiltà, per il solo fatto che ammettiamo che vi è qualcuno più bravo di noi e più potente di noi, fino al punto d'averci creato, a mio modo di vedere, non si può chiamare mancanza di umiltà ma, il contrario."

Ma hai rivoltato il senso di quello che ho detto io, cioe' e' la pretesa di essere immortali (in vita e/o oltre la vita) che denota mancanza di umiltà.

Un po’ difficile risponderti ma ci proverò.

1°) Per esempio, la paura della morte, invece, è proprio una "moda" dei tempi, poiché oggi si ha un altro concetto della morte di quello che potevano avere nel Medio Evo, quando si moriva per un raffreddore o solo perché si partoriva un figlio. Oggi, migliaia di malattie sono state sconfitte o ci si convive fino alla vecchiaia; pertanto non si può avere la stessa paura come vi era una volta.

2°) Con l'immortalità ho risposto al tuo esempio che affermava: ammettiamo che la morte scompaia, allora non ci dovremmo preoccupare più delle malattie ma solo delle tasse (cito a memoria), quindi, la mia puntualizzazione mi sembrava d'obbligo.

3°) Ho rivoltato il senso del tuo assunto perché l'umiltà primaria s’innesca quando vi è un riconoscimento consapevole verso un qualcosa o qualcuno più potente di noi. Il concetto dell'immortalità è stato un'idea dei fondatori della religione cristiana, quindi, se si accetta il pacchetto di quella religione, si accetta tutto, senza per questo dover essere considerati presuntuosi o non umili.

Ultima modifica di Tempo2011 : 24-08-2011 alle ore 21.15.01.
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Vecchio 26-08-2011, 10.22.12   #60
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Tempo2011
"Un o’ difficile risponderti ma ci proverò.
1°) Per esempio, la paura della morte, invece, è proprio una "moda" dei tempi, poiché oggi si ha un altro concetto della morte di quello che potevano avere nel Medio Evo, quando si moriva per un raffreddore o solo perché si partoriva un figlio. Oggi, migliaia di malattie sono state sconfitte o ci si convive fino alla vecchiaia; pertanto non si può avere la stessa paura come vi era una volta."

Cioe' visto che non si muore piu' di raffreddore o di parto non va piu' di moda avere paura della morte ? Oppure sapendo che si puo' arrivare a vivere anche 90 anni, sparisce la paura della morte? Sparisce la morte?
L'unica malattia sconfitta mi sembra sia il vaiolo. Stanno ritornando malattie veneree, l'infarto e' sempre piu' frequente in eta' ancora giovane, il cancro sempre piu' in aumento e non di rado la vecchiaia e' lunga perche' le medicine fanno campare di piu', ma non e' detto che sia cosa buona.

La morte, anche se arriva in ritardo, e' sempre puntuale...certo ci sono piu' mezzi oggi per distrarsi da tale pensiero. Finche' si sta bene.

Tempo2011
"2°) Con l'immortalità ho risposto al tuo esempio che affermava: ammettiamo che la morte scompaia, allora non ci dovremmo preoccupare più delle malattie ma solo delle tasse (cito a memoria), quindi, la mia puntualizzazione mi sembrava d'obbligo."


La tua puntualizzazione mi pare sia a conferma che con l'immortalita' si azzera l'angoscia esistenziale che e' la paura della morte, del nulla, mentre prima sostenevi che non era la morte il motivo dell'angoscia esistenziale.

Tempo 2011
"3°) Ho rivoltato il senso del tuo assunto perché l'umiltà primaria s’innesca quando vi è un riconoscimento consapevole verso un qualcosa o qualcuno più potente di noi. Il concetto dell'immortalità è stato un'idea dei fondatori della religione cristiana, quindi, se si accetta il pacchetto di quella religione, si accetta tutto, senza per questo dover essere considerati presuntuosi o non umili."


Ma se il concetto di immortalita' e' "un'idea" di alcuni, come puo' essere un'idea un riconoscimento "consapevole"? Consapevolezza rispetto a cosa? A un'idea, che rimane pur sempre un'idea e che quindi non poggia su nessuna concreta realta' di immortalita' o di presenza di un essere superiore?
Cerco a volte di immaginare cosa succederebbe se scendesse quel Dio in persona (o in chissa' cosa) a chiarire una volta per tutte la faccenda dicendo che e' stato maleinterpretato il concetto di immortalita' perche' lui con quella intendeva solo il riprodursi...credo che dopo 2000 anni circa di attaccamento al concetto di immortalita' in uso da qualche miliardo di persone...credo che la delusione sarebbe fortissima, che nessuno abbraccerebbe cosi' di buon grado quella nuova fede, che volerebbero pomodori e uova marce...altro che umilta'!
jador is offline  

 



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