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Vecchio 25-05-2012, 18.34.29   #11
paul11
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Riferimento: Sapere e storia

Citazione:
Originalmente inviato da il Seve


A parte non capire perché hai tirato in ballo delle “analisi economiche” e a parte sorvolare sull’accusa di “supponenza”, se credo d’aver capito hai parlato di ciò che distingue le scienze umane dalle scienze naturali dopo che nel mio post di presentazione avevo già accennato i motivi per i quali questa distinzione mi sembrava fuori luogo. Sono motivi che accetti? Se no, con quali obiezioni? Ti va di discutere civilmente i miei argomenti o anche solo quelli degli altri per amore della verità?

Saluti.

Di quale verità parli: la tua? La tua distinzione fuori luogo è una tua interpretazione e francamente dai tuoi numerosi post disseminati nelle discussioni si evince una personalità che non sa nemmeno mettersi in discussione, detentore della verià: niente dubbi, fingere di ascoltare,per ricondurre i temi dove si vuole. alla soltà eternità
Piuttosto se ti riesce ad estrapolare dagli eterni un essente che si chiama lotteria e mi passi i prossimi numeri del lotto, avrò la prova che fin'ora non ho ascoltato chiacchiere , ma una giustificazione di verità.

saluti
paul11 is offline  
Vecchio 26-05-2012, 19.08.36   #12
il Seve
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Riferimento: Sapere e storia

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
C'è da dire anche che lo sviluppo degli elementi del programma, sviluppare più o meno un elemento, per esempio la dimensione storica, è facoltà del singolo docente.
Bisogna tener conto, ovviamente, anche della interdisciplinarietà, per cui la storia, ancora per esempio, trova, un suo inserimento integrato nelle altre discipline.

Certo potrei sbagliarmi, ma mi sembrava che nessun docente di letteratura (non lingua italiana), filosofia, arte, ecc. potesse esimersi, per programma ministeriale, dall’attenersi innanzitutto ad un tipo di insegnamento secondo la prospettiva storica. Perché? Perché, ripeto, probabilmente non c’è unanimità in quelle discipline sul modo di intenderne le tematiche, e si punta su qualcosa di più “neutro” come farne la storia. Come mai la storia viene pensata come qualcosa di “neutro”?

Citazione:
Se invece vuoi parlare della "filosofia" pedagogica sottesa alla scelta degli indirizzi o all'elaborazione dei programmi da parte del ministero dell'istruzione (delle varie commissioni), è altra cosa. Per esempio, dal ministero ( commissioni) è stato recentemente ribadito di evitare l’enciclopedismo dei vecchi programmi ministeriali.

E certamente l’ultimo che citi è un aspetto interessante perché vuol dire che si desidera un insegnamento più mirato per certi scopi che la società odierna si propone, ma mi sembra secondario rispetto al quesito che ponevo. Già quando dici “"filosofia" pedagogica sottesa alla scelta degli indirizzi o all'elaborazione dei programmi da parte del ministero dell'istruzione”, ti ci avvicini, ma non è ancora sufficiente. Infatti non chiedo una questione di pedagogia, ma la filosofia che precede la scelta pedagogico-sociologica di impartire l’infarinatura di certe materie facendo la storia delle loro tematiche. Ad esempio, la scelta di evitare il vecchio enciclopedismo è appunto una scelta pedagogico-sociologica per ottenere certi scopi educativi e sociali. Ma si basa sull’assunto filosofico che non esistano più dimensioni unitarie e sistematiche del sapere, ma una molteplicità di saperi specialistici perlopiù irrelati tra loro, e che quindi si debba educare secondo un tipo di insegnamento altrettanto specialistico, mirato.

Saluti.
il Seve is offline  
Vecchio 27-05-2012, 13.26.54   #13
Giorgiosan
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Riferimento: Sapere e storia

Citazione:
Originalmente inviato da il Seve
Certo potrei sbagliarmi, ma mi sembrava che nessun docente di letteratura (non lingua italiana), filosofia, arte, ecc. potesse esimersi, per programma ministeriale, dall’attenersi innanzitutto ad un tipo di insegnamento secondo la prospettiva storica. Perché? Perché, ripeto, probabilmente non c’è unanimità in quelle discipline sul modo di intenderne le tematiche, e si punta su qualcosa di più “neutro” come farne la storia. Come mai la storia viene pensata come qualcosa di “neutro”?

La prospettiva storica è necessaria in tutte le discipline. Accanto allo studio di una lingua c'è sempre la necessità di conoscere la storia letteraria di quell'idioma.
Puntare sulla storia come qualcosa di più neutro non capisco cosa voglia dire nel senso che la storia non è mai neutra ma è sempre interpretazione di fatti registrati nella memoria storica. Ogni autore di testi scolastici ha una sua "precomprensione" che emerge in maniera più o meno evidente dal testo stesso. I docenti, poi, decidono individualmente quale testo adottare ed anche in questa scelta entra in gioco, oltre che la qualità didattica, anche l'elemento storiografico, per così dire, cioè il metodo che presiede all'elaborazione dei dati.
Per esempio: si dibatte e si protesta da parte di alcuni sul perchè il dato storico delle foibe sia poco presente o del tutto assente nei testi di scuola. La presenza, l'omissione, o la scarsa rilevanza sono aspetti della non neutralità di chi "produce" un libro di testo. L'ultima parola per l'adozione di un testo spetta poi al singolo docente ed al suo giudizio non-neutrale.
Lo studio di ogni lingua classica o moderna comporta sempre la conoscenza della storia letteraria di quell'idioma. Nello svolgimento del programma la "preferenza" del docente, nell'espletamento del programma, si manifesta col dare maggior o minor spazio ad un autore piuttosto che ad un altro ed anche nel corso delle lezioni col commento.
La storia non è mai neutra.

Citazione:
Originalmente inviato da il Seve

E certamente l’ultimo che citi è un aspetto interessante perché vuol dire che si desidera un insegnamento più mirato per certi scopi che la società odierna si propone, ma mi sembra secondario rispetto al quesito che ponevo. Già quando dici “"filosofia" pedagogica sottesa alla scelta degli indirizzi o all'elaborazione dei programmi da parte del ministero dell'istruzione”, ti ci avvicini, ma non è ancora sufficiente. Infatti non chiedo una questione di pedagogia, ma la filosofia che precede la scelta pedagogico-sociologica di impartire l’infarinatura di certe materie facendo la storia delle loro tematiche. Ad esempio, la scelta di evitare il vecchio enciclopedismo è appunto una scelta pedagogico-sociologica per ottenere certi scopi educativi e sociali. Ma si basa sull’assunto filosofico che non esistano più dimensioni unitarie e sistematiche del sapere, ma una molteplicità di saperi specialistici perlopiù irrelati tra loro, e che quindi si debba educare secondo un tipo di insegnamento altrettanto specialistico, mirato.

Bisogna distinguere: c'è un indirizzo generale che dipende dalla sfera politica.
Per farti capire: la riforma Gentile della scuola, poi la riforma Berlinguer del 2000, la riforma Moratti sono state dettate da diverse concezioni politiche . Va da sé che ad una determinata concezione politica sottosta una filosofia.

La pedagogia è materia molto vasta. Generalmente si articola in una fase teorica e in fase tecnico-pratica, un mare magnum che riguarda anche gli insegnanti e la loro formazione, oltre ai discenti, che si avvale della scienza psicologica ecc. ecc. .

E' ovvio che la pedagogia ha una funzione sociale e quindi come disciplina, una dimensione sociale ma la "pedagogia sociale" in quanto tale è un ramo della pedagogia che è diventato autonomo solo oggi ... e che poi si rapporta con la dimensione politica in quanto progetto di società

Mi sembra però che navighi a vista. Penso sarebbe meglio che tu dicessi, navigazione a vista a parte, dove vuoi approdare, invece di rilevare che sono vicino ... fuoco...fuochino.

(Se parli della scuola che c'è, bisognerebbe conoscerla o acculturarti al più presto. )

Ciao

Ultima modifica di Giorgiosan : 27-05-2012 alle ore 20.08.16.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 28-05-2012, 17.19.33   #14
Il_Dubbio
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Riferimento: Sapere e storia

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Originalmente inviato da Giorgiosan
La storia non è mai neutra.

Al massimo (tenendo presente il tuo discorso sui libri di testo ecc.) a non essere neutra è l'interpretazione. Mentre la storia dovrebbe essere neutra.
La neutralità della storia è dovuta alla nostra credenza che ve ne sia una sola.
Mentre di interpretazioni ne abbiamo tante.

Per ritornare sul discorso generale, potrebbe anche essere che lo studio storico aiuti la comprensione tematica.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 29-05-2012, 01.05.16   #15
Giorgiosan
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Riferimento: Sapere e storia

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Al massimo (tenendo presente il tuo discorso sui libri di testo ecc.) a non essere neutra è l'interpretazione. Mentre la storia dovrebbe essere neutra.
La neutralità della storia è dovuta alla nostra credenza che ve ne sia una sola.
Mentre di interpretazioni ne abbiamo tante.

Per ritornare sul discorso generale, potrebbe anche essere che lo studio storico aiuti la comprensione tematica.

Sì, gli eventi del passato in quanto fatti accaduti sono neutri, sono accadimenti e basta. Diventano storia quando gli accadimenti diventano oggetto di una narrazione.
Il primo atto è quello di scegliere, selezionare i fatti che costituiscono la narrazione. La selezione è già una prima interpretazione, è chiaro che non posso narrare tutti gli accadimenti del passato e sceglierò quelli rilevanti.
Anche la scelta delle fonti presuppone un giudizio di maggior o minor attendibilità di quelle.
La narrazione storica non è un processo casuale: bisogna stabilire dei nessi fra gli eventi che si narrano.
In ogni fase è il giudizio dello storico quello che opera.

C'è un elemento oggettiva ed uno soggettivo.

Si dice, infatti, che la storia è fatta dai vincitori ed in questo paradosso c'è del vero.
La storia è comunque sempre "revisionata", anche per la scoperta di nuove fonti, ma lo è anche perchè il punto di vista di un storico è in parte il punto di vista della suo tempo.

Per esempio: si possono stabilire dei nessi fra gli eventi di natura economica e gli eventi bellici. Alcuni sostengono che il fattore economico sia il più rilevante, altri lo giudicano di minor peso.
Così uno storico di ideologia marxista evidenzierà dei nessi e lo storico di ideologia liberale darà rilevanza ad altri.
Un credente farà una narrazione storica improntata alla sua precomprensione teologica ed un ateo secondo la propria: gli stessi accadimenti daranno due storie differenti.

L'incidenza dell' attività partigiana sull'esito del II conflitto mondiale è valutato in maniera diversa ... e così via.

Ultima modifica di Giorgiosan : 29-05-2012 alle ore 14.27.51.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 29-05-2012, 11.28.48   #16
il Seve
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Riferimento: Sapere e storia

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Originalmente inviato da Il Dubbio
Al massimo (tenendo presente il tuo discorso sui libri di testo ecc.) a non essere neutra è l'interpretazione. Mentre la storia dovrebbe essere neutra.

Infatti è proprio quello che intendo.

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Originalmente inviato da Il Dubbio
La neutralità della storia è dovuta alla nostra credenza che ve ne sia una sola.
Mentre di interpretazioni ne abbiamo tante.

Per ritornare sul discorso generale, potrebbe anche essere che lo studio storico aiuti la comprensione tematica.

Certamente di storia ce n’è una sola perlomeno secondo il senso minimo che consiste nell’identità comune a tutte le interpretazioni. Cioè, anche chi ritenesse che vi siano solo interpretazioni non può smentire che le interpretazioni siano interpretazioni in forza di un’identità comune, che quindi è “neutra” perché non è a sua volta un’interpretazione. In questo senso si possono accettare le tue affermazioni che dicono: “La neutralità della storia è dovuta alla nostra credenza che ve ne sia una sola. Mentre di interpretazioni ne abbiamo tante.”, naturalmente al netto dell’esser credenza (cioè supposizione) come dici, per quanto ora mostrato.

Lo studio storico certamente aiuta alla comprensione delle tematiche, ma per dare un’infarinatura di letteratura, filosofia, arte, musica, ecc. in tutti gli istituti che non hanno un indirizzo specifico per queste discipline (quindi escludendo ad esempio gli istituti d’arte o i conservatori), la storia non è solo di aiuto, ma la prospettiva principale. Torno a chiedere: perché? E ripeto: perchè evidentemente in queste discipline non è unanime il consenso sui vari modi di trattare le tematiche e si sceglie la trattazione storica come punto di vista “neutro” che metta d’accordo tutti. Quindi chiedo: che aspetto possiede la storia che di fatto mette d’accordo tutti? E’ proprio così pacifico che la storia sia di diritto in grado di mettere d’accordo tutti?

Nel post di presentazione ho cercato di mostrare perché non si tratti né della distinzione tra scienze umane e scienze della natura, né della distinzione tra scienze teoriche o pure e scienze pratiche o tecniche. Ho ipotizzato che il criterio di demarcazione tra discipline alle quali si introduce facendone principalmente la storia e discipline alle quali si introduce trattandone principalmente i temi, sia quello della distinzione tra saperi caratterizzati da un maggiore o minore legame con la pratica.

Citazione:
Originalmente inviato da il Seve
Il mio sospetto è che alla base del tipo di insegnamento da impartire per introdurre ad una disciplina, a parte alcuni residui e anacronistici criteri idealistici rimasti nella cultura della nostra istruzione pubblica, vi sia una distinzione tra saperi più o meno legati alla pratica. Non la distinzione tra saperi teorici (saperi puri) e saperi pratici, perché si presume che ad esempio la filosofia sia un sapere teorico (a torto, ma questo è un altro problema), e così la fisica o la matematica, eppure della prima si fa la storia e delle seconde si trattano i temi.

Ne consegue innanzitutto che queste discipline siano state da sempre pensate solo sotto il profilo unificante della pratica (e questo va in direzione del divieto odierno di enciclopedismo, già molto prima di questo divieto), e che la pratica venga in qualche modo associata ad una visione storica delle cose. Come mai?

P.S.
Dove ipotizzo che alla base del tipo di insegnamento da impartire per introdurre ad una disciplina ci siano anche “alcuni residui e anacronistici criteri idealistici rimasti nella cultura della nostra istruzione pubblica” (sottintendendo tra l’altro che siano trascurabili), si deve intendere che l’idealismo a cui si fa riferimento sta per quella filosofia che storicamente ha avuto il compito nel nostro sistema di istruzione di rappresentare in qualche modo la filosofia in quanto tale. Invece, come quella particolare filosofia che porta all’estremo i sensi della storia e della prassi, l’idealismo gentiliano non è affatto un residuo, ma proprio lo sfondo teorico più appropriato che rende ragione della tendenza attuale per un insegnamento meno mirato a istruire in generale su tutto e più mirato ad istruire secondo le esigenze storiche del nostro tempo, e prima ancora è sempre stato lo sfondo teorico che ha sempre inteso le discipline sulla base della pratica e nella fattispecie sulla base del maggiore o minore legame con quest’ultima.

Saluti.
il Seve is offline  

 



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